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Cadeva a fiotti la pioggia, bagnando cortecce ed erba.
Nella Foresta Nascosta questa non cessava mai, rendendola un luogo pieno di malinconia e di solitudine per i novizi. Per i più esperti rappresentava invece una meta alla ricerca di sé stessi.
Koreragu amava pensarla così quando desiderava restare sola, preda dei suoi pensieri.
Il ticchettio calzante delle gocce che cadevano a terra possedeva un ritmo così regolare da spingere la mente negli angoli più lontani e bui di essa.
Pensare troppo era un male nocivo verso se stessi, ma lei era una viaggiatrice giovane e molto inesperta; la gioventù la rendeva fin troppo fragile e dipendente dagli altri, amante della ricerca costante di attenzioni e approvazione altrui. Bramava la compagnia tanto quanto desiderava la solitudine, al tempo stesso voleva persino il contrario: l'isolamento in mezzo al gruppo. Quale contraddizione vivente era.
Però lei era questo e, sempre per questo, aveva fatto di una piccola casetta sopra un albero il suo piccolo rifugio personale. Fredda e bagnata dalla pioggia tutt'attorno, ma riscaldata da una fila di rosse candele e la presenza di un "child" all'interno. Un'opposizione in contrasto, esattamente come lei.
Koreragu ne sorrise quando lo realizzò, perdendosi a osservare quel bambino-luce lì presente, ora nient'altro che una polverina dorata dopo esser diventato energia integrante del suo mantello.
Lo arrotolò tutto attorno a sé, a modo di coperta. Quello che indossava le piaceva particolarmente, al punto da non cambiarlo quasi mai: stoffa bianca colorata di giallo all'interno e pieno di frange, quando volava dava l'impressione di possedere il colore dei fulmini.
Con la mano si lisciò i corti capelli a scodella che si ritrovava; le piacevano così... per nulla femminili.
Sospirò portando le mani sopra le ginocchia, assumendo infine una posizione composta e inginocchiata.
Non ricordava quanto tempo esatto era passato dal suo arrivo, nemmeno aveva fretta di andarsene da quel piccolo covo personale, era solo grata che i viaggiatori in visita alla Foresta Nascosta non le prestavano nemmeno attenzione quando volavano lassù: raccoglievano la luce giornaliera delle candele, caricavano il proprio mantello e poi se ne andavano lasciandola sola così, come una piccola ombra grigia indegna di attenzione.
Quando udì i passi di qualcuno che era appena atterrato sopra quel piccolo piano di legno non si voltò nemmeno per guardarli, sperò solo che se ne andassero via presto. Ma una voce familiare la costrinse ad alzare la testa.
"Koreragu!" La chiamò.
Era Toen, quella gentile viaggiatrice che le aveva presentato Slippy, avvolta nel suo favorito mantello viola e con i soliti capelli lasciati sciolti e liberi sulle spalle. Mano nella mano era stretta ad Hozes, la sua sorellona inseparabile, più alta e più esperta. Dato che Toen reggeva con la mano libera un ombrello azzurro non le fu difficile capire chi delle due aveva preso il comando della guida.
"Cosa ci fai qui da sola?" Le domandò Hozes pensierosa, mentre Toen le passò accanto ripiegando sulla propria schiena l'ombrello, ormai pregno di pioggia. La vide allungare le mani in direzione del child, raccogliendolo per poi trasferirlo nel suo mantello, facendolo diventare così una stella impressa su di esso.
Ecco, ora era chiaro cosa ci facevano quelle due lì; Koreragu non aveva fatto una scelta granché ponderata se davvero voleva restare sola. Però era contenta che le due viaggiatrici appena giunte fossero Hozes e Toen, sentiva di trovarsi bene con loro. Anzi, a volte pensava di essere persino di troppo.
"Pensavo." Mormorò a bassa voce stringendo le spalle.
"Pensavi?" Ripeté scettica Toen, stavolta guardando Hozes ancora immobile e con le mani sui fianchi.
Koreragu sperò di farsi ancora più piccola fino a scomparire.
"Sì, la pioggia mi aiuta a pensare..." Rispose flebile e timida, incurvando la schiena.
"Qui?" Proseguì Toen con voce pensierosa.
"Questo è un piccolo luogo di passaggio per noi viaggiatori, ma piccolo non significa insignificante." Pigolò Koreragu riferendosi a quel piccolo tempietto e forse anche a se stessa. Probabilmente era troppo tardi ormai desiderare di restare da sola.
Toen iniziò ad armeggiare con il suo ombrello, scrollandolo dalle gocce d'acqua; infine lo aprì e lo poggiò aperto ai suoi piedi.
"Che cosa ne pensi, Hozes?" Le sorrise dopo essersi rialzata.
Hozes le rispose piena di complicità.
"Penso che non ci farà male fare una pausa."
Le due si sedettero accanto a Koreragu, alla sua destra e alla sua sinistra, tra lo stupore generale di quest'ultima che guardò prima una e poi l'altra. Entrambe non avevano più aperto bocca, ma tenevano gli occhi chiusi e una lieve distanza tale che lasciava intendere come volessero stare lì senza invadere il suo spazio personale. Koreragu le ringraziò mentalmente per questo: per voler condividere il suo momento, ma per averlo fatto in modo tale da risultare impercettibile.
Perciò chiuse gli occhi anche lei e immaginò di camminare al loro fianco, ovunque e lontano non importava, assieme a tutto quello che sarebbe arrivato e a quanto sarebbe scivolato via.  

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