04 • I might sound crazy

[Levi]

I due giorni seguenti furono un susseguirsi di eventi quotidiani, per il vocalist, soprattutto in un periodo come quello. Da quando era iniziata la Tournée le interviste erano all'ordine del giorno; i photoshoots, individuali e di gruppo, immancabili affinché l'immagine della band fosse sempre presente negli articoli a loro dedicati, sulle riviste patinate; le brevi apparizioni pubbliche per promuovere i concerti erano una rogna inderogabile, così come le riunioni a cui era costretto a presiedere.

Eppure, nonostante tutti quegli impegni che avrebbero distratto chiunque, Levi aveva la testa altrove. Qualcosa non andava, provava una fastidiosa sensazione che lo rendeva -se possibile- più irascibile del solito e soprattutto maggiormente schivo. Dopo i primi momenti di frustrante confusione, infine, capì che il tassello mancante a quel puzzle era Eren: quel fottuto moccioso, nel giro di appena 12 ore, lo aveva scombussolato al punto da rendergli necessaria la sua presenza; non riusciva a capacitarsene, figurarsi accettarlo!

L'uomo era in collera verso sé stesso, perché attendeva con ansia il momento in cui avrebbe rivisto quei magnifici occhi, respirato nuovamente il suo profumo ed accarezzato quelle labbra con le proprie. Ci mancava solo che iniziasse a contare i secondi come un maledetto stalker...!
Svolgeva il suo lavoro in maniera apparentemente normale, come se nulla fosse mutato all'improvviso, ma il pensiero costante di Eren in background non smetteva di tormentarlo ogni dannato momento. E la cosa peggiore di quella situazione era che Hanji -proprio lei, tra tutti - se ne fosse palesemente accorta, e non trascorreva secondo in cui non lo punzecchiasse al riguardo.

«Hai il cuore nello zucchero, nanerottolo!» esclamava all'improvviso. Oppure: «Due occhi così grandi e verdi, impossibile non innamorarsene! Sicuro che è già prenotato...?»

E ancora: «Oh, Levi, sul serio: dovresti considerare la monogamia.»

Tch, come se non avesse già dovuto vagliare quell'opzione.

Non che sentisse il bisogno di esplorare altri lidi, in fondo. Dopo la loro notte insieme, Levi si sentiva completamente appagato dal ragazzo e, per la prima volta in vita sua, desiderava ricambiare in modo spontaneo quelle attenzioni non solo per trarre il suo piacere, ma perché era bello vederlo tra le proprie braccia ansimare il suo nome e guardarlo con ingenua meraviglia. Eren, con un semplice battito di ciglia, riusciva a scorgere l'uomo che si nascondeva nei panni del cantante di fama mondiale, dimenticato e sepolto sotto strati di notorietà, gloria e dischi di platino.

Fin quando avesse potuto cantare, esprimere la propria arte e l'innato talento, il corvino era disposto a rinunciare a ciò che era stato prima di divenire definitivamente L. Le iridi smeraldine del giovane fan, invece, sapevano inconsciamente spogliarlo da quel camuffamento che oramai considerava una persona vera e propria, esponendo un lato di sé stesso che credeva non interessasse a nessuno. Gli faceva desiderare qualcosa di cui mai avrebbe pensato di aver bisogno: sentirsi accettato, compreso, desiderato come Levi e non il frontman dei NoName.

Quel primo giorno, quindi, passò come un vero e proprio inferno tra talk-show, vincoli pubblicitari, frecciatine seccanti e grugniti di risposta.
Il secondo invece fu persino peggio, perché il tempo trascorreva troppo lentamente per i suoi gusti. Il timore di non rivederlo, la paura che la logica avesse avuto la meglio su quella che credeva un'offerta allettante, ma che altro non era se non una chiara scusa per averlo accanto, gli contorcevano lo stomaco fino allo stremo causandogli un forte malessere che non voleva né poteva permettersi.
Fu solo per pura dignità se aspettò il pomeriggio per inviargli il famoso messaggio in cui gli indicava il luogo dell'appuntamento.

[18:02] ??? : Moccioso mi aspetto di trovarti, con valigie al seguito, al Gate 23 dell'aeroporto di Shiganshina alle 11:00. Non un minuto di ritardo. L

Inserì la vibrazione ed oscurò lo schermo dello smartphone, ficcandolo in malo modo in una tasca.

Finse di dimenticarsene, che non gli importasse ricevere una risposta.

Si illuse che Eren, per lui, fosse qualcuno di passaggio e null'altro che quello.

Ma, se riusciva ad ingannare gli altri sul fatto che tutto fosse assolutamente normale, non poteva fare altrettanto con sé stesso ogni volta che la sua mano cercava il cellulare.

*****

[Eren]

Era riuscito a partire per un soffio.

Quei minuti spesi nell'abitacolo dell'auto, insieme al cantante, gli erano quasi costati due ore per attendere il treno seguente, eppure ce l'aveva fatta ed il viaggio di ritorno a casa era stato dei più tranquilli. Viveva nella periferia di Shiganshina e ritornarci fu un sollievo di breve durata.

La lotta iniziò subito.

«Cosa credi di fare?! Non puoi sparire in questo modo da un giorno all'altro, Eren! Ci hai fatti preoccupare da morire!»

«Non sono sparito. Vi ho mandato un messagg-»

«Da solo in una città così grande e sconosciuta! Spero tu abbia almeno una buona spiegazione, per tutto questo!»

Dopo che i genitori gli ebbero urlato contro ogni rimprovero che la loro mente era stata in grado di elaborare nella notte, Eren parlò loro del lavoro che gli era stato offerto, della grande possibilità che aveva avuto e della fortuna che avrebbe potuto comportare se tramite questo lavoro fosse riuscito ad entrare nel giro. A passare magari tra vari artisti e manager, costruirsi una piccola carriera. Ciò che disse, in parte, fu solo per tranquillizzarli. Non aveva alcuna intenzione di diventare il lacchè di nessuno che non fosse Levi. Al termine del contratto, se non ci fosse stato un seguito con lui, sarebbe tornato a casa.

Ne era certo.

All'ottantacinque percento.

Forse settanta... Perchè, beh, il lavoro è pur sempre lavoro no?

Di fronte ad un tale risvolto, né Grisha né Carla seppero più cosa rispondere o trovarono un motivo valido per rimanere arrabbiati. La loro intera attenzione si focalizzò sull'occasione che il figlio aveva colto e sui suoi occhi brillanti per l'emozione e l'aspettativa, ma anche pieni di timore, al tempo stesso.

Era evidente che, nonostante fosse ormai grande abbastanza da poter prendere da solo decisioni sul proprio futuro, una parte di lui stava ancora aspettando di ricevere un segno dai suoi genitori. Un incoraggiamento, un'approvazione, o magari un avvertimento, forse perfino un ulteriore rimprovero. Ma non ce ne furono.

«Eravamo solo preoccupati per te, tesoro... Quello che ti è successo è... è...»

«Sorprendente» le venne in aiuto il marito.

Entrambi annuirono ed Eren si strinse nelle spalle, arrossendo appena. Non aveva potuto raccontare ai genitori le reali circostanze per cui Levi l'aveva voluto con sé. Aveva dovuto inventarsi una migliore spiegazione e l'unica che gli fosse venuta in mente, era la sua straordinaria passione per la musica. Non solo quella dei NoName. Eren sapeva suonare, aveva una bella voce ed erano talenti che i suoi genitori avevano sempre tentato di incoraggiarein ogni modo. Sfortunatamente, però, lui sembrava preferire il calmo e solitario ambiente della propria stanza, alle sale gremite di pubblico bramoso di ascoltare le note prodotte dalle sue mani e dalla sua bocca.

Se questo cantante di fama internazionale era riuscito a convincere Eren a fare un passo oltre la propria zona di comfort, non sarebbero stati certo loro a trascinarlo di nuovo indietro.

Carla lo aiutò a preparare la sua valigia ed una borsa per il viaggio che lo aspettava e quello stesso pomeriggio, Eren ricevette per mail da un avvocato la copia del contratto che avrebbe dovuto firmare, non appena si fosse ricongiunto alla band e al vocalist.

Ogni minuto che passava, tutto era sempre più ufficiale.

Mancava solo un giorno, all'appuntamento. L'ultimo giorno prima della partenza, dell'inizio della sua nuova vita, del re-incontro con Levi. Non riusciva a smettere di pensare a lui. Spesso si ritrovava a guardare il cellulare, vuoto e silenzioso ed a sospirare, rendendosi conto che l'idea di ricevere un messaggio da L era una follia troppo fantasiosa perfino per lui. Era una rock star, un uomo incredibilmente impegnato con cui aveva fatto sesso, un paio di volte. E poi, inaspettato proprio come un fulmine a ciel sereno, un messaggio da un numero sconosciuto, ma con un tono ed una firma impossibili da confondere con quelli di chiunque altro.

E fu allora che si rese davvero conto che tutto ciò che stava accadendo era reale.

Che era davvero stato con quell'uomo. Che l'avrebbe fatto ancora. Perché era L a volerlo. Era Levi a desiderarlo al punto da assumerlo, solo per tenerlo con sé e promettergli fedeltà, fintanto che la loro insolita relazione fosse durata.

Levi...

Entro ventiquattr'ore sarebbero stati di nuovo insieme... All'ennesimo sospiro, Eren si convinse che rimanere a pensare a lui per tutto il tempo che lo separava dall'incontro col cantante non avrebbe fatto bene a nessuno dei due.

L'ultima sera, organizzò un'uscita con i suoi amici. Sarebbe stata l'ultima, almeno per un po' e quando lo spiegò a loro, fu costretto ad avere a che fare con le loro reazioni. Tutti furono molto felici per lui anche se scorse qualche lacrima, all'idea che il rivedersi non sarebbe stato facile fino al termine della tournée.

«Ci procurerai almeno qualche biglietto, Jaeger?»

«Naturalmente Kirschtein, ma solo se inizierai ad essere gentile con me. Perché, tanto per iniziare, non vai a prendermi qualcosa da bere, mh?»

Si concessero un brindisi d'addio. Che divennero due. Poi tre.

In breve tempo, nessuno ricordava più a cosa stessero brindando, ma avevano il vago ricordo che non fosse qualcosa di molto allegro, quindi a chi importava?

Eren non disse a nessuno della reale natura di quell'offerta di lavoro ricevuta come un miracolo. Nessuno a parte Armin, il suo migliore amico, che considerava la metà della sua anima fin da quando aveva memoria.

All'inizio, non volle credere a ciò che Eren gli stava sussurrando sottovoce. Il ragazzo fu costretto a mostrargli i segni dei morsi che aveva nascosto sotto gli abiti, perché finalmente gli occhi azzurri del biondo si spalancassero e le sue labbra formassero una perfetta "O" di sorpresa e confusione.

«Lo hai fatto davvero?!»

«Due volte...»

A lui raccontò tutto, eccetto il vero nome del cantante. E dal sorrisetto che vedeva sulle labbra dell'amico, Armin non sapeva se sentirsi imbarazzato o ammirato. E così, L dei NoName era gay. Quello sì che sarebbe stato uno scoop per i giornali di gossip, avvoltoi assetati di informazioni.

«Giura che non lo dirai a nessuno.»

«Eren! Ovviamente! Non potrei mai fare niente per metterti nei guai...»

L'abbraccio tra loro durò a lungo. Si promisero di sentirsi ogni giorno. Ed allo scoccare della mezzanotte, Eren si morse il labbro inferiore, prima di colpire col bicchiere quello dei suoi amici.

«Cin cin!»

Quello era il giorno in cui avrebbe incontrato Levi di nuovo.

*****

Arrivare in ritardo sarebbe stato praticamente impossibile, dal momento che l'appuntamento era proprio lì, nell'aeroporto della sua città. I genitori si erano offerti di prendere un giorno di permesso dal lavoro per accompagnarlo al gate, così come anche alcuni dei suoi amici, ma Eren aveva scosso la testa e pregato tutti di non farlo.

Non aveva mai sopportato gli addii e doverseli lasciare alle spalle sarebbe stato cento volte peggio che salutarli e partire da solo.

Una volta arrivato, rilesse l'SMS ricevuto da Levi il giorno precedente. Le istruzioni sul punto d'incontro erano chiare ed una volta trovato il gate 23, sentì un'onda di sollievo invadergli il petto.

Con sua grande sorpresa, la sicurezza non fece alcun problema quando chiese di poter passare. Si era aspettato di dover dare mille spiegazioni, forse addirittura chiamare Levi per farsi venire a prendere. Invece venne semplicemente condotto all'interno di una piccola sala d'aspetto privata.

«Ehm... Permes-»

«Eren!!!»

La presa stritolatrice di Hanji non gli diede possibilità di respirare e fu solo grazie all'intervento di Mike che il ragazzo riuscì ad incamerare aria nei polmoni, traendolo in salvo.

«H, fallo respirare.»

«Ops, scusami dolcezza! Com'è andato il viaggio?»

«Bene, grazie. Sono riuscito ad arrivare in orario» le sorrise lui, ma in mezzo a quella piccola folla non riusciva a scorgere l'unica persona che gli premeva vedere in quel momento.

Un uomo alto, biondo e dalle spalle possenti si voltò nella sua direzione, e dietro di lui finalmente intravide la figura di Levi che, poggiato ad una colonna a braccia incrociate, lo osservava attraverso le bende candide. Eren fu accanto a lui in una frazione di secondo.

«Alla fine ti sei presentato.»

Il vocalist gli rivolse un sorriso sghembo che gli fece dimenticare persino il suo nome.

«Beh, sì certo...» rispose, appoggiando a terra il pesante zaino che gli stava segnando le spalle. «Credevi davvero che non sarei arrivato?»

Levi scrollò le spalle.

«Mai dare nulla per scontato, nella vita. Niente è come sembra...»

Si staccò dalla colonna, avvicinandosi al suo orecchio.

«Sei stato bravo, moccioso. Meriti un premio» aggiunse poi, sfiorandogli casualmente il braccio, ma quel breve contatto, unito a quelle parole cariche di promesse, gli fece correre un brivido lungo la schiena. Si rivolse poi all'uomo poco distante, che nel frattempo dava le ultime disposizioni ad un membro dello staff. «Lui è il ragazzo di cui ti ho parlato. Eren Jaeger, il nostro manager Erwin Smith.»

L'omone, grosso quanto Mike se non di più, lo osservò cordiale tendendogli la mano.

«È un piacere. Quella di L è stata una richiesta piuttosto insolita, non ha mai necessitato di un assistente personale. Devi essere un ragazzo dalle molte qualità...»

Eren gliela strinse automaticamente, prima di mettere realmente a fuoco con chi stesse parlando.

Wow.

Chiunque fosse quest'uomo, aveva degli occhi tali da farlo sentire come se lo stesse passando ai raggi X. Improvvisamente ebbe l'istinto di coprirsi, e distogliere lo sguardo da quelle iridi celesti e penetranti divenne impossibile.

«Il piacere è tutto mio, Signor Smith... Sono molto grato di aver avuto questa possibilità e farò tutto il possibile per aiutare L in ogni sua necessità» rispose, sperando che quel gesto convenevole non durasse a lungo. Aveva già i palmi tutti sudati.

«Dammi pure del tu» gli sorrise l'altro, ed Eren si trovò spontaneamente a ricambiare.

Durante l'imbarco Levi restò in silenzio tutto il tempo, le sopracciglia aggrottate e le labbra strette a formare una linea dura. Sembrava che il suo umore si fosse guastato, ed Eren non poté fare a meno di chiedersi il perché.

Finalmente a bordo dell'aereo -in prima classe ovviamente- il ragazzo si accomodò al proprio posto, di fronte al vocalist. Un tavolo pieghevole, in quel momento aperto, si trovava tra loro e dalla sua posizione, Eren poteva comodamente guardare fuori dal finestrino. Lo spazio tra le file di sedili era ampio, rispetto alla classe economy, e l'intera area era stata riservata agli artisti e all'entourage dei NoName.

Erano decollati da poco più di dieci minuti, ed il silenzio di Levi iniziava a farsi pesante: il castano non era un tipo ficcanaso, ma iniziò seriamente a pensare di essere lui il problema. L'atmosfera gli pesava sul petto come un mattone. Aveva aspettato tanto per rivederlo e no, di certo non si era aspettato baci e zucchero, ma almeno un segno?

Una parola, un gesto.

Qualche giorno prima, di fronte ad H ed M, l'aveva afferrato e non si era fatto problemi a rivolgergli quell'atteggiamento protettivo -possessivo- che tanto gli era piaciuto.

Ora sembrava davvero che tra loro non ci fosse nulla più di un normale rapporto di lavoro, e neanche troppo piacevole.

Infastidito e con una punta di orgoglio, si girò a guardare fuori dal finestrino, imponendosi di ignorarlo. Ma i minuti passavano, il corvino non accennava a pronunciare neanche una parola ed Eren diventava sempre più irrequieto. Infine, l'uomo si alzò e percorse il corridoio centrale dell'aeroplano fino a sparire dietro un paravento, in una piccola stanza improvvisata sopra la quale spiccava un cartello con la scritta "Bar", in caratteri luminosi.

Il ragazzo osservò la soglia che Levi aveva varcato da qualche minuto, prima di cedere, alzarsi e seguirlo.

L'interno era angusto, con lo spazio a malapena sufficiente per accogliere una persona. Levi si trovava nel centro, circondato da un bancone di legno levigato ricoperto di bicchieri e bottiglie dalle etichette sgargianti, ciascuno ordinatamente riposto in sicurezza.

Si schiarí la voce prima di parlare, a bassa voce, timidamente.

«Ehm... L-... Mr. L? Va tutto bene..?»

Proprio come se lo avesse atteso tutto il tempo, l'uomo lo afferrò per il colletto della maglietta e lo trascinò in avanti, verso di sé. Una piccola tenda venne tirata alle sue spalle, isolandoli temporaneamente dal resto dell'aereo e garantendo loro un minimo di privacy - se così poteva essere definita. Lo spazio era davvero troppo ristretto per contenere due uomini ed Eren si trovò improvvisamente ad una distanza pericolosamente ridotta, quasi nulla, dal corpo del cantante che ancora lo tratteneva, col pugno chiuso sulla stoffa della sua maglietta.

«Sei venuto a burlarti di me per caso? Non sfidare la sorte, marmocchio...!» disse, con lo sguardo basso mentre lo teneva fermo contro il piccolo bancone in quello spazio scomodo e soffocante.

Eren sgranò gli occhi, le labbra schiuse in un'espressione sorpresa.

«M-ma di che stai parlando?!» Ora che erano di nuovo soli, aveva in un istante abbandonato ogni formalità. «Sei tu che ti stai comportando in modo strano!»

«È colpa tua! Tu ed il tuo maledetto modo di fare! È irritante il modo in cui sembra che tutto graviti intorno a te...!»

Voleva ribattere, Eren, ma le labbra di Levi sulle sue spensero ogni possibile protesta e si trovò a ricambiare quel bacio come se per due lunghi giorni non avesse desiderato altro. E, a ben pensarci, era davvero così.

«Ci provo ad essere razionale, ma il modo in cui ti guardano mi manda fuori di testa...» sussurrò il corvino contro la sua bocca.

«Il che?!» ebbe solo il tempo di balbettare, prima che l'uomo lo mettesse nuovamente a tacere.

Insinuò la lingua ed esplorò la bocca del ragazzo con veemenza, quasi avesse paura che, durante quella breve separazione, fosse cambiato qualcosa: tra di loro o nel modo in cui i loro corpi reagivano alla rispettiva vicinanza, non lo sapeva bene neanche lui. Aveva però bisogno della conferma che gli fosse mancato almeno un decimo di quanto era mancato a lui, così forse si sarebbe sentito meno sciocco. Era illogico, irrazionale, eppure non poteva farne a meno. Finalmente, finalmente, potevano di nuovo baciarsi. Finalmente avevano di nuovo la sicurezza di non essersi sognati ogni fottuto minuto di quel tempo passato insieme, che i segni sui loro corpi non fossero una semplice fantasia.

Il modo in cui Eren lo ricambiava gli fece capire che no, nulla era mutato: si volevano con la stessa intensità del loro primo incontro. Levi si rilassò tra le sue braccia, afferrandogli i capelli con decisione. Il suo giovane corpo sembrava incandescente, mentre le sue mani lo toccavano ovunque senza sosta. Di interrompere il contatto tra le loro labbra, affamate e bisognose, non se ne parlava proprio.

Con le dita scivolò lentamente lungo la schiena del ragazzo, raggiungendo il bordo dei pantaloni ed intrufolandosi quel che bastava da fargli sentire il proprio tocco senza risultare troppo invasivo.

Rabbrividendo, Eren mise fine al bacio, cosicché entrambi potessero respirare.

«È per questo che sei venuto qui? Era tutto un trucco per attirarmi nel bar, ammettilo...»

Il cantante si strinse nelle spalle, mentre con i polpastrelli accarezzava delicatamente la base della schiena del castano.

«Se così fosse, te ne andresti ora...?»

«No, certo che non me ne andrei...» rispose, sentendosi il viso andare in fiamme per l'imbarazzo. «P-però ci sono tante persone, qui fuori...»

«Ti sono mancato?» ringhiò direttamente al suo orecchio, mentre indice e medio scendevano per vezzeggiare l'inizio del solco tra le natiche, paralizzando Eren sul posto. «Ti sei toccato pensando a me?»

«Che co- No!» esclamò, arrossendo violentemente.

«Ammettilo.»

«Mai!»

Levi sorrise appena e si sporse, mordendogli il lobo.

«Tu appartieni a me» decretò, sfilando infine le mani dai suoi abiti.

Tornò al suo posto per primo, abbandonando lì il ragazzo che ancora tentava in tutti i modi di calmarsi e assimilare ciò che gli era appena successo. Infine, con una calma che in realtà non possedeva affatto, si diresse al proprio sedile, superando la fila di poltrone dalla quale dove Smith lo osservava piuttosto perplesso.

«Non lo fare più...» disse al corvino, incrociando le braccia al petto una volta seduto.

Levi alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, ma non poté incrociare gli occhi di Eren, fissi sul panorama oltre il vetro dell'oblò.

«Di che parli...»

«Niente, lasciamo stare... Piuttosto,dimmi... Che cosa fa esattamente un assistente personale? Devo, portarti il tètutti i giorni, organizzare i tuoi impegni... Una Anne Hathaway al maschile?»

Il vocalist tacque per una manciata di secondi, prima di decidere che forzare Eren a rispondergli non avrebbe sicuramente portato alcun risultato positivo. Decise quindi di assecondarlo.

«Roba del genere, sì. Non è nulla di troppo complicato, ma essere ben organizzati è di vitale importanza.» Sembrò riflettere un attimo, prima di aggiungere: «Dimmi che hai buon gusto nel vestire, o potresti fornirmi una buona scusa per spogliarti...»

«Io... Mi vesto normale, credo...» Esitó prima di rispondere, come se ci stesse davvero pensando. «E non servono scuse per quello, lo sai...»

Levi sogghignò. «No, infatti.»

«Dove stiamo andando, comunque...?»

In tutta l'eccitazione della partenza, si rese conto, non aveva chiesto la destinazione.

«Trost. Ci sei mai stato?»

«Una volta sola, in gita con la scuola...» rispose, giocherellando col pacchetto di noccioline che aveva appena trovato nella tasca del sedile. «Non ne ho visto granché, comunque.»

«Non è male. C'è un lago, poco fuori città. Se avremo tempo possiamo andarci.»

Eren annuì e per un po' il viaggio proseguì, in un'atmosfera di tranquillo silenzio, mentre entrambi osservavano le nuvole sempre uguali fuori dal finestrino.

Di tanto in tanto, canticchiava a bocca chiusa il motivetto di una canzone: spesso erano quelle dei NoName, ma un paio di volte Levi lo sorprese a mormorare una melodia sconosciuta.

«Cosa canti marmocchio, la sigla di un cartone animato...?»

«... Non proprio. Non è niente, ti davo fastidio?»

La sua attenzione tornò a concentrarsi su di lui e Levi si sentì quasi aggredito dall'intensità di quello sguardo.

«No, affatto. Era orecchiabile» disse, ed era vero.

In realtà, ora che ci pensava, avrebbe dovuto mettere mano ai testi per il nuovo album ma, tra un impegno e l'altro, l'occasione non si era ancora presentata. Per non parlare dell'ispirazione...

Il viso di Eren, nel frattempo, si infiammò.

«Oh... Grazie» mormorò quest'ultimo senza pensarci.

Levi lo guardò confuso.

«Grazie di cosa?»

Prima che potesse rispondere, Hanji saltò letteralmente su di loro, urlando il nome del giovane e salvandolo da quell'imbarazzante situazione.

«Ereeeeen. Per fortuna sei qui, Levi era diventato insopportabile!»

«Taci, quattrocchi! Perché non vai a rompere i coglioni a Moblit?!» le rispose il vocalist in malo modo.

«Sì è addormentato. O magari finge, non lo so» rispose lei, prendendo posto sul bracciolo del sedile.

Eren aveva gli occhi grandi grandi per l'emozione di essere praticamente abbracciato ad una delle sue persone preferite al mondo.

«Oh, non è un problema se resta, Miss H» mormorò con un sorriso e la donna gli prese una guancia tra indice e pollice.

«Oddio, Levi lui è adorabile! Seriamente! Non hai un fratello etero, per caso? O una sorella...»

Levi li guardò scocciato.

«S-sì, ho una sorella adottiva, ed un fratellastro...»

Oh, almeno da quel baccano aveva ricavato qualche informazione utile sul moccioso.

«Ma è fantastico! E dimmi, tuo fratello è bello come te?»

«Oh, beh in realtà non saprei...» cominciò a rispondere, ma l'uomo venne in suo soccorso.

Il vocalist si passò la mano sul viso con evidente esasperazione. Si alzò dal proprio posto quel tanto che bastava per allontanarla dal ragazzo, scacciandola come si fa con una mosca fastidiosa.

«Anche se così fosse, dovrebbe essere disperato per uscire con una come te. Su, evapora, che qui abbiamo da lavorare.»

Quella volta, l'atteggiamento scontroso e possessivo che aveva già notato in lui una volta, sembrarono ad Eren una manna dal cielo. Non che gli dispiacesse parlare della sua famiglia. Era quel tipo di domanda a renderlo confuso: suo fratello non gli somigliava per niente. I suoi lineamenti ricordavano più quelli di loro padre, mentre Eren era molto più simile alla madre che per i due era diversa.

Fu la frase finale di Levi però a incuriosirlo: avevano da lavorare?

Che l'avesse detto solo come scusa per togliersi dai piedi la donna o veramente c'era qualcosa che l'uomo desiderava fare con lui? L'entusiasmo gli attraversò il corpo, facendolo fremere lievemente. Finalmente avrebbe dimostrato la propria utilità.

Mentre Hanji si allontanava per il corridoio e Levi tornava al proprio posto, Eren incrociò per un momento gli occhi celesti dell'uomo biondo che gli avevano presentato prima della partenza.

Diamine, aveva già completamente dimenticato il suo nome.

Le iridi celesti lo fissarono qualche secondo, dopo che i loro sguardi si furono incrociati, come se non gli importasse di essere state scoperte nell'atto. Poi si distolsero, lasciandogli però una sensazione spiacevole allo stomaco.

Fredda.

Come un presentimento.

«Oi moccioso, tutto bene...?»

Levi lo scrutò con attenzione: l'espressione di Eren era tesa, come se qualcosa lo impensierisse o lo mettesse a disagio. Probabilmente era tutta colpa della quattrocchi, gliele avrebbe cantate non appena fossero stati soli.

«S-sì, sì è tutto a posto.» Il castano piegò le labbra in un sorriso che, per la prima volta da quando lo aveva incontrato, era forzato e non raggiungeva gli occhi, facendolo preoccupare ancora di più. «Hai già del lavoro per me?»

Il corvino gli allungò un paio di cartellette colorate che l'altro aprì con curiosità ed entusiasmo.

«Quella rossa contiene gli impegni del gruppo, mentre la blu quelli personali. Petra li ha già divisi e catalogati, in modo da darti un'idea di come organizzare il tutto.»

Ad Eren brillarono gli occhi, mentre sfogliava i fascicoli contrassegnati da piccoli post-it colorati: interviste, photoshoot, firma-copie ed altri ancora... Il metodo di organizzazione era intelligente, ma aveva bisogno di farlo proprio se doveva gestire in modo utile gli impegni del suo capo.

Del suo amante.

«Desiderate qualcosa, signori?» chiese una voce.

Eren alzò gli occhi da quella marea di fogli colorati e incrociò quelli di una giovane e sorridente hostess.

«Oh... Ehm, qualcosa di fresco?» chiese, smettendo di farsi aria con la cartelletta vuota.

Dal piccolo finestrino dell'aereo filtrava la luce diretta del sole e nonostante l'aria condizionata a bordo fosse funzionante, Eren non poteva fare a meno di sentire caldo. Aveva da sempre un problema con la temperatura alta e quel maledetto finestrino non aveva neanche la tendina.

La hostess con un sorriso gli porse un ghiacciolo al limone, di un bel color bianco brillante ed Eren la ringraziò con un sorriso.

Dopo aver spinto un po' avanti il tavolino, per evitare di sporcare per errore i fogli, scartò il ghiacciolo e lo portò alle labbra, iniziando a succhiarne la punta.

«Uhm... Quindi dicevamo. I post-it rosa sono per le prove abito...» disse, scrivendo su un piccolo blocchetto i propri appunti.

La lingua si muoveva lenta, quasi distrattamente, lungo il ghiaccio aromatizzato. Il sole lo colpiva, facendolo sciogliere ed una goccia bianca e viscosa sfuggi dalle labbra di Eren.

Levi osservò quella goccia zuccherina scivolare languidamente lungo il mento del ragazzo. Quel moccioso era una maledizione vera e propria. Ogni singolo gesto era una tentazione, che ne fosse consapevole o meno. Se si fosse pulito con un semplice tovagliolo la sua pelle sarebbe rimasta appiccicosa, per cui cosa c'era di meglio della propria lingua per rimuovere quella scia dolciastra...? Era certo che il suo sarebbe stato un ottimo lavoro, non avrebbe lasciato la minima traccia su quel volto abbronzato... Se solo fossero stati soli...!

«Questi gialli invece per le interviste radiofon-»

Eren smise di parlare quando, alzando lo sguardo, vide su di sé gli occhi avidi del vocalist, con le sue pupille dilatate e le labbra tirate e le unghie conficcate nei braccioli del sedile. Si lasciò sfuggire un sorriso, leccandosi la bocca sporca ed osservò soddisfatto il volto di Levi prendere lievemente colore.

«Sei peggio di un bambino. Sporcherai tutto, sbrigati a finire quel gelato o si scioglierà» lo rimbeccò il corvino, contrariato dal fatto che, come la volpe, non poteva arrivare all'uva.

Eren leccò di nuovo la cima del gelato, assumendo un'espressione divertita. Erano belli la tensione sessuale, i rapporti fisici e le promesse di piacere, ma Eren adorava anche questo: scherzare con lui, giocare.

Divertirsi, provocare.

«Oh, peccato... Vorrà dire che dovrò trovare qualcos'altro da leccare...» rispose, facendogli l'occhiolino.

«Bene, perché stasera avremo una cena di lavoro. E già so cosa voglio per dessert...» rispose Levi, accomodandosi meglio sul proprio sedile e con un sorrisetto sghembo così sexy da togliere il fiato. «Studia i fascicoli, moccioso» lo rimbeccò poi, chiudendo gli occhi e rilassandosi per la restante ora di volo.

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