37. Nove vampiri, un ibrido, un quadribrido e due licantropi

Ripresi a camminare su e giù per la stanza. Stavo distruggendo la suola delle scarpe a furia di farlo.
«Quanto manca?» chiesi voltandomi verso Carlisle, che stava osservando Andrea da un paio di minuti.
«Non molto. Non senti che il ritmo del cuore sta cambiando?» rispose sorridendomi gentilmente.
Annuii, seppur non molto convinta. In tutto il tempo che era passato non avevo fatto altro che sentire il mio cuore battere all'impazzata per l'agitazione. Non sapevamo se Andrea stava provando dolore o meno, ogni tanto, però, gli sfuggiva un gemito dalle labbra oppure i muscoli si contraevano involontariamente.
Temevo che stesse malissimo.
«Dovresti calmarti...» borbottò Jasper affacciandosi sulla soglia della camera. Eravamo nel piccolo studio di Carlisle, ma era stato portato un letto per Andrea. «Tutta quest'ansia non ci fa bene» continuò.
Fulminai con lo sguardo il vampiro dall'aspetto leonino. «Avresti solo da non ascoltare le mie emozioni» borbottai.
«Sai che non posso» mi ricordò con un sorriso «E non ascolto le emozioni, le sento come se fossero mie» precisò appoggiandosi allo stipite della porta.
Sbuffai roteando gli occhi al cielo, ma comunque sorrisi. Avevo capito che voleva solo tirarmi su il morale.
«Jasper ha ragione» disse Carlisle allontanandosi da Andrea. Si appoggiò al bordo della sua scrivania di mogano, in un gesto del tutto naturale. «Dovresti riposarti».
«E uscire da qui» aggiunse Emmett. Il vampiro era appena arrivato e si era posizionato vicino a Jasper. «Andiamo a fare una bella lotta, per esempio, come i vecchi tempi!».
Lanciai un'occhiata ad Andrea e scossi la testa.
«Hai paura di perdere?» chiese ancora il vampiro più forte fra tutti, per incitarmi.
«Non ne ho voglia, Em...» borbottai, sedendomi su di una poltrona vicino al letto.
I due vampiri rimasero lì per un po' e poi uscirono.
«Carlilsle...» mormorai, alzando lo sguardo su di lui, ancora appoggiato alla scrivania. «Posso chiederti una cosa?».
«Certo, tutto quello che vuoi» sorrise.
«L'uomo che ha fatto tutto questo, che ha causato l'incidente... che fine ha fatto?».
Il vampiro sospirò. «È in ospedale» disse «Messo decisamente meglio di Andrea» aggiunse prima che potessi chiedere altro. «Ha un trauma cranico, qualche frattura. Nulla di mortale».
Sbuffai stringendo i pugni. Non era giusto. Perché doveva essere Andrea quello in fin di vita? Lui era solo un ragazzo, con tutta la vita davanti, e non aveva fatto nulla di male. Era stato quell'uomo a guidare ubriaco. «Non è giusto» sbuffai, dando voce ai miei pensieri.
«A volte la vita è ingiusta» rispose Carlisle, avvicinandosi per posarmi una mano sulla spalla. «Risposati un po', ok?» sorrise prima di lasciarmi di nuovo lì da sola e uscire dalla camera.
Sospirai e mi accomodai meglio nella poltrona, restando a guardare Andrea, mentre le palpebre diventavano sempre più pesanti per il sonno e faticavo a tenerle aperte.

~~~~~~~~~~

Avvertii dei movimenti, ma cercai di dormire ancora e non svegliarmi. Qualcuno era nella camera, ma non capivo bene chi. Ascoltai i suoni attorno a me e mi resi conto di una cosa: mancava il battito accelerato del cuore in trasformazione di Andrea. Aprii di scatto gli occhi e notai quasi tutti i vampiri attorno a me, anche se il mio sguardo cadde su quello nuovo, con i capelli neri e gli occhi di un rosso brillante.
Restai ad osservarlo a corto di parole e lui sorrise.
«Vi lasciamo un po' da soli» mormorò Carlisle, sorridendo e facendo uscire tutti dalla stanza, chiudendosi poi la porta alle spalle.
«Ciao» disse Andrea dopo un attimo. La sua voce... era diversa. Era sempre la sua, certo, ma più limpida, più cristallina. Perfetta come quella degli altri vampiri che conoscevo.
«Ciao...» mormorai. Ancora stentavo a credere che tutto quello non fosse solamente un sogno.
«Io... ecco... scusa. Non volevo che ti svegliassi...» disse lui palesemente a disagio, strofinandosi un braccio con la mano.
Sorrisi divertita. Colsi benissimo quel movimento, ma un umano non l'avrebbe visto perché era troppo veloce.
«Non importa» dissi dolcemente, alzandomi per sedermi vicino a lui. «È stato doloroso?» chiesi preoccupata.
Andrea si strinse nelle spalle, mentre mi guardava con quegli occhi rossi che era decisamente strano vedere. «Temevo molto peggio» ammise infine. «Sai, tutte le volte che ho pensato di farmi trasformare, ero terrorizzato dal dolore, invece... era fattibile, all'incirca» spiegò accennando un sorriso.
Annuii mordendomi il labbro inferiore.
«Quindi adesso ci sono nove vampiri, due ibridi e due licantropi» commentò ridacchiando.
Lo osservai confusa, piegando leggermente la testa da un lato.
«Carlisle, Esme, Edward, Bella, Alice, Jasper, Emmett, Rosalie e... me» elencò «Poi ci siete tu e Renesmee e Jacob e Seth».
«Jacob e Seth non sono propriamente parte del clan di vampiri» gli feci notare divertita.
«Però sono praticamente sempre qui» ridacchiò e aveva ragione. Jacob veniva per stare con Renesmee e Seth, a volte, lo seguiva.
«E io sono un... tribrido» lo corressi sorridendo. «Nessie è un ibrido perché ha sangue umano e vampiro, io sono un tribrido perché ho sangue umano, di vampiro e di licantropo» dissi orgogliosa del nuovo termine da me inventato.
«Allora sei un quadribrido» ridacchiò «Il tuo sangue di licantropo è di licantropo Quileute e Sangue di Lupo» mi fece notare e risi con lui.
La sua risata era così brillante... Sembrava formata da bicchieri di cristallo che tintinnavano tra loro.
«È un po' uno scioglilingua... quadribrido» commentai ridacchiando.
Lui sorrise e si passò una mano tra i capelli neri. «Abbiamo nove vampiri, un ibrido, un quadribrido e due licantropi» elencò ridacchiando.
Scossi la testa, sorridendo divertita e rimanemmo in silenzio.
«Hai sete?» chiesi poi. Era appena stato trasformato, doveva avere la gola in fiamme.
Il vampiro fece una smorfia e poi annuì. «Mi sembra di avere un braciere proprio qui» rise toccandosi all'altezza del pomo d'Adamo, facendo ridere anche me.
«Allora andiamo!» dissi alzandomi, sorridendo.
«Andare... a caccia?».
«Sì. Non stavamo parlando di questo?» domandai ridacchiando.
«Nel senso, vieni con me?» chiese guardandomi.
«Sì, ti accompagno. Tu devi imparare a cacciare e questa non è di certo la mia prima caccia» risposi stringendomi nelle spalle. Ogni tanto anch'io avevo voglia di sangue e cacciavo così come i vampiri.
«Mh... va bene» mormorò alzandosi in mezzo secondo.
Scoppiai a ridere per quella velocità «Dovrai imparare a controllare i tuoi movimenti da vampiro» dissi divertita.
Andrea ridacchiò e mi fece la linguaccia. «Imparerò» disse scattando verso la portafinestra. La aprì facendola erroneamente sbattere contro il muro ed uscì fuori. Almeno, lo studio di Carlisle si trovava al piano terra.
Sorrisi e lo seguì. A quel punto, lui mi sorprese: prese il mio viso con le sue mani e posò le sue labbra sulle mie, in un bacio dolce.
Sentivo dai suoi pensieri quanta attenzione stava facendo per non ferirmi.
Rimasi leggermente stupita, era una cosa normale quel bacio, ma la sua temperatura era così estranea. Sembrava di baciare un blocco di ghiaccio. Almeno, sue labbra erano più dure di quelle di un umano, ma si adattavano perfettamente alle mie.
L'unica nota stonata erano il gusto e l'odore disgustosamente dolci, come quelli degli altri vampiri.

Feci attenzione mentre toccavo la pelle delle sue guance con le mani e mentre muovevo le labbra e la lingua contro le sue.
Chiara stava ricambiando il bacio, con una mano posata sul mio petto e l'altra sul mio fianco, e la cosa mi tranquillizzava parecchio.
C'era però qualcosa di sbagliato.
La temperatura, per esempio. Era così... bollente!
Anche l'odore era diverso, era... caldo e umido, non avrei saputo spiegarlo.
Poi, sentivo il battito del suo cuore, seguito da un flusso di sangue. Mi stupii, però, notando che non mi veniva sete. Chiara non sapeva di cibo.
Mi allontanai leggermente, sorridendo ancora, e mi guardai attorno. In cielo c'erano le nuvole, ma la cosa che più mi attirava era il resto. L'erba, per esempio, riuscivo a vederne ogni singolo filo.
Feci un respiro profondo e sorrisi. Non avevo bisogno di aria, ma era così bello respirare! Con l'aria mi venivano trasportati tutti gli odori attorno a me: quello dei fiori, della polvere, dell'erba, dell'aria stessa e anche quello strano di Chiara. Era decisamente stupendo.
Riuscivo anche a sentire tutti i rumori: la musica di un film che proveniva dalla televisione in salotto, il vociare del vampiri, il canto degli uccellini, il suono ritmico del cuore di Chiara e lo stormire delle foglie, mosse dal vento.
Con quest'ultimo arrivarono nuovi odori e mi voltai verso la ragazza, sorridendo meravigliato.
Non era così brutto essere vampiri.
Anche lei mi stava sorridendo e mi si smorzò il fiato in gola. Era bella. Bellissima, anzi. Da umano avevo una vista limitata, a quanto pareva. Adesso potevo vedere il suo viso perfettamente e la trovavo più bella di quanto fosse prima. «Wow...» mi lasciai sfuggire e la notai arrossire leggermente. «Sei nella mia testa?» chiesi alzando un sopracciglio, ridacchiando.
«Sì» ammise ridendo «Volevo capire cosa ti aveva fatto distrarre».
«Tutto!» risposi ridendo insieme a lei. «È... è... magnifico!» dissi allargando le braccia e girando su me stesso, osservando il cielo. «Ora capisco perché ti distraevi sempre a scuola!» esclamai e scoppiai a ridere, seguito da lei.
La sua risata, però, non era perfetta come la mia. L'avevo notato subito.
Anche la voce era diversa. Quella dei vampiri era armoniosa, vellutata, perfetta. Quella di Chiara era ugualmente bella, ma con una nota più... umana, forse.
Mi ero già reso conto di quanto fosse stranamente melodiosa la mia voce, mentre rispondevo a Carlisle che si accertava che stessi bene.
In tutto ciò, notavo che mi ricordavo ancora bene il mio passato e non sapevo come mai. Chiara mi aveva raccontato che, dopo la trasformazione, si dimentica gran parte della vita umana. Con me non era ancora successo.
Forse ci vuole un po' di tempo. Mi dissi.
«Allora? Caccia?» chiese Chiara.
Avvertii ancora quel dolore secco e bruciante in gola, che continuava a torturarmi. Bruciava proprio come la trasformazione, anche se quella aveva fatto mille volte più male. Guardai Chiara e annuii, aspettando che si trasformasse o mi dicesse cosa fare.
Lei si trasformò e io restai stupito ad osservarla. Era così strano vedere ogni singolo pelo che costituiva la sua pelliccia. Mi attiravano soprattutto quelli che crescevano dove il colore cambiava completamente. Alcuni di essi avevano delle sfumature così particolari!
La lupa mosse il muso verso la foresta e scodinzolò.
«Non so come cacciare» mormorai imbarazzato. Le mie guance, però, non diventarono rosse. Non potevo più arrossire.
"Istinto." Ridacchiò lei nella mia mente e poi partì al galoppo. "Muoviti, lumaca!" Urlò.
Rimasi per un attimo fermo, intontito. Sapevo di essere forte, in quanto vampiro ma soprattutto in quanto neonato. Era una forza grezza, massiccia e incontrollabile. Se avessi voluto distruggere un palazzo con un tocco, ci darei riuscito; ne ero certo. Senza pensarci, iniziai a correre.
«Uuuh uh!» urlai senza motivo, mentre saltavo e acceleravo, senza sentire la fatica.
I salti erano la cosa più pazzesca del mondo e la corsa era ancora meglio! Credevo di star andando più veloce di una Ferrari.
Chiara era davanti a me, ed era veloce, però io ero più forte. Ogni falcata mi faceva guadagnare parecchio terreno. In breve, la affiancai.
Lei alzò lo sguardo su di me, ringhiò, e con un balzo mi superò.
«Ehi!» le urlai dietro, ridendo, prima di accelerare e superarla a mia volta.
Continuammo a giocare così per un po'.
Nel mentre, io mi meravigliavo di tutto. Riuscivo a distinguere qualsiasi cosa -foglie, rami, ragnatele, tutto-, anche se andavo ad una velocità molto elevata.
Adesso capivo come facevano a non schiantarsi quando correvano.

Chiara rallentò e si fermò. La affiancai, confuso.
"Ascolta" disse guardandomi. Notai che respirava in modo leggermente più veloce dopo corsa. Io, al contrario, non provavo fatica.
Chiusi gli occhi, sperando di concentrarmi. Sentivo tutto, in realtà. Il cuore di Chiara che batteva, il suo respiro, i movimenti degli uccelli e degli scoiattoli negli alberi, i loro cuori, le foglie che frusciavano tra di loro. Percepivo addirittura i movimenti degli insetti! Poi c'era anche un ruscello e il rumore di qualcuno che mangiava. No, non era qualcuno. Era qualcosa. Un animale, sicuramente. Sentivo il rumore dell'erba strappata, dei denti che la maciullavano e anche dei cuori, che producevano un suono pesante e liquido.
Sangue. Pensai e la mia gola bruciò. Mi sfuggii un ringhio e sobbalzai.
Sentii uno sbuffo alla mia sinistra e mi voltai. Chiara scodinzolava leggermente e sembrava ridere. "Sentiti?" Chiese.
Annuii. «Tre... qualcosa. Cervi?» domandai riprendendo ad ascoltare.
Lei annuì.
Annusai e percepii tutto, l'odore delle foglie, degli animaletti attorno a noi, dell'acqua limpida -perché sì, aveva un odore, seppur indescrivibile-, dell'erba strappata e del sangue.
Feci una smorfia, non mi faceva venire sete. Il tenue odore ferroso, unito a quello del cervo mi faceva chiudere lo stomaco. Puzzava di... mucca sporca.
"Quanto siete schizzinosi voi vampiri!" Rise lei, scuotendo il muso. "Dai, uno tu e uno io. Chi lo prende più grosso vince!" Detto ciò, partii di nuovo.
Risi e partii all'inseguimento. Mi fermai dietro dei cespugli e vidi Chiara che proprio in quel momento era partita all'attacco, puntando una femmina.
Osservai i muscoli tesi per il salto, le zampe anteriore protese in avanti e quelle posteriori indietro. La cerva fece un balzo indietro, con il muso sporco di erba, e rimase immobile ad osservare la lupa dalla pelliccia colorata, mentre da un graffio sulla spalla stillava un po' di sangue. Chiara spostò il peso sulle zampe posteriori, protendendo quelle anteriori, e ringhiò.
La vista di quel sangue mi aveva attratto, anche se l'odore non era ottimo. Era come quei cibi che puzzavano terribilmente ma che ti facevano venire una fame assurda.
Seguii l'istinto e partii verso la cerva.
In quel momento, il maschio del branco si scagliò contro di Chiara e io finì su di lui.
Rotolammo a terra e ringhiai.
Mi rialzai e lo spinsi con un calcio, sentendo lo schianto delle ossa che si rompevano.
Sorrisi compiaciuto e gli saltai addosso, affondando i denti nel collo, dove potevo percepire il pulsare più forte. Strappai la carne con facilità e immediatamente il sapore caldo del sangue mi invase la bocca.
Rimasi incollato a quel collo peloso per non so quanto, perdendo completamente la cognizione del tempo.
Come sottofondo riuscivo a sentire il rumore della carne strappata da Chiara, che stava divorando la sua preda.
Alla fine mi alzai e mi voltai verso di lei, che mi stava guardando. "Allora?" Chiese.
«L'ho ucciso!» esclamai ridendo, compiaciuto. «È... è stato...».
"Istintivo?" Suggerì.
«Sì!» esclamai. «Istintivo! È stato facile, come se sapessi perfettamente dove affondare i denti e... e i denti! Wow! Ho tagliato la carne come se fosse burro!».
Lei scosse la testa, scodinzolando, e fece di nuovo quella sbuffo-risata. "Guarda come ti sei conciato..." Disse divertita.
Abbassai lo sguardo e notai la mia camicia bianca macchiata di sangue, così come i pantaloni blu elettrico. Mi avevano detto che Alice mi aveva cambiato, mentre mi stavo trasformando, e la cosa mi imbarazzava non poco. Ero piuttosto sicuro che le mutande che avevo il mio ultimo giorno da umano non fossero nere come quelle che sapevo di star indossando adesso. «Beh... si puliranno» mormorai alla fine.
"Il sangue?" Non credo. "Faremo prima a buttarli".
La osservai e mi persi di nuovo in tanta meraviglia. Soprattutto, fui grato di non essere attratto dal sangue che macchiava il suo muso e le sue zampe.
«E adesso?» chiesi.
"Possiamo tornare a casa".
«Va bene» annuii «Però... voglio andare ancora un po' in giro... di là, per esempio!» dissi correndo un po' a caso, verso una direzione perpendicolare rispetto a quella per tornare a casa.
Sentii Chiara seguirmi e sorrisi, accelerando non appena avvertii il rumore delle macchine. Iniziai a seguirle, restando nascosto nel bosco, e risi. Ero più veloce!
"Andrea! Fermati!" Sentii Chiara richiamarmi, ma non ci feci caso. Volevo correre e basta, mi sentivo libero!

Poi raggiunsi la città.
Non sapevo quale, perché non avevo letto i cartelli, ma credevo fosse Londra.
Passai in mezzo alla strada e sorrisi. Sì, era decisamente la parte più esterna di Londra, c'ero stato il giorno del mio incidente.
Osservai il cielo. Era ancora nuvoloso.
Corsi verso la città, ben consapevole che, se non mi fossi fermato, non sarei stato visto. Gli occhi umani non erano abbastanza potenti da poter vedere un vampiro in movimento, lo sapevo per esperienza.
Guardai tutto, inebriandomi dei suoni, degli odori e delle immagini che avevo attorno a me. C'era un gran fracasso causato dal traffico, dagli animali randagi che litigavano, dalle persone che parlavano, dagli uccelli e da moltissime altre cose.
Anche gli odori erano veramente troppi; c'erano polvere, gas, fiori e erba del prato dove stavo passando, animali, sangue e molti molti altri che non sapevo elencare. L'odore di sangue faceva riaccendere il fuoco nella mia gola, ma sapevo che era sbagliato. Così, cercavo di distrarmi pensando ad altro.
Anche ciò che vedevo era stupendo, riuscivo a distinguere tutto.
Non capivo ancora perché dicessero che essere vampiri fosse brutto, io lo trovavo semplicemente magnifico!
Potevo correre alla velocità della luce, vedere qualsiasi cosa, sentire qualsiasi cosa, odorare qualsiasi cosa.
Le uniche cose negative erano il mal di gola persistente e l'immortalità, che mi avrebbe portato a vedere invecchiare e morire tutte le persone a cui volevo bene.
Mi fermai in un parco, in una zona dove non c'era nessuno, e mi appoggiai ad un albero.
Fu così strano!
Io non avevo più bisogno di appoggiarmi, sapevo che sarei potuto stare in piedi, fermo ed immobile, per l'eternità senza stancarmi.
Mi lasciai coinvolgere dagli schiamazzi dei bambini che giocavano un po' più in là e li osservai. Si stavano rincorrendo. Sentivo le loro grida, le risate e anche il suono dei loro cuori, un po' accelerati per la corsa.
La gola riprese a bruciare, ma cercai di non farci caso.
Vedevo i capelli leggermente bagnati e appiccicati alla fronte, goccioline di sudore che colavano lungo il viso e i capillari sulle loro guance arrossate.
Gemetti sentendo come una fiammata all'interno della mia gola e ci posai una mano sopra. Era così strano, sapevo di essere freddo, ma non lo sentivo.
Notai sul ginocchio di uno di loro una ferita che non sanguinava più, ma prima doveva averlo fatto.
Ringhiai e mi accucciai, pronto a saltare.
«Tutto bene, signore?» sentii chiedere alle mie spalle, dalla vocetta acuta di una bambina. C'era solo lei vicino a me, non sentivo altre persone.
Mi drizzai immediatamente e cercai di capire cosa fare. Se l'avessi uccisa se ne sarebbero accorti? Sicuramente.
«Devo chiamare la mamma? Ha bisogno di aiuto?».
«Sto bene» dissi in un soffio, prima di correre via e sparire alla sua vista. Se avesse raccontato ai genitori di un ragazzo che si è teletrasportato via, non le avrebbero creduto.
Raggiunsi poi un vicolo e mi fermai. Ero stupito di non avere il fiatone, ma sapevo anche di essermi probabilmente perso. Non sapevo se ero più vicino alla periferia o al centro e avevo paura di chiedere informazioni alle persone, temendo che si sarebbero accorte che non ero umano.
Ad un certo punto sentii delle urla e una persona incappucciata entrò correndo nel vicolo, tenendo con sé una borsetta nera. Mi vide e imprecò, ma tentò comunque di passarmi vicino.
Afferrai la borsa senza pensarci. L'uomo mi osservò dalle due fessure del passamontagna che aveva sul volto e tirò fuori una pistola.
Non lasciai la borsa, mentre mi chiedevo se un proiettile mi avrebbe fatto male.
Ci fu uno sparo e sentì come un pizzicotto al fianco. Per un attimo aveva bruciato, ma non era niente se paragonato al fuoco che avevo in gola.
Notai lo stupore negli occhi scuri dell'uomo, che lasciò cadere la borsa e corse via, scavalcando agilmente il muro.
Appena il ladro fu sparito, arrivò correndo un uomo. Si fermò stupito, notando che la borsa era nelle mie mani.
«È andato di là» dissi allungando il braccio nel modo più lento possibile, per porgergli la borsa senza fargli capire cosa fossi. L'uomo la prese, mentre mi fissava con fare circospetto.
Qualcosa mi diceva che io lo avevo già visto e che lui aveva già visto me.
Poi ci raggiunse una donna.
Quello strano contrasto tra capelli castani e occhi azzurri, mi colpì. Avevo già visto anche lei.
L'uomo le mostrò la borsa, ma lei si inciampò correndo, probabilmente perché portava delle scarpe con un leggero tacco.
Mi venne da ridere, ma non lo feci. Accadde tutto troppo in fretta:
«Renée!» esclamò l'uomo, raggiungendola. Nel mentre, un odore caldo e ferroso si era propagato nell'aria.
La donna si rialzò e vidi che dalle sue ginocchia e dai palmi delle mani usciva un po' di sangue.
Mi accucciai e ringhiai, senza rendermene conto. Vidi le espressioni stupite e spaventate dei due umani e sorrisi compiaciuto.
Poi, attaccai.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top