{3}Chi sono io? (Pt.3)

Hiccup

Astrid mi stava urlando contro, di nuovo.

Volevo ignorarla, perché le sue parole erano taglienti, e mi ferivano più di qualunque altra cosa.

La cerimonia funebre era finita, l'anima di mia madre era già nelle mani di Hel, nella Gnipahellir.

Non volevo accettare il fatto che se ne fosse andata anche lei. Non potevo accettare il fatto che ora io fossi il legittimo capo, che avessi tutte le responsabilità.
Avrei tanto voluto che le cose fossero andate diversamente.
Negli ultimi anni non riuscivo quasi più a riconoscermi: passavo le giornate chiuso in casa, o nel mio bunker. Non parlavo più con nessuno e mi esoneravo dai miei doveri.
Come quel freddo giorno, in cui avevo visto il fumo sacro con l'anima di mia madre salire fino a gli dei.
Il popolo voleva vedermi, acclamarmi come nuovo capo, ma io ero scappato.
Ero saltato in groppa a Sdentato ed ero andato via senza voltarmi.
Astrid era l'unica persona che mi era rimasta, l'unica che non mi aveva abbandonato.

Io ero cosciente di trattarla male.
Lei mi diceva di stare di più con lei e di adempiere ai miei doveri di neo capo.

Volai più in alto, cercando di allontanarmi abbastanza da lei per non sentire la sua voce.
-Hiccup!- la sua voce era rotta dal pianto. -Ti supplico, vieni qui!-
Continuai ad aggirare l'isola, mentre Astrid correva sulle coste frastagliate.
Mi fermai su un insenatura molto sporgente, ricoperta di alberi.
Mi sedetti su una roccia e mi morsi il labbro per non piangere. Ero stanco di essere così debole, non dovevo sembrare fragile, né esprimere i miei sentimenti.
Sentii un movimento dietro di me e mi voltai di scatto.
Tra gli arbusti, c'era Astrid. Aveva gli occhi lucidi, le guance rosse e il suo petto si muoveva irregolarmente.
-Hi-Hiccup...- farfugliò.
Mi avvicinai a lei e l'abbracciai. Sentii il battito accelerato del suo cuore e il tremolio delle gambe.
-Mi dispiace, ma non posso. Mio padre ha sempre pensato che sarei diventato un grande capo, ma io non ce la faccio. Ero un ragazzino idiota che addestrava draghi? Ed ora? Quello era il mio sogno, ma ora... io mi sono svegliato, sono cresciuto. E resta solo la realtà. La gente muore, Astrid. Io non posso sopportarlo.
La ragazza mi mise le mani sulle spalle.
-le persone muoiono, hai ragione. Ma c'è anche chi vive. E per questo devi restare. Non puoi scappare da questo! È la tua vita. Che cosa ne hai fatto?
Le lacrime continuavano a solcarle il viso, ed io sentii un groppo in gola.
-Astrid... voglio che sia tu a prenderti cura di Berk.
Lei provò ad interrompermi, ma la zittii.
-io mi fido di te. Voglio che tu sappia che ti ho sempre amato, dal primo momento in cui ti ho vista. Io forse andrò su qualche isola per studiare i draghi... ti prego, non cercarmi.
Astrid era in trance. Aveva lo sguardo lucido fisso su di me e la bocca socchiusa.
Dopo qualche istante, chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore.
Era bellissima, anche così. Sentii bruciare lo stomaco, alla sua vista.
Ebbi l'impressione che lei fosse furiosa e allo stesso tempo disperata, ma feci la cosa più naturale che potessi fare.
La baciai.
Un bacio triste, malinconico.
-Questo é un addio?

Non le risposi e risalii su Sdentato, ma lui non si voleva muovere.

-dai, Bello! Dobbiamo andare!

Il furia Buia fece un verso di disapprovazione, ma poi spicco il volo.

Astrid corse verso di dirupo, fermandosi appena per non cadere.

-HICCUP! Tu non mi puoi fare questo!- gridò con tutta la sua voce.

Rallentai e feci girare Sdentato.

-menti quando dici che mi ami! Sei un ingrato! SE MI AMASSI DAVVERO, RIMARRESTI QUI CON ME, NON SCAPPERESTI COME UN VIGLIACCO! TORNA GIÙ , FALLO PER ME, O SARÀ STATO TUTTO VANO!

Astrid aveva ragione, io dovevo dimostrarle di amarla. Avevamo un vita insieme davanti, ed io non me ne potevo esonerare. Sarei rimasto, per lei. Ci saremmo sposati e avremmo governato insieme.

-Torniamo a terra- sussurrai al mio drago.

Guardai Astrid ed annuii.

Lei mi sorrise e si asciugò le lacrime.

Poi tutto accadde troppo velocemente.

Il dirupo crollò, creando uno strato di nebbia e polvere tra noi due.

-ASTRID! NOOOOOOO!

Sfrecciai verso la costa, ma la sporgenza non c'era più.

Astrid era precipitata.

Mi fiondai verso il basso e la vidi. Aveva gli occhi chiusi e stava per toccare l'acqua, il suo corpo era abbandonato alla caduta, il suo viso pallido e graffiato.

Sdentato volò il più velocemente possibile e la afferrai giusto in tempo.

Ritornammo sulla terra e presi Astrid in braccio.

Era fredda e non si muoveva.

-Astrid... Astrid.. ti p-prego svegliati- le mie parole furono soffocate dai singhiozzi.

-ASTRID! È COLPA MIA! PERCHÈ? TI PREGO APRI GLI OCCHI, TI PREGO...

Il corpo della giovane rimase immobile e appoggiai la mia fronte sulla sua. Le mie lacrime ora bagnavano i suoi graffi, e per un momento mi sentii di nuovo quel ragazzino indifeso di sette anni prima.

-Astrid....

Lei non poteva sentirmi. Se n'era andata, come tutti quanti. ma questa volta, la colpa era solo mia.

*

Ero seduto a gambe incrociate tra le foglie e la terra.

Avevo lo sguardo basso ed un enorme peso sul cuore.

Non riuscivo a togliermi dalla testa l'espressione di Astrid, nell'istante in cui era caduta nel burrone.

Era di felicità spezzata, una speranza strappata. Con un misto di terrore e supplica.

Quella notte non ero riuscito a dormire. Tra quell'immagine straziante, il falò, le condoglianze. Nessuno sapeva come fosse andata davvero.

In quel momento, non mi sentivo meno un assassino di Dagur.

Un fruscio mi fece girare di scatto, il cuore accelerato. Mi ritrovai davanti la Saggia Anziana di Berk. I suoi occhi lattiginosi mi scrutavano e le sue collane e amuleti tintinnavano nel silenzio della notte. Lei non parlava. Conosceva segreti che nessun altro osava pronunciare, sapeva scrivere con le rune e comunicava con le anime.
Prese una foglia da terra. Era secca e ingiallita, probabilmente assomigliava a me, ma l'anziana non aveva commentato.
Nell'istante in cui ci soffiò, essa prese fuoco, diventando niente più che cenere.
La Saggia prese un bastoncino e scrisse con le rune, quelle che mi aveva insegnato mio padre, il futhark.
'Alzati dalla cenere, e corri'
Questo aveva scritto.
"Chi sono io?!" Urlai alla notte, alla vita.
Mi voltai, ma lei non c'era più. Al suo posto, c'era un mio vecchio quaderno di appunti, di parecchi anni prima. Era pieno di schizzi di sdentato e di invenzioni. Nonostante tutto, abbozzai un sorriso.
Fischiai, e la mia Furia Buia mi raggiunse in volo.
Presi il quaderno, provviste e la spada di fuoco.
L'alba mi illuminò i ricci castani. Mi sciacquai la faccia nel ruscello, saltai in groppa a Sdentato e sfrecciai verso l'alba, convinto di star risorgendo dalle ceneri.
Stavo correndo.
Di nuovo.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top