05 • Cause we be going back and forth
All'aeroporto li aspettava il delirio: centinaia di ammiratori accolsero i NoName, urlando in preda all'eccitazione, con tanto di striscioni e cartelli.
Eren scese la scaletta dell'aereo, stringendo tra le braccia il fascicolo che racchiudeva tutti gli impegni di Levi. Aveva già deciso che quella sera li avrebbe organizzati in un modo per lui più pratico: alla fine, l'importante era che Levi fosse dove doveva essere, no?
Col suo zaino sulle spalle, camminava guardandosi attorno, circondato dalle urla dei fans. Un paio di giorni prima, era stato tra loro. Dal nuovo punto di vista, tuttavia, c'erano diverse cose che poteva notare e che prima gli sfuggivano.
Quando il gruppo giunse all'entrata, dove le auto li stavano aspettando, Eren aveva le lacrime agli occhi e rideva insieme a Moblit, l'assistente di H, per alcuni di quei cartelloni che avevano visto sollevati nella folla. Quelli dedicati a Levi erano i più ricorrenti. "I love you, L", "Marry me", ma il migliore di tutti, quello che aveva tolto il respiro ai due ragazzi per le troppe risate, era stato "I'm your pig", riprendendo le parole di uno dei loro testi più famosi.
«È incredibile quali livelli possa raggiungere la gente!» disse Moblit, camminando al suo fianco.
Nel parcheggio, la security separò la band dall'entourage. Non permisero neanche a Eren, Nanaba e Moblit di entrare insieme ai loro capi nell'auto. Nonostante le proteste degli artisti, solo il loro manager venne fatto accomodare nella limousine ed Eren rimase buono, mentre l'unica persona che conosceva si allontanava, lasciandolo solo nella città sconosciuta.
Conosceva, era una parola grossa. Anatomicamente certo, avrebbero potuto riconoscersi tra mille, ma non erano amici. Non erano neanche lontanamente vicini ad esserlo. Il ragazzo rimase con i due assistenti, con cui il tempo sembrò volare nonostante i tre fossero molto presi a organizzare il recupero dei bagagli della band. Moblit e Nanaba furono fondamentali ad Eren, guidandolo e insegnandogli le prime basi del suo nuovo lavoro.
Mancava un'ora alla cena quando qualcuno bussò alla porta della stanza di Levi.
Il corvino aprì, trovandosi davanti il proprio assistente coi capelli ricoperti di gel, pettinati all'indietro e vestito di tutto punto. Non era troppo casual, ma neanche troppo formale: jeans, camicia bianca slim e al collo una cravatta sottile, infine una giacca dall'aspetto elegante ma non eccessivamente raffinato. I suoi occhi, già notevoli, spiccavano in modo impressionante, illuminandogli il volto dalla carnagione scura.
«Buonasera, Mr. L» lo salutò, prima di entrare nella stanza.
Quando la porta si chiuse ed Eren si fu assicurato che nella stanza con Levi non ci fosse nessun'altro, si appoggiò con la schiena alla parete, sospirando.
«Uff, scusa se ci ho messo tanto. Ho avuto parecchio da fare... Spero sia andato tutto bene...»
Levi osservò il ragazzo. Tentò di darsi un contegno, perché gli sarebbe volentieri saltato addosso, ma non voleva gettare al vento i suoi evidenti sforzi di fare buona impressione. Di certo sarebbe uscito da lì con un nido di rondini in testa, piuttosto che ben acconciato. Dedicò quindi la sua attenzione nell'allacciare l'orologio al proprio polso.
«Sì, non preoccuparti. Tu piuttosto, hai avuto difficoltà?»
«No. Moblit e Nanaba mi hanno aiutato molto...» rispose, giocherellando con la cravatta che aveva tirato fuori dalla giacca ben abbottonata.
I suoi occhi verdi seguivano senza sosta ogni movimento di Levi, che sembrava essere già pronto nonostante mancasse ancora quasi un'intera ora prima della cena e non sembrava aver bisogno di alcun aiuto da parte sua. Eren attraversò quindi la stanza, poggiando la borsa tracolla che si era portato sul tavolo ed estraendo i vari fogli dal raccoglitore.
Dal fondo tirò fuori anche un oggetto che, fino a qualche ora prima, non possedeva: un piccolo tablet, azzurro metallizzato con lo stemma dei NoName inciso sulla cover protettiva.
Lo accese, si mise seduto ed iniziò a ricopiare alcune delle informazioni che si trovavano sui fogli. Era un lavoro che aveva iniziato prima di andare da Levi, per tenersi occupato. Avrebbe tanto voluto correre da lui, non appena aveva avuto la libertà di farlo, ma si era fermato a riflettere: forse stargli così addosso avrebbe potuto dargli fastidio. In fondo erano amanti di notte, colleghi di giorno. Anzi, lui era il suo diretto capo ed Eren un mero sottoposto. Non voleva comportarsi come il pulcino che insegue la chioccia, ma imparare ad essere indipendente. Sapeva che Levi avrebbe trovato ugualmente un modo per fargli capire quando potevano stare insieme.
«Cosa devo fare, nel caso in cui ci siano due impegni che coincidono?» domandò ad un certo punto, girandosi verso il corvino con gli occhi fissi su un foglio. «Perché qui credo che tu debba scegliere se preferisci la cena con gli editori o l'aperitivo coi registi del video che-... Wow...»
S'interruppe, a corto di parole. Alzando lo sguardo si era trovato di fronte un Levi vestito di tutto punto, coi capelli impeccabilmente pettinati, un abito che lo fasciava alla perfezione e gli occhi puntati dritti nei propri. Tutto questo non aveva fatto altro che mozzargli il respiro, mentre dentro di sé cercava di riportare alla mente i buoni propositi ripetuti poco prima.
Essere indipendente.
Non essere appiccicoso.
Non essere un fan.
«Il gatto ti ha mangiato la lingua...?»
L'altro abbozzò un sorriso, avvicinandosi al ragazzo ed abbassandosi quel tanto che bastava per osservare il piccolo schermo e le informazioni che vi erano contenute. Sentì Eren trattenere il fiato mentre, con fare casuale, gli poggiava la mano sulla spalla.
«Preferisco l'aperitivo, il prossimo videoclip sarà girato a breve e voglio sentire le loro idee. Non voglio ritrovarmi sul set e dover indossare qualche costume ridicolo» commentó, seccato dal ricordo di un'esperienza simile e alla quale si era fermamente opposto.
L'immagine dei NoName era importante e non voleva che qualche fottuto regista visionario la stravolgesse.
«Vedo che ti stai impegnando, moccioso. Non male» disse poi, voltandosi in direzione di Eren e specchiandosi in quelle pozze acquamarina tanto profonde ed intense.
«Sto facendo del mio meglio...» rispose, sentendo un sorriso spontaneo nascere sulle labbra.
Levi aveva appena lodato la sua dedizione nel lavoro. Esattamente ciò che Eren, fino a quel momento, aveva sperato.
Scartò quindi la cena e mise in agenda l'aperitivo, aggiungendo un piccolo appunto nel quale ricordava a se stesso di controllarne gli invitati, nel caso in cui fosse stato necessario prepararsi in qualche modo.
L'uomo aveva tenuto la mano sulla sua spalla per tutto il tempo e quel contatto lo scaldava, facendolo sentire come se quell'unico pezzetto di pelle stesse andando a fuoco rispetto al resto del suo corpo.
Levi, dal canto suo, si sentiva quasi fiero del ragazzo e di sé stesso: Eren sarebbe stato un assistente perfetto, valido tanto quanto Nanaba e Moblit, nonostante lo avesse praticamente assunto in preda all'impeto dovuto alla situazione in cui si erano trovati.
Lo guardò con orgoglio. Era un giovane dalle mille risorse, e gli piaceva il modo in cui stava affrontando seriamente l'impegno che aveva preso. A tal proposito, Erwin gli aveva lasciato il contratto da firmare sul tavolo. Allungò il braccio, facendolo scivolare accanto al tablet e indicandolo ad Eren con un cenno del capo.
«Non hai ancora firmato...»
«Oh, giusto!» esclamò.
Il giovane prese una penna e avvicinò il fascicolo, mettendosi a gambe incrociate, comodo, per poterlo leggere. Rimase in silenzio diversi minuti, apponendo finalmente la propria firma e riponendo i vari fogli in modo ordinato.
«Si potrebbe dire che ora io ti appartenga ufficialmente, fino alla fine della vostra tournèe» mormorò, quasi senza pensarci.
«Non avevo bisogno di una firma su un pezzo di carta, per sapere che sei mio...»
Levi sollevò con l'indice il mento del ragazzo, accarezzandogli al contempo il labbro inferiore col pollice.
Gli occhi di Eren si sgranarono visibilmente, mentre continuava a riservare la propria attenzione a quella carne morbida e rossa, così invitante da rendergli quasi impossibile formulare un pensiero coerente. Sentì il corpo dell'altro irrigidirsi, il suo respiro divenire irregolare, e la sua mano prendergli il polso come a supplicarlo di non allontanarsi.
«O forse mi sbaglio, Eren...?»
«No... No, non serviva...» rispose in un sussurro, stringendo le dita attorno alla pelle sottile e morbida del braccio del corvino.
La fatica che stava compiendo per impedirsi di aprire la bocca e leccare quel dito che continuava a stuzzicarlo era immensa. Ma resisteva, sì, perché era un'altra la cosa che desiderava più dell'aria in quel momento, e l'unico modo che gli venisse in mente per ottenerla era il rimanere fermo e sperare che arrivasse da sola.
Guardarlo dritto inviso e pregare che anche Levi avesse tanta voglia di baciarlo quanta ne aveva lui.
Il vocalist dovette dar fondo a tutto il proprio autocontrollo per non prenderlo lì e subito. Dannazione, lo stava praticamente supplicando di scoparlo solo con quei suoi bellissimi e maledetti occhi...!
Indietreggiò con un sospiro mettendo distanza tra i loro corpi, certo che non avrebbe resistito a lungo in quella stanza. Non se erano soli.
«Andiamo moccioso, ti offro un drink. Io e te abbiamo bisogno di parlare, per il resto c'è tempo» disse, raccogliendo la tessera magnetica della stanza e dirigendosi alla porta.
Eren cercò di riprendersi in fretta.
Non voleva che Levi notasse quanto dispiacere ci fosse ora nel suo sguardo. Aveva davvero sperato in quel bacio ma, di nuovo, stava facendo un errore madornale. Non doveva permettere a sé stesso di valutare quella relazione più di quel che davvero era.
Non doveva concedersi di lasciare spazio ai sentimenti.
I fidanzati si baciano, non i... non sapeva neanche come definire se stesso. Assistente con benefici?
«Arrivo...»
In fretta, mise via le sue cose - avrebbe concluso successivamente quel lavoro - e infilò la borsa a tracolla. Lo seguì fuori dalla camera, anticipandolo per chiamare l'ascensore mentre il cantante chiudeva la porta.
Il bar dell'hotel era semideserto.
Un paio di persone occupavano i tavoli, chi fissando il vuoto, chi leggendo una rivista. Al bancone invece non c'era nessuno, ed il barman si impegnava nel tirarlo a lucido.
I due si accomodarono sui comodi sgabelli imbottiti.
«Cosa prendi?»
«Oh... Uhm... Una coca cola con ghiaccio» rispose, sfilandosi la borsa e facendola scivolare lentamente a terra: c'era pur sempre un tablet lì dentro.
«Non sei al McDonald's, moccioso» lo rimbeccò il vocalist.
Con uno schiocco delle dita richiamò l'attenzione del barman, che si avvicinò a loro senza fretta.
«Un BlackRussian ed un Jack & Cola.»
«Subito, signore.»
«Jack & Cola?»
«Jack Daniels. È un liquore, non solo la scritta sulle magliette» disse il corvino, tamburellando le dita lunghe e sottili sul legno pregiato in attesa che i loro drink venivano preparati e serviti.
Quando il bicchiere gli arrivò in mano, Eren lo guardò con espressione curiosa. Sembrava in tutto e per tutto uguale alla Coca Cola normale... Bevve un sorso. Subito si sentì andare a fuoco la gola e tossí, arricciando il naso e stringendo gli occhi.
Levi rise. Una risata bassa, roca, ma sincera. Il cuore fece una capriola nel petto di Eren, il quale si sforzò di ignorarlo. Dio, perché Levi non rideva più spesso?!
L'uomo sorseggiò con calma il proprio drink, osservando il rossore apparso sulle guance di Eren diminuire lentamente. Era davvero un ragazzino: dolce, ingenuo, allegro, molto intelligente. E, non ultimo, bravo a letto.
La verità è che gli piaceva, molto più di quanto avrebbe dovuto. Il loro doveva essere l'incontro di un'ora, da dimenticare come tanti altri che lo avevano preceduto, ed invece non solo si era rivelato il miglior sesso che avesse mai fatto, ma gli aveva procurato un assistente degno di tale nome.
Ne era sorpreso, ma più di tutto ne era soddisfatto.
Sapeva troppe poche cose su di lui, e la cosa lo contrariava: avrebbero trascorso più di sei mesi a stretto contatto l'uno con l'altro, e conosceva soltanto il suo nome di battesimo, che risiedeva a Shiganshina e che aveva due fratelli.
«Facciamo un gioco. Venti domande con obbligo di risposta. In caso contrario, uno shot. Ci stai?»
Eren si leccò le labbra dall'alcol rimasto e guardò il bicchiere ancora pieno come se fosse sul punto di esplodergli tra le mani.
«Uh, certo... Posso farti delle domande anche io?» mormorò, guardandolo con un timore reverenziale ed una dose non indifferente di incredulità.
«Ovviamente moccioso, mi offenderei se non volessi sapere nulla su di me.» Il vocalist chiamò di nuovo il barman, ordinando due shot di tequila e chiese di lasciare lì la bottiglia. «Inizio io. Qualche passione in particolare?»
Iniziamo bene, pensò l'altro, facendo girare sul posto il suo bicchierino, il cui contenuto non appariva affatto minaccioso quanto lo sarebbe stato il sapore una volta varcata la soglia delle labbra.
«Mi piace la musica. Mi piace scrivere... Oh e spesso vado a correre, mi rilassa» rispose, alzando lo sguardo verso Levi solo alla fine. «Cosa ti piace di più mangiare?»
«Penserai che sono uno dal palato raffinato, ma mi piace mangiare cinese.» Il corvino liquidò in fretta la sua domanda. «Ti piace scrivere cosa?»
«Uhm, frasi, brevi testi... Tutto quello che mi passa per la mente in un certo momento o vedendo qualcosa di particolare...» rispose, facendo dondolare una delle gambe dallo sgabello. Il suo sguardo era tornato a puntarsi sul piccolo recipiente di vetro. Era di nuovo il suo turno, ora. «Come hai conosciuto H ed M? Voglio dire, sembrate amici, molto amici, al di là del lavoro che vi lega...»
Levi sembrò riflettere un istante, prima di parlare.
«Mike l'ho incontrato al liceo, un classico. Hanji invece ci é praticamente piombata addosso in un locale, ubriaca e col basso al collo. Da quel momento non se n'è più andata. Purtroppo» aggiunse, guardando Eren negli occhi con un sorrisetto sghembo stampato in viso.
Il ragazzo ridacchiava, il viso appoggiato alla mano mentre ascoltava rapito la storia di come la sua band preferita si fosse conosciuta e fatta strada. Non avevano idea di cosa sarebbero diventati, ma le coincidenze che guidano il destino delle persone sono più forti di ogni cosa.
Nonostante il gioco, Eren decise di prendere un altro piccolo sorso del proprio drink, forse per abituarsi al sapore forte, poco per volta.
La nuova domanda di Levi arrivò un istante dopo, facendogli quasi andare l'alcol di traverso.
«Mai stato con una donna?»
«Uhm, si certo. Al terzo anno di liceo. La mia prima volta...» rispose guardando il ghiaccio affondare e risalire nel bicchiere.
«Com'è stato?»
«Oh, terribile e bellissimo insieme. Eravamo a casa sua. Dovevamo studiare, ma me la sono ritrovata addosso prima di riuscire a capire che cosa stesse succedendo.» Alzò le spalle, trattenendo una risata. «Per lei non era la prima volta, aveva un anno più di me. È stata lei a guidarmi, aveva il controllo di tutta la situazione, ma a me piaceva tanto e mi sentivo la persona più fortunata del pianeta...» D'un tratto si tirò su di scatto, guardando verso Levi con la fronte aggrottata e lo sguardo accusatore. «Ehi, mi hai fatto saltare il turno, dovevi essere tu a rispondere a me!»
«Peggio per te. Non è colpa mia se eri distratto...» sorrise l'uomo dietro il bordo di cristallo, prima di portarlo alle labbra. Lo sorseggiò volutamente con calma, assaporando il gusto del liquore al caffé, studiando il volto imbronciato di Eren. Era adorabilmente ingenuo, così semplice da prendere in giro.
«Beh, allora ora ne farò io due di fila!» borbottò, incrociando le braccia e girandosi verso di lui. «Ti rigiro la domanda. Sei stato anche con delle donne o ti piacciono solo i toy boy?»
«Questa vale per due, moccioso. Una donna soltanto ma, anche se non è stato un completo disastro, mi ha spinto ad esplorare altri orizzonti. E no, non solo i toy boy: l'uomo navigato ha il suo fascino, ma essere l'esperto della situazione non mi dispiace affatto. E a te...? Piacciono solo gli uomini adulti e di successo?»
«Quando ne troverò uno, te lo farò sapere» rispose, sporgendosi appena verso di lui per poi fargli l'occhiolino.
«Non so se sentirmi offeso per non essere considerato di successo, o lusingato dal fatto che mi trovi giovane...» affermò, inarcando un sopracciglio. «O magari non ti piaccio affatto?»
«È una domanda?» chiese, tornando al proprio posto. Doveva scegliere, capire se voleva rispondere. E decise di rischiare. «Mi piaci, Levi... Non hai motivo di dubitarne...»
Levi sorrise, nascosto dal proprio bicchiere.
Era disarmante il modo in cui Eren riusciva a dire esattamente ciò che desiderava sentire, colpendolo lì dove credeva di non poter provare granché. Non era mai stato un tipo sentimentale. Il sesso senza impegno gli era sempre bastato, ma da quando aveva incrociato lo sguardo del ragazzo qualcosa in lui, inaspettatamente, pareva essere cambiato. Eren lo faceva sentire voluto, desiderato, vivo, in un modo del tutto nuovo. Con lui non era L, ma semplicemente Levi.
«Non ne dubito, infatti. Ma sono un uomo esigente: mi piace sentirmi al centro dell'attenzione, soprattutto la tua. Perciò dimmi, cosa ti piace di me?»
«A-ha.» Ridacchiando, Eren sollevò l'indice di fronte al suo viso muovendolo da un lato all'altro. «Non provarci, è il mio turno adesso.» Abbassó lo sguardo sul bicchierino di tequila di Levi, abbandonato sul bancone ed ancora intoccato. «Sei mai stato innamorato?»
«Colpo basso, Jaeger» replicò il vocalist, guadagnando tempo. «Facciamo così: andiamo prima a cena, poi deciderò se risponderti o meno. Nel frattempo puoi farmi un'altra domanda.»
Sul viso di Eren apparve un'espressione mortificata. Una parte di lui avrebbe voluto scusarsi per avergli posto una domanda simile, ma un'altra parte temeva che in quel caso Levi non avrebbe risposto, più tardi. Quindi tacque, limitandosi ad annuire e si passò la lingua sulle labbra, mentre rifletteva.
«Okay... Allora... C'è un posto al mondo che ti piacerebbe tanto visitare?»
«Non so se esiste un luogo fisico per quello, ma mi piacerebbe trovare un posto in cui sentirmi davvero libero. Assurdo eh..?» commentò con una punta d'amarezza.
Fama, soldi, una carriera di successo, eppure a volte si sentiva come un animale in gabbia, intrappolato in un'identità non sua. Mai libero di essere soltanto sé stesso, quando negli occhi di tutti si rifletteva la figura di L: tutti, tranne Eren. Quel pensiero lo sorprese come un fulmine a ciel sereno.
«E tu, Eren? Ti senti libero...?»
«Non particolarmente... Ci sono tante cose che vorrei fare, ma non ho mai fatto...»
«Magari questa potrà essere la tua occasione di una vita: una band famosa, una tournée in giro per il paese...» Terminò il Black Russian tutto d'un fiato, riponendo il bicchiere vuoto sul bancone con un tonfo secco. «La tua chance per essere libero.» Si alzò dal proprio sgabello, facendo cenno ad Eren di seguirlo. «Forza moccioso, hai del lavoro da fare» gli sorrise un'ultima volta per poi incamminarsi, mani in tasca e passo deciso.
Eren lo seguì recuperando la borsa a tracolla, lasciando il proprio drink quasi completamente intatto.
La sua prima cena ufficiale come parte integrante dell'entourage dei NoName fu... l'evento più noioso a cui avesse mai partecipato.
Lui, Nanaba e Moblit rimasero per tutto il tempo nella stessa stanza, ma seduti in disparte, ad un piccolo tavolo solo per loro. Eren si sentiva tanto tornato bambino, quando gli adulti avevano la loro tavolata importante e i piccoli quello nell'angolo così che non li disturbassero. Tuttavia per lui stare lì era una novità emozionante, sebbene non gli riuscisse di ascoltare nessuno dei discorsi interessanti.
Il divertimento iniziò solo quando Moblit ebbe bevuto abbastanza da cominciare a piagnucolare su quanto Hanji fosse impossibile da gestire con la sua iperattività patologica e Nanaba si lasciò andare a piccoli pettegolezzi che giravano tra i membri veterani dell'entourage. Eren passò tutta la serata a domandarsi se e quali fossero quelli che lo riguardavano e di cui non era venuto a conoscenza.
Levi vedeva la propria pazienza messa a dura prova da Smith, che non smetteva di parlare di quanto fosse importante per l'immagine del gruppo la loro reputazione e quindi, di conseguenza, fondamentale evitare pubblicità sgradita. Più volte Hanji, alla parola "scandalo", lo aveva colpito col gomito o fatto il piedino sotto al tavolo, il tutto guardando in direzione di Eren con un sorriso inquietante stampato in faccia.
Maledetta quattrocchi.
A causa di tutto questo, a fine serata il vocalist si sentiva particolarmente stanco ed irritabile.
Salutarono tutti per la notte, e con il castano si diresse alla propria stanza che non distava troppo dal ristorante dell'hotel. Eren salutò allegramente i suoi colleghi, prima di affrettarsi a seguire Levi che non sembrava molto propenso ad aspettarlo. Lo raggiunse all'ascensore ed appena dentro, slacciò la cravatta che gli stringeva il collo.
La sua camera, per esigenze lavorative, era stata messa proprio accanto a quella del cantante, il che sarebbe risultato decisamente comodo visto l'uso che entrambi meditavano di fare dei letti.
Arrivati sulla porta di quella di Levi, Eren esitò, stringendo le mani sulla tracolla: in tutta onestà, l'unica cosa che desiderava in quel momento era di entrare con lui e passare la notte a fare tutto, meno che dormire; tuttavia, l'uomo sembrava stanco ed era questo che interessava di più al castano.
«Posso restare?» domandò timidamente.
L'altro inserì la tessera magnetica nell'apposito slot, voltandosi quel poco che bastava per guardare il volto di Eren. Accennò un sorriso.
«Entra, moccioso.»
Il ragazzo lo seguì all'interno della camera. Si liberò della borsa, appoggiandola sul tavolo vicino e tornò a rivolgere lo sguardo verso il vocalist, osservandolo.
«Vuoi che chiami il servizio in camera e ti faccia portare un po' di tè? Sembri esausto...»
Levi lo guardò, senza riuscire a nascondere la propria sorpresa.
«Ricordi che mi piace il tè...?»
«Nero e bollente, giusto?» Si avvicinò al mobiletto dove si trovava il telefono della camera. «Te lo faccio portare immediatamente.»
«Aspetta...»
Levi lo raggiunse quasi subito, posizionandosi alle sue spalle e poggiando la propria mano su quella del giovane, in procinto di afferrare la cornetta. Era abituato a comandare, ad essere servito, ma quella premura lo aveva lasciato basito. Non era per nulla abituato ad attenzioni del genere, e il fatto che Eren non solo avesse ricordato un simile particolare, ma che volesse in qualche modo prendersi cura di lui, lo faceva sentire quasi a disagio.
Non sapeva come comportarsi, come reagire, cosa dire. Forse, in realtà, non avrebbe potuto dire granché, perché a corto di parole.
Ma un gesto, sincero, quello poteva farlo.
Si sporse quel tanto che bastava per sfiorare le labbra del castano, in punta di piedi. Quando riaprì gli occhi, Eren lo fissava con stupore, completamente immobile.
«Grazie» gli sussurrò.
Dopo un primo, lungo momento di sorpresa, Eren sentì il proprio corpo reagire istintivamente. Arrossì - niente di nuovo, ci era abituato - e piegò le labbra in un sorriso. Era dolce e contagiava anche gli occhi con quella stessa tenerezza.
«Sono qui per te» rispose a bassa voce, come se temesse di poter spezzare il delicato momento nel quale si trovavano.
La mano di Levi era fresca in confronto alla sua ed Eren girò lentamente il polso, così che i loro palmi si toccassero. Fu il contatto più intimo che si sentì di azzardare.
Levi voleva stringere quella mano calda e bollente con la propria, accarezzarne la pelle liscia con le dita e dimenticare dove si trovasse: contava solo con chi. Eppure non si mosse, inseguito dal fantasma del suo alter-ego che lo perseguitava nei momenti meno opportuni e, soprattutto, più felici.
«È il tuo lavoro...» si trovò a sospirare, frustrato, improvvisamente memore del fatto che il ragazzo fosse alle sue dipendenze.
«Non è ciò che sto facendo, ora» Eren rispose, piegando le dita per intrappolare la mano dell'uomo nella propria nonostante il corvino non avesse dato alcun segno di reazione, alla presa di poco prima. Non aveva reagito, ma neanche respinto, no? «Il lavoro dell'assistente si è concluso con la cena. Ci sono solo io, adesso...»
E Levi si rese conto che Eren stava dicendo il vero. Il modo in cui lo guardava, la dolcezza nei suoi occhi... era tutto reale, tangibile, concreto.
«È tutto quello che voglio.»
Portò la mano libera sulla nuca del'altro, attirandolo a sé. I loro nasi si sfiorarono, mentre i respiri si fondevano, gli odori si mischiavano e le loro labbra si avvicinavano pericolosamente le une alle altre. Un solo soffio e si sarebbero unite, ancora una volta.
Eren non ebbe il tempo di pensare a ciò che stava accadendo, a quanto si stava facendo trascinare da quel sentimento. Dimenticò di ignorare le farfalle nello stomaco e si perse nel grigio mare degli occhi di Levi, sempre più vicini.
Chiuse i propri. La vista non gli sarebbe servita.
Schiuse appena le labbra e trattenne il respiro quando la sua bocca toccò quella del vocalist. Non c'era violenza, lussuria o urgenza. Eren non impresse nessuna di queste sensazioni in quel bacio, no. Aprì il cuore, lasciando che Levi attingesse ciò che voleva, nella quantità che riteneva più giusta. Un brivido freddo gli percorse la schiena, per quella stretta che sentì rafforzarsi tra i capelli. C'era un certo livello di possessione in quel gesto ma, ancora una volta, Eren non percepì aggressività. Poggiò la mano libera sul petto di Levi, poco sopra al cuore, e lasciò che la propria schiena aderisse alla parete, trascinando l'uomo con sé.
Fu quando la sua lingua incontrò la gemella, con un tocco gentile e morbido, che il castano distinse chiaramente il nodo allo stomaco stringersi e contrarsi. E capì di essere rimasto irrimediabilmente fregato.
Nell'istante in cui sentì quella carezza, ogni pensiero svanì dalla mente di Levi. Riuscì solo a percepire un intenso calore all'altezza del petto, lì dove il ragazzo lo sfiorava, e comprese di non avere alcuna via di scampo. Non quando con Eren si sentiva così bene, così sereno, così sé stesso. Approfondì il bacio, schiacciandolo maggiormente contro la parete fredda come a voler imprimere il proprio corpo sul suo, ricordargli che gli apparteneva. Non era logico, non era razionale, era tutto fuorché comprensibile, ma era certo che fosse così.
Eren avrebbe potuto giurare che il cuore del corvino stesse battendo forte almeno quanto il suo. Non sapeva esattamente cosa gli facesse dire questo: forse la foga con cui si aggrappavano l'uno all'altro, che sembrava essere condivisa da entrambi.
Levi si godeva quel momento tanto dolce da togliere il fiato. Eren aveva abbassato tutte le sue difese con la sua disarmante sincerità, concedendosi a lui nel suo innocente candore.
Mordendogli languidamente il labbro inferiore, afferrò la sua cravatta sottile avvolgendola nel proprio palmo. Voleva baciarlo e morderlo fino a sentire le labbra sanguinare, toccarlo ed accarezzarlo per non perdere un solo istante del suo calore; assaggiare il sapore della sua pelle come se temesse di dimenticare un gusto tanto prelibato, affondare nel suo corpo come se fosse l'unico posto in cui desiderava trovarsi per tutta la vita.
Fece scivolare la giacca dalle sue spalle, e questa cadde con un fruscio sul pavimento lucido. I bottoni della camicia furono l'obiettivo successivo.
Dai capelli, la sua mano scivolò in basso andando a slacciare la cintura del ragazzo, dedicandosi poi ai bottoni del jeans che nascondevano un evidente rigonfiamento. Entrambi continuarono a spogliarsi senza distogliere lo sguardo l'uno dall'altro, per non perdere nessun cambio d'espressione, fremito o sussulto.
Il tepore che si sprigionava dal petto ora nudo di Levi era inebriante, ed il profumo era persino meglio. Il suo odore naturale, dopo la lunga serata, si fondeva a quello del sapone creando una insolita fusione di caldo e freddo.
Eren spinse via le scarpe e sollevò le gambe, avvolgendole attorno ai fianchi dell'amante. Sentì la stoffa pregiata dei pantaloni del suo completo contro le cosce, che vennero afferrate e strette con forza, mentre l'uomo lo schiacciava maggiormente contro il muro alle sue spalle. La frizione tra le loro virilità lo fece letteralmente imprecare sulle labbra del ragazzo, il quale non aveva smesso un solo istante di baciarlo in quel modo passionale che rischiava di farlo impazzire.
«Maledetto moccioso, non stuzzicarmi!» ringhiò il corvino sulla sua bocca schiusa e lucida dei loro sapori. «Sto provando a fare le cose con calma...!» Ma non riuscì ad evitare di muovere il proprio bacino contro il suo.
«L'ho notato...» rispose l'altro, abbandonando le sue labbra per spostarsi lentamente lungo il suo viso. Dalla guancia, allo zigomo, raggiunse poi l'orecchio e si mise a succhiarlo con avida delicatezza. «E non credo sia qualcosa che ti capita di fare spesso, non è così?» domandò, portando di nuovo la fronte sulla sua mentre muoveva i fianchi a sua volta.
«Non so nemmeno come si faccia a fare le cose con calma, Eren... È dannatamente difficile...!» sospirò ad un soffio da quella bocca turgida.
«Potremmo cominciare andando sul letto, magari?»
Il vocalist non se lo fece ripetere due volte: ben attento a non lasciarlo cadere, per nulla intenzionato ad interrompere ancora il contatto tra le loro labbra, si avventurò alla cieca nella stanza. Urtò un paio di volte contro la parete, incespicò in un inutile tappeto ma alla fine, con Eren che ridacchiava sulla sua bocca, trovo l'oggetto dei loro desideri.
Quando le ginocchia toccarono il materasso liberò il castano, che cadde con un tonfo morbido tra le lenzuola candide. Lì disteso, la sua pelle color caramello contrastava con la stoffa chiara della biancheria. Il suo corpo snello ed asciutto sembrava chiamarlo a sé, assoggettandolo al volere di quegli occhi smeraldini che lo invocavano come il canto di una sirena.
«Non posso assicurarti che sarai in grado di alzarti domani...» disse Levi con voce roca, iniziando a slacciare la propria cintura.
«Sei libero, domani mattina. Sulla tua agenda ci sono solo io...»
«Non hai lasciato nessun dettaglio al caso. Sembra quasi che la tua intenzione fosse quella di sedurmi fin dal principio...» disse, calandosi i pantaloni ed inarcando un sopracciglio in modo canzonatorio.
Con solo l'intimo addosso salì sul letto, sovrastando il giovane per poi osservarlo con un pizzico di divertimento negli occhi.
Eren puntò i piedi nel materasso, aprendo le gambe per lasciare a Levi lo spazio necessario a gattonarvi in mezzo. Si guardavano, dall'alto al basso e viceversa, ma sul volto di entrambi c'era il medesimo sorriso, la stessa espressione divertita e piena di aspettativa, colma di eccitazione ma al contempo rilassata.
Avevano tempo. Avevano l'un l'altro.
«Stai forse insinuando che io abbia abusato del mio potere sul tuo tempo per tenerti tutto per me?» replicò, incrociando le braccia dietro alla testa con nonchalance. «Sarebbe davvero poco professionale.»
«Quindi non desideri che io ti prenda qui, adesso, affondi dentro di te tutta la notte, facendoti gridare fino a perdere la voce? Perché, a questo punto, potrei anche credere che hai programmato un intero giorno libero affinché io mi riposi per davvero...» disse con voce bassa e roca, divorando la sua figura fino a quando i suoi occhi non gli caddero su di un particolare. «E credimi, dopo aver visto questo sono seriamente tentato di farlo...!» ridacchiò, facendo scorrere la mano lungo la gamba scura dell'altro fino alla caviglia e...
Eren arrossì come non mai, mentre Levi gli sfilava uno dei calzini.
«Dovrebbero essere considerati dispositivi antistupro. Volevi preservare la tua virtù...?» gli domandò, mordicchiandogli l'interno coscia nel rimuovergli anche l'altro.
Avrebbe voluto rispondere. Avrebbe davvero voluto farlo, se non altro per non lasciare che quella presa in giro rimanesse nell'aria, impunita: si sarebbe levato a difensore dei calzini, solo per dargli contro e continuare quella piccola battaglia di provocazioni che si stavano scambiando anche se, in realtà, non gliene importava poi tanto; desiderava unicamente vedere il luccichio divertito, e un po' soddisfatto forse, nei suoi occhi tempestosi che avevano finalmente trovato qualcuno in grado di tenergli testa. Ma poi l'uomo lo morse, lì tra le gambe, in quel punto dove la carne è morbida, sottile, più chiara ed Eren si lasciò sfuggire un «L-Levi ah...» che risuonò nella stanza, facendo passare in secondo piano l'argomento calzini.
«Sappi che non ti salveranno, Jaeger. Ti voglio troppo, in questo momento.»
L'uomo allungò entrambe le mani fino a raggiungere l'orlo dei boxer. Li tirò giù lentamente, e si leccò le labbra.
«Cazzo...» Sospirando, Eren inarcò appena la schiena, spingendo il proprio corpo verso la bocca affamata dell'altro.
«Vuoi dirmi qualcosa, moccioso? Perché non sento la tua voce...» lo stuzzicò il vocalist.
Il suo respiro caldo, sulla pelle dura e tesa della virilità, provocava al ragazzo forti brividi e fremiti incontrollati.
«N-Non torturarmi...» La voce di Eren era un timido mugolio. I suoi occhi erano già diventati due pozzi neri, circondati dal cangiante verde acqua che rendeva ancora più evidente l'eccitazione che li contagiava. «Ti prego... Ho bisogno di te...»
La bocca di Levi lo inglobò fino alla base in un istante, cogliendolo di sorpresa. Quel paradiso, bollente come l'inferno stesso, gli fece perdere la facoltà di parola, di pensiero ed anche ogni briciolo di autocontrollo che gli fosse rimasto.
Tremando, piegò le gambe e strinse le cosce attorno al suo volto, non tanto forte da fargli male, ma abbastanza da farlo sentire completamente soggiogato. Inarcò la schiena e non riuscì ad impedire al bacino di scattare in avanti quell'unica, singola volta prima di riacquistare la lucidità necessaria a trattenersi. I suoi occhi erano chiusi, il viso contratto in una smorfia di piacere idilliaco che Levi non poteva vedere, ma di cui poteva udire tutti i risultati.
«C-Cazzo...» gemette, ricadendo scompostamente sul materasso, la bocca spalancata ed un rivolo di saliva che gli colava lungo il mento.
Per Levi non c'era cosa più eccitante del modo in cui il corpo di Eren reagiva alle sue attenzioni, come se non riuscisse a far altro se non quello: godere, godere e godere ancora. Senza rendersene realmente conto, prese a muovere la testa su e giù, succhiando quella delizia tra le sue gambe e leccandola con crescente passione. Le sue mani gli accarezzarono le cosce sode, fino a bloccarle con le braccia per tenerlo ancorato sul materasso, impedendogli qualsiasi movimento. Doveva essere lui la fonte esclusiva del suo piacere.
La maniera in cui il ragazzo rabbrividiva regalava a Levi un senso di enorme soddisfazione e appagamento. Godeva, letteralmente, nel vederlo contorcersi ed ansimare e farfugliare preghiere, ed il proprio corpo reagiva a tutti quegli stimoli: era duro, così tanto da far male. Sentiva la smania di possederlo lì, subito, e placare i propri bisogni carnali; eppure, allo stesso tempo, Eren aveva la priorità su tutto, persino sé stesso.
Inumidì le dita con la saliva, portandole all'altezza della sua apertura piccola e rosata. La accarezzò con calma consapevole che, annebbiato dal piacere, Eren non aveva ancora percepito quel contatto. Attese qualche altro secondo, per poi affondare completamente il dito indice nel corpo del ragazzo che sussultò a quell'intrusione, inarcando la schiena e spingendosi più a fondo nella sua gola.
Era troppo. Tutto quel che stava provando in quel momento era troppo perché potesse trattenerlo all'interno del proprio corpo.
Gridò, ma la voce si spezzò lasciando la sua bocca spalancata in un urlo muto.
Per un istante non vide niente. Gli parve di essere diventato cieco, che tutti i sensi ad esclusione del tatto fossero diventati superflui. Che respirare, non fosse necessario.
Avrebbe voluto dirgli di smettere.
Ciò che gli stava facendo era... spettacolare, ma al contempo eccessivo. Se ne sentiva sopraffatto, come se non avesse più alcun potere su se stesso, le proprie reazioni. Non credeva che il sesso potesse donare anche sensazioni di questo tipo.
Il cantante rimosse il dito dal suo corpo e attese qualche secondo prima di spingerlo di nuovo completamente dentro di lui.
La voce persa non ritornò ed Eren si aggrappò al materasso, tremando.
E venne.
Levi sentì il liquido caldo riempirgli inaspettatamente la bocca, e serrò le labbra attorno all'erezione del giovane per non perderne neanche una goccia. Sentiva il cuore battergli forte nel petto, ad un ritmo incontrollato e di cui non riusciva a spiegarsi la natura. Quel moccioso sarebbe stato la sua rovina. Qualcosa di proibito, di cui non poteva fare a meno. E non voleva.
Si mosse. La fronte di Eren sulla propria, il respiro irregolare, le sue mani tra le ciocche corvine per tenerlo lì, accanto a sé, erano la cosa più vicina alla sensazione di pace e benessere che tanto desiderava.
Era un attimo di rara vicinanza, intimità. Levi stava diventando più dolce ogni ora che passavano insieme, la differenza con il loro primo incontro era abissale. E guardando il viso provato dell'altro, le pupille ancora dilatate nel verde delle iridi lucide, le sue labbra sottili si piegarono in un piccolo sorriso.
«Mi vuoi così tanto da farti venire le lacrime agli occhi?»
«Oh, ti piacerebbe sentirtelo dire, vero?»
«Non sai quanto...» sogghignò, a metà tra il serio ed il divertito.
Le dita di Eren scivolarono dai capelli di Levi giù, lungo il suo viso, fino a raggiungerne la bocca umida. La toccò, tirando lievemente il labbro inferiore verso il basso.
«Non credo accadrà.»
«La notte è lunga,moccioso, e sulla mia agenda ci sei solo tu...»
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