49. La fine

Continuammo a scendere cautamente, ma poi Derek sbuffò e ci superò.
«Cosa fai?» sibilai a bassa voce, irritato e spaventato dal fatto che potessero sentirci.
«Vi supero!» rispose lui con ovvietà, sempre a bassa voce «Dobbiamo trovare Chiara, non fare una gita in campagna!».
«Dobbiamo essere prudenti» gli feci notare.
«Basta... Andiamo avanti» sbuffò Emmett. Probabilmente era venuto con noi solo per evitare che ci uccidessimo, oltre che per aiutarci in un'eventuale combattimento.
Roteai gli occhi e annuii. Forse un litigio non era l'ideale in questo momento.
Lo spazio era ristretto e le scale, piccole e ripide, continuavano a curvare verso sinistra. Le pareti sembravano fatte di mattoni, ma mi rifiutavo di toccarle ancora, dopo aver posato la mano su qualcosa di umidiccio, forse una muffa.
Derek accelerò il passo e sparì dietro ad una curva. Il rumore sordo che subito lo seguì, ci fece andare più veloci e lo trovammo a terra.
Imprecando, si alzò e si guardò la mano, che sanguinava leggermente.
In altre circostanze, mi sarei messo a ridere. Questa volta, invece, pensai solo che lui aveva qualcosa di umano. Lui poteva farsi male e morire più facilmente di noi. Come Chiara. Mi dissi e sentii un'altra ondata di ansia avvolgermi. 
«Stai bene?» chiesi al licantropo mentre gli passavo di fianco. Non c'era tempo da perdere; Chiara poteva essere in pericolo!
«Sì» sbuffò lui, scostandosi per lasciarsi superare.
Lo guardai e feci una smorfia, notando che si stava leccando il palmo sporco e sanguinante. In fondo, però, anch'io facevo certe cose, da umano. Quasi come se la mia saliva potesse disinfettare la ferita della quale stavo succhiando il sangue.
Lui, attualmente, era più umano di me.
Sì, probabilmente era questo che piaceva a Chiara. Più sovrannaturale del me umano e più umano del me sovrannaturale.
Andai avanti, ma i miei pensieri erano altrove. Non stavo pensando a Chiara e alla nostra missione, ma alla morte. Qualcuno di noi sarebbe potuto morire, se fosse scoppiata una battaglia. Ero tentato di chiedere a Derek se i Sangue di Lupo credessero in un paradiso, ma non mi sembrava assolutamente il caso. Però, anche se Derek era decisamente uno stronzo, speravo che avesse qualcosa di bello in un aldilà.
Edward era convinto che noi non avessimo un'anima e che quindi saremmo morti e basta. Ma non poteva essere vero. Doveva esistere qualcosa per persone dolci come Esme e Carlisle. Lui era decisamente l'essere più puro, gentile e altruista che avessi mai conosciuto. Doveva esistere qualcosa, almeno per loro.
«Derek» mormorai, deciso a chiedergli quella cosa, ma arrivammo davanti ad un'altra porta, alla base delle scale.
Mi fermai di fronte ad essa e mi morsi il labbro inferiore, prima di voltarmi velocemente verso i miei compagni.
Loro annuirono e io aprii la porta. Perpendicolare a noi c'era un corridoio, illuminato da delle torce appese al muro, come si vedono nei film riguardanti il medioevo.
«Destra o sinistra?» sussurrai. Entrambi i bracci erano lunghi e non sapevo quale fosse il più veloce per arrivare da Chiara.
«Sinistra» mormorò Derek, insieme al "destra" di Emmett. «Dividiamoci» disse allora il lupo.
«Non è una buona idea» commentò il vampiro.
«È l'idea più veloce» rispose Derek.
«Destra» dissi io e iniziai ad andare verso destra. «Tutti insieme» specificai.
Ma ecco che, dopo appena una ventina di passi, il corridoio si divideva in una strada che andava dritta e una che girava a sinistra.
«Voi andate uno dritto e uno a sinistra. Io torno indietro» decretò Derek e tornò indietro.
Sapevo che era sbagliato, che magari era solamente un labirinto per farci perdere per l'eternità, ma pensavo anche che fosse il modo più veloce.
«Ok...» sussurrai. «Emmett... Dritto o sinistra?».
«Non mi piace questa faccenda» sbuffò il vampiro. «Sinistra, comunque» disse prima di andare a sinistra. Era una delle prime volte, se non la prima, che non lo vedevo sorridere. Sembrava preoccupato.

Stavo percorrendo il lungo corridoio da non sapevo quanto. C'era puzza di umidità e faceva freddo, ma avvertivo anche il calore delle torce quando ci passavo di fianco. Illuminavano tutto, anche se la luce ondeggiante e scoppiettante metteva i brividi.
Temevo di trovare qualche nemico e non sapevo cosa fare. Nelle missioni ero sempre stato abituato ad essere accompagnato da qualcuno, solitamente Nicholas, o anche Logan e Hurit.
Sorrisi ricordando quando avevo ululato insieme a Nicholas mentre partivo con i vampiri. Speravo solo che non fosse davvero un ululato di addio.
Poi pensai anche a Logan e Hurit, al mio Branco. Chissà dov'erano e se mi pensavano, se Nicholas era già tornato indietro. Non potevo usare Eolas, perché non c'era erba o una qualsiasi altra forma di natura, quindi non avrei potuto vederli -anche perché, forse, erano troppo lontani-. Non potevo nemmeno provare a trovare Chiara.
Sospirai e mi stupii di non vedere il mio fiato condensarsi. Pensavo che lo avrebbe fatto... Ma forse erano solo l'umidità e la paura a rendere tutto più freddo.
Il corridoio terminò e svoltò bruscamente verso destra. Questo era più buio, perché le torce erano di meno e più distanti. Ad entrambi i lati, abbastanza distanziate, erano poste delle porte di metallo, tutte completamente chiuse. Non si vedeva quasi nulla, ma sembravano delle celle.
Poi sentii un odore fin troppo familiare, insieme ad un pianto, ed afferrai il telefono. Chiara era lì, dovevo avvisare Andrea.
«Merda!» sibilai notando che al posto dell'operatore telefonico c'era scritto "nessun servizio". Non funzionava il telefono... E non ci avevamo pensato prima.
Potevo ululare, ma non volevo attirare l'attenzione di qualche nemico.
«Derek?» mormorò Chiara. Probabilmente aveva riconosciuto la mia voce.
«Sì» risposi un po' titubante. Non sapevo davvero se rispondere; poteva sempre essere una trappola.
«Sei... Davvero tu?» chiese lei e la sentii alzarsi.
«In quale porta sei?» domandai in risposta, guardandomi intorno.
«Non lo so... Non me l'hanno fatto vedere».
«Batti sulla porta» suggerii allora.
Chiara fece come avevo detto, senza fare domande, e iniziò a dare dei colpetti sulla porta. Chiusi gli occhi, concentrandomi, e poi annuii. «Ok. Trovata» dissi prima di raggiungere la porta e provare ad aprirla. «Non si apre» ammisi dopo aver provato invano a tirarla e spingerla con forza. Osservai la serratura e annuii. «Provo a scassinarla» annunciai togliendomi un laccio delle scarpe.
«E come?» domandò lei, stupita. «È una porta di ferro blindata...».
«Non è blindata» risi iniziando a lavorare. «Questi vampiri sono troppo sicuri di sè» commentai divertito, infilando la punta del laccio, quella rivestita di plastica per non farlo rovinare, nel buco dove andava la chiave.
Armeggiai per un po', distruggendo il laccio delle mie scarpe, e poi sbuffai.
Presi l'altro e ci riprovai, finché il TACK secco della serratura mi fece illuminare gli occhi. Buttai a terra anche il secondo laccio sbrindellato e aprii lentamente la porta. La stanza era completamente buia, la poca luce del corridoio la stava illuminando. 
Vidi Chiara alzarsi lentamente, appoggiandosi ad un muro, e andai da lei. Non la ricordavo così magra e pallida. Istintivamente, mi avvicinai a lei e la abbracciai. 
«Siete tutti qui?» sussurrò mentre si appoggiava a me. Sembrava così debole. 
«Sì... Circa. Ora però dobbiamo andare» ammisi. «Riesci a camminare?». 
«Sì... Dovrei riuscirci» rispose lei prima di avventurarsi, traballante, fuori dalla cella. 
La seguii e la condussi lentamente attraverso il corridoio semibuo. L'unico problema, adesso, era come fare a ritrovare Andrea e l'altro vampiro. 
Nel corridoio illuminato, mi fermai un attimo e guardai Chiara. Senza pensarci, mi avvicinai e la baciai dolcemente sulle labbra. Avvertii il suo stupore, ma sorrisi quando ricambiò il bacio.
Mi allontanai controvoglia poco dopo, perché non c'era molto tempo a disposizione, e mi sfilai la giacca.
«Tieni. Così non avrai freddo» sorrisi porgendogliela. Lei sussurrò un "grazie", sorridendo, e se la mise. 
«Guarda chi c'è qui...». «Il lupo dell'altra volta e la nostra prigioniera» ridacchiarono due voci. 
Mi voltai e vidi due dei vampiri che avevano preso Chiara. Uno era biondo, mentre l'altro aveva i capelli scuri ed era alto e muscoloso quasi quanto il vampiro che era andato con Andrea. 
«Se tornate nella cella, non vi faremo nulla» disse quello biondo, con tono annoiato. 
«Aro è disposto a farvi unire a noi... Entrambi» aggiunse l'altro. «Magari copulate e ci date un esercito di lupetti» ridacchiò scambiandosi un'occhiata con il primo. 
«Su... Tornate dentro» disse il primo «E non succederà nulla».
«Stai lì» ordinai a Chiara, prima di trasformarmi.
Dietro ai due vampiri, in fondo al corridoio, vidi Andrea e l'altro arrivare.
Quello biondo si girò e apparve stupito, forse anche preoccupato. Adesso erano loro in minoranza.
Colsi l'attimo per saltargli addosso e affondare le zanne nella sua spalla. Lo presi di sorpresa e sorrisi sentendolo urlare dal dolore.
L'altro provò ad intervenire, ma Emmett gli era già addosso.
Il vampiro biondo mi spinse via e rotolai a terra, portando con me un grosso lembo del suo vestito nero.
Ringhiai e osservai la pelle bianca, marmorea, scoperta. C'era un segno, in corrispondenza di dove lo avevo morso. Era così strano non vedere il sangue sgorgare dalle ferite.
Andrea andò contro il mio nemico, ma venne afferrato dall'altro, che si era appena liberato dalla morsa di Emmett. 
Saltai nuovamente addosso al biondo, con l'intento di strappargli via il braccio. Venni però colpito da un suo calcio, che mi spedì contro il muro. Mugolai di dolore e avvertì il richiamo spaventato di Chiara. Mi rialzai, la guardai e scodinzolai, prima di rotolare via per evitare l'attacco del vampiro.
Saltai sulla sua schiena e gli afferrai il retro del collo, affondando le zanne.
Gemette di dolore e iniziai a tirare, mentre lui provava a liberarsi.
Poi ci fu un cambio di luce, spostamento di calore e un dolore acuto all'altezza dello stomaco. Sentii il grido di Chiara e anche un mio guaito, ma continuai a mordere. Andrea intervenne e rotolai giù dal vampiro biondo. La sua testa, a pochi metri da me. 
Mi rialzai e avvertii un dolore fortissimo, che mi fece uggiolare. Sentivo la pelliccia bagnaticcia e appiccicosa. Istintivamente, tornai umano e abbassai lo sguardo.
Sulla maglietta verde si stava allungando una macchia rosso scuro.
Portai le mani allo stomaco, mentre sentivo un conato di vomito dato dalla paura. Crollai in ginocchio e mi portai una mano sulla bocca, prima di vomitare del sangue. Poi scivolai lentamente sul fianco sinistro e sentii la spalla sbattere contro il muro. Mi accartocciai sul terreno e restai lì, in posizione fetale, mentre il sangue mi sgorgava dalle mani.
Possibile che fosse stato tutto così veloce?

Le labbra di Demetri si contrassero in un mugolio di dolore mentre afferrava la torcia appesa al muro. La tirò con forza, scardinandola. La fiamma ondeggiò e si spense, lasciando come ricordo solamente l'odore di fumo e l'olio, che colò a terra in una pozza incadescente.
Poi urlai. 
Urlai mentre il corpo del vampiro si contocerva e la sua mano sinistra, quella che impugnava la torcia, si avvicinava sempre di più al corpo di Derek. Affondò nel ventre del lupo, che emise un guaito ma non lasciò la presa. Poi Andrea intervenne e la testa del vampiro rotolò a terra, vicino al licantropo.
Il lupo aveva una posizione rannicchiata e dalla pelliccia usciva sangue. Tornò umano e smisi di respirare.
Derek si portò le mani sulla pancia, poi cadde in ginocchio. Indossava una maglia verde, dove si stava spandendo una macchia rosso scuro, che mi fece ricordare una cena di Natale di molti anni prima, dove qualcuno -forse il signor Smitterson, il mio odioso padre adottivo di quando ancora credevo di essere umana- aveva rovesciato il bicchiere di vino rosso sulla tovaglia verde. Il colore era identico.
Derek si portò una mano sulla bocca e vomitò del sangue, per poi scivolare a terra.
Immediatamente, corsi da lui e mi inginocchiai al suo fianco. «Derek!» lo chiamai posando le mani sulle sue guance, prima di spostarle sulle sue, ancora sulla sua pancia. Feci pressione, per cercare di fermare l'emorragia.
«È inutile... Credo che mi abbia aperto come un cervo» ridacchiò lui, con voce roca e gli occhi acquosi.
Stava piangendo?
«No... Non è inutile» dissi e avrei tanto voluto che Carlisle fosse lì.
«Sì» rispose prima di tossire. Sentii il suo corpo contrarsi e un rivoletto di sangue scivolò fuori dalle sue labbra. «Almeno... Ti abbiamo salvata» mormorò.
«E noi ora salveremo te».
«No... Non ce la farete. Nemmeno il vostro Alpha potrebbe» sussurrò «Lo sento che sono spacciato».
«Non dire così» sbuffai mentre la lotta infuriava.
Felix era forte e bravo, al pari di Emmett.
«Chiara...» sussurrò prendendomi le mani. «Lo vedo... So che sta succedendo. Sinceramente... Mi va bene».
«No, Derek...» mugolai e lui si strinse nelle spalle, per poi contrarre i lineamenti del viso in una smorfia di dolore.
«Siamo stati poco insieme, come amici e come qualcos'altro, ma mi è piaciuto» disse dolcemente «Se puoi, magari vallo a dire al Branco. Penso che lo sappiano... Ma non si sa mai» ammise.
Annuii poco convinta. Non volevo che morisse, ma avevo capito che era inevitabile.
No... Doveva pur esserci qualcosa da fare.
Lo osservai con gli occhi lucidi, non sapendo cosa dire.
«Ehi...» mormorò lui, con il sorriso striato dal sangue «È tutto ok».
«No... Non lo è per niente» mugolai contrariata.
«Dopo la morte non finisce tutto, per noi. Sono curioso di vedere se davvero esiste qualcosa» sorrise «Abbiamo un Dio, noi. Fryogard. Si dice che corra nel cielo e, in alcune notti estive e stellate, è possibile vederlo». 
«Derek...» mormorai. Stava delirando, decisamente. 
Ridacchiò «Si vede qualche striscia strana nel cielo e si racconta che sia Fryogard con il suo Branco, che è formato da tutti i Sangue di Lupo che finiscono la loro vita qui». 
«Non parlare così... Supereremo anche questo...».
Scosse la testa. «No...» mormorò ed era pallido. «Vedrò Brandon e i miei genitori... Sono felice, davvero. Basta solo che tu non mi dimentichi». 
«Ma è ovvio che non ti dimenticherò!» esclamai e lui sorrise. 
«Salutami Nicholas... Abbraccialo forte... È molto fragile e dolce. È innamorato di me, ma non sono mai riuscito a dargli una chance» mormorò sorridendo dolcemente. «E... Beh... Anche Hurit è fragile, per quanto si comporti da dura, ma presumo che a lei ci penserà Logan» ridacchiò. Poi mi guardò negli occhi «E tu... Non essere triste, ok?». 
Annuii mentre Andrea ci raggiungeva.
Non vidi Felix, ma notai Emmett piegato su di un corpo. Guardai Andrea, chiedendogli aiuto con lo sguardo, ma lui scosse la testa, amareggiato. Si inginocchiò vicino a noi. 
«Alla fine hai vinto tu» ridacchiò Derek, porgendogli la mano. Andrea la strinse, restando in silenzio. «Scusa per averti rovinato la vita... Ma così... È stata più divertente, no?» ridacchiò nuovamente e poi tossii un altro grumo di sangue.
Si portò una mano alla bocca, per pulirsi con il dorso, e mi guardò di nuovo. Gli occhi erano ancora acquosi, ma sembravano persi nel vuoto, era pallido e tremava leggermente.
«Hai freddo?» chiesi sfilandomi la giacca.
«Lascia stare» disse con tono più flebile «Tanto è finita».
Mi morsi il labbro inferiore, pronta a dirgli che stava sbagliando, ma sapevo che non era così.
Derek sospirò «Ciao...» mormorò. Fece un bel respiro e sorrise «Jeg... Jeg elsker dig» aggiunse incespicando un attimo, prima di chiudere gli occhi.
Sobbalzai e lo guardai. «Derek... No. Derek!» dissi iniziando a scuoterlo. Non poteva essere successo.
«Chiara...» mi richiamò cautamente Andrea dopo un attimo. «È finita... È morto».
«No...» mugolai piangendo e posai il viso contro il suo petto.
«Dobbiamo andare, Chiara».
Scossi la testa, allontanando bruscamente la mano di Andrea. 
«Potrebbero arrivarne altri... Andiamo» disse afferrandomi per le spalle, in modo da allontanarmi dal corpo di Derek. Provai, senza convinzione, a liberarmi e mi lasciai trascinare via.
Strinsi gli occhi e girai la testa, dopo aver visto un'ultima volta Derek, già rigido.
Emmett lo prese in braccio, per portarlo via.
Mi lasciai portare via da Andrea, che mi teneva per mano, mentre ancora le lacrime continuavano ad uscire.
Perché doveva essere tutto così ingiusto e difficile?

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