41. Ricerche
«No, aspettate. È andato... di là» disse il vampiro biondo, interrompendo nuovamente la sua corsa per girarsi a destra. Sospirai e lo seguii insieme a Carlisle, ma poco dopo si fermò di nuovo. «Di là!» il vampiro corse a sinistra e noi andammo con lui.
Alistair, stai girando a caso o sai dove andare? Chiesi scettica. Eravamo partiti ben dieci giorni fa e non avevamo ancora trovato Andrea. In realtà, Carlisle era partito dieci giorni fa, poi, dopo quattro giorni, era tornato da me con il vampiro ed eravamo partiti per la ricerca di Andrea.
«Io vi ho avvertiti: il mio talento non è forte. E se colui che sto cercando si sta spostando, non è detto che funzioni. Comunque... è di là e ora ne sono sicuro» rispose cambiando direzione per l'ennesima volta, andando verso nord-ovest.
Sospirai e lo seguii. Temevo che non avremmo mai più ritrovato Andrea.
Il tuo "di là" che raggio copre, precisamente? Chiesi stupita quando, verso sera, ci trovammo vicino all'oceano. Alistair sosteneva che Andrea fosse "di là", verso l'immensa massa d'acqua.
«Non lo so. Dipende» ammise osservando le onde che si infrangevano contro il muretto del porto.
«Ci servirà una nave» constatò Carlisle.
«Perché? Nuotiamo».
«Noi vampiri possiamo nuotare, non Chiara» gli fece notare il vampiro biondo.
«Giusto» borbottò il nomade prima di allontanarsi dall'acqua «Andiamo» disse e si diresse verso il porto, costringendoci a seguirlo.
I vampiri, non dovendo respirare e avendo una resistenza infinita, potevano nuotare per secoli, anche sotto l'acqua senza respirare! E la loro velocità faceva sì che riuscissero ad andare ovunque in un attimo, ma io non ci sarei sicuramente mai riuscita.
Tornai umana, dopo essermi accertata che non ci fossero umani nei paraggi, e mi affiancai a Carlisle.
«Lo ritroveremo, tranquilla» sorrise lui passandomi un braccio attorno alle spalle.
Annuii poco convinta e seguii i due vampiri.
Trovammo facilmente una barca, forse fin troppo facilmente, e dopo un'ora eravamo già in viaggio.
«Perché abbiamo preso una barca che stai pilotando tu?» chiesi a Carlisle.
«Perché così possiamo andare più veloci e ovunque senta Alistair» rispose lui.
«Come hai fatto a prenderla?».
«Certi umani pensano solo ai soldi...» sospirò il vampiro, scuotendo leggermente la testa. «Ora va' a riposarti, sarà una lunga traversata» concluse e io annuii.
Andai a sedermi su di una panca, vicino ad un finestrino, e guardai fuori. Non avevo assolutamente sonno.
Non avevamo notizie di Andrea da dieci giorni e avevo paura che potesse essersi fatto del male. Era comunque ancora un neonato senza controllo.
Non sapeva cacciare bene (le uniche due volte che glielo avevo visto fare, si era sporcato ovunque di sangue) e adesso avevo paura che stesse sterminando un'intera città.
Rimasi ad osservare il mare, rimpiangendo di non avere Jasper con me. Ma, alla fine, il movimento delle onde mi cullò finché non mi addormentai.
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Dopo circa un giorno di viaggio, arrivammo presso un'alta scogliera rocciosa a strapiombo sul mare. Guardai la roccia marroncina e mi avvicinai a Carlisle.
«Dove siamo?» chiesi con voce un po' assonnata. Negli ultimi giorni avevo dormito poco e male, addormentandomi e risvegliandomi senza rispettare orari precisi.
«Alle isole Faroe» rispose il vampiro biondo, che non aveva smesso di guidare da quando eravamo partiti. In quel momento ammirai la resistenza infinta dei vampiri, io non avevo fatto nulla in questo giorno di viaggio ed ero distrutta!
Il vampiro nomade era seduto su di una poltroncina poco distante dal posto del guidatore. Aveva la schiena appoggiata contro lo schienale e la testa era lasciata ricadere all'indietro. Il viso era coperto dai palmi delle mani, ma le dita aperte lasciavano intravedere gli occhi chiusi. Se non avessi saputo che i vampiri non potevano dormire, avrei sicuramente pensato che si fosse appisolato.
«E dove sono queste isole?» chiesi guardando l'alta scogliera che stavamo circumnavigando.
«Sono un arcipelago subartico formato da diciotto isole, situato al largo delle coste settentrionali dell'Europa, tra il Mare di Norvegia e il nord dell'Oceano Atlantico, a metà strada tra l'Islanda e la Norvegia» rispose Carlisle e ridacchiai per la risposta che sembrava presa direttamente da internet, ma poi mi resi conto di una cosa: aveva detto "Mare di Norvegia, Islanda e Norvegia"?
Sgranai gli occhi e fissai sconvolta il vampiro. «Cosa?! Siamo in Norvegia?».
Il vampiro scosse la testa «A metà strada tra la Norvegia e l'Islanda» ripetè «E le Isole Faroe sono un arcipelago autonomo che fa parte del regno di Danimarca» aggiunse mentre ci avvicinavamo ad un piccolo porto «Le lingue ufficiali sono il danese e il faroese, e la capitale è Tórshavn».
Annuii mentre ci fermavamo nel porto e notai Alistair alzarsi. «Sì, lo sento... Non è molto lontano» mormorò prima di uscire dalla barca per andare sul modo.
«È meglio se ti trasformi, potremmo dover correre» suggerì Carlisle e così feci.
Poi uscimmo fuori.
In forma umana ero veloce, ma non tanto quanto dei vampiri. Da lupo, invece, riuscivo addirittura a superare Edward, il vampiro più veloce della famiglia Cullen.
Fui investita improvvisamente dall'aria fredda e sentii la pelliccia rizzarsi. Quanti gradi ci sono? Chiesi guardandomi intorno. Ero così tentata di farmi un bagno, ma sapevo che l'acqua sarebbe stata congelata.
«Sette, circa» rispose Alistair, mentre andava verso una lunga scalinata incastonata nella roccia.
Scossi la testa, divertita, sapendo quanto poco fosse socievole il vampiro, ma poi uggiolai notando la scala. Sospirai e iniziai a salire, seguita da Carlisle che, pazientemente, evitò di superarmi. Avrei potuto correre, ma i gradini erano molti e io ero decisamente troppo stanca.
Quando finalmente arrivammo in cima, tirai un sospiro di sollievo e mi guardai intorno. Notai che il mare era molto in basso rispetto a noi e che eravamo circondati da una grossa pianura dall'erba gialla e non curata, con delle basse montagnole opposte rispetto al mare. In lontananza potevo vedere un lago, che sembrava gigantesco.
Alistair iniziò a correre verso un punto imprecisato e noi lo seguimmo. Anche se gli avessi letto i pensieri non avrei saputo dire dove stavamo andando. Il suo potere si basava sulle sensazioni e non sui pensieri. Lui sentiva dove poteva essere Andrea, non lo pensava.
Notai che il lago si faceva sempre più vicino, così come il dirupo che segnava la fine della scogliera. Quando poi ci trovammo a passare in una strettoia formata proprio da questi due elementi, mi fermai.
«Cosa succede?» domandò Carlisle arrestandosi al mio fianco.
Il lago e la scogliera... Ma cosa... Mormorai confusa e il vampiro rise.
«Questo è il lago Sørvágsvatn, è un lago situato nella parte settentrionale dell'isola di Vágar, con una superficie di 3,4 km². È il lago più grande dell'arcipelago e si affaccia quasi direttamente sul mare» spiego mentre mi affacciavo a guardare il mare.
Perché non ci sono turisti? Chiesi confusa.
«Forse perché fa troppo freddo o non sono ancora arrivati. Ci muoviamo?» sentimmo dire da Alistar, che, con fare scocciato, ci stava aspettando al di là della strettoia.
Carlisle rise e mi diede una leggera spintarella.
Annuii e poi ripresi a correre per raggiungerlo.
«Andiamo nel centro abitato. Forse è lì... So che è nei dintorni, ma non ne sono sicuro» ammise il nomade, indicando un assemblamento di case non troppo lontano, ma che non avevo notato fino a quel momento.
«Andiamo» rispose Carlisle e, a velocità umana, ci dirigemmo verso il centro.
Alistair chiese qualcosa in danese a delle persone e poi tornò da noi, scuotendo la testa. «No, non hanno visto nessun ragazzo che corrisponda alla descrizione di Andrea».
Sospirai e poi alzai il muso per guardarlo. Sai il danese? Domandai e lui annuì. Perché?
«Sono stato per qualche tempo in Danimarca» rispose stringendosi nelle spalla «E anche nelle Isole Faroe... Anche in questo posto. In quel promontorio laggiù a destra c'è una piccola caverna naturale, forse Andrea si è rifugiato lì...».
Ma allora andiamoci! Esclamai immediatamente, senza lasciarlo finire. Non aspettai i due vampiri e corsi verso il punto indicato da Alistair.
Gli umani si spostavano al passaggio dello strano cane che sembrava un lupo, ma non mi interessava. Andrea era più importante e quelle persone potevano essere in pericolo.
Seduto su di un enorme masso, fissavo il vuoto davanti a me.
Ero scappato dalla casa dei Cullen ormai da giorni, avevo perso il conto, ed era da tempo che non mi nutrivo. La mia gola bruciava come se ci fosse un fuoco, anzi, un intero incendio, dentro.
I miei occhi dovevano essere neri come la notte più scura, ed erano freddi, spenti e vacui. Per tutto il tempo avevo pensato a ciò che avevo fatto.
Chi ero io per poter togliere la vita a delle persone?
Per cercare risposte mi ero rifugiato nella religione, in ogni religione esistente, ma non mi aveva aiutato granché. Si poteva dire che quegli umani avevano un destino segnato, che un dio aveva deciso che sarebbe finita così. Forse aveva scelto me solo come veicolo del suo messaggio. Forse adesso erano in un qualche paradiso; magari avevano sofferto tanto in terra e il dio aveva deciso di portarli con sé prima del tempo per farli felici.
E se invece erano in un qualche inferno? E se non c'era nulla oltre la morte? Due erano solo dei bambini!
Sospirai prendendomi la testa tra le mani. Il ricordo di questi ultimi continuava a perseguitarmi, soprattutto quello del bambino. Lui si era fidato di me, e io lo avevo ucciso.
Chiusi gli occhi e sospirai di nuovo.
Avevo deciso di prendere un'altra strada per tornare a casa. Volevo semplicemente esplorare un po'.
P
oi avevo sentito odore di cibo umano, di fumo e di persone. Avevo cambiato completamente rotta e avevo seguito quei nuovi odori, incuriosito.
Ero quindi arrivato nei pressi di una radura, mi ero nascosto dietro a degli alberi e avevo guardato:
A lato c'erano una macchina rossa e una roulotte, al centro un fuocherello scoppiettante, che stava venendo alimentato da un uomo con dei bastoni, e tre tende erano disposte attorno ad esso. Su di una sedia da campeggio era seduto un signore anziano e una donna stava entrando nella roulotte. Due bambini, un maschio ed una femmina, stavano giocando a rincorrersi, avvicinandosi sempre di più a me.
Ad un tratto, il maschietto era caduto a terra, ma si era rialzato subito. Nello stesso momento, però, avevo avvertito un flebile odore di sangue e i miei occhi si erano spalancati.
I sensi si erano accesi e mi ero lasciato sfuggire un sibilo.
«Cos'è stato?» aveva chiesto la bambina, che aveva raggiunto il bambino.
«Non lo so» aveva risposto lui, controllandsi il ginocchio, dal quale usciva una goccia di sangue. «Andiamo a vedere» aveva proposto poi, ma la bambina stava scuotendo velocemente il capo, arretrando.
Il bambino aveva riso e guardato nella mia direzione, ma senza vedermi. «Vado a vedere io».
«Fai attenzione» lo aveva ammonito lei, mentre lui si stava già dirigendo da me.
Mi ero voltato per andarmene, ma l'odore di sangue era sempre più vicino. Sentivo perfettamente il battito accelerato del giovane cuore del bambino. E quel suono umido e l'odore caldo mi stavano attirando. Ero rimasto fermo, finché la piccola preda non era arrivata da sola.
«Ciao» mi aveva salutato e mi ero voltato a guardarlo. Avevo visto i suoi occhi spalancarsi, colpito dal mio aspetto inquietante. «Chi sei?» aveva chiesto con una certa titubanza.
Mi ero ritrovato a sorridere, mentre focalizzavo il mio sguardo sulla vena pulsante nel collo.
«Hai fame? Ti sei perso? Noi stiamo per mangiare» aveva detto indicando il campo con una manina sottile.
Avevo annuito. «Sì... Ho sete».
«Noi abbiamo del cibo» aveva sorriso «E taaaaaanto da bere!» .
La mia risposta era giunta senza che ci pensassi: «Io voglio del sangue».
«Sangue?». Era rimasto stupito «Tipo questo?» aveva chiesto indicando la ferita sul ginocchio.
Avevo annuito e fatto un passo verso di lui che, istintivamente, era arretrato.
«E... E come fai a prenderlo?» aveva domandato titubante.
«Uccidendoti». Un sorriso spontaneo mi era apparso sul viso.
Il fuoco nella gola stava aumentando e sapevo che il dolce sangue del bambino avrebbe potuto placarlo.
La piccola preda aveva sgranato gli occhi, prima di voltarsi per scappare ed urlare a gran voce: "MAMMAAAAAA!"
Ma lo avevo raggiunto con la velocità da vampiro e il suo urlo venne interrotto dai miei denti che affondavano nel suo collo. Immediatamente il sapore caldo e ferroso del sangue si era propagato nella mia bocca, facendomi dimenticare qualsiasi cosa.
Il resto del ricordo era molto confuso, ma c'erano un susseguirsi di immagini, urli e sangue.
Mi alzai di scatto e mi voltai, saltando addosso ad una figura che, silenziosamente, si era avvicinata a me.
Riconobbi l'odore, ma il mio istinto mi vietò di fermarmi.
Rotolai a terra con la lupa, che cercò di scalciarmi via, ma io ero ancora più forte.
Posai una mano sul suo collo e iniziai a stringere, mentre aprivo la bocca, pronto ad affondare i denti per uccidere e difendermi.
Quando calai la testa per mordere sentii il corpo della lupa irrigidirsi e poi i miei denti affondarono nella carne. Un grugnito maschile di dolore si levò mentre mi rendevo conto di una cosa: il sangue non stava sgorgando nella mia bocca.
Lasciai la presa dal corpo di Chiara e dal braccio che avevo morso, poi alzai lo sguardo e trovai un uomo che aveva un viso vagamente familiare.
Arretrai leggermente, alzandomi, pronto a scappare, ma qualcun altro mi afferrò da dietro, avvolgendo le braccia attorno alla mia pancia e facendo aderire il suo petto contro la mia schiena.
Riconobbi l'odore di Carlisle ed evitai di scappare. Sapevo di essere più forte di loro e che non avrei avuto problemi a liberarmi, ma non potevo nascondermi per sempre e, prima o poi, avrei finito le forze da neonato e loro avrebbero potuto portare Emmett; non ero sicuro di poter battere quel vampiro nemmeno nel mio attuale stato di vampiro super forte, figuriamoci da vampiro normale.
Guardai Chiara, che si era rialzata e si era appena scossa per togliere la polvere dalla pelliccia. «Scusa» sussurrai e poi guardai il vampiro che stava passando le dita sulla cicatrice a forma di mezzaluna che aveva sul braccio, causata dal mio morso. «Scusa» sussurrai anche a lui.
«Hai ancora intenzione di scappare?» chiese lui, un po' scettico.
Scossi la testa, mormorando un "no", e Carlisle mi lasciò andare.
«Torniamo a casa?» chiese proprio quest'ultimo, mettendosi davanti a me.
Annuii e notai Chiara scodinzolare. Accennai un sorriso e poi li seguii lentamente.
Si torna a casa. Pensai guardando l'oceano.
Avrei avuto tante cose da raccontare e sa chiedere, ma ero felice che mi avessero cercato loro. Adesso avrei potuto nutrirmi in sicurezza e recuperare le forze.
Camminai lentamente annusando l'aria. Dopo aver trovato il luogo attuale per l'insediamento del branco, ero rimasto con loro per un po', ma la curiosità di sapere se l'odore che avevo sentito era effettivamente di Chiara mi attanagliava le viscere e la mente.
"Vai" mi aveva detto Nicholas quando aveva capito cosa mi stava succedendo. Anche lui e Logan avevano sentito lo stesso odore familiare: quello di Chiara. Sapevo che i due gemelli l'avevano incontrata a New York molto tempo prima. Quindi, dopo averci riflettuto a lungo, avevo deciso di andare a cercarla. Non sapevo quanto tempo fosse passato, almeno tre lune. Noi contavamo il tempo in base alla luna, non alla luna piena, ma ogni spicchio di luna.
Ogni volta che nasceva una luna piena voleva dire che era passato un periodo, e anche ogni volta che la luna non nasceva perché era tutta nera passava un periodo. I "periodi" potevano essere visti come i mesi degli umani, ma erano sempre regolari.
Quando c'era la luna piena, i nostri sensi di lupo si affinavano particolarmente e, dopo il tramonto, ci trasformavamo involontariamente. Le prime volte era difficile mantenere il controllo e si rischiava di distruggere e uccidere qualsiasi cosa, ma pian piano si migliorava e la notte di luna piena diventava la cosa più bella nella vita di un Sangue di Lupo. Tu e il lupo, non due entità separate, ma una cosa unica. Correvamo tutta la notte per il bosco, ululando alla luna e cacciando.
Anche con la luna nera succedeva qualcosa. I nostri sensi di lupo si affievolivano sempre di più man mano che la luna si rimpicciolova, e il giorno in cui era totalmente scomparsa, eravamo come dei semplici umani.
Era il giorno più brutto. Le ferite non guarivano da sole, non si sentivano tutti gli odori e i rumori, non ci si poteva trasformare e, di conseguenza, non si aveva voglia di vivere.
Adesso eravamo nel periodo della luna crescente. Ovvero, era appena passata quella nera e doveva arrivare quella piena.
E io stavo correndo alla ricerca di Chiara.
Era già passato molto tempo da quando avevamo sentito il suo odore, ma speravo di poter trovare comunque qualche traccia.
Mi fermai quando raggiunsi il luogo dove avevamo sentito odore di sangue; adesso non c'era più, ma sapevo comunque dove andare. Corsi fino alla radura dove avevamo visto gli umani e i cadaveri e annusai l'aria.
Sospirai sconsolato, abbassando il muso per cercare qualche odore nell'erba.
Non c'era più nulla.
Sentivo solo odore di natura, alberi, foglie marce, animali.
Poi mi guardai intorno e imboccai una strada alla mia sinistra. Per quanto mi ricordavo, sembrava che gli odori fossero arrivati da lì. Forse, se avessi camminato un po', avrei potuto trovare una pista fresca.
E così feci, sapendo che mi stavo allontanando sempre di più dal Branco. Li avevo lasciati intorno alla metà della notte e avevo impiegato due o forse tre ore a raggiungere la radura, un po' perché non mi ricordavo dove andare e un po' per far perdere le mie tracce ed evitare che qualcuno potesse seguirmi.
Dopo altre quattro ore di cammino, dove avevo girato a caso senza una meta, riuscii a individuare qualcosa di familiare.
Erano ben due odori dolciastri.
Sapevo che erano dei vampiri che si prendevano cura di Chiara; e forse erano della vampira bassa, con i corti capelli corvini, e del suo fidanzato, alto, leonino e con tantissime cicatrici inquietanti sul corpo.
Annuii deciso e lo seguii. Non avevo intenzione di incontrare i vampiri o i licantropi, ma volevo avere la possibilità di vedere Chiara o, almeno, di farle sentire il mio odore. Forse così si sarebbe decisa a cercarmi usando la collana o seguendo la mia traccia.
Arrivai poco dopo nei pressi di una casa e mi nascosi tra i cespugli. Sentivo delle voci vagamente familiari, ma non quella di Chiara. Rimasi li ad aspettare per un po', finché non sentii una porta, forse quella d'ingresso, che si chiudeva con un tonfo. Aveva un rumore diverso da quelle dentro alla casa, perché era più pesante e il rumore non era attutito dalle pareti.
Poi avvertii dei passi leggiadri sull'erba e scattai in piedi. Senza pensarci due volte, iniziai a correre, ricordandomi solo in quel momento che uno di loro poteva leggere i pensieri di chiunque e un'altra poteva prevedere il futuro. In teoria non poteva prevedere quello dei licantropi, ma in pratica non ne ero così sicuro.
Avevo paura che mi vedessero e mi fermassero.
Quando arrivai abbastanza vicino al Branco mi resi conto di una cosa: probabilmente molti erano già svegli e avevano notato la mia assenza. Se non tutti, almeno i due Alpha -i miei "genitori adottivi"- lo avevano di sicuro fatto.
Sospirai e annusai l'aria, avvertendo l'odore di uno scoiattolo. Con passo felpato lo seguii e vidi l'animale sul terreno, intento a raccogliere ghiande.
Sorrisi scodinzolando leggermente e poi gli saltai addosso.
L
'animale provò a scappare, ma fu troppo lento.
Affondai le zanne nella sua carne e, immediatamente, il sangue caldo e amaro mi scivolò in bocca, facendomi sentire brividi di piacere ovunque. Scossi la testa e strinsi più forte, sentendo il rumore secco della spina dorsale che si spezzava.
Lo scoiattolo smise di dimenarsi e, quando mi fermai, restò a penzolare inerme dalle mie fauci.
A quel punto tornai al branco e trovai l'Alpha ad attendermi, trasformato in umano e con le braccia conserte. «Derek, dove sei stato?» chiese con tono di rimprovero.
Posai lo scoiattolo davanti ai suoi piedi e poi tornai umano. Mi aggiustai i vestiti spiegazzati dalla trasformazione e mi strinsi nelle spalle. «A caccia» risposi e mi resi conto di non aver fatto la solita sorta di preghiera Sangue di Lupo che facevamo dopo aver ucciso un animale. La farò più tardi. Pensai.
«Solo questo?» domandò e non capii se si stesse riferendo al fatto che avevo preso un minimo scoiattolo o se avevo fatto altro in tutto quel tempo.
«Ho cacciato solo questo, ma sono andato anche in esplorazione».
«Derek...» iniziò ma lo interruppi:
«Sì, lo so. Si va almeno in quattro in esplorazione, ma nessuno era sveglio e non ho trovato umani» dissi e poi mi guardai intorno «Devo andare da Nicholas, dovevamo allenarci» aggiunsi «Con permesso...» mormorai accennando un piccolo inchino, per poi andare a cercare il licantropo. Sapevo già che il mio amico mi avrebbe tartassato di domande riguardanti Chiara, ma era decisamente meglio pararne con lui che con l'Alpha.
§§§§§§Nota dell'autrice§§§§§§
C
iao! ^.^
Ci tenevo a precisare che le Isole Faroe esistono davvero (e sembrano bellissime).
Avevo deciso da tempo di far nascondere lì Andrea dopo la sua fuga, ma non sapevo bene dove. Poi, per puro caso, mi è saltata all'occhio un'immagine di Instagram che parlava del lago sopra all'oceano. Mi sono documentata un po' e ho deciso che era il posto adatto.
P.S. Questo è il lago:
È un'immagine che si trova facilmente su Google Maps, se scrivete "lago Sørvágsvatn" o "Sørvágsvatn".
A destra c'è il mare, a sinistra il lago e in fondo a sinistra si può intravedere un piccolo centro abitato (quello dove sono andati Chiara, Alistair e Carlisle). Invece il monte in fondo a destra è dove si nascondeva Andrea (non so però se ci sia davvero una grotta naturale 😂).
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