16 • Love More

Mitras. L'ultima volta che ci era stato, non aveva neanche idea che Levi possedesse una casa proprio lì. La loro tabella di marcia, il modo in cui gli impegni erano scanditi occupando ogni ora della giornata, avevano reso impossibile qualsiasi tipo di esplorazione. A ben pensarci, comunque, a quel punto Eren era stato in tutte le principali città della regione.
Un'auto privata li condusse direttamente alla futura nuova dimora del giovane, una villetta residenziale poco fuori la metropoli, con un grande giardino, garage e un'ampia zona relax con piscina e lettini.
Eren si guardò attorno, meravigliato. Non sapeva esattamente cosa aspettarsi, in realtà, e si sorprese nel notare quanto l'arredamento fosse essenziale ed estremamente pulito, funzionale, e soprattutto così "Levi".
Il vocalist fece lasciare all'autista i bagagli all'ingresso, chiudendo poi silenziosamente la porta e godendosi l'espressione di Eren che non smetteva di alternare lo sguardo da un punto all'altro del salone.
«Levi, è davv-»
Non riuscì a concludere la frase. L'uomo coprì le sue labbra con le proprie, mordendole e assaggiandole con frenesia quasi non avessero abbastanza tempo, quando invece ora avevano tutto il tempo del mondo.
Eren non osò neanche pensare di fermarlo. Lasciò letteralmente cadere a terra la tracolla che aveva sulla spalla e gli avvolse le braccia al collo.
La lingua di Levi gli leccò il palato, ma Eren rispose respingendola da dove era venuta, per poi seguirla, invadendo la bella bocca del corvino.
Era ancora strano accettare il fatto che d'ora in avanti, avrebbero potuto amarsi in un posto dove non dovevano temere sguardi e giudizi: la saletta dopo il concerto, le camere d'albergo, tutti posti in cui gemiti e risate dovevano essere moderati e soffocati.
Ma quella era casa di Levi.
Casa loro.
Il loro regno.
Un divano, a poca distanza, li accolse per farli riposare. I baci divennero sempre più lenti e languidi. Cambiarono posizione, trovandone di più comode che permettessero loro di continuare a stringersi senza separarsi, almeno finché Eren non glielo chiese direttamente.
«Ti amo...» sospirò Levi, strofinando il naso tra i suoi capelli.
«Lee... Ti amo anche io» gli rispose un momento dopo, lasciandogli un ultimo schiocco a fior di labbra. Il vocalist gli accarezzò il viso, gli occhi chiusi e l'espressione distesa.
«Lo so. Altrimenti non saresti andato via come lo sciocco quale sei» concluse, baciandogli teneramente il capo.
Eren sbuffò: «Quando smetterai di ricordarmi questa storia?»
Levi cambiò rapidamente argomento. «Che cosa vuoi fare? Vedere la casa, farti un bagno, mangiare?»
«Credo di aver bisogno di tutte e tre le cose.»
«In quale ordine?»
L'altro ridacchiò, e si sporse per baciarlo a stampo: «Credo che il bagno venga per primo» disse, giocherellando con le dita tra i suoi capelli. «Poi possiamo mangiare qualcosa ed infine, giro turistico di questa tua bella, enorme casa.»
«Nostra.»
Levi lo corresse, fissandolo intensamente negli occhi. Quando avrebbe capito che gli apparteneva sotto ogni punto di vista? Il pacchetto comprendeva tutto: fama, visibilità e beni materiali. «Ti porto a fare un bagno» lo informò, baciandogli la punta del naso e sollevandolo tra le proprie braccia. Pareva quasi che non riuscissero a non toccarsi per più di una manciata di secondi, unendo le rispettive bocche in quel gesto affettuoso.
Con un verso sorpreso, Eren si ancorò al suo collo facendosi trasportare docilmente.
La stanza piastrellata era enorme, con tanto di jacuzzi al centro.
«Credo che mi ci vorrà un po' di tempo per abituarmi a un simile lusso...» confessò, guardandosi attorno. «Ti serve davvero tutto questo spazio?»
«Non mi serve, lo voglio.»
«Certo che L si tratta proprio bene.»
«Solo il meglio, dovresti saperlo. E tu sei la mia più grande conquista» concluse, facendolo sedere sul bordo della vasca mentre apriva l'acqua che fuoriuscì copiosamente da numerosi bocchettoni, riempiendola velocemente. «Quali sali preferisci? Rosa, lavanda, muschio bianco...»
Eren prese il cestino dei bagnoschiuma, iniziando a curiosarci dentro. Una fialetta col disegno di mandorle finì tra le sue mani prima di rendersene conto. La mostrò all'uomo, sbattendo le ciglia con un'espressione fintamente innocente. Levi preferiva odori meno dolci e più freschi, come il muschio, ma le mandorle parevano essere una piacevole eccezione.
«Fai pure, non devi chiedere» disse, e accese l'idromassaggio.
Eren si liberò dei vestiti e scivolò morbidamente nell'acqua, lasciandosi sommergere dal calore e dalle bolle sempre più numerose. Dopo un lungo sospiro soddisfatto si guardò attorno, cercando nella stanza l'unica cosa che in quel momento gli mancava per essere davvero completamente felice.
«Lee... Non hai intenzione di venire qui dentro, con me?»
«Credi davvero che io resti qui fuori a congelarmi il culo?» replicò l'altro inarcando un sopracciglio, già mezzo nudo. «E soprattutto che ti stia lontano anche solo un minuto? Tch, moccioso del cazzo...» borbottò infine, prendendo degli asciugamani puliti da una mensola in alto, allungandosi sulle punte per afferrarli.
Un fischio, lungo ed acuto, riempì l'aria e Levi girò il capo da sopra la spalla, un sorriso sghembo a increspargli le labbra sottili. «Non so se sentirmi lusingato da questo tuo evidente apprezzamento, oppure molestato. Ti piace la vista?»
«Come potrebbe non piacermi...» rispose Eren, sognante, appoggiandosi al bordo con le braccia.
«E dimmi...» continuò il corvino, continuando a girare per la stanza come nulla fosse, «ti aggrada anche qualcos'altro?»
Ripose i teli su di uno sgabellino lì accanto, avvicinandosi al punto in cui il ragazzo lo osservava toccandolo praticamente ovunque col solo sguardo.
«Le bolle della mia nuova vasca» rispose, con un sorrisetto sulle labbra. Si lasciò scivolare lontano, spostandosi dal lato opposto per poter continuare a guardare Levi.
«Non ne avevo alcun dubbio. Voglio dire, non capita tutti i giorni di fare un rilassante bagno con tanto di idromassaggio...»
Levi scavalcò il bordo con Eren che continuava a fissarlo, il viso immerso per metà nell'acqua al pari di un predatore pronto a sferrare il suo attacco. Restò così, seduto, in quello che si rivelò un vero e proprio impasse: si scrutavano, sorridenti, con nessuna intenzione di cedere in quel sottile gioco di seduzione.
Tuttavia, quando il getto iniziò a colpire i punti giusti della schiena, tenere gli occhi aperti e l'espressione provocante divenne estremamente difficile ed Eren abbandonò l'impresa, piegando la testa all'indietro contro il bordo della vasca. Alzò una gamba, facendola uscire dall'acqua, per metterla a portata di Levi.
«Per favore, dammi un pizzicotto e rassicurami che io sia davvero qui e non stia sognando...»
Il corvino non esitò un istante a scivolare, non visto, nella coltre schiumosa. Fece scorrere il palmo sotto il polpaccio del compagno, sollevandolo meglio per mordicchiargli la caviglia.
«Se fosse un sogno, ti sveglieresti...?»
Negò con un impercettibile movimento del capo. «Resterei qui per sempre...»
Levi risalí piano avvicinandosi, silenzioso e letale, al giovane che continuava e tenere le palpebre calate. Strusciò il naso nell'incavo del suo collo, stuzzicandogli poi il lobo dell'orecchio.
«Potrei fare di te ciò che voglio. Saresti mio prigioniero.»
«Lo sono da ancor prima che tu mi conoscessi» rispose, aprendo finalmente gli occhi.
Le sue braccia gli circondarono le spalle ed il ragazzo sorrise, trascinando l'uomo contro di sé, come l'acqua fosse di troppo tra loro.
«Sei sleale se dici così, Eren. Potevo averti subito e invece non sapevo neanche che tu esistessi...»
I loro corpi combaciarono immediatamente come pezzi di un puzzle, eliminando ogni distanza, il volto di Levi a un soffio da quello di Eren che, rilassato, lo coccolava languidamente. Il corvino allora si sedette sul suo grembo, passandogli le dita bagnate tra i capelli e sistemandoglieli all'indietro, svelando le sue meravigliose iridi verdi come gemme preziose.
«E se fossi io quello che sta sognando? Se mi svegliassi nel mio camerino e questi mesi insieme fossero solo frutto della mia fantasia...?»
Eren sorrise, baciandolo a fior di labbra per pochi secondi, il tempo necessario a sollevare una mano bagnata e posargliela sul viso.
«Allora vieni a cercarmi. Ti starò aspettando...» disse, guardandolo negli occhi.
Levi si abbandonò a quel tocco, calando le palpebre per meglio imprimere il calore di Eren nella sua mente e nel proprio cuore.

*****

Levi aprí il frigo, alla ricerca di uova, formaggio e bacon, prendendo poi un recipiente.
Versò il composto in una padella antiaderente, strapazzando le uova e friggendo le strisce di carne, impiattando il tutto con un succo d'arancia fresco.
Si accomodò accanto ad Eren, portandosi un boccone alle labbra.
«Ti piace la casa?»
Eren era rimasto seduto a guardarlo con il viso poggiato ad una mano, incantato, per tutto il tempo.
«Beh, da quel poco che ho visto, direi di sì. È molto... come dire... "Levi Ackerman"» rispose, prima di afferrare una posata ed iniziare a mangiare come se non avesse toccato cibo per giorni e giorni.
«Può diventare molto "Eren Jaeger", se lo vuoi. È casa nostra adesso, non mia» constatò l'altro semplicemente, guardandolo consumare il pasto con gusto.
Le labbra di Eren erano lucide per via dell'olio che le aveva macchiate. Leccandosele, dondolò le gambe senza sapere bene cosa fosse più giusto rispondere.
«E se diventasse "Eren e Levi"? Non sarebbe meglio?» scherzò, allentando così parte della tensione che sentiva.
Il corvino sogghignò, addentando un pezzo di omelette: «Possiamo fare ciò che vuoi, anche buttar giù le pareti: voglio che tu senta questo posto come tuo e non ti ritenga mio ospite, perché non è così.»
Eren rise, girandosi verso di lui per poter strofinare il viso tra i capelli dell'uomo senza dargli troppo fastidio. «Non voglio trasformare questo posto in un cantiere, sono perfettamente soddisfatto delle pareti che ci sono ora. Per il resto, credo che verrà da sé... Pian piano» disse, chiudendo gli occhi. «Ho sempre pensato che, ovunque fossi andato a vivere, avrei creato almeno una stanza dedicata a voi. A te, in realtà... Ma in questo caso direi proprio che non ne ho bisogno.»
«Mi sentirei oltremodo offeso nel trovare qualche feticcio con le mie sembianze in giro per casa, avendo l'originale a disposizione. A proposito di ambienti, ho una cosa da mostrarti.»
Abbandonarono i piatti e Levi lo condusse al piano superiore. Aprí una delle numerose porte, facendogli cenno di entrare e guardarsi attorno.
Eren entrò in un piccolo studio con mixer, strumenti, laptop e spartiti bianchi.
Perfino l'aria sembrava più profumata, in quella stanza, ma Eren non era sicuro se fosse diretta conseguenza del suo stato d'animo, per niente razionale.
In tutti i suoi ventun anni non aveva mai visto tanti strumenti utili e costosi nello stesso ambiente. Alcune di quelle macchine Eren le conosceva solo tramite le riviste e siti web musicali che seguiva assiduamente. C'era un enorme pianoforte brillante nel centro della stanza, chitarre appese alle pareti e perfino, in un angolo, una cabina insonorizzata in cui registrare le basi o le voci, senza timore di suoni esterni.
Pur sentendo lo sguardo di Levi su di sé, Eren non si mosse dalla soglia della porta prima di essersi assicurato che i suoi occhi si fossero posati su ogni singolo oggetto contenuto all'interno della stanza.
Alla cieca, cercò la mano di Levi che trovò subito la sua, quasi come se si fosse aspettato di dover diventare la sua ancora, ora che quell'onda troppo forte l'aveva colpito e quasi rovesciato. Di un'intera casa piena di meraviglie, quella camera era la vera sala del tesoro.
«È tutto a tua disposizione.» Levi intrecciò le dita con le sue, entrando nella stanza col ragazzo che lo seguiva docile come un agnellino. Aveva fatto allestire quella camera in totale segreto, durante il proprio soggiorno a Shiganshina, certo che il ragazzo avrebbe utilizzato quell'attrezzatura per comporre nuovi brani. «Ti piace...?» gli chiese, sperando di suscitare in lui una reazione che non fosse l'assoluto mutismo.
Eren annuì semplicemente. Era davvero difficile in quel momento per lui parlare, anche se di solito non faceva altro. Quando raggiunsero il pianoforte, si sedettero insieme sul sellino e si accoccolò all'uomo che aveva stretto un braccio attorno ai suoi fianchi.
«Tutto questo è più di quanto io abbia mai potuto immaginare...»
«Non capita a tutti di innamorarsi come abbiamo fatto noi, Eren. Ma è successo, e voglio che tu abbia tutto ciò che ti occorre per sentirti felice e appagato.»
Le dita del castano toccarono i tasti dello strumento, producendo una melodia dai toni morbidi e decisi, con Levi che lo ascoltava poggiato alla sua spalla.
Non aveva alcuna idea di cosa il giovane stesse suonando, finchè le note mutarono in quelle decisamente familiari di "Unconditionally", ben conosciuta da entrambi.

«Oh no, did I get too close oh?
Oh, did I almost see what's really on the inside?»

La voce bassa e profonda del cantante intonò le parole di quel brano nato dal cuore del ragazzo che amava con tutto sé stesso, versi impressi a fuoco nel suo animo come un marchio invisibile, eppure reale e concreto.
Eren sorrise, traboccante di gioia nell'udire la propria creatura prendere vita grazie al compagno, in quel breve viaggio improvvisato che li aveva riportati alla notte del suo compleanno. In un letto cosparso di petali blu, attorniati da candele profumate e la confessione che quanto condividevano era un sentimento forte come un uragano e intenso come null'altro provato in precedenza. Un collare che li legava reciprocamente, un simbolo di appartenenza e immensa passione.
La voce di Levi sarebbe rimasta per sempre l'unica in grado di emozionarlo. Era strano, in effetti, associare parole così dolci e romantiche al timbro che era abituato a percepire solo come grida, insulti e canzoni forti. Violente.
Strano, ma non meno piacevole.
Verso la fine, all'ultimo ritornello, Eren osò cantare insieme a lui, unendo le loro voci per la prima volta. Levi l'aveva sentito cantare in un paio di occasioni, ma mai insieme a lui e pensò che il suo compagno aveva mille talenti nascosti. Se ben indirizzato poteva addirittura intraprendere una carriera solista: era bello, simpatico, il trucco esaltava i suoi lineamenti esotici ed era certo che avrebbe avuto gli occhi di chiunque incollati su di sé. Se solo fosse stato più sicuro dei propri mezzi, lo avrebbe appoggiato senza esitare. Mai dire mai nella vita, pensò, mentre l'ultima nota sfumava nell'aria e le loro labbra si incontravano in un bacio timido e delicato.
Ora che finalmente era lì, insieme lui, Levi si sentiva finalmente a casa.
«Puoi essere tutto ciò che vuoi, Eren. Sarò al tuo fianco, sempre.»
Intrecciarono le dita, le fronti che si toccavano e i loro occhi fusi in un unico magnifico colore che sapeva di scoperta, di un nuovo inizio e di un profondo amore.

*****

Per settimane arrivarono a casa le scatole che contenevano tutti gli effetti personali di Eren. Aprendole per sistemarne il contenuto, Levi si trovò ad un certo punto faccia a faccia con sé stesso.
«Credevo che non le avresti portate, queste cose» gli disse, sollevando una cornice con una sua foto ufficiale. Si sorprese, nel trovarvi la propria firma sopra. Si erano già incontrati, quindi, durante una di quelle interminabili sessioni coi fan? Eren non gliene aveva mai parlato.
«Lo so... E puoi anche prendermi per idiota, ma ho pensato che questa era la mia miglior occasione per farmi autografare tutti i dischi» rispose, con un sorriso angelico.
«Quando ho autografato questa?» gli chiese, indicandogli la cornice incriminata.
Eren andò ad inginocchiarsi accanto a lui e gliela prese dalle mani. Le labbra si incurvarono all'insù, arrossendo lievemente.
«Questa è di quasi due anni fa» disse, facendo un rapido conto mentale. «Avevo spedito qualcosa come cinquecento cartoline per avere l'accesso, ma non è uno dei ricordi migliori... C'erano delle corde attorno al vostro tavolo e non potevamo neanche avvicinarci per salutare. Ci hanno fatti camminare davanti a voi che firmavate le foto ed un addetto ce le passava, come una specie di catena di montaggio...»
Frugò nella scatola, prendendo altre due cornici dentro le quali c'erano gli autografi di Hanji e Mike. Le loro erano nere, quella di Levi invece era di un bianco brillante e sembrava essere stata tenuta decisamente con più cura e reverenza.
Levi, alle sue spalle, lo abbracciò sollevandosi quanto bastava per baciargli la guancia.
«Ho sempre pensato che "Un'ora con i fan" fosse un'iniziativa idiota, ma si è rivelata l'esperienza più eccezionale della mia vita nel momento in cui sei entrato nel mio camerino. Hai avuto molto più di una firma, ed io molto più di un semplice fan...» gli sorrise, prendendo poi la pila di cd e iniziando a firmarli con un pennarello indelebile.
Eren sussultò, sgranando gli occhi. «N-non serve che tu lo faccia subito... Voglio dire...» si mosse, mettendosi seduto in braccio a lui, con le gambe avvolte attorno ai suoi fianchi. «Dopotutto, non ho alcuna fretta...»
«No, ma io non ho alcuna intenzione di sprecare il tuo tempo - che è soltanto mio, per inciso - nel sistemare gadget ed LP nella nostr- hai anche i singoli?!» sollevò lo sguardo, sorpreso, quando incappò in uno dei suddetti.
«Sí, per le tracce bonus...» arrossí il castano, e Levi lo trovò adorabile. Quella passione, comunque, andava sedata: non voleva che la sua attenzione vertesse su qualcos'altro che non fosse lui. E il lavoro, ma per quello avevano ancora un po' di tempo.
«A proposito, ho sentito Petra stamattina: è stata ufficialmente promossa come manager dei NoName e le ho chiesto di fissare la conferenza stampa per il mese prossimo, quando le acque si saranno calmate» disse, alludendo al licenziamento di Smith.
«Conferenza stampa?» chiese distrattamente il ragazzo, ora impegnato ad infilare ordinatamente ciascun album in una busta di plastica che aveva tirato fuori chissà quando e da chissà dove.
«Ti presenterò ufficialmente come mio compagno, ne abbiamo già parlato...»
«...»
L'improvviso silenzio fece alzare il viso al vocalist, che trovò Eren con il cellophane a mezz'aria e la bocca che formava una deliziosa O. Sospirò.
«Eren... Non ho alcuna intenzione di nasconderti.»
«I-io non avevo... Pensavo che... Oh» mormorò, appoggiando subito tutto quello che aveva in mano. «Lo so che non volevi più segreti, ma non pensavo neanche che volessi renderlo così... Ufficiale.»
Levi lo fissò, serio. Non voleva ci fossero fraintendimenti, né che una discussione simile si ripresentasse.
«Ti ho offerto me stesso, pacchetto completo. Credo che non ci sia nulla di più ufficiale, a parte il matrimonio.»
«Ehi, non mi stavo lamentando!» rispose subito, infilando tra i propri capelli spettinati le dita, su cui aveva passato lo smalto un paio di giorni prima. «Posso sapere cosa hai in mente?»
«Annunciare al mondo che L ha trovato la persona giusta» rispose, attirandolo a sé. «Avrai un'identità fittizia, ma tutti sapranno che il mio cuore è tuo soltanto. E il tuo appartiene a me.»
Eren smise di ascoltare, dopo identità fittizia. I suoi occhi si spalancarono e sembrarono quasi prendere maggior colore.
«Una cosa?!»
«Ho detto che non voglio nasconderti, non che voglio esporti a inutili rischi...»
«Avrò un nome in codice come te?!»
Il corvino scoppiò a ridere. «Non sono un agente segreto, Eren. Un nome d'arte sarebbe più appropriato» disse, conciliante.
«Ma io non sono un artista. Lo voglio in codice!» poi portò una mano davanti agli occhi, il palmo rivolto verso il proprio viso e separò le dita per lasciare lo spazio necessario a simulare una maschera.
Levi non riuscì a trattenersi, coprendosi la bocca col dorso della mano e le iridi che rilucevano divertite.
«Va bene, piccola spia: avrai il tuo nome in codice e la tua maschera. Soddisfatto?»
«Infinitamente...» rispose, prima di spostare con poca grazia la mano che gli copriva la bocca per reclamare le sue labbra.
Tra scatoloni aperti e gadget sparpagliati sul tappeto, gli mostrò tutta la propria gratitudine.

*****

Qualche settimana dopo, con M ed H accanto al cantante per rendere palese ed evidente il loro sostegno nella vicenda, Ellen venne presentato ufficialmente come partner di L dei NoName, il quale invitò chiunque non fosse d'accordo ad andare a farsi fottere senza troppi giri di parole, facendo esplodere H in fragorose risate.
«Mi piace Ellen. Come lo hai scelto?»
«E' una fusione. Del mio nome reale, con il tuo nome d'arte. E-L-n... Mi piaceva l'idea che i nostri alter-ego fossero legati tanto quanto noi...»
E lo erano.
*****

Eren iniziò a lavorare, spalla a spalla, con la band. Inizialmente erano aiuti timidi, incerti, poi prese confidenza col meccanismo e la sua influenza si fece sentire forte e chiara. Le sonorità mutarono impercettibilmente senza perdere di potenza, così come i testi. Piccoli cambiamenti che diedero ai NoName una ventata fresca ed appetibile, conservando intatta la loro grinta.
Levi si sentiva appagato.
La coppia formata da L ed Ellen faceva faville su qualunque rivista, paparazzati ovunque; tra le mura di casa, invece, lui ed Eren avevano trovato il naturale equilibrio di cui avevano dovuto fare a meno agli inizi della loro storia. Non mancava praticamente nulla, ma il corvino desiderava compiere un ultimo passo che lo avrebbe portato esattamente dove avrebbe dovuto essere.
I preparativi per il lancio dell'album erano agli sgoccioli, così come il comeback alla Trost Arena. Aveva poco tempo, ma era sicuro di farcela: aveva una squadra di aiutanti e soprattutto amici a dargli una mano.
Era giunta la sera del concerto, il primo dopo la tourneè se non si contavano le apparizioni e brevi esibizioni fatte a programmi di intrattenimento, durante l'anno.
Eren era seduto sulla specchiera del camerino di Levi, con una maschera bianca a circondargli gli occhi, in quel momento fissi sul nodo delle bende che stava stringendo attorno al viso del compagno. Le sue gambe dondolavano lievemente, infilandosi tra quelle di Levi, aperte per lasciargli lo spazio necessario a proseguire quel suo piccolo gioco.
Dopo gli incoraggiamenti di rito ed un ultimo bacio, L avrebbe preso il posto di Levi e si sarebbe unito ai suoi compagni sul palco per far sognare migliaia di persone. Eren canticchiava sottovoce la melodia di una delle canzoni che componevano la scaletta della serata.
Il corvino gli sembrava particolarmente nervoso quella sera, ma aveva attribuito il suo atteggiamento alla pressione del comeback e del nuovo album, che sarebbe stato presentato.
«Andrà tutto bene» gli disse, baciandolo ovunque le bende lasciassero pelle scoperta.
«Eh? Ah, sì sì, certo... Ti ricordi dove devi andare?»
«Sì amore, me l'hai fatto vedere almeno dodici volte.»
«Ricordati di non muoverti da lì. Ci sarà tanta confusione, non voglio rischiare c-»
«Levi! Non è il mio primo concerto, né come spettatore, né dietro le quinte. Non mi smarrirò, non mi dimenticherò dove sono e soprattutto non mi perderei mai neanche un minuto di qualsiasi cosa accadrà sul palco! Ricordi, non ho voluto vedere le prove apposta per stasera!»
I pensieri del corvino erano incentrati su altro, ma scelse di non rivelare ad Eren nulla di più. Era meglio che attribuisse il suo nervosismo a cause futili. Gli avrebbe impedito di fiutare altro.
«Ora dammi un altro bacio, di quelli che rendono le gambe di gelatina e poi vai a dimostrare al mondo quanto sei fantastico.»
Il vocalist baciò il compagno, attirandolo a sé unendo le loro labbra in un gesto che ripetevano ogni giorno, all'infinito, da più di un anno a quella parte. Ma c'era qualcosa di diverso nel modo in cui Levi partecipava a quella dimostrazione d'affetto. Ad Eren sembrò quasi che stesse tremando, ma lo spalancarsi della porta del camerino gli impedì di fare altro che guardare l'uomo negli occhi un'ultima volta, prima che Petra lo reclamasse.
H ed M erano già sul palco ed L li raggiunse in un tripudio di piccoli fuochi pirotecnici, mentre la folla allungava le braccia verso il proprio idolo. Decise di escludere per quelle due ore tutto ciò che non fosse l'adrenalina che gli scorreva nelle vene, nel vedere il pubblico tendersi ad ogni suo gesto e udirlo intonare i loro brani.
Di tanto in tanto, quando il gruppo prendeva una breve pausa aiutata dallo scorrere di brevi clip sul maxischermo, Levi si assicurava che Eren si trovasse nell'esatto punto in cui gli aveva detto di mettersi: vicino abbastanza da non perdersi l'attimo e lontano quanto bastava per ammirare ciò che aveva in serbo.
La scaletta terminò, il concerto era agli sgoccioli, e la band si preparò per eseguire l'ultimo pezzo. H ed M guardarono il frontman, incoraggiandolo, ed L prese il microfono.
«Grazie, Trost, per averci accolto con tanto calore!» esclamò, ricevendo le urla dei fan in risposta. «Se siamo giunti fin qui il merito è anche vostro, siete fantastici!»
Prese un profondo respiro: era il momento.
«Ma se io sono qui è perché, oltre dei magnifici compagni d'avventura» disse, indicando la band e l'entourage che li seguiva, «ho trovato qualcosa di diverso, che non credevo di volere prima di incontrarlo: un compagno di vita.»
Non poteva vedere direttamente Eren, ma sperò con tutto sé stesso che avesse udito ogni singola parola.
«Questo brano lo ha scritto lui ed è la nostra canzone; da oggi in poi sarà anche la vostra.»
Nanaba e Moblit avevano preparato in anticipo una serie di piccole scuse ed escamotage per trattenere Eren lì, nella loro piccola zona personale. Non avevano dovuto usarne neanche uno. Il castano aveva a malapena respirato fin dalla prima nota, tornando in un istante il ragazzino del primo concerto.
Aveva imparato a memoria la scaletta e saltò in piedi quando Levi prese la parola.
Era il momento del brano speciale. Chissà quale tra tutti quelli di cui aveva seguito l'incisione, avrebbero svelato al pubblico quella sera. Voleva vedere le loro espressioni di fronte alle nuove parole che avrebbero portato le labbra del loro dio a muoversi un'ultima volta, per loro.
Invece, tutti guardarono lui.
Per nulla abituato a quel livello di attenzione, quando vide apparire il proprio volto sugli schermi, ebbe un lieve attacco di panico che le prime note della base fecero dileguare.
Conosceva quella canzone, ma non era tra quelle a cui avevano lavorato.
Portò le mani davanti alla bocca, le dita che sfioravano il bordo inferiore della sua alata maschera bianca mentre Levi cantava ciascuna di quelle parole come se stesse mettendo il cuore in ogni sillaba, guardando spesso gli schermi per poter vedere l'unico per cui in quel momento stesse cantando. Non c'era più alcuna folla, di fronte a lui. Solo Eren, di cui poteva scorgere i verdi occhi lucidi colpiti dalle luci. Forse stava già piangendo, ma la maschera impediva che le lacrime scivolassero sulle guance, assorbendole.
E poi, quando arrivò l'ultimo ritornello ed Eren ormai temeva di star per impazzire, Nanaba e Moblit lo presero per le spalle e lo trascinarono sul palco, non senza proteste piene di timore e imbarazzo. Vedendolo arrivare, emozionato come mai prima di allora e con le labbra che tremavano, Levi sentí il cuore smettere di battere. Gli tese la mano, invitandolo ad avvicinarsi e cantare con lui le ultime note che avevano definitivamente siglato la reciproca appartenenza, quella notte di marzo. Un anno volato tra mille difficoltà ma anche tanta gioia ed entusiasmo. Pregò di viverne altri cento accanto alla sua anima gemella.
Guidò le sue mani sul microfono, per stringerlo insieme e semi-nascosto dalla maschera di bende gli sorrise quando le loro voci si unirono raccontando di un amore - il loro - incondizionato.
Sul maxischermo, con un'esplosione di colori, apparve il simbolo del loro legame, le ali intrecciate che Eren portava ancora al collo, e il ragazzo sfiorò il gioiello alla sua gola. Non era certo di come fosse riuscito a produrre i suoni necessari a cantare di fronte a quell'esercito di fan, ma l'aveva fatto. Forse perché Levi aveva allentato un po' le bende ed ora riusciva a guardarlo negli occhi. A perdervisi completamente. Aveva una voglia folle di baciarlo, fregandosene di telecamere e pubblico ed aveva tutta l'intenzione di farlo, non appena la canzone fosse finita. Le gambe gli tremavano, faticava persino a respirare e non vide subito, quindi, il corvino inginocchiarsi ai suoi piedi.
«Sei l'unica cosa ho sempre desiderato nella vita senza neanche saperlo.» Quando sentì quelle parole risuonare sulla base, Eren cercò il vocalist con lo sguardo, e lo trovò infine in quella eloquente posizione. Portò le mani davanti alla bocca, come ad impedirsi di urlare, mentre Levi continuava: «Ti ho trovato nel più improbabile dei modi, e benedico quel giorno da allora. Voglio trascorrere ogni istante a vivere del tuo respiro.»
Il tempo sembrò essersi fermato e tutto, intorno a loro, completamente svanito.
«Eren...» coprì il microfono, prima di pronunciare il suo nome con tutto l'amore di cui era capace, un ultimo istante tutto per loro prima di reclamarlo davanti al mondo intero. «Vuoi sposarmi?» chiese infine, a voce alta, così che chiunque potesse udirlo.
Sarebbe davvero potuto svenire, in quel momento. Tese una mano, che subito Levi prese nella propria, intrecciando le dita con delicatezza.
«Wow...» disse, la voce palesemente spezzata dall'emozione. Quelle parole erano solo per lui. Non aveva un microfono e quello nella mano di Levi, ora troppo distante, non poteva riportare le sue parole. «Sí.»
Forse l'adrenalina, forse la felicità, cancellarono per un istante le paure che lo bloccavano ed Eren afferrò la mano di Levi, riavvicinando alle labbra il microfono e ripeté la sua risposta, perché chiunque potesse conoscerla. Potesse sapere, e rassegnarsi, che lui era suo soltanto.
Il microfono cadde, producendo un rumore fastidioso che coprí per un istante le urla eccitate della folla e lo scoppio dei fuochi d'artificio che brillavano sull'Arena.
Le dita di Levi erano tra le ciocche castane di Eren, mentre si appropriava della sua bocca e il proprio cuore tornava a battere a un ritmo diverso dal precedente, seguendo quello del ragazzo che avrebbe condiviso ogni istante della sua esistenza al suo fianco. Ingoiò ogni suo piagnucolío di gioia, assaggiando le lacrime che ormai avevano superato la barriera della maschera riversandosi sul viso caramello dell'altro. Assorbí il suo calore con Eren che gli gettava le braccia al collo per lasciarsi sopraffare, mentre i loro amici si avvicinavano a loro pronti a fargli le congratulazioni.
La folla era assordante.
Eren chiuse gli occhi, la fronte aggrottata e la bocca ben aperta per il bacio più importante della loro vita. Un bacio che suggellava una promessa. Gli salí praticamente in braccio: se non poteva avere il suo viso per intero, si sarebbe preso tutto il resto.
«Da quanto tempo...?» chiese, quasi senza lasciare la sua bocca.
«Ti amo...? Da sempre. Se intendi invece da quanto voglio sposarti, da quando ti ho portato a casa» rispose non senza una certa fatica, visto che Eren lo stava lasciando senza fiato.
Hanji e Mike li fecero rialzare. Non vorrete festeggiare sul palco, mi auguro, li prendeva in giro la donna, ma sarebbe stato impossibile. Nessuno dei due avrebbe osato mostrare, neanche per sbaglio, un centimetro di pelle del compagno alle telecamere. Si appartenevano ed erano anche tremendamente gelosi.
Questo però non impedì ad Eren di infilare una mano oltre il bordo dei pantaloni del cantante accarezzandogli la base della schiena, quando si girarono per salutare il pubblico un'ultima volta.
Lasciarono il palco, accompagnati dalle grida della folla, tra gli applausi dello staff, pacche di incoraggiamento e carezze, dirigendosi senza dire una sola parola verso l'uscita posteriore dove un'auto li attendeva, pronta a condurli nell'intimità della loro camera d'albergo dove avrebbero definitivamente sugellato quel patto d'amore.

*****

Il matrimonio venne celebrato un anno dopo. Tanto ci volle perché Levi riuscisse a prendersi dal lavoro un tempo sufficientemente lungo per occuparsi della cerimonia e dedicare ad entrambi una luna di miele degna di essere chiamata tale, senza andare ad intaccare gli impegni del gruppo. Non era giusto in fondo rallentare M ed H, nonostante i due insistessero a dar loro tutto il proprio supporto.
La cerimonia fu piccola, quasi segreta, per evitare che venisse notata dai giornalisti.
Eren si divertì un mondo, dopo aver avuto il permesso del compagno, a svelare la vera identità di Levi ai suoi migliori amici ed a vederli andare nel panico uno dopo l'altro. Erano persone fidate, che era sicuro non avrebbero venduto i loro nomi alle riviste.
Chiunque li vedesse, in qualunque contesto, li classificava come una di quelle coppie che trasudano amore anche quando parlano del tempo o sorseggiano un insignificante caffè. Irradiavano una gioia tale da abbagliare persino il Sole.
La carriera dei NoName procedeva spedita come un treno ed ogni nuovo brano che il giovane autore componeva diventava un successo nel giro di pochi mesi.
Per la fine del loro primo anno da sposati, il cantante non era più definito come "il compagno di L", ma chiamato col proprio nome e apprezzato per le proprie competenze artistiche, con tutto il rispetto che ne conseguiva.
Levi era fiero del marito. Ogni giorno si svegliava e, nel vederlo al suo fianco nel loro letto, si chiedeva cosa avesse fatto di buono nella vita per meritarsi un simile dono. Nessuno lo supportava come faceva Eren, col suo entusiasmo, la sua energia e quel broncio che sapeva irritarlo e scioglierlo al tempo stesso.

*****

Dietro le quinte, Eren saltellava sul posto assicurandosi che il microfono che portava all'orecchio reggesse ad eventuali scossoni. Quella performance era importante, significativa come poche altre se non nessuna. Prese un respiro profondo, la truccatrice che dava un ultimo ritocco al suo make up.
H ed M, poco distanti, si apprestavano a salire sul palco prima dei due compagni.
«Sei pronto?»
Nell'udire la sua voce, l'animo di Eren si placò all'istante.
Gli si avvicinò, sistemando le bende come faceva prima di ogni esibizione da tre anni a quella parte: un rito, un portafortuna che non avevano alcuna intenzione di cambiare.
«Sí.»
Levi intrecciò le dita con quelle di Eren, sorridendogli.
«Ti amo.»
«Anche io.»
«Diamogli ciò che vogliono.»
Si incamminarono verso la luce dei riflettori puntati dritti su di loro e sulle loro mani giunte, mentre le sollevavano in aria come un trofeo. Un simbolo, come le ali che indossavano ogni giorno, unite indissolubilmente e pronte a spiccare il volo.
La base partí e le loro voci, all'unisono, intonarono le prime parole della canzone che aveva segnato le loro vite.
Le loro sagome si persero in quel bagliore, accolte dalle urla della folla in visibilio, i contorni che svanivano fino a fondersi in un unico essere.
Erano insieme.
Per sempre.

The End
Thank you all🖤

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