Capitolo 1- L'italiano al biennio: siamo tutti un po' anitre...

Sembrerà incredibile, ma l'italiano al biennio (nel mio caso ginnasiale) è molto più fondamentale rispetto a quello che si studia al triennio. Ecco, appunto. Perché al triennio lo si studia, al biennio lo si vive. C'è un'abissale differenza in questo.

Avere quattordici e quindici anni non è facile ma, anzi, credo sia l'età più difficile tra tutte, perché è in quel momento che si inizia a vivere, è in quel preciso periodo che si deve affrontare la realtà e si deve soffrire delle proprie mancanze. In questo turbinio di dubbi e incertezze, qualche appiglio in realtà c'è, e sono le persone che ci capiscono. Sono rare, nascoste, silenti, e appena le conosci non ti accorgi di quanto siano speciali ma lo sono, eccome se lo sono.

Non te ne accorgi perché tendi a non fidarti, perché hai paura, perché temi di cadere quando devi andare avanti e, ovviamente, non puoi fare tutto da solo. Devi chiedere aiuto in qualche modo, devi trovare il tuo spazio, saperti orientare in una dimensione straniera priva di sottotitoli, parafrasando un testo di Jovanotti.

L'adolescenza viene mostrata benissimo dal personaggio di Holden, descritto da J.D. Salinger con una sensibilità e una abilità incredibili. Holden è l'adolescente che tutti noi siamo stati ma che non abbiamo avuto il coraggio di mostrare al mondo: tutti abbiamo vissuto quel freddo che intirizzisce anche l'inanimato cappotto a losanghe coperto di neve, il quale è incapace di riparare da qualsiasi inverno; tutti ci siamo chiesti dove vadano le anitre quando il lago ghiaccia e non c'è nessun luogo sicuro in cui rifugiarsi, tutti ci siamo posti delle domande che gli adulti definivano stupide perché non avevano voglia di starci a sentire.

A volte ce lo chiediamo ancora, dove andare quando tutto intorno a noi gela e ci sembra di non avere un riparo in cui essere ascoltati, in cui esprimerci per quello che siamo, essendo accettati anche con i nostri difetti.

Siamo tutti un po' anitre del Central Park, ma abbiamo timore nel dirlo, nel mostrare la nostra debolezza. Chissà perché al mondo si vuol essere forti! Non è forse la debolezza a unire le persone, quando la forza invece ci lascia soli?

Eppure, si sa, è difficile esternare la difficoltà nel vivere già per gli adulti, figuriamoci per i ragazzi che si trovano nel pieno della loro crescita.

E come si inserisce la materia scolastica chiamata comunemente Italiano?

Non è affatto complesso quel che voglio dimostrare: i ragazzi, senza dirlo, ripongono grande fiducia nell'insegnante di italiano, ancora prima di conoscerlo, prima che entri in classe, prima che si presenti, prima addirittura che se ne conosca il nome.

Lo so perché l'ho vissuto sulla mia pelle e perché, durante il mio periodo di tirocinio, ho potuto osservare una classe che aveva buoni insegnanti di ogni materia ma che per le prime due settimane del primo anno di scuola superiore non ha avuto un insegnante di italiano. E le classi, tra loro, si parlano, eccome se si confrontano. Ho visto la paura di quei ragazzi, le loro aspettative, le loro speranze, la loro rassegnazione. Il loro timore non era quello di non essere al pari con il programma, ma l'incertezza di non sapere chi li avrebbe guidati nei primi due anni del loro percorso li disintegrava. O, ancora peggio, erano consapevoli del fatto che l'insegnate sarebbe stato un supplente, una figura di passaggio a cui è difficile potersi affidare.

L'insegnante di italiano ha il dovere di ascoltare la voce dei ragazzi dal primo momento in cui li vede fino all'ultimo attimo in cui dice loro addio. Questo dovere, per l'insegnante, non può essere che un piacere, quasi un bisogno, non una missione.

Alessandro Manzoni diceva che l'esempio corregge meglio del rimprovero, e infatti è così. L'insegnante di italiano non è un esempio qualsiasi ma è l'esempio principale, e una minima mossa sbagliata può tradirne completamente l'immagine.

Il vero insegnante di italiano non spiega la letteratura o la grammatica per poi uscire dalla classe come fosse niente. Il vero insegnante di italiano insegna, con la propria persona, a vivere, a relazionarsi con gli altri, a comunicare in modo da esser compresi.

E cosa c'è di più importante in questa vita dell'essere ascoltati e dell'ascoltare?

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