40. ...e un tuffo nel sangue

Tornai a casa dopo circa due ore, quando la rabbia era scemata. Andrea era venuto a cercarmi, ma lo avevo mandato via.
Annusai l'aria e notai che in casa non c'era nessuno.
Dov'era finito Andrea?
Sapevo già che gli altri erano andati o a caccia o ad accompagnare Phil e Renèe all'aeroporto, ma Andrea?
Presi il mio telefono e gli telefonai. Mi girai di scatto sentendo la sua suoneria. Proveniva dal letto. Mi avvicinai ad esso e sospirai quando vidi il cellulare bianco di Andrea tra le lenzuola.
«Dove sei andato da solo?» mormorai tra me e me. Posai entrambi i telefoni sulla scrivania e poi mi trasformai.
Sentivo perfettamente l'odore di Andrea, anche se non era più fresco. Seguendolo, corsi fuori dalla casa e mi addentrai tra i boschi.
Iniziai le ricerche mentre sentivo il cuore battere velocemente a causa dell'ansia.
Andrea era sparito ed era un vampiro neonato, non ancora perfettamente padrone del proprio controllo. Speravo solo che non avesse fatto nulla di stupido o di pericoloso.
Corsi annusando l'aria per un tempo indefinito.
Seguendo l'odore del neo-vampiro, arrivai fino al luogo dove mi aveva raggiunta e poi girai verso sinistra, ad angolo retto. Sgranai gli occhi. Presa dalla rabbia, non mi ero accorta che Andrea avesse imboccato una strada diversa da quella che era da fare per tornare a casa.
Avrei dovuto fare più attenzione! Mi dissi ringhiando, dando con le zampe un colpo al terreno. Una zolla di terra con dell'erba si staccò e volteggiò in aria, prima di ricadere sul suolo a qualche metro di distanza da me. Poi ripresi a correre.

Continuai a seguire la traccia per molto, troppo, tempo e mi resi conto che avrei dovuto chiamare Carlisle o chiunque altro.
Avevo un brutto presentimento.
Fui tentata di fermarmi per ululare, sperando che qualcuno mi sentisse e venisse da me, ma cambiai idea quando mi resi conto che l'odore del vampiro sembrava più intenso. Era vicino.
C'era però anche qualcosa di strano nell'aria. Sentivo l'odore di qualche scoiattolo e uccello appollaiato sui rami degli alberi; le foglie secche e quelle ancora in vita; l'umidità del muschio, dell'erba e di alcuni tronchi marci. Ovviamente sentivo anche l'odore fin troppo dolce di Andrea, ma c'era anche qualcos'altro; qualcosa che sapeva di ferro, caldo, umido e di... cibo.
Smisi bruscamente di correre, scavando profondi solchi nel terreno con le zampe. Quello era palesemente sangue!
Mi drizzai di scatto, allarmata, e cercai di capire da dove potesse provenire, annusando freneticamente l'aria. Lo stomaco mi si contrasse in modo strano e un formicolio fastidioso mi percorse le gengive, andando fino alla punta dei canini. Involontariamente scoprii le zanne, ma poi scossi la testa, ringhiando a me stessa.
Io ero un licantropo, non potevo essere attratta dal sangue! In realtà ero anche un vampiro, ma sapevo benissimo che il sangue umano era un tabù.
Ebbene sì, quello che sentivo era sangue umano.
Ripresi a correre verso Nord-Ovest, da dove proveniva la traccia.
Pian piano iniziai a ad avvertire anche odore di cibo, cibo umano.
Prosciutto... carne... pensai confusa. E fumo, stanno per cuocere qualcosa alla brace.
Però sentivo sempre di più il sentore ferroso che risvegliava il mio lato da vampiro.
Arrivai alla mia meta e quello che vidi oltre gli alberi mi fece gelare il sangue nelle vene. Vi era una piccola radura, con una roulotte ed una macchina rossa ad un lato, un fuocherello al centro e tre tende disposte attorno ad esso. Poi c'erano cinque umani, un anziano, un uomo, una donna e due bambini -un maschietto ed una femminuccia-.
Guardai i loro visi pallidi e i loro corpi immobili. Sul collo avevano due fori sporcati da del sangue ormai secco. Erano morti. Tutti.
Andrea... mormorai mentalmente, alzando lo sguardo su di lui. Era accovacciato al suolo, con la maglia sporcata dal liquido rosso, così come le labbra e i pantaloni. I capelli erano scompigliati e tra le braccia reggeva il bambino. Il viso del piccolo era rivolto verso di me, con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta, il braccino gravemente abbandonato a terra, con le dita che sfioravano l'erba.
Il vampiro aveva gli occhi, di un rosso brillante, persi nel vuoto, come se stesse fissando il fuocherello davanti a sé.
Tornai umana e mi avvicinai lentamente a lui. Deglutii, a disagio. «Andrea..» mormorai, ma di nuovo sembrò non avermi sentito. Il silenzio era rotto solo dallo scoppiettio del fuoco. «Andrea» ripetei, un po' più forte, facendo un passo verso di lui. Ruppi un legnetto ed il vampiro sobbalzò, alzando finalmente lo sguardo, per incastrare i suoi occhi nei miei.
Si alzò di scatto, reggendo il bambino fra le braccia. Guardai sconvolta gli arti del piccolo che ballonzolavano senza vitalità e la testa lasciata ricadere verso il basso.
«Stammi lontana!» esclamò e capii che era spaventato quanto me.
«Che cosa hai fatto?» chiesi avvicinandomi ancora di un passo.
«Io... io non volevo» mugolò lui, guardandomi dispiaciuto. «Io... davvero. Ho cercato di fermarmi... di salvarli... io...» la sua voce, per quanto perfetta e melodiosa, si incrinò e si spezzò. I vampiri non potevano piangere, ma capivo che, se avesse potuto, lo avrebbe fatto.
«Cos'è successo?» chiesi cercando di restare calma.
Andrea rimase in silenzio e guardò il bambino che aveva tra le braccia. Il viso innocente e i capelli biondi; sembrava un piccolo angioletto di non più di sei anni. Notai che aveva un taglio non troppo grave o profondo sulla gamba. «Io li ho uccisi» confessò alla fine il vampiro, rompendo il silenzio.
I suoi pantaloni erano strappati all'altezza delle ginocchia e, vicino agli strappi irregolari, vi erano delle tracce di verde, sicuramente causate dall'erba. Forse aveva lottato per cercare di uccidere quei cinque umani.
«Andrea, va tutto bene. Adesso... adesso chiamiamo Carlisle» cercai di calmarlo. L'unico problema era che nessuno di noi aveva un telefono e non ero così sicura che Andrea fosse disposto a lasciare il luogo del massacro.
«No, non va bene» rispose lui inginocchiandosi. Posò delicatamente il bambino sul terreno erboso e lo osservò. «Non volevo ucciderlo» ripetè «Ma sapeva di sangue... io volevo provare a cacciare un cervo...» mormorò.
«Cos'è successo?» chiesi nuovamente, avvicinandomi.
Andrea si spostò e si sedette. Portò le ginocchia al petto ed abbracciò le gambe con le braccia. «L'ho ucciso. Lui e la famiglia, non il cervo» rispose dondolandosi lentamente, mentre fissava il vuoto.
«Lo so... hai perso il controllo... ora chiamiamo Carlisle» dissi avvicinandomi a lui.
«No!» esclamò alzandosi in piedi di scatto «Sono un mostro! Stammi lontana!».
«Non sei un mostro, Andre... hai perso il controllo. Anche gli altri lo hanno fatto» risposi alzando leggermente le mani, in segno di resa.
«Ho ucciso due bambini, Chiara. Ho sterminato una famiglia intera» disse in un soffio.
«Andrea, calmati. Ti prego» mormorai cercando di avvicinarmi cautamente a lui.
«Stammi lontana. Ho ucciso degli umani» rispose sospirando «Non... non va bene io... io sarei dovuto morire. Perché mi avete trasformato? Ora sarei morto e questa famiglia sarebbe viva!» singhiozzò accasciandosi a terra in ginocchio. Si portò le mani sul viso e iniziò ad emettere dei lamenti. Osservai la sua schiena sussultare e sospirai.
«Andrea...» mugolai avvicinandomi ancora.
«Vai via... lasciami qui» mugolò lui. Posai una mano sulla sua spalla, ma lui si ritrasse di scatto, alzandosi in piedi.
Mi guardò negli occhi per un attimo e poi scattò via.
«Andrea!» esclamai facendo istintivamente un passo in avanti. Mi trasformai ed ululai.
«Chiara! Cos'è successo?» Jacob era già "connesso" nella mente del branco e sentivo la presenza agitata di Seth. Stavano correndo verso di me. Probabilmente Alice li aveva avvertiti.
«Sì, Alice ha avuto una visione» confermò Seth, captando i miei pensieri «Andrea ha...».
Sì, temo che abbia perso il controllo! Esclamai e lanciai una veloce occhiata attorno a me, per mostrargli i corpi.
Avvertii lo stupore misto a disgusto e rabbia dei due licantropi. Sentii anche i passi di qualcuno che correva insieme a loro e dagli odori che sentivano potevo supporre che fossero Edward, Carlisle, Alice, Emmett e Jasper.
«Dov'è adesso?» chiese Jacob, tornando in sé.
È scappato. Vado a cercarlo. Esclamai prima di correre nella direzione dove Andrea era sparito.

Camminavo annusando attentamente gli odori. Insieme a Hurit, Nicholas e Logan ero stato mandato in avanscoperta per scovare eventuali pericoli.
Ad un tratto, Nicholas si lasciò sfuggire un guaito. Mi voltai di scatto, per guardare il lupo nero. «Nick, tutto bene?» chiesi notando che teneva una zampa alzata.
«No» ammise accucciandosi per leccarla.
«Cosa succede?» chiese suo fratello, con le orecchie piegate e una smorfia di sofferenza sul muso. Per qualche strano legame da gemelli, quando uno si feriva, anche l'altro provava dolore.
Mi avvicinai al mio amico. «Posso guardare?» chiesi dolcemente.
«Non è nulla» rispose, ma sentivo un leggerissimo odore di sangue.
«Fa' vedere» ordinai prima di tornare umano. Presi delicatamente la sua zampa anteriore destra e la osservai. C'era una piccola spina infilzata. «Ora la tolgo» mormorai afferrandola con delicatezza, tirandola via.
Il lupo scodinzolò e si alzò di nuovo. Emise un piccolo ululato e saltò sul posto.
Scossi la testa, sorridendo divertito, e mi trasformai.
«Comunque si sarebbe tolta da sola. Sei una femminuccia» commentò Hurit con tono acido. Sapevo che faceva così semplicemente perché era gelosa del sottoscritto.
«Meglio femminucce che vipere» ridacchiò Nicholas, saltellando davanti a noi.
Hurit sobbalzò e ringhiò, mostrando le zanne al lupo nero, che scodinzolò divertito. Non sapevo bene cosa gli stesse dicendo, ma Hurit non sembrava apprezzare.
«Basta!» ringhiai lanciandomi tra loro, quando mi resi conto che poteva finire male. La lupa bianca aveva già assunto una posizione d'attacco, la pelliccia alzata e i muscoli tesi. «Vi ricordo che dobbiamo cercare eventuali pericoli per il branco, non scuoiarci vivi».
Hurit uggiolò contrariata, poi voltò il muso e riprese a camminare normalmente. Vidi Logan avvicinarsi a Nicholas e dargli un piccolo colpetto sul muso, per poi affiancare la lupa bianca.
Sospirai e li seguii trotterellando.
«Non rischiamo di avvicinarci troppo agli umani?» chiese Nicholas.
«È quello che temo» ammisi.
Alla fine, dopo varie pressioni da parte dei membri del clan, avevamo deciso di spostarci leggermente a Sud. Dovevamo solo evitare di avvicinarci troppo ai centri abitati.
«Beh, al massimo faremo amicizia con loro. Magari i cuccioli potrebbero andare a scuola».
«Nick, molti del branco non...» iniziai a dire, ma venni interrotto.
«Amicizia?! I nostri cuccioli con i senza-pelo?! Sei impazzito?» ringhiò Hurit, voltandosi verso di noi e fulminando Nicholas con lo sguardo.
«Appunto...» borbottai.
Molti membri del branco erano conservatori e non volevano assolutamente mischiarsi agli umani. In realtà, avevano anche paura. Gli umani avevano i fucili e non avrebbero esitato a sparare ai lupi e, in passato, esistevano dei veri e propri cacciatori di lupi mannari.
Non osavo immaginare che cosa avrebbero fatto se avessero saputo che i licantropi esistevano ancora.
Inoltre, sapevo anche che i membri del branco avevano paura di diventare Addomesticati, ossia Sangue di Lupo che si mischiavano con gli umani e perdevano molte abilità e istinti da lupi.
«Guarda che gli umani non sono così male» borbottò Nicholas.
«È vero. Alla fine non sono poi così strani» lo sostenne Logan.
Nicholas e Logan, gemelli perfettamente uguali, avevano perso i genitori da piccoli ed erano stati allevati da un vampiro, che li aveva fatti mischiare agli umani -anche se questi erano le sue prede-. Un giorno avevano incontrato Chiara e, per motivi a loro sconosciuti, il vampiro gli aveva ordinato di ucciderla. Chiara, però, era stata protetta da un altro vampiro e Philip (il vampiro loro padre) era rimasto ucciso. Logan e Nicholas erano scappati e avevano trovato il mio branco, che li aveva accolti.
Sentii dei guaiti e alzai lo sguardo, per vedere i tre lupi che si stavano azzannando. «Basta!» esclamai buttandomi nella mischia.
Morsi un paio di orecchie e ricevetti delle zampate sulla schiena, ma riuscì a fermarli. Mi sedetti a terra e li guardai male, mentre passavo la lingua sulle zanne per poterle pulire dal sangue.
«Abbiamo ancora un po' di strada da percorrere, dobbiamo raggiungere la grotta che ci ha descritto l'Alpha» dissi infine, alzandomi. Poi, senza aspettarli, iniziai a correre.
Sorrisi sentendo i tre lupi che mi seguivano.

«Fermi!» esclamò Nicholas dopo un po'. «Lo sentite?».
Ci fermammo tutti quanti e mi voltai verso di lui.
«Cosa?» chiese Hurit.
Annusai l'aria, notando che Nicholas stava facendo lo stesso, e sobbalzai.
«Blod». "Sangue". dissi in contemporanea ai due lupi neri. Se la situazione non fosse stata così seria, probabilmente saremmo scoppiati a ridere.
«A Est» aggiunse Logan, voltandosi verso quella direzione.
«Andiamo» decretai.
«E la grotta?» chiese Nicholas.
«La cercheremo poi» risposi guardandolo «Forse c'è qualcuno in pericolo».
«Andiamo!» ripeté Hurit prima di correre verso l'odore.
Corremmo così a lungo che tememmo di non trovare la fonte di tutto quel sangue. Il vento aveva spinto l'odore fino da noi, ma adesso stava continuamente cambiando direzione.
Appena iniziammo a sentire quel sapore ferroso più forte, capimmo che si trattava di sangue umano. Accelerai e, con un salto, mi ritrovai in testa al gruppo.
Non mi curai dei rami e delle foglie più basse che mi andavano a sbattere contro il muso, così come delle spine e delle ragnatele che si incastravano ovunque.
Raggiunsi per primo la radura, ma venni fermato. Hurit mi saltò addosso e rotolammo giù per una piccola discesa, finendo in un cespuglio di rovi. «Cosa fai? Sei impazzita?» chiesi confuso.
«Zitto. Dynol» rispose lei, rialzandosi dal mio corpo per poi trotterellare vicino a Nicholas e a Logan, nascosti dietro ad un grosso cespuglio.
Piegai leggermente da un lato la testa, ma poi mi alzai.
Arricciai il naso, sentendo delle spine che pungevano al di sotto di una zampa. La alzai e strappai con brutalità quelle cosette, per poi raggiungere i miei tre compagni. Proprio come loro, mi acquattai sul terreno ed infilai la testa nel cespuglio, per guardare attraverso gli spazi tra le foglie.
Vi era una radura, con una roulotte e una macchina rossa da un lato, un fuocherello spento al centro e tre tende attorno ad esso. Un uomo che indossava una lunga giacca marrone uscì dalla roulotte e andò vicino ad uno con la tenuta dei poliziotti. C'erano anche due delle loro macchine, vicino a due ambulanze. Dei medici stavano caricando dei sacchi neri su delle barelle, che poi portavano nelle ambulanze.
«Cosa c'è lì dentro?» chiese Hurit, guardando i sacchi.
«Lascia stare» risposi per evitare di turbarla, mentre l'uomo con la giacca marrone si inginocchiava vicino ad uno dei sacchi. Aprì la cerniera lampo con la mano coperta da un guanto e sentii Hurit trattenere il respiro.
«Ci sono gli umani morti, lì dentro» le spiegò Logan «Li mettono per non farli vedere agli umani vivi».
Nel mentre, osservai il viso della bambina. Aveva i capelli di un biondo scuro acconciati in due treccine e il suo vestitino bianco era sporco di sangue all'altezza del colletto. Il visetto tondo era pallido e le labbra esangui.
C'era qualcosa che non andava. Sembrava che le avessero aperto il collo con un coltello.
«Sono stati uccisi tutti così?» chiese l'uomo.
«Tutti presentano questa ferita: un taglio profondo sul collo. Ma sembra stata inferta dopo la morte» rispose una donna giovane, avvicinandosi a lui.
«E come sono morti, allora?».
«Sembra che siano stati dissanguati, ma oltre alla ferita sul collo non vi sono altri segni. Il bambino presenta un taglio sulla gamba, ma non è la causa del dissanguamento. Anche se la ferita non si è rimarginata, quindi deve essere morto poco dopo esserselo procurato».
L'uomo richiuse il sacco e si alzò. «Va bene. Datemi notizie al più presto» disse andando verso la sua macchina.
Due ragazzi caricarono il sacco sulla barella e poi lo portarono nell'autoambulanza.
«Io questo odore lo riconosco» disse Nicholas «Ha un qualcosa di familiare».
«Hai ragione» concordò Logan.
«Anch'io so cos'è» ammise Hurit, che sentivo sempre più tesa.
«Di quale odore state parlando? Ce ne sono tanti» feci notare mentre osservavo gli umani. C'era il nostro, quello dei poliziotti, quello del cibo e del fuoco spento e quello delle macchine. Poi c'erano la puzza della paura e quella penetrante e raggelante della morte. Sapevo a cosa si riferivano: a quegli odori che avevano un qualcosa di soprannaturale, erano ben nove e tutti leggermente diversi. Uno era per me totalmente sconosciuto, ma aveva qualcosa in comune con gli altri cinque ed era un qualcosa di familiare. Poi quei cinque odori dolciastri mi erano familiari, così come i due un po' più selvaggi.
«Sono vampiri. Almeno sei di loro» disse Logan «Hanno un qualcosa di simile all'odore del vampiro che ci ha accudito».
«E due hanno un qualcosa che mi fa pensare al nostro Alpha» commentò Nicholas.
«Uno mi fa pensare a noi, ai vampiri e al nostro Alpha» mormorò Hurit, confusa.
Avevano ragione tutti e tre. Sei odori erano dei vampiri e cinque di essi li avevo sentiti quando ero stato ospite a casa loro; due erano dei licantropi grossi come dei cavalli e li avevo sentiti nella foresta vicino alla casa dei vampiri; uno era di un vampiro e, annusandolo bene, aveva una leggerissima traccia di qualcosa di familiare, ma non sapevo di chi fosse. Però quello che mi interessava di più era quello che aveva individuato Hurit, quello che era una combinazione di vari odori. Quello che sapevo essere di Chiara.
«Andiamo. Cerchiamo la grotta e facciamo rapporto al branco» ordinai alzandomi, evitando di fare ruomore per non richiamare l'attenzione degli umani.
«Non vuoi seguire questi odori?» chiese Nicholas «Uno l'ho già sentito... e anche Logan. È quello di cui parlava Hurit, è di...».
Ringhiai e gli saltai addosso, buttandolo a terra. «Vaër stille!» gli urlai contro, in modo che mi sentisse solo lui. Quando eravamo trasformati, potevamo parlare mentalmente tra di noi, ma potevamo scegliere noi a chi parlare e cosa dire.
«Ok, ok, scusa. Sto zitto» uggiolò il lupo, mentre sentivo Logan ringhiarmi contro. Sapevo bene che voleva solo difendere il fratello, ma non intendevo lottare con nessuno dei due.
«Avete sentito?» «Veniva dal bosco» delle voci umane si levarono. Rizzai le orecchie e saltai giù dal corpo di Nicholas.
«Andiamocene!» esclamai prima di correre via.
Mi fermai poco dopo, per accertarmi che anche gli altri mi stessero seguendo, e poi ripresi la corsa.
Dovevamo avvisare il branco, ma cosa gli avrei detto?

«Carlisle, hai il numero di Alistair?» chiesi mentre entravo nello studio del vampiro. Era seduto sulla sedia davanti alla sua scrivania.
Alzò lo sguardo dal suo computer e mi venne immediatamente incontro. A sorpresa, mi abbracciò con forza. «Ti hanno trovata... menomale» mormorò accarezzandomi la schiena.
Stupita, posai le mani sui suoi fianchi e cercai di allontanarmi. Non apprezzavo gli abbracci. «Hai il numero di Alistair?» chiesi di nuovo.
«A cosa ti serve?» chiese lasciandomi libera, facendo un passo indietro, per poi girarsi e tornare a sedersi davanti al computer.
«Voglio rintracciarlo» risposi con ovvietà, posando le mani sulla superficie legnosa della scrivania.
«Perché?».
«Per trovare Andrea. Alistair ha un potere come quello di Demetri, no? Può trovare le persone se le ha incontrate almeno una volta e sappiamo, grazie ad Eleazar, che Andrea non è uno scudo, quindi il potere di Alistair può funzionare».
«Aspetta... aspetta» Carlisle si posò una mano sulla fronte, come se fosse stato colto da un improvviso mal di testa. «È un ragionamento giusto, va bene... ma io non sono sicuro che Alistair ci aiuterebbe».
«Hai il suo numero?» chiesi ancora.
«No. Non ho il numero di un vampiro che vive come nomade. Alistair non ha una casa, non ha nemmeno un telefono».
Sospirai. «Hai un modo per rintracciarlo?».
«Sì. Ogni tanto ci scriviamo. Mi ha inviato una lettera giusto prima della nostra partenza da Forks e una circa... due settimane fa».
«E ti ha detto dove si trova?» chiesi mordendomi il labbro inferiore.
«All'incirca» rispose alzandosi. Aprì un cassetto della sua grossa libreria strapiena di volumi vecchi e nuovi di medicina e prese una lettera. La aprì, come per ricontrollarla. «Dice che vorrebbe provare il sangue di Belfast. Presumo che adesso sia ancora nei dintorni».
«In Irlanda...» mormorai. «Andiamoci!» eslcamai correndo verso la porta.
«Non tu. Andrò io».
«Perché io no?» chiesi stupita, voltandomi verso di lui.
«Primo: devi calmarti e risposarti. Secondo: se Andrea tornasse gli serviresti tu».
«Carlisle, ma...» provai a lamentarmi.
«Niente "ma". Partirò questa stessa notte, troverò Alistair e andremo alla ricerca di Andrea».
«Vi servirò io se doveste trovarlo» gli feci notare.
«Allora passerò a prenderti con Alistair e andremo alla ricerca di Andrea. Ora va' a dormire. Si sta facendo tardi e sarai di sicuro infreddolita, sei stata fuori tutto il giorno e con questa pioggia...» scosse la testa.
«Va bene...» mormorai contrariata e uscì dal suo studio, per andare nella mia camera.
Sospirai togliendomi la felpa inzuppata. Avevo davvero bisogno di una doccia calda.
Avevo inseguito l'odore di Andrea per ore e ore, ma era riuscito a sfuggirmi cambiando spesso strada ed entrando nel fiume e nei laghi. Poi avevo perso le sue tracce quando aveva iniziato a piovere. Avevo cercato di seguirlo ancora, ma Jacob, Emmett ed Edward mi avevano rintracciata e mi avevano trascinata a casa. Mi avevano detto che Carlisle aveva cancellato i segni dei morsi al meglio che poteva e che aveva chiamato la polizia in modo anonimo. Poi i sei corpi erano stati prelevati e Carlisle stesso era riuscito a dargli una veloce occhiata all'obitorio, ma egli stesso aveva anche detto che la polizia stava iniziando a pensare che ci fossero dei cani o dei lupi fuori controllo, insieme ad un possibile serial killer che, come modus operandi aveva quello di dissanguare le sue vittime, e di questo non me ne capacitavo. Come gli era venuta in mente l'idea dei lupi o dei cani? Ero sicurissima che i poliziotti non avessero trovato mie tracce o di Jacob o di Seth.
Alcuni umani sono strani... conclusi alla fine, chiudendomi in bagno.

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