15 • Make me forget what we arguin' about (Pt.2)

Stavolta, Carla e Grisha impiegarono qualche minuto in più per elaborare le parole dell'uomo.

«Ed io ho detto sì. Non subito» aggiunse velocemente Eren, come per mettere una pezza alla diga incrinata di controllo dei suoi genitori. Questo, inoltre, era qualcosa che non aveva detto neanche a Levi. Non ce n'era stato tempo. «Non andrò via subito...»

Dimenticando i genitori per un momento, si girò verso Levi che era il reale destinatario di quei pensieri e decisioni.

«Shiganshina è casa mia, tutta la mia vita, le mie cose ed i miei amici sono qui... Prima di andarmene avrò bisogno di un po' di tempo per organizzare tutto e... E non ho nemmeno un lavoro a Mitras» spiegò, elencando ogni elemento mentre contava sulle dita. A quest'ultima affermazione, vide la bocca di Levi aprirsi per replicare, e non aveva bisogno di ascoltare le sue parole per sapere cosa avrebbe detto. Lo anticipò, quindi, mettendo l'indice di una delle mani direttamente sulle sue labbra. «E no, non ho nessuna intenzione di farmi mantenere da te o da chiunque. O di passare una vita in casa... Voglio una mia occupazione.»

Gli avrebbe morso la falange solo per la sua ostinazione nel voler essere indipendente quando poteva tranquillamente poltrire tutto il giorno per il resto della sua vita senza mai annoiarsi, circondato da tutto ciò che un uomo potesse mai desiderare. Eren poteva avere tutto semplicemente battendo le ciglia, e Levi lo avrebbe accontentato perché nulla era più giusto che prendersi cura di colui che amava esattamente come il ragazzo faceva con lui.

La presenza dei due coniugi, però, lo distolse da quel pensiero; inoltre si era innamorato di Eren anche per la testardaggine, compresa nel pacchetto. Sospirò, sconfitto.

«Puoi tornare ad essere il mio assistente.»

«Lo farei comunque, non hai bisogno di pagarmi per quello» gli sorrise, facendogli sciogliere il cuore neanche fosse della fottuta fondue.

«Stai facendo il difficile?»

«Niente affatto, è solo che questo non mi basta più...»

C'era una nota di cautela nella sua voce, mentre confessava questo suo pensiero. Non aveva in realtà alcuna idea di come il corvino avrebbe potuto prendere la notizia.

«Cosa vorresti, Eren?»

Non c'era collera o irritazione, nella voce di Levi, soltanto genuina preoccupazione e il desiderio evidente di soddisfare qualunque sua richiesta o, perlomeno, aiutarlo.

Ancora nascoste al di sotto del tavolo, le sue dita strinsero quelle del giovane in una presa gentile ed affettuosa, comunicandogli sicurezza. Poteva dirgli tutto senza alcun timore.

«Voglio scrivere» rispose, girandosi così che anche i suoi genitori potessero di nuovo partecipare al discorso. Le uniche persone al mondo che erano a conoscenza del suo creativo passatempo erano tutte riunite in quella stanza. «Voglio... Che qualcuno ascolti le mie canzoni...»

L'espressione dell'uomo si distese, mostrando il profondo orgoglio che provava nel sentirgli dire a voce alta che finalmente desiderava tirar fuori dal cassetto un sogno tramutatosi in ambizione.

«Questo è facile. Ho già parlato con un'etichetta discografica, in questi mesi, e sono più che disposti a prendere in considerazione i tuoi testi. Quelli che gli ho mostrato hanno fatto un'ottima impressione.»

«Quelli?» Eren aggrottò le sopracciglia, lasciando andare la sua mano per poter incrociare le braccia sul petto. «Levi, quanti testi hai mandato in giro?! Quel quaderno era solo per te» lo rimproverò, anche se la sua voce non aveva la minima traccia di reale rabbia.

«Ne ho mandati tanti quanti ne occorrevano. Tranquillo, il migliore l'ho tenuto per me» gli fece l'occhiolino, poggiando un gomito sul tavolo e il viso nel palmo della mano ora libera. Sarebbe stato il ritratto dell'innocenza, non fosse che Eren lo conosceva troppo bene e sapeva perfettamente quale canzone avesse chiuso in cassaforte.

Stava per rispondergli per le rime, quando un singhiozzo soffocato li fece girare entrambi.

Carla aveva le mani strette l'una all'altra davanti al petto e li guardava con gli occhi lucidi, tirando su col naso.

«Ho sempre sperato che un giorno avresti cambiato idea... Che avresti fatto in modo che anche qualcun'altro potesse ascoltare ciò che... E Levi lo ha reso possibile... Grazie...»

Il corvino fissò prima la donna, inizialmente sorpreso, per poi venir attirato da un suono gemello e girarsi nuovamente verso il compagno.

Eren era il ritratto della madre, commosso ed emozionato, pericolosamente vicino alle lacrime.

«Oh, mamma, dai...! Io-...» non concluse, la voce incrinata e le dita tra i capelli spettinati.

Beh, almeno due dei quattro presenti erano riusciti a non cedere ai sentimentalismi, si disse Levi.

Quasi saltò dalla sedia nel momento in cui, nella quiete generale, Grisha si soffiò rumorosamente il naso in un fazzoletto di stoffa. Della famiglia Jaeger, era quello messo peggio.

Si corresse mentalmente, uno su quattro. Non era comunque male.

Quando la famiglia ebbe riacquistato il controllo di sé, il discorso tornò ad essere un po' più serio. Gli Jaeger non erano mai stati genitori apprensivi, certo, ma anche così l'idea di lasciar andare via il figlio in un'altra città con una persona che avevano appena conosciuto li metteva a disagio.

Eren sapeva che non avrebbero potuto impedirglielo, ma non voleva neanche che la sua partenza avvenisse con delle ombre di dissenso.

Ci pensò per tutta la sera, mentre cenavano tutti e quattro insieme e guardava il modo in cui Carla e Grisha facevano conversazione con Levi, cercando di porgli domande ed avere informazioni su di lui senza sembrare troppo insistenti o maleducati.

Così, quando più tardi Eren rimase solo con lui ne approfittò per parlargli, seduti insieme sul divano in soggiorno, dopo aver dato la buonanotte ai padroni di casa.

«Forse dovresti restare a Shiganshina per qualche giorno...»

C'era silenzio, e l'ambiente era fiocamente illuminato da una piccola lampada posta su di un tavolino basso lì accanto.

Erano soli.

Levi allungò un braccio sullo schienale, avvolgendo le spalle di Eren che si lasciò cadere sul suo petto con un debole tonfo. Il ragazzo emise un sospiro profondo, chiudendo gli occhi. Gli era mancato, gli era mancato così tanto...!

«Se è questo che vuoi, non c'è alcun problema. Non ho impegni per il prossimo mese, solo quello di rilassarmi.» Gli sfiorò delicatamente una gota scura con la punta delle dita, sereno come non si sentiva da tanto. «Puoi monopolizzare il mio tempo, sei diventato bravo in questo.»

Eren ridacchiò, strofinando la guancia contro la sua mano e dopo aver lanciato un cauto sguardo alle scale deserte del piano di sopra, si spostò mettendosi seduto direttamente sulle gambe del suo amato.

«Ah ah, sto cercando di essere serio per un momento...» disse, intrecciando le dita delle mani tra i capelli neri dell'altro, mentre le sue braccia gli si avvolgevano attorno alla vita, in naturale e spontanea risposta. «Ho passato sei mesi nel tuo mondo, ora vorrei che tu conoscessi un po' il mio.»

L'altro gli massaggiò i fianchi coi pollici, andando a sollevare il bordo della sua maglietta alla ricerca della pelle caramellata del ragazzo. Era morbida, esattamente come ricordava, i muscoli tonici anche se accennati, e Levi lo avrebbe volentieri spogliato solo per appurare che il suo corpo era una tela immacolata da marchiare e rendere inconfondibilmente sua ancora una volta.

«Voglio scoprire ogni cosa di te, Eren.» Le loro fronti si unirono, gli occhi socchiusi mentre godevano di quel semplice tocco che ora sembrava loro un vero miracolo. «Perciò, verrai a Mitras...?» gli chiese in un soffio, l'argomento ancora non affrontato in privato e senza altri testimoni.

«Certo che sì» rispose, quasi un po' offeso dal fatto che Levi potesse ancora avere qualche dubbio al riguardo. «Però, diamo un po' di tempo ai miei genitori...»

Il maggiore respirò quel profumo che tanto gli era mancato: era incredibile come, in un luogo a lui del tutto estraneo, con Eren tra le braccia si sentisse praticamente a casa.

«Tutto ciò che occorre, se poi posso averti tutto per me...» Strofinò il piccolo naso contro il suo. «Non hai idea di cosa ho provato, quando sei andato via... cosa sono diventato...»

«Possiamo evitare di parlarne?» mormoró, con una voce sottile sottile e lo sguardo basso. Le sue dita si muovevano lentamente tra i capelli neri della nuca, accarezzandolo, confortando Levi ed Eren stesso. «Per favore...»

L'uomo, a quella richiesta, serrò le labbra. Non voleva rovinare il momento col ricordo della versione peggiore di sé stesso: un individuo arido, in collera con il mondo e fermamente convinto che l'amore avesse rovinato ciò che di buono c'era nella sua vita... e invece gliel'aveva salvata in ogni modo umanamente possibile.

«Fammi tacere, allora.» L'angolo della sua bocca si curvò all'insù in un piccolo sorriso, chiaro invito a farsi avanti approfittando di quella breve parentesi in solitudine.

Eren lo guardò e si ritrovò a sorridere di nuovo, in modo delicato e dolce. La fortuna che gli era capitata in questa vita era tale da non crederci.

«Scemo» disse, schiacciando il naso contro al suo, poi lo baciò sulle labbra e cancellò in un istante ogni ricordo di dolore, rabbia ed abbandono.

«Non voglio staccarmi da te, ma se ho qualche chance di far buona impressione sui tuoi genitori non posso sprecarla, e tu sei una cazzo di tentazione...» sospirò sulla sua bocca, cercando con la lingua la compagna tanto a lungo desiderata. «Devo trovare un albergo dove pernottare o attenterò alla tua virtù, Jaeger.»

«Mhm... È incredibile... che io lo stia dicendo...ma concordo...»

Erano diventati straordinariamente abili a parlare senza quasi interrompere i baci. Certo non era una di quelle abilità di cui ci si possa vantare, ma sembrava finalmente tornare utile.

Subito dopo aver pronunciato quell'ultima sillaba, Eren spinse la lingua oltre a soglia della bocca di Levi, ed una delle mani che stringevano i suoi capelli scivolò lungo il collo e si fermò sul petto, all'altezza del cuore del corvino.

Batteva forte, talmente veloce che percepiva distintamente ogni singola pulsazione sotto il suo palmo.

Levi gli schioccò un ultimo bacio prima di perdere definitivamente il controllo delle proprie azioni. I pantaloni iniziavano a stargli decisamente troppo stretti e così facendo Eren non aiutava decisamente la causa. Si alzò a malincuore dal divano, chiedendogli tacitamente con lo sguardo di essere accompagnato alla porta.

Ed Eren lo baciò anche una volta arrivati sulla soglia, mentre Levi accarezzava con due dita il cinturino di cuoio che stringeva con cura la gola del ragazzo.

Era il suo simbolo di appartenenza, la sua sicurezza che ovunque fosse andato, avrebbe sempre avuto un posto dove tornare ed un paio di labbra morbide ad aspettarlo.

Indietreggiò sul vialetto, passo dopo passo, senza staccare gli occhi da quelli del marmocchio che gli aveva letteralmente rubato il cuore, mani in tasca e testa sulle nuvole. Eren, poggiato allo stipite, sorrideva come un bambino.

«Non perderti.»

«Google esiste apposta.»

«Vuoi che ti accompagni? Posso prendere le chiavi della moto...»

«Me la caverò. Ti farò sapere dove alloggio, così magari puoi venire a prendermi, se vuoi.»

Sembrava una scena da commedia romantica, dove i protagonisti faticavano a salutarsi e parlavano senza sosta di futilità e sciocchezze di poco conto.

«Colazione insieme?»

«Ed il pranzo...»

«... e la cena...»

... e tutto il resto della vita.

*****

Il mattino dopo Eren si svegliò di buon'ora, entusiasta di affrontare un nuovo giorno perché sapeva che lo avrebbe trascorso con Levi. In meno di dodici ore, tutto era nuovamente cambiato ed in meglio.

Era quasi pronto, quando si rese conto che Levi avrebbe dovuto fargli sapere il nome dell'hotel che lo ospitava, ma come? Non aveva più il suo cellulare...

Il campanello suonò e il ragazzo andò ad aprire, piuttosto perplesso: era molto presto e non aspettavano nessuno.

Sul pianerottolo, un corriere ancora piuttosto assonnato gli porse un pacchetto.

«Eren Jaeger? Firmi qui per favore.»

Una volta dentro, scartò la confezione con malcelata curiosità, trovandovi un biglietto e... il suo cellulare!

<<Ciao Bambi, credo che questo ti appartenga!

Mi dispiace per quanto è accaduto. Immagino che Levi ti avrà spiegato tutto, ormai... Mi sento in colpa, è a causa mia se tutto questo è successo, avrei dovuto fare più attenzione... ma sono certa che ora starete bene! Ci manchi, ti salutano tutti ed affidiamo Levi alle tue cure (e te alle sue) 💕>>

Eren sorrise, stringendo forte il biglietto nella mano. Appena l'avesse rivista, Hanji si sarebbe guadagnata un enorme abbraccio.

Non era arrabbiato con lei, non lo era stato neanche per un secondo. Quel video aveva come unica colpa quella di essere finito tra le mani di una persona crudele.

Dopo aver riacceso il cellulare, e constatato che tutto era ancora esattamente come l'aveva lasciato, Eren scrisse un messaggio ad Hanji per rassicurarla ed uno a Levi, per informarlo dell'accaduto.

[07:42] Buongiorno, moccioso. La quattrocchi si è rivelata utile. Ti aspetto per le 8:30 al Plaza Hotel.

[07:43] Aspettami 💓

Non perse tempo, dopo l'invio di quel messaggio. Levi gli aveva risposto subito, era sveglio, lo aspettava.

Lasciò un biglietto ai genitori, prese il casco e liberò dalla copertura la sua moto. Da quanto tempo non la guidava! L'asfalto sfrecciava velocemente sotto le sue ruote, mangiando uno dopo l'altro i chilometri che lo separavano da lui.

Alla reception, chiese di Levi Ackerman e senza esitazioni gli venne indicato dove recarsi: a quanto pare il check-in era stato fatto per due fin dall'inizio ed il personale allertato dell'arrivo del secondo ospite.

Nei mesi passati si era trovato a bussare alla porta di una camera d'albergo innumerevoli volte, entrarci la sera ed uscirne la mattina, pieno di ricordi - e morsi - della notte appena trascorsa.

Toc-toc, le nocche colpirono la superficie liscia.

«Servizio in camera~»

La porta si schiuse e un attimo dopo una mano pallida si strinse sui propri abiti, trascinandolo dentro in un battibaleno.

Trovarsi schiacciato tra una parete e quel corpo caldo era una routine che aveva quasi dimenticato, ma le sue dita seguirono immediatamente il profilo del viso di Levi, incastrandosi tre le ciocche scure ancora umide.

«Ottimo tempismo, morivo di fame.»

E fu con quell'avidità ed ingordigia che sigillò la bocca di Eren con la sua, donando e pretendendo un tocco che gli era mancato come l'ossigeno.

Il più giovane rise, per quanto possibile tra quei baci, aggrappandosi alle spalle di Levi per sollevarsi e circondargli i fianchi con le gambe.

«Sono... Un po' in ritardo... Mi dispiace, Mr. Ackerman...»

Levi gli morse le labbra, gonfiandole e succhiandole, ebbro di quel sapore intossicante di cui non si sarebbe mai stancato. Parevano decadi che non si toccavano così, e il peso di Eren tra le proprie braccia era il più dolce che potesse mai sopportare.

«Sono uno a cui non piace aspettare, Jaeger, ma per te potrei fare un'eccezione...»

«L'albergo sarebbe lieto di offrirle un servizio speciale, per ripagarla dell'attesa.»

Le sue labbra risalirono il profilo del viso, disegnando la mascella fino allo zigomo, per poi spostarsi all'orecchio semi-nascosto dalle ciocche corvine. Le scostò per poter avere campo libero e succhiò il lobo, mordendolo e tirando i capelli dell'uomo che lo sorreggeva ogni qualvolta lui tentava di reagire o rispondere, rischiando di sottrarsi alle sue piccole sevizie.

«Dovrà essere memorabile, se volete che a causa del mio malumore non lasci una pessima recensione...»

«Oh, non si preoccupi Mr. Ackerman, sappiamo bene che cosa le piace.»

Con passo fermo, il vocalist si staccò dalla porta e raggiunse il letto matrimoniale al centro della stanza. Le lenzuola erano ancora sfatte per la notte appena trascorsa. Quando ebbe lasciato cadere il giovane con la schiena sul materasso, Eren le afferrò, portandole per un momento vicino al viso. Inspirò brevemente, riempiendosi i polmoni del loro profumo familiare, mentre sentiva Levi arrampicarsi sul letto tra le sue gambe.

Trovata una posizione stabile, le mani del corvino strapparono via la stoffa e si appropriarono di quelle del ragazzo, sollevandole per bloccargliele sopra la testa.

Occhi negli occhi, entrambi vi lessero il medesimo desiderio e la stessa, bruciante voglia di unirsi in qualcosa che avevano temuto di dover dimenticare.

«Davvero? É un'affermazione piuttosto presuntuosa... Vediamo se sarete all'altezza delle mie aspettative, sono uno che pretende il meglio.»

Eren si sporse, forzando i muscoli di addominali e schiena. Raggiunse la sua gola e si assicurò di tracciarne il percorso con la lingua.

L'uomo quasi non rovesciò gli occhi all'indietro, rabbrividendo. Con le iridi rese liquide dalla passione, cercò il volto di Eren solo per trovarlo sfacciatamente sorridente e soddisfatto. Piccola peste...!

Proprio mentre quei tremiti si affievolivano, l'uomo si ritrovò a sussultare quando una delle gambe di Eren si infilò tra le sue, sollevandosi così che la parte alta della coscia spingesse contro il suo l'inguine, fasciato da pantaloni che minacciavano di diventare presto troppo stretti.

«Allora, Mr Ackerman... È pronto a cominciare?» riprese, parlando a voce bassa, mentre quella gamba si muoveva lentamente avanti e indietro, provocando frizione continua.

La presa sui polsi di Eren divenne molto più stretta.

«Più che pronto...»

Quello di Levi fu un ringhio basso, sussurrato a fior di labbra, e il ragazzo tremò per l'aspettativa.

*****

Dentro Levi si scontravano due pensieri contrastanti.

Il primo che gli faceva ripromettere di non lasciar più ad Eren campo libero sulla scelta dei propri vestiti, il secondo che gli scaldava il petto nel vederlo ridere mentre gli provava quattro o cinque cappelli diversi, di cui neanche aveva bisogno, in piedi davanti allo specchio di uno dei camerini del negozio.

Avevano lasciato l'albergo per andare a pranzo in qualche ristorante della città, per avere così una scusa per esplorarla. Levi aveva chiesto ai dipendenti alla reception di trovare loro un'auto in affitto ed avevano poi passato un'oretta a guidare, con i finestrini abbassati e l'aria tra i capelli, mentre Eren gli mostrava i luoghi della sua infanzia e adolescenza, elencando piccoli aneddoti.

Quando aveva fatto notare all'adorabile ragazzo accoccolato sulla sua spalla che era partito senza neanche una valigia, decisamente impreparato ad un soggiorno prolungato a Shiganshina, Eren gli aveva proposto un pomeriggio di shopping.

Ed eccoli lí, con Eren che selezionava nuovi outfit da fargli indossare per il puro gusto di vederlo sfilare per lui. Stranamente, questa volta era lui quello nel ruolo di Julia Roberts.

«Direi che ho abiti a sufficienza per i prossimi cinque anni, possiamo andare?»

«Oh, andiamo, ancora uno ti prego!»

«... Solo se provi qualcosa anche tu, pretty boy

«Non siamo venuti per me, Edward» protestò, mentre lo spingeva indietro verso la tenda aperta della cabina.

«Nessuno mi vieta di comprarti un paio di jeans...» replicò, trascinandolo con sé.

La stoffa scura venne tirata con decisione dall'uomo e furono soli, l'uno contro l'altro e respiro su respiro.

«... di quelli che fasciano il tuo culo sodo, che ne dici?»

Persino quando gli palpava il sedere Levi sapeva essere elegante, con le mani che scivolavano sensualmente nelle tasche posteriori dei suoi pantaloni per poi strizzargli le natiche con decisione. Eren squittí, ridendo subito dopo e schioccandogli un bacio a fior di labbra.

«Lasciami andare, se ci beccano non sarà piacevole!» rise, prendendogli il viso tra le mani. «Dopo stamattina, il mio culo deve riposare, non strizzarsi in pantaloni dalle taglie folli.»

«Allora una camicia, così posso far saltare via i bottoni non appena torniamo in albergo.»

Sapeva bene che Eren non aveva bisogno di quelle cose ma l'impulso di viziarlo, soddisfare il proprio ego e farlo sentire accudito era troppo forte da reprimere: voleva prendersi cura di lui sotto ogni aspetto e soprattutto farglielo capire, nonostante sapesse bene quanto ci tenesse ad essere indipendente.

Eren lo guardò in silenzio per un momento. Sembrò pensarci su per un po', prima che il suo sorriso cominciasse a cambiare lentamente in qualcosa di molto meno innocente.

«Lee~ Vuoi davvero così tanto regalarmi qualcosa?~» cinguettò.

«Chiedimi la Luna e l'avrai sotto casa stasera stessa.»

Eren gli prese le mani. Nei suoi occhioni spalancati sembravano essere apparse due nuove stelle. A Levi sembrava di essere caduto all'interno di un qualche cartone animato, perché poteva praticamente vedere l'aura luminosa di emozione ed aspettativa che circondava il suo ragazzo.

Guardò le sue labbra schiudersi, la lingua posizionarsi per formare le sillabe di una singola parola.

«Skateboard.»

Ci fu un attimo in cui Levi si domandò se il suo udito iniziasse a perdere colpi oppure avesse sentito bene.

«Uno skateboard...? Tutto qui?»

Eren annuí, dapprima piano, poi sempre con più vigore.

«Sí! Sì... Per favore. Ne ho sempre voluto uno da bambino, ma non ho mai... I miei genitori, non me lo hanno mai fatto prendere...»

Le braccia dell'uomo lo avvolsero come una tiepida coperta, scaldandolo all'istante.

«Allora lo avrai... con tanto di ginocchiere, paragomiti e caschetto personalizzato: ci tengo che tu rimanga tutto intero.»

L'entusiasmo di Eren si spense di colpo, e si divincolò dalle braccia dell'uomo, sbuffando sonoramente.

«Oh mio Dio, sembri mia madre! Non mi serve quella roba, è uno skateboard non un caccia militare!»

L'uomo lo riafferrò prontamente, soffocando quelle proteste con un breve bacio.

«E sia. Sarai tu stesso a scegliere modello e colore, basta che non ti lanci da una rampa dopo i primi dieci minuti. Puoi farlo?»

Il labbro di Eren sporgeva ancora, mostrando la sua indignata sofferenza. «Ti ricordo che guido la motocicletta.»

«Il pericolo è sempre dietro l'angolo, con te mi piace essere prudente: voglio renderti felice ed esserlo al tuo fianco, e un piede rotto non sarebbe certamente un buon inizio di convivenza... Affare fatto?»

Levi sorrise e forse, forse, l'umore di Eren migliorò un pochino.

Il bagagliaio era stipato di buste e sacchetti, scatole di scarpe, intimo e calzini.

Eren aveva provato a dissuaderlo da quest'ultimo acquisto - Cosa te ne fai di quelli!? E' giugno! -, ma alla fine avevano comunque portato via dal negozio una scorta sufficiente ad un paio di settimane.

Una volta seduti in auto, Levi chiuse gli occhi per un momento, riposandosi: era abituato ad ore ed ore di allenamenti fisici, ma non era lontanamente paragonabili alla frenesia a cui Eren lo costringeva a muoversi, saltellando in giro per il centro commerciale.

Da un po', comunque, il suo giovane amore non faceva che guardare il telefonino e rispondere ad un messaggio dietro l'altro.

Non avrebbe mai sbirciato, era troppo grande per cedere a simili infantilismi, ma la curiosità era forte. Dopotutto, il misteroso interlocutore del ragazzo lo stava distraendo, privando Levi delle tanto desiderate attenzioni da parte sua.

«Posso sapere chi ti scrive o è un segreto di stato?» domandò con calma, le palpebre ancora calate.

«Sto parlando con Armin» rispose, finendo di digitare una messaggio, prima di mettere da parte il cellulare. Voltandosi verso di lui, un sorrisetto gli incurvò le labbra. «Ti senti solo?»

«Profondamente.»

Eren rise di nuovo, sporgendosi oltre il sedile per sfiorargli la guancia con le labbra.

«Ho un modo per rimediare a questa tua solitudine»

Levi aprí un occhio per osservarlo. «Sono tutt'orecchi.»

«Una cena. Questa sera. Nella pizzeria migliore di Shiganshina e, modestamente, la mia preferita» disse, sottolineando ogni sezione del proprio discorso con un nuovo bacio sul viso del vocalist. «Tu. Io. Ed i miei amici.»

A quelle ultime parole, l'attenzione di Levi fu ai massimi livelli.

Si rizzò bene sul sedile, ruotando il busto quanto bastava per guardare propriamente Eren negli occhi.

«Vuoi presentarmi ufficialmente come tuo fidanzato, o è un'uscita informale...?» Eren arricciò il naso.

«Uhm... Una informale uscita per presentarti come mio fidanzato?»

Le dita dell'altro scivolarono sulla nuca scura del ragazzo, tra le piccole ciocche d'ebano.

«Non sono contrario alla cosa, tutt'altro; mi lusinga il fatto che tu voglia farmi conoscere i tuoi amici. È solo... che io sono più adulto, rispetto a voi, e i giovani sanno essere stronzi. Sono diversi dai tuoi genitori, è un legame più labile, e non vorrei che si logorasse perché ti sei innamorato di un uomo più grande di te. Capisci cosa intendo?»

Eren lo ascoltò in silenzio, la fronte che da distesa si aggrottava poco a poco sempre di più. Eppure non lo interruppe fino a quando la domanda gliene diede l'occasione, e scosse la testa.

«No, non lo capisco... Se sei preoccupato per L, non avevo intenzione di dirglielo. Possiamo inventarci qualcosa, non faranno domande, te lo assicuro.»

«Non è L che mi preoccupa, Eren. Non hai bisogno di giustificare la nostra relazione rivelando che sono un personaggio famoso. Puoi amare qualcuno del tuo stesso sesso, e può avere dieci anni più di te. Semplicemente, non tutti sono in grado di capirlo ed accettarlo, e non voglio che tu resti ferito in caso ciò accada. Sei sicuro di voler compiere questo passo?»

«Usare L? Non è quello che volevo fare, al contrario! Io voglio presentare loro solamente Levi, solo te. Quale dovrebbe essere l'alternativa? Scomparire in un'altra città senza alcuna spiegazione? Il lavoro era un conto, ma ora è diverso.»

Si mise di nuovo seduto sul proprio sedile, passandosi una mano sugli occhi mentre abbandonava il capo contro la testiera. La piega che la conversazione aveva preso non era quella che aveva sperato, e qualcosa lo turbava, qualcosa di ciò che Levi aveva detto.

«Chi credi che ti stia andando a presentare, il Ku Klux Klan? Non è la prima volta che mi vedono con un ragazzo... In due minuti di conversazione hai insultato loro, senza neanche conoscerli e definito labile la nostra amicizia. Non è un grande inizio...»

Levi sospirò, non sapendo come argomentare il proprio pensiero senza risultare offensivo o paranoico.

«Non era questa la mia intenzione, Eren. Offendere te ed i tuoi amici era l'ultimo dei miei pensieri, ma guarda le cose dal mio punto di vista: sono anni che nascondo la mia sessualità perché, per quanto in molti siano di ampie vedute, il mondo non è pronto a vedere qualcuno come me avere successo. È razzista, è omofobo, è uno schifo ma è la realtà dei fatti, inutile negarlo.» Si protese verso il compagno, andando a cercarne una mano con la propria. «Ti amo e, se tu ti fidi di loro, lo farò anch'io. Desidero solo che la nostra vita insieme non significhi recidere tutto ciò che lo ha preceduto. I miei unici amici sono Mike ed Hanji, che mi piaccia o meno, e per te voglio qualcosa di diverso; voglio che tu abbia un posto in cui far sempre ritorno e sentirti accettato.»

Intrecciò le dita con le sue, pregando di non esser stato nuovamente frainteso.

«Lo capisco...» rispose, aprendo le dita per poi stringerle nuovamente sulle sue. Portò la mano libera sulle loro, chiudendole in un piccolo bozzolo, proteggendole. «Ma dovresti sapere ormai che l'ultima cosa che voglio è esporti a rischi per te, per i tuoi compagni e le vostre carriere... Mi fido di loro perché li conosco. Avevo dato per scontato che avresti fatto altrettanto.»

Levi abbozzò un sorriso, intenerito.

«Lo faccio. Sono corso fin qui perché l'unica cosa a cui realmente tengo sei tu. Quel che pensa le gente è un loro fottuto problema, anche se devo tenere in conto le ripercussioni che le mie scelte possono avere sulla band... Ma su di te non ho mai avuto dubbi, Eren, sei la mia scelta senza rimpianti. Vorrei essere altrettanto per te, è solo della tua opinione che mi importa. Allora... stasera pizza?»

Eren gli sorrise, appoggiando la fronte sulla sua.

«Stasera pizza.»

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