33. Posso restare?
«Andreeeaaa!» mi richiamò la voce di Kanai'i.
Aprii gli occhi, non sapendo bene perché erano chiusi, e me lo ritrovai davanti che mi veniva incontro. «Menomale che sei tornato! Devi assolutamente vedere chi è venuto a trovarci!».
Lo seguii, accennando un sorriso. Innanzitutto, uscimmo fuori da camera mia, poi scendemmo le scale e raggiungemmo il salotto.
«Vieni!» esclamò andando velocemente in cucina, dalla quale aveva iniziato a provenire del brusio.
Titubante e confuso mi diressi verso di essa.
Ciò che vidi mi stupì, ma mi lasciò anche felicemente sorpreso. Intorno al tavolo c'erano i miei genitori, il fratello italiano di mio padre e sua moglie, mia nonna, Alexis, Brian, i Cullen al completo e Jacob e Seth. Cosa più importante, però, c'era anche Chiara. Proprio lei mi venne incontro, allacciò le braccia attorno al mio collo e mi baciò con fin troppo trasporto.
Ricambiai il bacio, seppur confuso. Chiara non si era mai lasciata andare più di tanto in pubblico e farlo così, di sua iniziativa, era... wow.
Quando quel saluto finì feci vagare lo sguardo sui presenti e notai uno striscione appeso, che riportava una scritta: "BENTORNATO ANDREA!!" a caratteri cubitali e tutta colorata.
Tornato? Da cosa? Pensai. Mi voltai verso Chiara, per vedere se sapeva qualcosa, e notai che stava scrivendo un messaggio. «A chi scrivi?» chiesi «A Derek?» domandai leggendo il nome del contatto: "Mr. D."
Lei si strinse nelle spalle, mettendo via il telefono.
«Chiara?» domandai.
«Derek non c'è» rispose voltandosi verso di me.
«E dov'è?» chiesi. Perché era tutto così strano?
«È tornato dal suo branco dopo che gli ho detto chiaro e tondo che io non sarei andata con lui. Anzi... tu lo hai visto? Lo conosci? Davvero?».
«Certo... era anche venuto a scuola con noi... si era... si era picchiato con Jeremy...» mormorai.
«Dekky? O, ma dai, Andre... è bravissimo. L'unica cosa che picchia è il suo avversario in un videogioco quando gioca con me. Ovviamente picchia l'avatar nemico con il suo, non è che picchia la persona reale...» disse Kanai'i, ridacchiando divertito, prima di andare a giocare con Renesmee. Strano che non fosse cresciuta dall'ultima volta che l'avevo vista. Mi avevano spiegato che la sua crescita era più veloce del normale e lo avevo visto anche con i miei occhi.
«Comunque ora è nella foresta, non posso scrivergli» aggiunse Chiara, sorridendo e stringendosi ancora nelle spalle «Non penso che abbia una connessione ad internet e che possa caricare in qualche modo il telefono. Alexis, tu ne sai qualcosa?» domandò voltandosi verso la ragazza dai capelli rossi.
«Alexis? Cosa c'entra con Derek?». Ero sempre più confuso.
«Beh, è il mio fidanzato» disse lei con tranquillità «E no, non ci sentiamo. Ha detto che torna, però» sorrise.
«Cosa?!» chiesi stupito «Fidanzato? Ma tu e Brian... voi...».
«Ci siamo lasciati da mesi, ormai, Bro» ridacchiò Brian, dandomi un colpetto sulla spalla.
Rimasi confuso anche dalla reazione del mio amico. Lui e Alexia non avevano mai rivelato il loro fidanzamento e io lo sapevo solo grazie all'abilità di Chiara di leggere i pensieri.
«Chiara, tu...» mormorai voltandomi verso di lei.
«Cosa?» domandò sorridendo. «Sono carinissimi Derek e Alexis... non li hai mai visti insieme?».
Restai in silenzio e poi parlò mia nonna, Gertrude. «Oh... spero che torni presto... è così caro quel Derek... così dolce, gentile, solare... mi aiuta a cucinare i biscotti, a fare la spesa...».
«Eh?! Nonna, tu odi Derek!» esclamai «È un...» mi interruppi.
«Licantropo?» continuò Brian.
«Lo sappiamo tutti» aggiunse Alexis.
In quel momento, Seth versione lupo ci passò di fianco, sfrecciando con Kanai'i sulla schiena. Subito dopo lo seguì Jacob, anche lui trasformato, che teneva Renesmee.
«Più veloce, Seth!» sentii urlare da mio fatello mentre ribaltavano i mobili in salotto.
«Vai, Jake!» lo esortò Renesmee.
«Io non odio Derek» rispose mia nonna, quando il trambusto si fu calmato.
«Nessuno odia il mio ragazzo» commentò Brian.
«Ragazzo?!» chiesi stupito, voltandomi verso il mio migliore amico.
Lui mi guardò stringendosi nelle spalle. «Sì, e allora?».
«Intendi fidanzato?».
«Andre, dai, siamo nel ventunesimo secolo... un po' di modernità... ovvio che intendo "fidanzato"!» rispose lui ridendo.
«No, no, no, no! Ma lui e Alexis?» chiesi confuso.
«Ehilà! ci siamo lasciati da mesi!» rise lei, con normalità.
«Chiara, tu...» mormorai voltandomi verso di lei.
«Cosa?» domandò sorridendo. «Sono carinissimi Derek e Brian... non li hai mai visti insieme?».
Restai ancora in silenzio. Poi realizzai una cosa. Mi voltai verso mia nonna. «Nonna, tu... cosa ci fai qui?».
«In che senso, tesoro?» sorrise lei.
«Nel senso che... cosa ci fai qui?».
«È la festa del tuo bentornato... non potevo mancare, sono venute tutte le persone a te care» rispose tranquillamente.
«No, tu...» deglutii scuotendo leggermente la testa «Tu... tu sei morta».
«Oddio, figliolo! Speriamo di no! Non voglio raggiungere il Creatore già domani!» rise lei «Non vedo l'ora di rivedere tuo nonno -pace all'anima sua- ma penso che mi aspetterà tranquillamente!».
«No, no. Derek ti ha uccisa!» esclamai convinto.
«Io non ho ucciso nessuno» disse una voce alle mie spalle, mentre si levava anche la voce di Chiara: «Il mio ragazzo non ha ucciso nessuno» affermò lei.
Mi voltai di scatto e la vidi sorridere, guardando Derek, sdraiato sul tavolo della cucina. Una gamba era piegata, l'altra era sollevata ed appoggiata sulla prima, ed un braccio era piegato dietro la testa. Mi sorrise, facendomi un occhiolino, e mi salutò con un cenno della mano libera. Mano con la quale andò poi ad accarezzare la guancia di Chiara, prima che lei si piegasse su di lui e si baciassero.
«No, no!» urlai. «Derek, tu stai con Brian!».
«Con Brian il tuo amico?» rise il licantropo, guardandomi. «Cazzo, sarà anche biondo con gli occhi azzurri, ma... sto con la tua ragazza» sorrise con un'espressione che mi faceva venire voglia di tirargli un pugno sulla bocca e spaccargli quei denti perfettamente bianchi e perfetti.
«E poi, io sto con Alexis» disse Brian.
«Ma...» mi voltai verso di loro «E Derek?». In realtà, anche un'altra cosa mi turbava: Brian aveva gli occhi marroni, non azzurri come aveva detto Derek.
«Ma ci siamo lasciati da mesi!» dissero e risero all'unisono il mio migliore amico e il licantropo, interrompendo i miei ragionamenti.
«Chiara, tu...» mormorai voltandomi verso di lei.
«Cosa?» domandò sorridendo. «Sono carinissimi Brian e Alexis... non li hai mai visti insieme?».
Rimasi in silenzio per un attimo. «Nonna, tu...» mormorai infine, girandomi per guardarla. Forse lei era l'unica normale in tutto quel casino.
«Cosa?» chiese con il sorriso. «Sono carinissimi Chiara e Derek... non li hai mai visti insieme?».
«Derek, NO!» sentii urlare all'improvviso da tutti quanti, prima che potessi rispondere a mia nonna. In particolare, risaltarono le voci di Brian, Alexis, Chiara, i miei genitori e Kanai'i.
Tutto si oscurò e, allo stesso tempo, ci fu una specie di lampo con un tuono. La luce mi fece intravedere le sagome di Jacob e Seth trasformati in lupi e il loro ringhiò si mescolò al fragore del tuono.
Rividi la luce, ma non ero più in casa. Ero in giardino.
Sentii il ringhio di Chiara, poi la sagoma nera di un lupo mi passò davanti, il rumore del colpo di un fucile rimbombò nell'aria, e l'animale uggiolò. Chiara, trasformata in lupo, saltò addosso a quello nero.
I due si azzannarono, ma la mia attenzione era focalizzata su mia nonna riversa a terra, con il collo squarciato e pieno di sangue.
Le fui subito di fianco, ma sapevo perfettamente che era morta.
Tutto tornò nero, ero da solo. Restai accasciato a terra, in ginocchio, e mi presi la testa tra le mani. Mi sembrava di star affogando, di non riuscire a respirare. «No, no» annaspai. «No...». Mi lasciai sfuggire un singhiozzo e mi tirai leggermente i capelli.
«No!» esclamai poi con tutto il fiato che avevo in gola, gli occhi pieni di lacrime e il viso rivolto verso l'alto.
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Aprii gli occhi di scatto, confuso e agitato. Sentivo le guance bagnate, come se avessi pianto, ma non sapevo perché lo fossero.
Non riuscivo nemmeno a pensare a qualcosa e non mi ricordavo assolutamente come avevo fatto a finire lì, contando che non sapevo nemmeno dove fossi.
Mi guardai intorno, la luce del sole filtrava da una finestra alla mia destra, le pareti della stanza erano tutte di legno scuro e davanti a me c'era una porta chiusa di un colore leggermente più chiaro. Delle librerie castane e stracolme di libri svettavano ai lati della stanza, così come un piccolo tavolo del medesimo colore che sembrava molto antico ed era decisamente ordinato. Ero adagiato su di un letto matrimoniale color panna e ancora non riuscivo a capire dove fossi.
Mi sedetti e sentii la testa girare improvvisamente, cosa che mi costrinse a sdraiarmi e chiudere per un attimo gli occhi. Ero tentato di urlare per chiedere aiuto, ma non sapevo se sarebbe stata una buona idea.
La porta si aprii ed io sobbalzai, tranquillizzandomi solo quando focalizzai la figura di Chiara.
«Sei sveglio» sorrise. «Come stai?» domandò avvicinandosi cautamente.
«Mh...» mormorai «Non so... cos'è successo» dissi sentendo la bocca impastata. «Ho sete» aggiunsi.
Lei prese una bottiglietta d'acqua e me la porse.
Ne bevvi metà, prima di fermarmi per riprendere fiato.
«Cos'è successo?» ripetei con voce roca.
«Sei svenuto. Mentre eri in moto» rispose Chiara, sedendosi su di una sedia vicino al letto.
«E perché ero in moto?» domandai confuso.
«Questo dovresti dircelo tu» esordì Carlisle entrando nella camera. «I tuoi genitori hanno chiamato preoccupati. Perché sei scappato di casa?».
«Io...» mormorai. Iniziavo a ricordare.
«Sei uno stupido» borbottò Chiara, leggermente rossa in volto. Forse aveva letto i miei pensieri.
«Stai fermo con la testa» disse dolcemente Carlisle, puntandomi una luce negli occhi. «Guarda su... a destra... sinistra...». Feci come mi veniva detto e poi si allontanò. «Non credo che tu abbia riportato danni gravi, oltre alla leggera lesione alla caviglia destra, un taglio leggermente profondo sulla coscia della stessa gamba e delle leggere escoriazioni all'altezza del costato» elencò. «Fortuna che avevi il casco» aggiunse annuendo.
Un po' confuso provai a muovere la gamba e gemetti chiudendo gli occhi. Faceva male.
«Non muoverla...» mi ammonì bonariamente il vampiro. «Ti proibisco di camminare per una settimana» aggiunse con un sorriso appena accennato. «Inoltre» disse dopo un breve pausa «Dovresti rassicurare i tuoi genitori» suggerì porgendomi il mio telefono.
Lo presi e sentii un nodo allo stomaco. Cosa avrei dovuto dirgli? "Sono scappato per stare con la ragazza che ho capito di amare, scusate se vi ho ferito"?
«Dopo... dopo lo farò» mormorai senza fiato. Non potevo farcela.
Carlisle annuì ed uscì dalla stanza, lasciando me e Chiara da soli.
«Sei un cretino» disse proprio quest'ultima, appena la porta si fu chiusa. «Potevi chiamarmi e sarei potuta venire io».
Sorrisi sentendo l'epiteto con il quale mi aveva chiamato, ma poi mi incupì. «Assolutamente no. Forks è pericolosa».
«Sono un licantropo e un vampiro...» mi fece notare lei con una smorfia.
«Appunto!» risposi immediatamente «A Forks i cacciatori cercano proprio i lupi giganti».
«Io sono un lupo piccolo» sorrise divertita e il mio cuore si sciolse.
Mi tirai leggermente su, per sedermi. «Ti potrebbero cacciare comunque» mormoro.
In risposta, lei sbuffò, roteando teatralmente gli occhi. «In più. il viaggio da qui a Forks è lungo» aggiunsi subito.
«E non è lungo per uno stupido umano che ha una resistenza pari ad un millesimo di quella di un licantropo o di un vampiro?» chiese stizzita, facendo una smorfia.
«Ok... ok... hai ragione» ammisi «Ma ormai sono qui».
«Già, e sei un cretino. Saresti potuto morire! Pensa se fossi svenuto quando eri su di una strada ad alta velocità!».
«Non è successo».
«Poteva succedere» ringhiò mostrandomi per un attimo gli occhi gialli.
Sobbalzai leggermente, colto di sorpresa, e lei distolse lo sguardo.
Guardai la coperta che mi copriva e le mie mani. C'erano dei piccoli graffi, ma nulla di grave.
Accesi il telefono e mi stupii di trovarlo perfettamente carico, forse qualcuno aveva pensato anche a lui.
«Non si è rotto» commentai per rompere il silenzio che stava diventando imbarazzante.
«È stato fortunato» rispose Chiara, accennando un sorriso ma evitando ancora di guardarmi «Come te».
Allungai una mano per afferrare la sua. «Non essere arrabbiata, per favore» mormorai. «Se non mi vuoi qui, me ne vado. Non devi pensare che voglia restare.
Nel senso... io vorrei, ma... se tu non vuoi non importa. Lo capirò. Non voglio sconvolgere la tua vita, non dopo tutto quello che ho fatto, come ti ho trattata...».
Chiara si voltò verso di me e sospirò. «Per me puoi anche restare. Comunque... dovremmo parlarne con gli altri, devono essere d'accordo anche loro».
Sorrisi. «Per te posso restare?» chiesi. La cosa più importante per me era quella. Gli altri avrebbero anche potuto rispedirmi a casa, ma almeno sapevo che Chiara mi voleva con sé.
«Sì» ammise lei arrossendo.
A quel punto non resistetti più. Mi sporsi verso di lei, appoggiai delicatamente una mano sulla sua guancia e mi avvicinai al suo viso.
Lei non si scostò.
Sorrisi sentendo il suo respiro che si infrangeva contro le mie labbra e poi la baciai dolcemente.
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