Mr. Cinquanta Sfumature

Battevo il piede sul pavimento del corridoio, guardando oltre uno degli enormi finestroni l'alba che si alzava. Ero al primo piano dell'edificio, e la mia vista era intralciata da alcuni palazzi, ma non avevo il tempo di pensarci. Ora mi interessava solo il telefono che squillava a vuoto accanto al mio orecchio. Quando sarò grande avrò una vista fantastica. Magari sullo skyline di Seattle. Potrei comprare uno di quegli appartamenti fantastici che si vedono su Vogue. Quelli dell'Escal...

"Carrick Grey." Oh, finalmente.

"Carrick, sono Christian." Ignorai il suo sbadiglio filtrato dalla cornetta, e lo immaginai mentre si passava una mano sul viso. Lui poteva dormire tranquillo, io invece avevo dovuto impostare la sveglia alle tre per non rischiare di svegliare la ragazzina con i miei attacchi di panico notturni da malato di DPTS (disturbo post-traumatico da stress). Per fortuna non avevo avuto incubi, ma era meglio non rischiare. Sapevo che prima o poi sarebbero arrivati, e così adesso ero nel corridoio, insonnolito e visibilmente irritabile.

"Ragazzo, qualche problema?" Trattenni a stento un grido di frustrazione, mordendomi a sangue la guancia e assaggiandone il sapore. Il dolore mi calmava. Mi ricordava Elena.

"Perché non ho una stanza singola?" sibilai, stringendo il telefono comune attaccato al muro. Non credevo li facessero ancora, ma in questo ghetto mi avevano tolto il blackberry, ed ero convinto che stessi infrangendo qualche regola utilizzando quello, ma era un'emergenza.

"Ti avevo detto che non tolleravamo più i tuoi comportamenti da sociopatico."

"Senti, sono qui per disintossicarmi, non per fare amicizie."

"E perché non entrambe le cose?" Io lo fucilo! Alzai una mano e sentii le dita contrarsi in un pugno, ma mi trattenni dal colpire il muro.

"E' una ragazza." dissi, sperando che questo potesse cambiare le cose.

"Lo so. L'ho richiesta personalmente. Anastasia Steele, giusto?" Cosa? Come faceva a saperlo? Lui ridacchiò, come se mi avesse sentito. "Credi che non ti conosca, ragazzo mio? Se fosse stato un uomo lo avresti già picchiato, permaloso come sei. Se invece fossi stato da solo non avrei ottenuto niente. Ammetterai che una ragazza è la soluzione migliore."

"La soluzione migliore è rimandarmi a casa, legarmi in camera mia e nutrirmi di pane e acqua finché non avrò imparato la lezione!"

"Wow. Questa ragazza è così male?" Male?

"E' invadente. Ho bisogno del mio spazio." Sentivo il respiro che iniziava ad accelerare. Mi sudavano le mani. Avevo la gola secca. Un attacco di panico. Non li avevo da quando ero un bambino, ma il solo pensiero di essere toccato da quella... rabbrividii, cercando di calmarmi. "E poi c'è... quel problema." Silenzio. Forse ce l'avevo fatta.

"Ho tutto sotto controllo, Christian. Quella ragazza non dirà mai a nessuno quello che sentirà da te." Questa frase mi lasciò alquanto perplesso, ma non indagai oltre.

"Non voglio che lei senta." dissi, battendo la schiena sul muro e lasciandomi scivolare a terra. Non avevo rimesso la maglietta, e sentire i graffi sulla schiena mi provocò una sensazione contrastante di piacere e dolore. Guardai quegli stupidi cerchietti bianchi sul mio petto, desideroso di vederli sparire nel nulla. Dovevo coprirmi per evitare domande. Carrick sospirò sul telefono, e sentii alcuni mormorii in sottofondo. Forse Grace si era svegliata.

"Fidati di me. Andrà tutto bene. Tu pensa a tornare qui pulito, e quando verremo a farti visita ne parleremo." Strinsi forte il telefono. Talmente forte che le nocche sbiancarono, mentre portavo le gambe al petto e le abbracciavo con il braccio libero.

"Okay." dissi soltanto, cercando di trattenermi dall'urlare.

"Ti vogliamo bene."

"Ciao." tagliai corto, prima di chiudere la linea. Mi passai una mano tra i capelli, sentendoli ricadere sulle tempie e sulla fronte. "Vaffanculo!" ringhiai, tirando una testata al muro.

"Problemi di sonno?" Sbarrai gli occhi, voltandomi verso la fine del corridoio. Anastasia mi guardava da lontano, con qualcosa in mano e tutta l'intenzione di avvicinarsi. Di bene in meglio. Concentrai lo sguardo sul pavimento, e quando tornai a guardarla lei era già davanti a me. Ebbi uno scatto quando allungò una mano, girando la testa e chiudendo gli occhi. Non colpirmi! Aspettai il colpo, ma non arrivò. Cazzo. "Ehm, Christian Grey?" Ora dovevo scegliere: continuare a fingere un attacco di sonno o aprire gli occhi e affrontare la dura realtà di aver fatto una figura di merda con una... quindicenne? Forse. "Tutto bene?" Aprii l'occhio sinistro, trovandomi davanti un bicchiere dello Starbucks. Sentivo il profumo di caffè arrivarmi alle narici, e il caldo mi fece arrossare la guancia.

"Cos'è?" chiesi, diffidente. Lei ridacchiò, inginocchiandosi in modo da essere alla mia stessa altezza.

"Caffè caldo. Direttamente dallo stravagante mondo esterno." Disse le ultime parole con un tono scherzoso, continuando a tenere il braccio alzato. "Anch'io non dormo molto bene, ma quando succede un cappuccino mi aiuta sempre."

"Sei uscita fuori?" Potevo uscire a mio piacimento? Lei storse la bocca, facendomi intendere che non avrebbe parlato finché non avessi accettato il suo regalo. Lo presi dopo qualche secondo, bevendone un sorso e trattenendo un gemito di piacere quando il caffé mi arrivò allo stomaco.

"Non sono uscita. E' stato un altro a procurarmeli." La guardai sbalordito, prendendo un altro sorso.

"Chi?" Anastasia continuò a bere dal suo bicchiere, per poi pulirsi un baffo di schiuma con la lingua. Portai le gambe il più vicino possibile al petto, ritrovandomi a pensare ancora al sangue e alle budella.

"E' uno dei maggiorenni. Può procurarti di tutto sotto un buon pagamento. Viene qui da due anni. Si faceva di metanfetamine, ma da quando è pulito è il mago dello spionaggio."

"E che ci fa qui se è ancora pulito?" Rimanere alla NARCONON doveva costare una retta pesante, o almeno credevo fosse così. Anastasia alzò le spalle, raccogliendosi i capelli in una coda e fermandola con un elastico.

"Boh. Lui non parla mai di sè. Non sappiamo neanche il suo vero nome. Se devi avvicinarti a lui, chiamalo Welch." Welch... Avrei dovuto ricordarmelo. Magari poteva aiutarmi a recuperare la valigia.

"Quanto ti devo per il caffè?" Lei fece un gesto di noncuranza con la mano, finendo di bere e poggiando la schiena al muro davanti a me. Se avessi allungato le gambe i nostri piedi si sarebbero toccati.

"Tranquillo. Mi doveva un favore." Sorrise. Sorrisi. Continuai a bere il mio caffè senza staccare gli occhi da lei, e Anastasia fece altrettanto. "Sai che non puoi usare il telefono fuori orario, vero?" chiese ad un tratto, e mi ritrovai a guardare l'apparecchio nero che pendeva sulla mia testa.

"Dovevo parlare con una persona."

"Ti capisco. Anche a me manca mia madre, ma so che è in buone mani." Lanciò il bicchiere verso un cestino lì vicino, e questa andò dentro con un centro perfetto. "Parlami di te, bel tenebroso. Com'è la tua famiglia?" La mia famiglia. Dopo tredici anni non mi ero ancora abituato a quelle parole.

"Normale, credo. Sono stato adottato a quattro anni, e anche i miei fratelli. Niente che tu non possa trovare su Internet." Essere il figlio di Carrick mi faceva godere di un pò di fama, ma sarebbe stato un sollievo quando sarei riuscito a farmi un nome da solo. "E tu? Come mai sei qui?" Lei mi squadrò da capo a piedi, sbadigliando e stiracchiandosi davanti a me.

"Anche io ho i miei segreti." Strinsi gli occhi, infastidito da quella risposta. Anche se non ero il figlio naturale dei miei genitori, avevo una sola cosa in comune con loro. Io dovevo sapere chi mi stava vicino. Non potevo rischiare che qualcosa rovinasse la sottile tranquillità che avevo costruito in tutti quegli anni. Ero in un posto pieno di sconosciuti, e la mia coinquilina era la prima. Welch. Forse poteva darmi una mano. "Beh, ci conviene tornare in stanza. Tra poco verranno a svegliarci, e si arrabbieranno se ci troveranno fuori dalle camere." Senza chiederle di chi stessi parlando, mi limitai ad alzarmi, trattenendomi dall'impulso di stirare le spalle. Non volevo mettere in risalto le cicatrici sull'addome. La seguii, rimanendo qualche passo indietro e chiudendomi la porta dietro le spalle. "Torna a letto e cerca di dormire un po'. Non voglio un coinquilino che russa per la stanchezza." borbottò lei, facendo il broncio e nascondendo la bocca sotto le coperte.

"Non dormo mai molto." Sta zitto, idiota. Vuoi che usi i tuoi segreti contro di te? Vuoi che scopra quando sei debole e strano? "Cioè, non russo." mi affrettai a correggermi, girandomi per non guardarla in faccia.

"Dicono tutti così." La sentii ridacchiare ancora, prima di muoversi in modo tale da far cigolare le molle del letto. " 'Notte, Mr. Cinquanta sfumature." Sbadigliai, sprofondando nel cuscino morbido. Dovevano essere le quattro. Forse potevo dormire un'altro po'. Un momento!

"Come mi hai chiamat..." Cercai di parlarle, ma quando la guardai notai che si era già riaddormentata. La mano le ricadeva fuori dalle lenzuola, e la canotta leggera lasciava intravedere il seno. Carina. Forse era stata solo una mia impressione. La mancanza di sonno mi faceva brutti scherzi anche a casa.

Ho tutto sotto controllo, Christian.

Continuai a guardarla per un po', non sapendo se credere a Carrick o no. Se avessi deciso di farlo, allora avrei dovuto rispondere ad un'altra domanda. Cosa dava tutta quella sicurezza al vero signor Grey?

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