02 • Sexing in my hotel room
Seduto sui sedili di pelle, di quell'auto in cui solo una corsa probabilmente costava più di quanto avrebbe potuto permettersi lavorando un mese intero, Eren si sentiva tremendamente fuori posto. Strinse lo zaino al petto, unendo le gambe come se l'idea di occupare meno spazio possibile in qualche modo potesse calmarlo.
Levi lo osservò quasi rimpicciolirsi nel costoso tessuto del proprio seggiolino. Dovette chiamarlo un paio di volte prima che Eren distogliesse lo sguardo dal ripiano su cui, in sicurezza, erano disposti bicchieri di cristallo con il marchio della band impresso in bella vista.
Assurdo, che avessero addirittura dei calici nell'auto.
«Oi, guardami.»
Gli smeraldi, brillanti per l'imbarazzo, si rivolsero al viso del cantante, ma non vi trovarono alcun conforto poiché ancora una volta, era impossibile veder ricambiato il proprio sguardo.
«Stai tranquillo, non ti mangio... Ancora» tentò di scherzare.
Il giovane accennò un sorriso, ma il suo disagio era palese.
Levi rifletté su cosa in effetti stesse accadendo: nel giro di un'ora aveva incontrato un ragazzo, ci aveva parlato nel salotto del teatro, avevano avuto un orgasmo ed in quel momento lo stava portando con sé nell'albergo in cui alloggiava.
Le cose tra loro si erano mosse decisamente in fretta.
Sarebbe stato più che logico un eventuale tentennamento da parte sua.
«Se ci hai ripensato, puoi dirmelo. Non ti costringerò a fare nulla.»
Dire quelle parole gli costò immensa fatica, perché con tutto sé stesso si ritrovò a sperare che non l'avesse fatto.
«Non ci ho ripensato.» La risposta arrivò subito, senza alcuna esitazione. Pareva anzi esserci quasi una nota di spavento, come se l'idea di perdere quell'occasione fosse una grande fonte di timore. «È una situazione nuova, tutto qui...» aggiunse poi, appoggiando lo zaino sul sedile vuoto accanto a sé.
Muovendosi con cautela, si avvicinò a Levi. Dovette ammettere di essere sorpreso, quando l'uomo lo lasciò fare.
Il vocalist lo osservò, mentre radunava i propri pensieri.
Fuori da quel camerino il castano era tornato il ragazzo timido e impacciato che aveva incontrato nei primi minuti; eppure quegli occhi erano decisi, determinati, persino agguerriti. Quelle gemme verdi, le sue mani come complici, lo avrebbero fatto capitolare più di una volta, ne era più che certo.
Si viveva troppo poco e troppo miseramente, per rimpiangere le proprie decisioni, e lui era un tipo che non si autocommiserava. Se le cose fossero andate storte, ci avrebbe fatto i conti. Ma una cosa gli premeva dirgli.
«Non sei il primo fan che mi scopo, sia chiaro. Ma sei il primo che porto in albergo. Sta a te non farmene pentire» disse, portando il proprio sguardo oltre i finestrini oscurati.
C'era chimica, tra loro, questo era innegabile.
Era come se respirare la stessa aria senza poter fondere i respiri in un bacio fosse un'eresia, come se essere a così poca distanza senza aver ancora toccato quel corpo fosse una bestemmia. Si attraevano ed Eren era sicuro che anche L, anzi Levi, sentisse quella stessa forza magnetica che li spingeva l'uno verso l'altro.
Ne era dimostrazione il fatto che gli avesse offerto così, su due piedi, una notte insieme. Soli, l'uno alla mercé dell'altro. In un ambiente sicuro ed isolato, avrebbero esplorato ogni sfaccettatura della forza che anche in quel momento, faceva loro prudere le mani per il desiderio di tornare sul corpo del partner.
Questa era la prospettiva che si stendeva davanti ad Eren, per quella che era certo sarebbe diventata una delle notti più indimenticabili della sua vita.
E quando Levi gli rivolse quelle parole, quella piccola confessione, il ragazzo sentì un fuoco bruciargli nel petto e giù fino allo stomaco, che pareva essere stato improvvisamente stretto in un nodo impossibile.
Senza darsi il tempo di pensare, slacciò la cintura di sicurezza e scivolò sul sedile fino ad annullare la distanza tra loro. Il separé tra conducente e passeggeri era ben chiuso, oscurato, ed in quella intimità Eren divenne ciò che Levi aveva conosciuto ed aveva iniziato a desiderare.
Mise le braccia nude sulla portiera, una a ciascun lato del cantante come intrappolandolo e leccò la pelle scoperta del collo, fino ad arrivare al lobo dell'orecchio.
«Suppongo di essere un caso davvero speciale, allora...» sussurrò, lasciando che le labbra sfiorassero il padiglione dell'orecchio, facendolo rabbrividire.
Levi quasi faticava a respirare con Eren così vicino. I suoi istinti rischiavano di sopraffarlo ancora una volta, soggiogati da quella personalità così particolare, dal calore di quel corpo abbronzato che lo teneva in catene e da quella voce seducente che bisbigliava al suo orecchio.
Schioccò la lingua tentando di darsi un contegno, o rischiava di scoparselo lì su quel sedile.
«Lo sei, ma non darti troppe arie: devi dimostrarti all'altezza delle mie aspettative, se vuoi entrare nelle mie grazie... E qualche altra parte.»
Levi aveva molti difetti: era cinico, arrogante e maniaco del controllo, ma anche brutalmente sincero. Non avrebbe avuto senso negare che Eren era una piacevole eccezione, che gli piaceva quella vicinanza oltre il consentito, e che sentiva un'attrazione irresistibile verso quelle labbra morbide e carnose che sembravano invitarlo ad assaggiarle.
E fu ciò che fece, sporgendosi inconsapevolmente verso quella bocca rossa, dando inizio ad una danza fatta di lingue che si rincorrevano, schiocchi bagnati e gemiti soffocati.
Eren si abbandonò a quei baci, ricambiandoli con foga. Levi e l'aura di potere che emanava erano sempre stati il fulcro attorno al quale girava ogni suo sogno erotico, ma averlo così sottomesso ed implorante sotto di sé l'aveva reso ancora più irresistibile.
Così, quasi come fosse un caso, lasciò scivolare una mano tra le sue cosce e spinse col palmo contro il cavallo dei pantaloni.
Il cantante grugnì eccitato sulla sua bocca, che si nutrì di quell'esternazione come fosse un boccone succulento di cui cibarsi e di cui non sarebbe mai stato sazio.
Levi, dal canto suo, stava compiendo uno sforzo titanico per non saltargli addosso. Artigliò le ciocche castane del ragazzo, nel tentativo di non strappargli di dosso quei vestiti che, ad ogni minuto che passava, sembravano essere sempre più di troppo.
Divoravano uno i respiri dell'altro, gli ansimi ed i gemiti, unendo nuovamente i rispettivi sapori e creandone uno completamente nuovo, unico ed irresistibile.
Cos'era che li spingeva inesorabilmente a cercarsi, toccarsi, desiderarsi così...?
Levi non aveva mai creduto nel destino, il solo pensiero di non poter decidere della propria vita lo mandava letteralmente in bestia; se fosse stato più incline a dar adito a quelle stronzate, avrebbe però sicuramente affermato che il golden ticket era capitato tra le mani di Eren per quella ragione.
Due vite così distanti, l'una dall'altra, avevano trovato un modo per incrociarsi e far scattare la scintilla di qualsiasi cosa ora li stava bruciando vivi.
L'auto si fermò proprio quando Eren aveva iniziato a mordicchiare, da sopra la camicia, uno dei capezzoli del vocalist. Era scivolato nel vano per le gambe, ed il busto era stretto tra le cosce dell'uomo che ansimava per le sue attenzioni.
Non riusciva a togliergli le mani di dosso, ma quando il motore si spense, Eren fu costretto ad alzarsi in fretta e tornare al proprio posto prima che l'autista aprisse lo sportello.
Levi si sistemò come meglio poté, terminando nell'istante in cui la portiera venne aperta comunicandogli che erano giunti a destinazione.
Scese dall'auto, seguito da Eren che quasi non inciampò nei suoi stessi piedi per la fretta, e si diresse verso la hall dell'albergo di lusso. All'accettazione allungò semplicemente la mano verso la receptionist che, quasi intimorita, gli consegnò la tessera magnetica della suite.
Le porte dell'ascensore si aprirono con un sonoro tintinnio, invitandoli ad entrare, ed il corvino fece scorrere la card lungo il lettore per poi schiacciare il tasto che conduceva all'ultimo piano.
Quando le porte si richiusero con uno sbuffo metallico, gli eventi degenerarono in una frazione di secondo. I due amanti quasi si aggredirono, tentando di assumere il controllo in quel momento di folle passione che non vedevano l'ora di consumare. Eren finí contro la parete prima ancora di riuscire a pensare a quel che accadeva. La lingua di Levi invase la sua bocca senza alcuna pietà, mozzandogli il respiro.
«Cristo, si può sapere chi cazzo sei tu?» ringhiò il cantante tra un bacio e l'altro, rigorosamente a bocca aperta per non perdere un solo secondo di quella lingua calda e bagnata che lo eccitava da morire.
«Il miglior sesso della tua vita.»
Le sue mani risalirono lentamente fino ad arrivare alle bende che gli stringevano il viso, nascoste tra i capelli.
«Dimostramelo.»
Levi voleva ottenebrare i suoi sensi, invadere la sua mente, possedere il suo corpo in ogni modo possibile: desiderava che Eren lo percepisse ovunque, dentro e fuori.
Eppure, quando il ragazzo lo privò delle bende, gli sembrò che stesse accadendo l'esatto contrario. E Levi voleva il controllo, lo bramava.
Col ragazzo che si aggrappava a lui in cerca di un appiglio, fisico e mentale, spinse un ginocchio tra le sue gambe, facendolo aderire lì dove l'eccitazione di Eren era già gonfia e gemere senza pudore.
Il trillo dell'ascensore li avvisò di aver raggiunto la loro destinazione.
Neanche un secondo venne sprecato in inutili esitazioni e non appena la porta della stanza si fu chiusa alle loro spalle, il cantante lo afferrò per gli abiti e lo gettò sul costoso tappeto persiano all'ingresso della suite. Si riappropriò della sua bocca, di ciò che era suo, posizionandosi a cavalcioni su di lui.
Eren avrebbe dovuto essere curioso di vedere dove si trovava. Era pur sempre la super suite di lusso del cantante dei NoName.
Invece non perse neanche un secondo a guardarsi attorno, no. Afferrò Levi per i fianchi, invertendo le loro posizioni per farlo finire sotto di sé. La sua bocca famelica andò subito ad aggredire ogni centimetro di pelle scoperta del collo, marchiandola con segni incancellabili.
Stringendo una mano sulla coscia di Levi, Eren si muoveva con violenza contro di lui, strofinando insieme i loro inguini, le loro erezione dolorosamente gonfie nei pantaloni.
Levi sorrise: se lo aspettava. Ma stavolta, non gli avrebbe ceduto le redini del gioco, bensì con esse lo avrebbe imprigionato e torturato.
Approfittò del fatto che fosse distratto e accecato dalla passione per morderlo con ferocia ad una spalla, facendolo gridare dal dolore. Colto di sorpresa, Eren non poté far altro che soccombere, schiacciato nuovamente dal peso dell'altro che lo guardava fiero, come se il ragazzo sotto di lui fosse il più ambito dei trofei di caccia.
«Che intenzioni hai?» Eren domandò, affannato.
Con una mano si massaggiava la spalla, dove la pelle bruciava per quel morso così profondo ed i muscoli urlavano la loro protesta.
Le dita dell'altra invece giocherellavano con il gonfiore tra le cosce del corvino, solleticandolo con delicatezza.
«Voglio fotterti fino a farti perdere i sensi. Scoparti ovunque mi aggrada, perché questa notte non desidererai altro che sentirmi muovere dentro di te, e mi implorerai di farlo ancora. E ancora.»
Quelle sole parole furono sufficienti a farlo gemere e Levi colse anche quell'attimo di debolezza per muoversi sopra di lui, godendosi il momento in cui la sua schiena si inarcò, colta dallo spasmo del piacere inaspettato.
«Ah... Tutto qui?» balbettò il ragazzo, nel disperato tentativo di riacquistare un minimo di controllo.
Levi allora si chinò leggermente verso il suo volto e sussurrò, sulle sue labbra. «Non hai visto ancora niente, moccioso. In piedi, ora.»
Si alzò, liberando il suo corpo dal proprio peso, con la grazia e l'eleganza che lo contraddistingueva.
Eren invece non si mosse.
Sapeva che, se si fosse alzato in quel momento, le gambe avrebbero ceduto.
Non sarebbe mai stato capace di camminare, dopo che quella voce roca nell'orecchio ed il calore di quel respiro l'avevano quasi fatto venire per l'aspettativa. Ma non voleva disobbedire quindi concentrò ogni sua energia nel mettersi seduto.
Perse tempo a guardarsi attorno: più che una stanza d'albergo, sembrava di essere in un vero e proprio appartamento. Tra decorazioni sgargianti e mobili di lusso, notò con la coda dell'occhio Levi sparire dietro una porta alla fine di un piccolo corridoio. Forse avrebbe dovuto seguirlo? Decisamente sì.
Si avviò in quella direzione, ben deciso a prendersi tutto ciò che quell'esperienza gli avrebbe potuto donare.
Il pavimento del bagno nel quale entrò era disseminato dei vestiti del vocalist.
Era enorme! Completamente rivestito in lucido marmo bianco, oltre i classici igienici, era provvisto di una gigantesca vasca idromassaggio in un angolo, sulla quale erano posizionate in bella vista numerose boccette contenenti sali ed unguenti profumati. Sul lato opposto, invece, vi era una stupenda doccia rettangolare: il vetro che ne delimitava il diametro era in parte sabbiato, concedendo una parvenza di privacy a chi l'avrebbe utilizzata. La parete era invece di roccia e da fessure abilmente nascoste dalle mani degli esperti che l'avevano creata, sgorgava acqua limpida e calda a giudicare dai vapori che invadevano l'ambiente.
Eren sussultò quando sentì una mano toccargli la spalla, voltandosi di scatto.
Levi era lì, nudo in tutta la sua gloriosa perfezione, e lo guardava famelico come un predatore che studia la propria preda.
«Spogliati, Eren. Voglio vederti.»
Si sentiva come Julia Roberts, in "Pretty Woman": circondato da uno sfarzo a cui non era abituato e nel quale si sentiva un intruso. Precipitato in un mondo di cui non faceva parte.
Gli occhi di ghiaccio che si ritrovò a guardare erano un netto contrasto con il caldo vapore proveniente dall'acqua.
Chiuse la porta alle proprie spalle ed iniziò a spogliarsi.
Slacciò le scarpe, sfilandole via dal tallone e infilò i calzini dentro di esse. Poi passò ai pantaloni, il cui bottone venne slacciato lentamente, così che gli occhi del corvino potessero seguirne ogni movimento. Caddero lungo le cosce ed a coprirlo rimasero solo la canotta sbracciata ed i boxer, visibilmente macchiati dalle gocce di sperma sfuggite durante i preliminari di poco prima. La stoffa era tesa, segno dell'urgenza che Eren aveva di rimuoverla.
Quando anche gli ultimi due indumenti furono finiti sul pavimento, Eren alzó lo sguardo verso Levi: le sue iridi verdi erano già parzialmente oscurate, inghiottite dalla pupilla dilatata.
«Eri un po' troppo occupato per guardarmi, prima, vero?» lo prese in giro, sfoderando un sorrisetto mentre portava le mani sui fianchi. «Che te ne pare, quindi?»
Levi schioccò la lingua, divertito.
«Non male, moccioso, ma non montarti la testa. È ben altro, quello che cerco da te» disse, afferrando repentinamente la sua erezione che svettava turgida ed umida. Iniziò a percorrerla con studiata lentezza, attirandolo a sé e leccandogli le labbra attendendo che le schiudesse.
Voleva gustare ogni attimo di quell'amplesso, imprimere nella mente ogni singolo gemito o espressione del ragazzo mentre lo faceva godere. Voleva sentirsi potente.
I baci che si scambiavano erano languidi e bagnati, mentre ognuno studiava la bocca dell'altro con meticolosa attenzione.
Quando Eren tentò di ricambiare quel tocco celestiale, l'uomo lo schiaffeggiò subito.
«Giù le mani, tu.»
«A-Ah... Non voglio starti lontano... L-lascia che ti tocchi...»
Avrebbe tanto voluto, almeno potersi sedere. Sdraiare. Appoggiarsi ad una parete.
Qualsiasi cosa.
Invece rimase in piedi, tremando, irrigidendosi tra le dita di Levi ogni minuto sempre di più.
Non aveva neanche la soddisfazione di poter ricambiare le attenzioni, perché il corvino gli scacciava le mani ogni volta che tentava di tornare a toccarlo.
«Perché mai dovrei accontentarti...? Posso prendermi tutto ciò che voglio, da te, senza che tu faccia assolutamente nulla.»
Il vocalist indietreggiò verso la doccia stringendo saldamente il suo membro, ed Eren non poté far altro che seguirlo. Con un movimento repentino lo spinse contro la roccia, facendo aderire la sua schiena alla parete ruvida e bagnata. Le punte dure gli graffiarono la pelle. L'acqua calda scorreva sul suo corpo già bollente, ma la vista di Levi che si inginocchiava dinanzi a lui diede al ragazzo i brividi.
«Non osare toccarmi» gli disse gelido, facendo risalire le proprie mani lungo le sue cosce, fino ad accarezzare le piccole sacche che contenevano il frutto del suo piacere. «Guardami, Eren. Non distogliere lo sguardo nemmeno per un istante.»
Come se fosse possibile evitare di posarlo su una tale visione, pensò Eren.
Quelle furono le ultime parole del cantante prima che la sua bocca inglobasse completamente l'erezione del giovane, intrappolato di fronte a lui. Lo guardava dritto negli occhi mentre la sua testa si muoveva avanti e indietro, la sua lingua lo avvolgeva e le sue mani ne percorrevano i fianchi per poi stringere i suoi glutei con forza.
La bocca del corvino era morbida e calda, anche più dell'acqua che scorreva sulla sua schiena e lungo il petto, inzuppandogli i capelli ed ogni centimetro di pelle.
Levi ordinava ed Eren obbediva, nonostante ci fosse sempre una piccola parte di lui che si domandava cosa sarebbe successo se ora avesse preso l'iniziativa e l'avesse sbattuto contro il muro.
Per farlo però avrebbe dovuto privarsi del piacere di poter sentire la propria carne lambita dalla lingua del cantante, di spingersi giù verso la sua gola con dei lievi movimenti impossibili da trattenere. Questo pensiero era insopportabile.
«A-Ah... Lee-Levi...» gemeva, stringendo i pugni per impedirsi di infilargliele tra i capelli e attirare il suo viso a sé con un ritmo maggiore.
Levi, dal canto suo, si beava dell'impotenza a cui aveva costretto Eren.
Leggeva nei suoi occhi la voglia di combatterlo, di ribellarsi ed assumere il controllo, ma anche la incontenibile curiosità di sapere a cosa lo avrebbe condotto la sua ubbidienza. I palmi del ragazzo tentavano di artigliare la parete di roccia alle proprie spalle, resistendo all'impulso di toccarlo.
Si sentì pervadere dall'euforia e dall'eccitazione. Attendere oltre era impossibile, così tese la mano verso un angolo della doccia ed afferrò un flacone che poco prima lui stesso vi aveva posato. Il tappo saltò facilmente alla pressione del pollice e il liquido freddo e oleoso impregnò le dita dell'uomo, che se ne assicurò un'abbondante quantità.
Solo a quel punto cercò l'apertura del giovane, sulla quale esercitò una lieve pressione; il ragazzo rilasciò un verso osceno, carico di aspettativa, le iridi verdi inghiottite dalla pupilla mentre lo guardava divorare il suo membro duro e pulsante.
Si prese qualche istante, leccando ogni singola vena che la propria lingua trovava sul suo cammino, prima di condurlo sull'orlo del precipizio.
Con un dito penetrò quella carne calda e cedevole.
Eren annaspò. Sentì la pelle graffiarsi contro la roccia, quando vi si spinse contro.
Cazzo, quanto faceva male.
Ed era solo un dito. Allargò le gambe il più possibile e si chinò in avanti, spingendo il bacino più a fondo nella gola di Levi. Ogni volta che lo sentiva uscire dal suo corpo, per poi rientrarci, Eren dava un'altra spinta nella bocca del corvino.
La sua resistenza fu di soli due colpi.
Al terzo, le mani dalla pelle color caramello afferrarono i capelli e la nuca di Levi, aiutandolo a mantenere la posizione mentre si spingeva senza pietà tra le sue labbra.
I suoni che uscivano dalla sua bocca erano acuti e rochi insieme, gemiti, grida e parole incomprensibili.
Mai suono era stato all'uomo più gradito.
Levi non distolse lo sguardo nemmeno per un secondo. Nonostante il controllo della situazione gli fosse stato strappato di mano, non aveva importanza: l'espressione del ragazzo che godeva era più che sufficiente per nutrire il suo ego.
La stretta tra i propri capelli era forte, ma non dolorosa, e quando Eren calò nuovamente lo sguardo su di lui, iniziò a muovere la lingua intorno alla sua virilità con maestria; ad ogni affondo nella sua gola corrispondeva una spinta nel corpo del castano che, forse inconsapevole, aveva già accolto due dita dentro di sé.
«Levi... Levi... Ah...Ba-sta... Non voglio... questo. Voglio te...»
L'uomo si rimise in posizione eretta, afferrandogli i capelli dietro la nuca e baciandolo con trasporto, dandogli un assaggio del suo stesso sapore.
«Dovrei punirti per aver disubbidito» sussurrò, con una nota di minaccia nella voce che fece tremare Eren tra le sue mani. «Ma hai eseguito comunque parte dell'ordine, quindi ti concederò ciò che desideri.»
Lo guidò verso il fondo della doccia, dove parte della parete era più sporgente e poteva essere usata come ripiano su cui poggiare bagnoschiuma ed altri oggetti. Aiutò Eren a sedervisi sopra, divaricandogli le gambe e tirandolo a sé, esponendo così la sua apertura.
Gli occhi del castano erano carichi di aspettativa ed annebbiati dalla lussuria, mentre Levi ricopriva la propria virilità con la plastica protettiva.
Quei pochi secondi di attesa bastarono ad Eren per domandarsi quando Levi avesse preparato tutto e con quanta cura, prima che la pressione su quel punto stretto e caldo che prometteva piacere e passione, richiamasse a sé tutta la sua attenzione.
«Guardami, Eren. Sei mio, ora. Il tuo corpo mi appartiene» quasi ringhiò, mentre il ragazzo sgranava gli occhi e spalancava la bocca in muta sorpresa.
Non poteva negare di sentire, sotto a tutta l'eccitazione e la voglia di venire, una punta di imbarazzo.
Quella situazione e la posizione che Levi l'aveva costretto ad assumere lo facevano sentire così fragile ed esposto, alla completa mercé del corvino. La sensazione di quegli occhi così intensi che lo divoravano non poteva lasciarlo indifferente.
Non si rese neanche conto di aver schiuso le labbra in un lamento che aveva riecheggiato contro le pareti del cubicolo della doccia.
Fece uno sforzo per aprire gli occhi e quando riuscì ad incrociare lo sguardo con quello di Levi, improvvisamente sentì tutta la tensione scivolare via dal suo corpo.
Una conferma, ecco ciò che si aspettava da lui.
«Sì... Sì... Ah... Sono tuo... Di più, Levi...» gemette, sporgendosi per cercare di morderlo. Baciarlo. Per creare un contatto.
Levi si ritrasse quel tanto che bastava da non lasciarsi sfiorare: vicino, eppure lontano. Il ragazzo tentò nuovamente di raggiungerlo, quasi con disperazione, ma il vocalist voleva giocare, come il gatto con il topo. Sapeva che avrebbe comunque ceduto a quegli occhi, era inevitabile.
Sogghignò all'espressione sofferente dell'altro.
«Provamelo...! Dimmi che mi desideri... Dillo Eren, e ti darò ciò che vuoi...» disse il corvino, continuando a spingersi in lui con una lentezza estenuante, ammirando il suo corpo giovane ed abbronzato, sentendo i muscoli che lo avvolgevano contrarsi ad ogni movimento.
«Non ho mai voluto nessuno... Come voglio te...» gemette il ragazzo, struggendosi per farsi più vicino a lui anche se senza alcun successo. I suoi occhi erano lucidi, frustrato dall'impossibilità di avere ciò che desiderava più di ogni altra cosa in quel momento. «Ti prego. Ti prego, entra... M-mi sento così vuoto... Ah... Non lo sopporto...»
Quelle parole lo colpirono più di quanto credesse. L'intensità, il modo struggente in cui le aveva pronunciate...
Levi lo baciò con urgenza e bisogno, desideroso di sentire quelle labbra che lo avevano appena supplicato sulle proprie, affondando nel suo corpo con una spinta secca e decisa e divorando il mugolio sorpreso di Eren.
Il ragazzo spalancò gli occhi, chiudendoli poco dopo con un sospiro soddisfatto; gli circondò il collo con le braccia, tentando di tenerlo vicino a sé, accarezzandogli la nuca rasata.
Quel gesto così dolce, in netto contrasto con le poderose spinte del corvino, ruppe qualcosa nel petto dell'altro. Levi si sentì quasi crudele nell'essersi negato fino ad un attimo prima, come aveva potuto fargli questo...?
Come aveva potuto farsi questo?
Lo desiderava da impazzire. L'idea di non poterlo stringere era insopportabile.
Lo voleva per sé soltanto.
Eren sperò vivamente che Levi scambiasse per acqua quelle gocce che scivolarono lungo il suo viso, partendo dagli occhi.
Il dolore ed il sollievo gli tolsero il respiro in una fusione di emozioni tale da mandarlo in confusione. Si aggrappò come un disperato al corpo del cantante, che affondava dentro di lui.
Come fosse ancora succube del suo ordine di poco prima, come se la sua mente fosse rimasta bloccata a quel momento, Eren tentava di parlare per chiamarlo e pregarlo.
Mio. Tuo. Tuo. Di più.
Dolore, piacere, baci, lacrime, sospiri.
Muscoli in tensione che bruciavano per lo sforzo.
Lo scroscio dell'acqua, lo schiocco dei loro corpi.
Era troppo, troppo tutto insieme.
Dovette tenersi fermamente a lui per evitare di scivolare a terra, abbandonando il bacio per rifugiarsi col viso contro all'incavo del suo collo.
Levi sentiva le unghie di Eren affondare nella propria carne, le sue dita artigliare le proprie spalle e le sue braccia stringerlo forte. Le gambe del ragazzo, complice la posizione non propriamente comoda, tremavano sensibilmente.
Ebbe pietà di lui: strofinando il viso tra i suoi capelli, nel tentativo di rassicurarlo, lo abbracciò stretto sollevandolo dalla sporgenza su cui lo aveva fatto accomodare. Eren avvolse le gambe intorno al suo busto, avvinghiandosi come un naufrago alla scialuppa, mugolando piano.
Levi si sedette sul piatto della doccia, portando il castano con sé senza uscire dal calore confortevole del suo corpo.
«Eren...» lo chiamò, quasi con dolcezza. «Eren...»
«Levi...»
Tutto parve diverso, improvvisamente. I suoi tocchi si erano fatti più dolci, le sue spinte più lente e profonde.
Eren ansimò. Un brivido che non aveva nulla a che fare col sesso gli attraversò il corpo, quando sentì il suo viso tra i propri capelli.
Lo stava... coccolando.
La nuova posizione li avvicinò ancor più di quanto non fossero stati fino a quel momento.
Con le cosce strette attorno ai suoi fianchi, Eren appoggiò la fronte alla sua, lasciando le labbra a sfiorarsi con tenue dolcezza ad ogni sillaba pronunciata dal corvino.
«Eren... Cazzo... Ti voglio...»
«Puoi avere tutto...» sussurrò l'altro, accarezzandogli i capelli con delicatezza, quasi distrattamente. «Puoi avere me... Finché lo vorrai...»
Ansimava piano, mentre Eren lasciava che prendesse il suo corpo e si appropriava al contempo di qualcos'altro, con l'acqua che scorreva calda sulla loro pelle incandescente.
Portavano i marchi dei graffi e dei morsi che si erano scambiati, segni evidente della passione che li aveva dominati, eppure nessuno avrebbe notato i punti in cui si erano accarezzati, coccolati; nessuno avrebbe saputo delle parole dolci che avevano bisbigliato in quel posto nascosto a tutti.
Qualunque cosa fosse successa, Eren non perse tempo a preoccuparsene.
Si abbandonò al flusso di quel desiderio, proprio come fosse la corrente di un fiume che aveva seguito per tutta la vita, alla ricerca del punto giusto per immergersi finalmente nelle sue acque.
Aprí la bocca ai baci che a poco a poco riprendevano vigore, seguendo il modo in cui i loro corpi familiarizzavano l'uno con l'altro in quella nuova situazione.
Come erano finiti dal promettersi urla al sussurrare teneramente, nessuno dei due lo sapeva, eppure non fecero nulla per cambiare lo stato delle cose.
Eren accolse Levi a fondo dentro di sé e continuò a muoversi, guidando le mani del corvino sul proprio corpo, lì dove sentiva più bisogno di essere toccato.
Le loro labbra non si lasciarono mai per più del tempo necessario a recuperare il respiro.
I muscoli del ragazzo, che si contrassero nel momento in cui raggiunse l'orgasmo, portarono anche Levi al punto di non ritorno.
Rimasero lì, nel silenzio, senza parlare col solo suono dell'acqua corrente che lavava via le tracce di sudore e piacere senza che ne fossero pienamente consapevoli, mentre i loro respiri erano diventati uno solo e le loro lingue si cercavano languide e senza fretta.
Avevano tempo, si dissero, perché erano insieme.
Levi, dopo un primo tentativo mal riuscito, si alzò in piedi con Eren nella stessa identica posizione in cui avevano consumato la loro passione: il giovane era sfinito e si teneva mollemente a lui mentre il cantante, uscito dalla doccia, copriva entrambi con un enorme asciugamano e lo conduceva verso il letto.
Lo adagiò sulle lenzuola di raso, fresche e profumate, osservando ogni centimetro di pelle color caramello mentre lo asciugava con cura: i segni dei morsi erano ben visibili, così come i punti in cui lo aveva stretto con eccessiva forza, lasciando ombre violacee. Il succhiotto più grande era sul collo, difficile da nascondere, ma a Levi fece piacere: lo considerava la prova tangibile che Eren gli era appartenuto, che era stato suo.
Finchè lo vorrai...
Gli spostò le ciocche castane, umide, dalla fronte.
Si era assopito, stringendo un lembo dell'asciugamano che aveva indosso. Quella visione era talmente dolce da spaccargli il cuore.
Dubitava si sarebbe stancato presto di averlo accanto...
Con quel pensiero, si distese alle sue spalle per stringerlo a sé, mentre Eren ricambiava inconsapevolmente il suo abbraccio.
Non aveva mai dormito con nessuno dopo il sesso. Ma Eren era una piacevole eccezione.
* * * * *
Non aveva più forze neanche per ricordare.
Non riusciva a capire come fosse arrivato in quel letto, ma la luce che entrava dalla finestra ed il grande numero lampeggiante in blu sulla parete, segnante 7:24, indicavano che era mattina. L'ultimo suo ricordo risaliva alla notte precedente ed era un contesto del tutto diverso.
Ricordava il calore, il dolore, i denti e le unghie. Ricordava l'incessante spingersi nel suo corpo e le grida, coperte dal suono dell'acqua, soffocate dai baci che poi erano proseguiti senza soluzione di continuità, come se loro due fossero destinati a non separarsi mai più.
Come era giunto fin lì, pulito e asciutto, rimaneva una serie di azioni confuse nella sua mente.
Mosse le gambe e le trovò bloccate. Le lenzuola erano calde ed appiccicate al suo corpo. Con uno sforzo, ignorando il dolore che sentiva al fondoschiena, si girò su un fianco ritrovandosi viso a viso con il cantante addormentato. Le sue labbra erano lievemente schiuse, i capelli neri ricadevano sul viso coprendo una delle palpebre calate. Eren li spostò senza pensare che avrebbe potuto svegliarlo.
Voleva solo guardarlo, tutto qui. I suoi occhi di smeraldo studiarono ogni centimetro di quel bel volto e delle magnifiche labbra segnate dai suoi denti, durante la notte appena trascorsa. Si domandò quali segni fossero presenti sul suo, di corpo.
Lentamente, si alzò cercando di non svegliarlo e camminò fino allo specchio, appeso alla porta chiusa. Un accappatoio dall'aspetto morbido ed estremamente costoso era appeso lì accanto ed Eren lo indossò, mentre rimirava il proprio riflesso: la sua pelle era un vero e proprio campo di battaglia, ma non riusciva a sentirsene turbato. Perfino i segni lasciati dalle dita, dove Levi l'aveva stretto durante gli spasmi del piacere, gli sembravano medaglie.
«Non ti ho detto che potevi vestirti.»
Eren sussultò, cercando la figura di Levi nel riflesso nello specchio.
L'uomo si puntellò sui gomiti, sollevando leggermente il busto. Si spostò i capelli dal viso. Come fosse stato il gesto di qualche incantesimo, Eren tornò da lui, gattonando sul materasso fino a raggiungerlo. Senza parlare, l'uomo lo trasse a sé, sdraiandolo tra le lenzuola candide e circondandolo con le proprie braccia. Quel viso arrossato, il suo sguardo confuso e intimidito, erano ipnotici ed attraenti.
«Buongio-»
«Ti faccio una domanda,» Levi lo interruppe «e prega che io gradisca la tua risposta: cosa sei disposto a fare, per avermi?»
Eren sbatté le ciglia. Quelle parole stridevano nelle sue orecchie come i cardini della porta di una gabbia, che lentamente si chiudeva di fronte ai suoi occhi, lasciandogli solo pochi istanti per prendere la decisione che avrebbe determinato la sua libertà o la caduta in una trappola. Si prese un istante, passandosi la lingua sulle labbra, prima di rispondere.
«Per te? Qualsiasi cosa...»
Lo sguardo dell'uomo si addolcì in modo quasi impercettibile.
«Comportati come si deve, e ti porto con me in tour. Prendere o lasciare, scegli.»
Silenzio.
Sospensione.
Una pausa durata pochi secondi ed infiniti battiti del cuore si estese tra loro, diventando quasi insopportabile, finché -finalmente- Eren ritrovò la voce.
«C-Che cosa?!»
«Sei sordo per caso? Ho detto che potrai accompagnarmi: sarai il mio assistente personale, a mia completa disposizione 24 ore su 24 e 7 giorni su 7; in cambio verrai ben retribuito.»
Aggrottò lievemente la fronte in direzione del ragazzo, che boccheggiava come un pesce fuor d'acqua.
«Vuoi dire che... hai intenzione di vederci di nuovo?»
«Tu lo vorresti?»
Eren spalancò gli occhi, animandosi improvvisamente.
«Ma certo che-»
«Allora seguimi, vieni con me in tour... Sii la mia ombra di giorno, per poi trasformarti nella mia luce di notte...» sussurrò Levi, baciandolo a fior di labbra. «Non ho mai voluto nessuno come voglio te...»
Eren tacque.
Insolito, per lui. Ma Levi aveva bisogno di una risposta o il cuore gli sarebbe esploso nel petto. Non si era mai esposto in quel modo, prima di allora. Con nessuno.
Solo con Eren, solo per lui.
«Mi vuoi o no, Eren?»
Forse per L tutto questo era scontato. Forse non lo considerava qualcosa di particolare, o speciale, o unico.
Forse aveva già fatto questa stessa offerta a decine di ragazzi, uno per ciascuno dei suoi tour.
Forse, forse, forse.
Eren quasi non riusciva a respirare.
L lo voleva con sé ed Eren avrebbe guadagnato anche un posto di lavoro.
Il suo istinto gli venne in aiuto e quando i loro sguardi si incrociarono, di sfuggita Eren sentì la propria voce, come in trance, rispondere.
«Sì.»
Quasi sollevato, Levi emise un breve sospiro per poi sfiorargli un labbro con le dita.
«Benvenuto nel mio entourage, allora» gli dedicò un sorriso sghembo.
SBAM!
Eren sobbalzò quando, dalla stanza accanto, una porta venne sbattuta con violenza.
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