Patto col diavolo
"Christian! Dai, alzati!" Anastasia mi tirò via e coperte, ma ero talmente intontito da non riuscire neanche ad aprire gli occhi.
"Quanto sedativo ha preso?"
"Che ne so? Stava già dormendo quando sono uscita dal bagno."
"Ana! Questo è Vicodin! Stenderebbe anche un cavallo." Eva e Gideon erano nella stanza. Per fortuna avevo la maglietta, ma stavo iniziando a pensare che prendere cinque pillole di quella roba non fosse stata una grande idea. Volevo andare sul sicuro, ma dovevo aver fatto un errore di calcolo. In compenso non avevo avuto incubi.
"Christian Trevelyan Grey! Alza il tuo bel culo dal letto prima che ti butti a terra con un calcio!"
"Sul serio? Minacci qualcuno sotto sedativi?" Gideon. Avrei voluto ridacchiare, ma i miei muscoli erano troppo rilassati.
"Hai un'idea migliore, asso?" Quella doveva essere Eva, ma ero troppo intontito per distinguerla da Ana.
"Non possiamo fargli perdere un altro incontro. Ha già saltato la seduta della mattinata. Se salterà anche l'incontro con il galeotto e l'ora di educazione fisica ci sarà l'ammonimento." Ammonimento. Mi ricordava qualcosa, ma avevo troppo sonno per pensare. Il mondo del Vicodin era così bello. Ora capivo il Dottor House.
"E se chiamassimo Hyde? In fondo abbiamo preso da lui questa robaccia."
"Non è robaccia. E' di qualità, ma Christian è un cretino!" L'aveva veramente detto Anastasia? La piccola e dolce Anastasia? Forse avevo preso davvero troppo Vicodin. "E poi non voglio chiamare Hyde. Gli devo ancora un favore, e non voglio allungare la lista di quel porco."
"C'è da dire che quelle che si porta a letto non sono male. Per te sarebbe un complimento finire nella sua lista." Anastasia nella lista delle scopate di qualcuno? Piuttosto la morte! Quella del diretto interessato, ovviamente. Non avrei buttato via la mia vita, per quanto potesse essere orripilante.
"Dici così soltanto perché ci sei stata, Tramell." Il rumore di un colpo in testa. Eva doveva aver colpito Gideon. Era bassa, ma forte.
"Su, aiutatemi ad alzarlo."
"Ma non vuole essere toccato."
"E' troppo rincretinito per accorgersene."
"Gideon, ho detto di no!" Ci fu un attimo di acuto silenzio, dopodiché un solo rumore. Quello di un sospiro. "Chiamate Hyde, ma fate in fretta. Forse ha un rimedio per farlo svegliare."
"Ma Ana." Eva sembrava apprensiva. Quasi spaventata. "Sai cosa succede se..."
"Non possiamo lasciarlo in questo stato. Potrebbe essere pericoloso, e se le guardie lo scoprono chiameranno i suoi genitori. L'ho messo io in questo casino. Non lo lascerò da solo adesso."
"Ana, ragiona, non lo stai mandando in guerra."
"Basta. Ho deciso. Andate a chiamare Hyde." No, Anastasia. Lascia stare. Tanto volevo andare via. Questa è solo una buona scusa. Forse ho preso troppo Vicodin a posta. Forse voglio solo evitarti altri due mesi di spionaggio. Non chiamare Hyde. Non andare a letto con lui. Ana, Cristo, ascoltami! Troppo tardi. Sentii i passi di uno di loro correre fuori dalla stanza, e tentai di aprire un occhio per controllare. Niente. Era come se ogni ciglio sollevasse un pezzo di piombo. Sentivo Ana e Gideon parlottare sottovoce, e continuavo a sperare che il Vicodin smettesse di fare effetto al più presto.
"Cara Anastasia Steele." Si fermarono all'istante quando udirono un suono di passi entrare nella stanza. "Hai deciso di ricambiare il mio favore, finalmente?" Hyde. Dovevo dargli atto che l'entrata in scena non era male.
"Il Vicodin era troppo forte. Guarda in che stato è."
"Non era il Vicodin. Ne ha preso troppo." disse Jack, agitando quello che doveva esere il mio flacone di pillole. "Però ho il quello che vi serve, ma vi costerà un pò."
"E' Welch che ci procura le cose. A te non dobbiamo dare nulla."
"Quanta durezza, Eva. Welch ha preso un permesso di venti giorni per tornare a casa. La madre non sta molto bene, o almeno è così che mi ha detto, in compenso ha lasciato a me i suoi contatti temporanei, quindi sì: e me che dovete pagare." Il tono di superiorità ricamato nella sua voce mi fece venire la nausea, ma sarebbe stato ipocrita se avessi detto che mi disgustava, visto che era lo stesso che usavo io. Avevo notato che ci somigliavamo un pò.
"E va bene. Quanto vuoi?"
"E' merce rara. Difficile da recapitare. Credo di poterla avere a trecento dollari. Trecentoventi, con la spedizione rapida."
"Sai che non abbiamo soldi con noi, coglione. Vai al sodo." Gideon stava inziando a spazientirsi,e la voglia che avevo di muovermi continuava ad aumentare sempre di più.
"Volentieri. Ne ho una scorta in camera per le emergenze. Ve la lascio in cambio di un piccolo favore da una delle ragazze." Il tono che usò sulla parola favore non lasciava spazio per incomprensioni, e iniziai ad urlare freneticamente nella mia mente, ringhiando quando notai che non usciva alcun suono. Pressate dai rintocchi dell'orologio, potevo sentire gli ingranaggi delle menti di Anastasia ed Eva che lavoravano in fretta.
"Va bene. Vado io." Eva si offrì volontaria, il che mi ricordò un film uscito di recente che Elliot smaniava di vedere con me. La situazione sarebbe stata comica, se non avessi sentito quello che successe dopo.
"No, Eva. Ho ordinato io il Vicodin per Christian. Vado io." Anastasia! No! No, no, no, no, NO! Dovevo muovermi. Dovevo fare qualcosa, ma ero impotente nella mia stupidità.
"Bene, così forse potrai anche saldare il tuo vecchio debito. Tranquilla, non te ne pentirai, e poi cercherò di essere veloce." Fu tutto quello che sentii prima che il Vicodin tornasse a fare completamente effetto.
Se mi avessero dato da bere fango sarebbe stato più gradito. La merce rara di Hyde aveva un retrogusto di calzino sporco e piscio di capra, ma almeno ripresi i sensi. Quella sensazione di nausea che mi aveva attanagliato fino a quel momento ebbe la possibilità di liberarsi, e vomitai nel cestino dei rifiuti un misto di pesce grigliato e pezzi di Vicodin, lasciando che la lavanda gastrica eliminase anche tutta la rabbia e l'intontimento accumulato. Sentivo gli sguardi attenti di Gideon ed Eva sulla nuca. Forse avrebbero voluto darmi qualche pacca sulla spalla per aiutare il reflusso, ma sapevano che non glielo avrei permesso.
"Da bravo. Butta fuori tutto." Eva si era seduta accanto a me, stando attenta a non sfiorarmi le gambe con il suo bel sedere, e mi incitava con voce calma. Sapevo quanto fosse incazzata con me. Lo ero anch'io, alla fine. Dovevo trovare Anastasia. Forse facevo ancora in tempo a fermarla. "Quante pillole avevi preso?" Feci un breve calcolo mentale, cercando di ricordarmi cosa mi fosse passato per la testa.
"Sei, credo."
"Sei?!" Gideon si picchiò una mano sulla fronte, massaggiandosi la radice del naso con due dita. "Non puoi essere così stupido. No. E' umanamente impossibile."
"Asso, non iniziare." lo redarguii Eva, ma io la zittì con un gesto della mano.
"No. Ha ragione." concessi, pulendomi la bocca e accettando il bicchiere d'acqua che mi porsero. Dovevo togliermi il marciume dalla bocca, poi avrei spaccato la faccia a Jack. "Dov'è Ana?" chiesi, rimettendomi seduto. Mi girava la testa, e avevo ancora conati di vomito, ma adesso la voglia di uccidere Pel di Carota era più forte di qualsiasi altra cosa. Il silenzio che seguii fu più esplicito di qualsiasi altra cosa. Mi alzai di scatto, poggiandomi al comodino per non crollare di nuovo al suolo. Ero ancora in pigiama, ma non mi importava. Sarei andato in giro anche nudo, ma gli avrei spaccato la faccia lo stesso.
"Christian, no." Gideon si piazzò davanti alla porta, seguito da Eva. Credevano davvero di riuscire a fermarmi?
"Levatevi di mezzo." Scostai malamente la bionda, ma con Gideon diventava più difficile. Era un armadio piazzato proprio davanti a me, e mi ricordava molto Sansone con quegli improbabili capelli. Respirai, cercando di mantenere la calma. "Gideon, ti prego." Non volevo litigare ancora con lui. Era mio amico, ma se fosse stato necessario avrei usato le maniere forti.
"Ascoltami. Qui alla NARCONON funziona così: se si vuole qualcosa, si paga. Non puoi andare lì come il Principe Azzurro delle cause perse e pretendere di usufruire gratis dei servizi di Hyde."
"Non voglio usufruire gratis, ma non lascerò che sia Anastasia a pagare perché sono troppo stupido!" Feci un passo avanti, continuando a guardarlo negli occhi. "Per favore. Devo provare." Mi voltai verso Eva, che mi fissava con occhi lucidi mentre di mordicchiava l'angolo del pollice. Alla fine annuì, dicendo a Gideon di spostarsi. Lui obbedì come un bravo cane, forse incapace di dirle di no. Conoscevo bene quella sensazione, ma non avevo tempo di lasciarmi andare ad inutili sentimentalismi. Uscii dalla stanza come un fulmine, cercando di ricordarmi dove fosse la stanza di Hyde. All'improvviso la voce di Andrea venne ampliata dagli interfoni sparsi per tutto l'edificio.
"Si ricorda a tutti i ragazzi che tra mezz'ora ci sarà l'incontro nell'Aula Comune. Si prega di non ritardare. Per qualunque assenza ci sarà un ammonimento. Grazie." Terminò con una specie di squittio, il che mi fece velocizzare il passo. Da quello che avevo capito dal mio stato di semi-incoscienza, Anastasia aveva fatto tutto questo solo per non farmi saltare altri incontri. Adesso avevo solo due assenze prima che i miei venissero chiamati. Feci vari tentativi a vuoto, ma alla fine riuscii a trovare la stanza. Terzo piano. Camera 666. Mi chiesi per un attimo se il numero satanico dovesse preoccuparmi, ma i miei pensieri vennero cancellati dal rumore di qualcosa che si infrangeva all'interno della stanza. Aprii la porta di scatto, e la prima cosa che mi saltò all'occhio fu lo sguardo impaurito di Anastasia che, raggomitolata in un angolo, cercava di farsi scudo con una sedia da Jack. Non aveva la felpa, e una spallina del reggiseno era abbassata. Jack invece aveva un profondo taglio sul labbro, da cui usciva ancora del sangue. Non appena mi videro, si bloccarono entrambi.
"Ti dispiace?" chiese Hyde, rimettendosi dritto. Anche lui era senza maglietta, ma il suo sguardo era di pura rabbia. "Siamo impegnati." Strinsi i pugni, digrignando i denti per lo sforzo di non urlare a squarciagola.
"Christian!" Guardai Anastasia, facendole un mezzo sorriso.
"Tranquilla, sto bene. Adesso ti porto via."
"Cosa? Sei impazzito? Lei è il mio pagamento." Jack era indignato. Ovvio, pensai, vuole essere pagato.
"Quanto ti deve?" dissi, osservandolo con impassibilità. Prima tendevo a lasciar trasparire la mia rabbia in uno scontro verbale, ma questa volta era diverso. Ero terribilmente calmo, e la cosa mi spaventò.
"Cinquecento dollari di pillole, più trecento per il rimedio che ti ho dato. Vedo che ha funzionato alla grande." mi prese in giro, dandomi una veloce occhiata.
"Cinquecento dollari per un flaconcino di Vicodin? Credevo che i ladri fossero solo all'esterno." Lui alzò un sopracciglio, per poi scoppiare a ridere come un pazzo.
"Oh, tu non lo sai vero?" articolò, continuando a prendersi gioco di me. Sapere cosa?
"Sta zitto, Hyde." ringhiò Ana, stringendo forte la presa sui piedi della sedia. Si alzò dal suo angolino, venendo verso di me e poggiandomi una mano sul petto. "Christian, per favore, vattene. Non sono affari tuoi." Le afferrai la mano, stringendola forte per poi buttarla verso destra. La guardai sprezzante, ma il suo sguardo era tornato quello di Bambi. Un piccolo Bambi terrorizzato e pieno di mistero. Cercai di ragionare in fretta, ma la situazione non era delle migliori per le idee geniali. Adesso avrei desiderato tanto un cane come quello che mi aveva perquisito al mio arrivo alla NARCONON, in modo da aizzarglielo contro. Un momento...
"Cinquanta grammi di marijuana e quattro di fumo." dissi, ricordandomi del sacchetto che tenevo cucito nella mia Calvin Klein, e che adesso marciva da un mese in qualche sperduto sgabuzzino. Mi sorpresi nel rendermi conto da quanto temp ero chiuso in quel centro, e ancora di più nel capire che, in effetti, avevo davvero fatto dei progressi, ma non era tempo di pensarci. "Ti bastano per saldare il debito?" chiesi, conoscendo bene la sua risposta. Hyde mi guardò incuriosito, prendendo una sedia e chiedendo ad Anastasia di porgermi quella che aveva in mano. Lei mi guardò con un misto di stupore e spavento, prima di fare come le veniva detto e andare a recuperare la sua maglietta.
"Non ho detto che puoi rivestirti, Steele." la ammonì, e lei sobbalzò prima di abbassare lo sguardo e rimanere in piedi accanto alla porta chiusa. Continuai a tenere dentro la furia, la frustrazione, il disprezzo per quell'individuo. Ero una maschera di calma, e sembrava funzionare. Hyde era teso, pur avendo la situazione in pugno. Sapevo di essere bello. Nessuno me lo aveva mai tenuto nascosto. Sapevo di avere uno sguardo intenso, bei capelli, un bel corpo, ma non avevo mai pensato che tutto questo potesse condizionare gli interlocutori. Forse avevo più potere di quello che pensavo. "Ti ascolto." La voce di Hyde mi riportò al presente, e cercai di assumere un'atteggiamento ancora più rilassato del suo.
"Sono nascosti nella mia valigia. Impossibile che li abbiano scoperti. Sono cuciti sotto la federa e la valigia costa più della loro vita. Non l'avrebbero mai squartata." Il mio ragionamento filava, e Jack sembrava alquanto colpito.
"E sia. L'affare mi interessa. Alcuni di questi drogati pagherebbero oro per un pò di pura marija." Buttò l'occhio su Anastasia, che tremava in quell'angolo come un cucciolo spaurito. "Facciamo così, Grey. Welch tornerà tra due settimane, e vorrà i suoi soldi. Tu portami la roba tra sei giorni al massimo, ed io lascerò stare Anastasia e i tuoi amici psicopatici."
"Per me va benissimo." Allungai una mano verso di lui, sostenendo il suo sguardo sotto quello stupito di Anastasia. Qualcuno stava per toccarmi, ed ero io che glielo stavo permettendo. Fu quello l'istante che cambiò tutto. Quello in cui realizzai che avrei fatto qualsiasi cosa per lei. Per la mia migliore amica. Fu quello l'istante in cui sentii di essere diventato qualcosa di nuovo ai suoi occhi, ma ancora non sapevo cosa.
"Abbiamo un accordo, Mr. Grey." disse Hyde, stringendomi la mano con forza. Ricambiai con vigore, poi mi chinai per prendere la maglietta di Anastasia da terra, prima di porgergliela con delicatezza. Lei la prese con gratitudine, rimanendo per un po' ad osservarla prima che Jack richiamasse la mia attenzione con un fischio. "Oh, quasi dimenticavo. Ovviamente se entro sei giorni non mi avrai portato nulla mi riprenderò Anastasia, e questa volta con gli interessi. Potrei anche usarla per una settimana intera. Adoro le brune." Strinsi il pugno fino a conficcarmi le unghie nel palmo nella mano, ma nonostante tutto gli risposi.
"Non accadrà." dissi, prima di mettere la mano sulla schiena di Ana e spingerla fuori da quella camera disordinata. Aspettai di chiudermi la porta alle spalle prima di buttare fuori tutta l'aria che avevo accumulato nei polmoni. "Wow." mormorai, ripensando al mio insolito comportamento di poco prima. Così freddo, controllato. Così... potente.
"Christian..." Mi ripresi all'improvviso, ricordandomi di essere ancora nel corridoio asettico della NARCONON, con un'Anastasia che tremava come una foglia, mentre due grossi goccioloni le spuntavano nell'incavo dell'occhio. Stava per piangere. Non l'avevo mai vista così. "Io non... non so cosa..." Ed eccole. La prima volta che vidi le sue lacrime credetti di aver scoperto una nuova emozione. Non erano come quelle di Mia quando le avevo fatto male, né come le mie quando venivo picchiato. Mi ci volle un po' a capire che quelle erano lacrime di gratitudine. Per me. Per uno che non era mai stato buono a nulla tranne che a stare nel suo angolo e difenderlo con le unghie e con i denti. Credevo mi sarei sentito più leggero, invece avvertii un nuovo peso addosso, ma caldo, profumato. Rimasi immobile con gli occhi sbarrati mentre Anastasia mi abbracciava stretto, infilando le unghie nella carne sotto la mia maglietta. Avvinghiando le gambe intorno al mio bacino. Quando sentii che stava per mollare la presa allungai le mani e gliele misi sotto al sedere, senza doppi fini. Volevo solo che quell'assaggio di umanità durasse il più a lungo possibile. Non ero mai stato abbracciato, o se era successo non lo ricordavo. Adesso mi chiedevo come avessi fatto a vivere senza quella fantastica sensazione. Più inebriante dell'erba.
Scoppiai a ridere.
Ridevo mentre volteggiavo per il corridoio e tenevo Anastasia tra le braccia. E rideva anche lei. Tanto. Rideva e piangeva. "Così mi fai cadere!" gridava, afferrandomi anche per i capelli, ma a me non importava. Non l'avrei lasciata cadere. Non avrei lasciato che le succedesse mai niente. Lei mi aveva protetto fino a quel momento, ed io avrei ricambiato il favore. Non l'avrei mai lasciata andare. Mai.
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