30. Andrea

Continuai a correre a lungo, senza sapere precisamente dove stavo andando. La traccia di Andrea non era poi così forte, visto che, probabilmente era andato via in moto molte ore prima.
Dovevo aspettarmelo, ma nella foga del momento non ci avevo pensato.
La strada era deserta e silenziosa, ad eccezione per il suono delle mie zampe che atterravano morbidamente sull'asfalto e di qualche insetto e animaletto nascosto nell'erba.
L'oscurità veniva spezzata di tanto in tanto dai fari di una macchina, che mi sfrecciava vicina.

Ad un tratto, mi fermai.
Era sparita.
La traccia di Andrea non c'era più.
Aveva iniziato a diminuire, diminuire e poi... puf, era sparita senza preavviso.
Uggiolai ed iniziai ad annusare in giro in modo agitato, sperando di trovare anche solo un segnale.
Mi accasciai al suolo, proprio al centro della strada, con il muso appoggiato sulle zampe anteriori. Abbassai le orecchie, sconsolata.
Avevo fatto tutto quel viaggio per nulla? Certo, potevo aspettare Andrea a casa sua, ma... se non ci fosse mai tornato? Magari adesso era in piedi sulla balaustra di un ponte, indeciso se buttarsi o meno; oppure sdraiato sull'asfalto, ubriaco e immerso in una pozza di sangue dopo un incidente con la moto.
Scossi velocemente la testa, stringendo gli occhi.
Alexis mi aveva fatto venire un milione di paranoie.
Sicuramente Andrea era in qualche posto a divertirsi e stava bene.
Magari potevo cercarlo in ogni città, ma le città erano grandi e i locali tanti.
Alla fine mi alzai, con l'intenzione di correre fino a Port Angeles, che non era poi così lontana da dove mi trovavo. Poteva essere lì, forse era andato alla pista di pattinaggio del suo amico Tyler, o forse lui sapeva dirmi dove si trovava.
Mi scrollai per togliere la polvere dalla pelliccia e ripresi a correre velocemente a lato della strada.
Non incontrai macchine finché non arrivai ai pressi della città, dove ce n'erano ancora un bel po' anche a quell'ora tarda, ed era pieno anche di passanti sui marciapiedi.
Non me ne curai molto e zampettai tranquilla in forma di lupo, sperando che pensassero che ero semplicemente un cane randagio o uno appena scappato da una casa.
In realtà, a giudicare dalle espressioni e dai pensieri spaventati di qualcuno, sembravo proprio un lupo, ma poco importava in quel momento.
Mi diressi con passo sicuro verso il palaghiaccio, finché un odore familiare non mi fece fermare al centro di un incrocio.
Scodinzolai riconoscendolo proprio come quello di Andrea e scattai alla mia sinistra, passando in mezzo alla strada trafficata.
Delle macchine inchiodarono e suonarono i clacson, ma non mi importava e vi sgusciai in mezzo, saltando anche sul cofano di una che si era fermata proprio davanti al mio passaggio.
Rischiai di investire un paio di persone che passeggiavano tranquille, ma poi ci arrivai.

Da fuori sembrava un pub e la musica che si sentiva, attutita dalle mura, mi stordiva già. Mi allontanai trotterellando e mi inoltrai in un vicolo sul retro della struttura, posta fra quelli che sembravano dei normalissimi condomini. Poveri abitanti di quelle case, non li invidiavo minimamente.
Quando fui certa che non c'era nessuno, tornai umana. Mi aggiustai un po' i vestiti, stropicciati per la lunga trasformazione, cercai di sistemare un po' i capelli per non sembrare una pazza e misi meglio lo zainetto che mi ero portata dietro. Mi stiracchiai leggermente, sentendo i muscoli indolenziti per essere stata a lungo in forma di lupo senza più allenamento.
Feci qualche passo barcollando leggermente e, quando riacquistai pienamente l'equilibrio, uscii da quel vicolo.
Notai che all'ingresso del locale, che non sembrava avere finestre utilizzabili per entrare, c'era un'omone enorme, pelato e completamente vestito di nero, come quelli che si vedono nei film. Non faceva entrare nessuno senza aver prima controllato i documenti e qualcosa mi diceva che io ero troppo piccola per lui. Sbuffai e pensai a come fare.
L'illuminazione mi venne poco dopo, vedendo due gatti che litigavano per un pezzo di cibo.
Corsi fuori dal vicolo, quasi senza pensarci, e mi diressi immediatamente dal buttafuori. «Stanno litigando, stanno litigando!» esclamai.
L'uomo si voltò verso di me alzando un sopracciglio, perplesso.
«Due ragazzi, si stanno picchiando nel vicolo dietro il locale!» cercai di convincerlo e, come per confermare la mia storia, si sentii un fragore metallico. Forse i due gatti avevano rovesciato uno dei secchi metallici per la spazzatura.
Il buttafuori lasciò il suo posto senza dire nulla e corse nel vicolo. Tutti rimasero immobili e un po' stupiti, anche se iniziarono a mormorare tra di loro, eccitati dalla notizia di una rissa.
Scossi leggermente la testa ed entrai nel locale. Subito mi avvolse l'oscurità, eccezion fatta per una tenue luce viola che rischiarava leggermente una piccola stanzetta quadrata. Al fondo di essa c'era una tenda nera. Un po' titubante, la raggiunsi e la oltrepassai.
Venni immediatamente avvolta da luci, suoni e odori, che mi costrinsero a chiudere per un attimo gli occhi, infastidita da tutto quello.
Feci una smorfia, guardando tutta la gente sudaticcia e ammassata che ballava in modo scordinato. Odore di bevande alcoliche e sudore mi fecero starnutire, mentre le mie orecchie chiedevano pietà e, soprattutto, una musica decente. A peggiorare le cose, i pensieri di tutte le persone presenti si stavano sommando in un unico brusio confuso, che mi stava facendo impazzire.
C'era un'unica nota positiva in tutto questo: avvertivo anche l'odore di Andrea.
Capii di doverlo cercare e sbuffai, infilandomi tra la folla. Dovetti spintonare leggermente la gente per farmi largo e riuscire a seguire l'odore del ragazzo.
Alla fine lo trovai.
Un buco fra le persone, dovuto alla presenza di alcuni tavolini, mi permise di vederlo. Era appoggiato al bancone del bar con un gomito ed osservava sorridendo una ragazza.
Sentii un nodo allo stomaco e l'impulso di uccidere quella tizia che stava parlando con lui, ma non capii perché. Quella ragazza non mi piaceva proprio, aveva qualcosa di strano.
«Ehi vuoi ballare?» chiese una voce alle mie spalle.
Mi voltai e vidi un ragazzo alto, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, che doveva avere almeno dieci anni più di me. «No» ringhiai infastidita.
«Uh, scusa» disse lui ridacchiando, alzando le mani in segno di resa, e si allontanò.
Idiota... pensai scuotendo la testa, prima di tornare a guardare Andrea.
La ragazza si avvicinò a lui, prendendo un cocktail rossastro che il ragazzo teneva in mano e ne bevve un sorso. Andrea sorrise e le disse qualcosa, che non sentii a causa della forte musica.
Direi che se la passa bene. Mi dissi, decisa a tornare a casa. Proprio in quel momento, la ragazza, che aveva lunghi capelli biondo platino, si avvicinò di più a lui e lo baciò con foga. Andrea ricambiò senza problemi.
Sentii di nuovo quel nodo allo stomaco e mi sfuggì un ringhio, che nessuno sentì grazie alla musica.
Qualcosa in quella ragazza non mi convinceva. Non capivo cosa.
E non poteva essere gelosia. Per niente.
I due continuarono a scartavetrarsi la lingua per tempo indefinito e, solo quando si allontanarono, senza pensarci, iniziai ad ascoltare i pensieri di Andrea, ma me ne allontanai subito, disgustata. Da quando i suoi pensieri erano così... erotici?
Forse ha solo bevuto troppo... Mi dissi facendo una smorfia.
Iniziai ad ascoltare i pensieri della ragazza e sbiancai. Aveva in mente solo delle immagini, chiare e semplici: Andrea dissanguato e lei che ne beveva il sangue.
Mi accorsi solo in quel momento che era troppo bella e perfetta per essere umana, che la sua pelle era pallida e brillava leggermente ogni volta che la luce della palla da discoteca la colpiva. Inizialmente pensavo che fosse semplicemente una bella ragazza che si era truccata troppo e che aveva trovato la persona perfetta per passare insonne una notte, ma adesso capivo perché non mi piaceva fin dal primo sguardo.
Quella tizia voleva decisamente divorare Andrea e lui non se ne stava accorgendo!
«Vampira...» sibilai e sentii gli occhi formicolare, segno che stavano diventando gialli.
Andrea rise per un qualche motivo ed indicò un punto indefinito dietro di loro, con un cenno della testa.
La ragazza rise con fare civettuolo ed annuì maliziosa. Gli prese una mano e si allontanò con lui, in mezzo alla folla.
Dovevo seguirli?
Questa era la vita di Andrea, che aveva deciso di troncare tutti i rapporti con me. Io non sarei dovuta essere lì. E poi, lui conosceva e sapeva riconoscere benissimo i vampiri, sapeva che era rischioso.
Mi vennero però alla mente le parole di Alexis, tremendamente preoccupata per il suo amico.
Sbuffai e corsi al loro inseguimento, facendomi largo tra la folla.
Mi ritrovai davanti ai bagni, ma loro non erano lì. Alla mia destra si trovava però una porta contrassegnata con un cartello: "Uscita di sicurezza".
Mi feci coraggio e premetti il maniglione antipanico, spingendo la porta.
Uscii fuori e mi ritrovai nel vicolo dove mi ero trasformata. Non avevo notato quella porta, prima.
Vidi Andrea e la ragazza, pochi metri alla mia sinistra. Lui era appoggiato al muro, con le mani tra i capelli di lei, che le stava spiaccicata addosso e gli stava sbottonando la camicia bianca, mentre si baciavano con fin troppa passione.
Feci una smorfia e li osservai, mentre tenevo aperta la porta con una mano, per non fare rumore. Non sembrava ancora che lei volesse ucciderlo, forse era solo un pensiero che le era sfuggito ma che non era veritiero.
Non volevo però ascoltare ancora i loro pensieri, la cosa mi terrorizzava e disgustava al tempo stesso.
La ragazza sbottonò completamente la camicia di Andrea, che rise con voce roca, mentre lei scendeva a baciargli il collo e il petto. Feci una smorfia intravedendo la cicatrice che gli avevo provocato io tempo prima quando avevo perso il controllo davanti ad alcuni cacciatori e a Seth ferito.
Quando la vampira risalì baciandolo dal petto al collo, però, notai che non sembrava volerlo baciare poco sotto il mento, ma... morderlo.
Mi irrigidii, spaventata. Cosa dovevo fare? Ero sicura che volesse ucciderlo?
«Sembri buono...» sussurrò lei, spostandosi per guardarlo negli occhi «Hai un buon odore... chissà se hai lo stesso sapore» disse prima di ringhiare, assetata.
«Aspetta, ehi...» mormorò Andrea, con un tono spaventato «Avevamo detto di fare con calma».
«Oh, tranquillo. Non sentirai nulla» ridacchio lei, sfiorandogli le labbra con le dita, per poi focalizzarsi sul suo collo e leccarsi le labbra.
A quel punto, intervenni. Buttai a terra lo zaino e mi trasformai.
Feci uno scatto in avanti, ringhiando, mentre la porta si richiudeva con un tonfo sordo.
L'umano e la vampira si voltarono verso di me, ma io ero già in aria, con le zampe protese in avanti e le fauci scoperte, pronta a farla a pezzi.
La ragazza si lasciò atterrare, stupita, ma si liberò subito, spingendomi lontano.
Andai a sbattere contro il muro opposto ed un guaito mi uscì dalla bocca. Caddi a terra, ma mi rialzai subito. Avevo male ad una spalla, ma non ci feci caso.
Corsi di nuovo contro la vampira, che cercò di proteggersi in modo confusionario.
Le afferrai con forza un braccio e tirai. Un rumore metallico, seguito dal suo urlo, si espansero nell'aria e questo mi diede ancora più energia e voglia di uccidere.
Un ringhio gutturale mi risalì su per la gola e le saltai addosso, buttandola a terra.
Lei di divincolò, colpendomi con il braccio sano. Mi voltai e glielo afferrai, lasciando che mi spingesse di nuovo a terra, ma non mollai la presa. Tirai con forza e ferocia, staccandole anche quel braccio, che lasciai cadere a terra.
Scoprii le zanne, in una sorta di sorriso vittorioso ed inquietante e le saltai ancora addosso.
Strinsi immediatamente le fauci attorno al suo collo, mentre cadevamo a terra, ed iniziai a muovere con fare confusionario la testa.
Alla fine, ci fu un altro rumore metallico e la sua testa si staccò dal collo, rotolando a terra.
Era stato più semplice del previsto. Scodinzolai leggermente, allontanandomi dal corpo immobile e mi voltai verso Andrea.
Il ragazzo mi guardava disgustato.
Tornai umana e mi avvicinai al mio zaino, cercando un accendino che, sfortunatamente, non avevo.
«Che ci fai qui?» mi chiese Andrea freddo e acido, mentre si riabbottonava la camicia.
Mi voltai verso di lui e vidi che si era appoggiato al muro con la schiena.
«Brian ed Alexis mi hanno detto di venire» risposi, anche se era stata solo Alexis a convincermi.
«E per quale insulso motivo?».
«Hanno detto che ultimamente eri un po'... strano e mi hanno chiesto di parlarti e chiederti cosa succede».
«Non voglio parlarti» rispose immediatamente, con tono duro.
«Lo so, l'ho detto anche a loro».
«Potevi non venire».
«Lo so».
«Allora vattene, oppure lasciami in pace. Ma, soprattutto, stammi lontana».
Sospirai irritata, fulminandolo con lo sguardo. «Nemmeno un grazie, eh?».
«E per cosa? Per aver ucciso una ragazza che potevo scoparmi?».
Sobbalzai leggermente. Da quando era così diretto? «No, per averti salvato da una vampira che ti stava seducendo per ammazzarti» risposi acida.
«Pff, ma per piacere» rise lui «Stava solo scherzando».
«Eri terrorizzato anche tu» gli feci notare.
Si strinse nelle spalle e prese un pacchetto di sigaretta dalla giacca. «Non me lo aspettavo, tutto qui» disse prendendo una sigaretta e mettendosela in bocca.
«Allora resta qui e aspetta che il suo corpo si ricomponga» dissi.
«È quello che intendo fare» rispose mettendo via il pacchetto, mentre teneva la sigaretta tra le labbra e prendeva un accendino.
«Sei pazzo» sibilai afferrando il mio zaino.
«Hai ragione, potrei andare a scoparmene un'altra» sorrise divertito, dopo aver acceso la sigaretta.
Feci una smorfia, osservando il fumo che saliva verso l'alto. «Mi fai schifo» ammisi senza pensarci. Dov'era finito l'Andrea dolce e gentile del quale mi ero innamorata?
«Anche tu» rispose con nonchalance.
Volevo picchiarlo a sangue, ma decisi di non farlo. «Da quant'è che fumi?» domandai invece.
«Da quando avete ucciso mia nonna e te ne sei andata».
«Io ho provato a salvarla».
«Pensa quel che vuoi» disse stringendosi nelle spalle, buttando fuori una nuvoletta di fumo.
«È stato Derek ad ucciderla!».
«E di chi era amico Derek? Oh, tuo.
E chi è che non si fidava di Derek? Oh, io» rispose sorridendo.
In tutta risposta, ringhiai e mi allontanai.
«Spero che la vampira ti uccida!» esclamai entrando di nuovo nel locale.

Rimasi appoggiato a quel muro freddo, osservando la porta che si richiudeva con un tonfo sordo.
Perché era venuta a rompere? Non poteva starsene da un'altra parte con quei lupi assassini?
Sbuffai irritato, buttando a terra la sigaretta. Mi aveva rovinato la serata.
Tirai in su la testa, appoggiandola ai freddi mattoni, ed osservai il cielo scuro e stellato.
Perché Alexis doveva mettersi sempre in mezzo? Stavo bene, volevo solo divertirmi per una sera.
E Brian? Non poteva farsi i cazzi suoi pure lui?
Sbuffai e voltai la testa verso il cadavere scomposto della vampira. Feci una smorfia, disgustato, e strinsi gli occhi.
Stavo per vomitare.
Mi spostai dal muro e, velocemente, entrai nel locale.
Avevo bisogno di bere, ubriacarmi e dimenticare tutto, anche il mio nome.
Mi mossi tra i corpi sudaticci e appiccicati, raggiungendo il bancone.
«Il più forte che avete» ordinai e, mentre il barista procedeva con il mio ordine, mi guardai intorno. Era pieno di ragazze carine, ma quella che giaceva fuori sulla strada, smembrata, era decisamente l'unica che mi attirasse sul serio.
Mi venne servito poco dopo un bicchiere con una bevanda dal colore scuro. Non sapevo cosa fosse e non mi importava, bastava solo che fosse forte.
Ne bevvi un sorso e strizzai leggermente gli occhi quando il forte sapore dell'alcol mi assalii. Sorrisi e continuai a bere, guardandomi ancora intorno.
Il mio sguardo cadde poi su di una figura seduta al bancone, distante da me. Alzai gli occhi al cielo, sbuffando. Finì in fretta il cocktail e posai il bicchiere sul bancone, dirigendomi poi dalla ragazza.
«Cosa ci fai qui?» chiesi irritato, guardando i suoi occhi nocciola.
«Bevo!» esclamò lei allegra.
Alzai un sopracciglio, confuso. «Tu non bevi, ti fa schifo l'alcol» dissi senza pensarci.
«Lo so, maaaa... non importa!» rise.
«Chiara, sei ubriaca» le feci notare serio, con un tono severo che mi stupì.
«Non è verooo» rispose prendendo un altro cocktail arancione.
«Smettila!» ringhiai rubandoglielo dalle mani, posandolo lontano da lei.
«Ehi!» si lamentò e mi guardò male.
Sobbalzai quando i suoi occhi iniziarono a diventare gialli. «Chiara!» esclamai preoccupato e lei sembrò riprendersi per un attimo.
«È tutto sotto controllo!» rise.
«Andiamocene» dissi prendendola per un braccio, trascinandola fuori a forza.
«Ehiii, non voglio uscire!» si lamentò, iniziando poi a ridere quando uscimmo dal locale. «Ahhhh, niente più musica brutta! Yeah!».
«Dove sono i tuoi genitori?» domandai.
«A Denali... o in Inghilterra... boh» disse stringendosi nelle spalle.
Sbuffai mentre camminavo e la trascinavo verso la mia moto.
«Auuu» iniziò a "ululare" lei, lasciandosi trascinare «Auuuuuauuuauuuuuu!».
«Cosa stai facendo?!» sbottai irritato, rabbrividendo quando vidi i suoi occhi gialli.
Chiara non rispose ed ululò sul serio, come un lupo.
«Zitta!» esclamai posando una mano sulla sua bocca. «Andiamo, c'è una specie di motel qui vicino. Non sei in grado di stare su di una moto...» borbottai.
Chiara non rispose e non fece resistenza, lasciandosi portare nell'albergo.
Non fecero domande, dandomi subito le chiavi di una camera vuota. Sicuramente erano abituati a ricevere gente ubriaca che veniva dalle feste della discoteca. In realtà, ero piuttosto convinto che quel motel fosse stato fatto appunto per evitare che la gente si mettesse alla guida completamente ubriaca.
Portai Chiara nella nostra camera e lei si buttò immediatamente sul letto, continuando a dire cose insensate e ad emettere ululati stonati.
Speravo solo che si addormentasse in fretta.
Mi sdraiai in quello che, sfortunatamente, era un letto matrimoniale e chiusi gli occhi.
Sentii Chiara che si muoveva, ma lasciai perdere, finché non avvertii la sua presenza vicino a me. In un attimo, prima che potessi fare qualcosa, le sue labbra furono sulle mie, in un bacio appassionato, che fermai subito.
«Cosa fai?!» chiesi allontanandomi, aprendo gli occhi.
«Ti bacio» rispose con ovvietà.
«Perché?!» ringhiai.
«Perché mi piaci».
Scossi la testa e mi alzai, uscendo poi dalla camera. Per evitare che, sotto l'effetto dell'alcol si trasformasse e girasse per l'albergo, chiusi a chiave la porta, lasciandola dentro.

Mi svegliai il giorno dopo con un forte mal di testa. Mi guardai intorno e sentii una forte morsa allo stomaco dovuta dall'ansia.
Dov'ero? Che posto era quello?
Osservai il letto dalle lenzuola rosse, le pareti gialle, le tende grigie.
Dove ero finita?
Scattai in piedi e dovetti sedermi di nuovo, a causa dell'improvviso giramento di testa che mi colse.
In quel momento, il rumore di una serratura che veniva aperta mi fece voltare verso la porta marrone scuro.
Sobbalzai e ringhiai, ma mi calmai appena Andrea fece capolino da dietro di essa. «Oh, bene, sei sveglia» sorrise entrando.
«Dove sono?» chiesi confusa ed agitata.
Mi aveva rapita per uccidermi?
«In una specie di motel vicino alla discoteca dove sei venuta a cercarmi ieri».
«Ho i ricordi confusi... cos'è successo?» domandai.
Mi aveva drogata per rapirmi ed uccidermi?
«Hai bevuto e ti sei ubriacata» rispose con nonchalance.
«Bevu... oh...» dissi, ricordando tutto. Volevo vedere se bere qualcosa mi avrebbe davvero fatto dimenticare tutta quella faccenda riguardante Andrea.
Direi che aveva funzionato anche fin troppo bene.
«Merda!» esclamai poi, prendendo il telefono. Fortunatamente la batteria reggeva abbastanza ed era ancora al 37%. Vi trovai una miriade di messaggi e chiamate perse da parte di tutti. Edward, Bella, Esme, Carlisle, Jasper, Alice, Emmett, Rosalie, Seth, Jacob e persino Charlie. Probabilmente a quest'ultimo avevano detto che ero arrivata a Forks e, forse, voleva offrirmi ospitalità in quanto "sorella" del marito di sua figlia.
Decisi di scrivere per tranquillizzare tutti.

Sto bene. Ho solo dovuto cercare Andrea per conto di Alexis. L'ho trovato e adesso torno a casa.
Non chiamate, ho il telefono quasi scarico.
Prendo il primo aereo.

Inviai il messaggio a tutti quanti e subito mi arrivarono un'infinità di risposte che non lessi.
«Devo andare in aeroporto» dissi alzandomi.
«Ti accompagno» si offrì Andrea, che era ancora davanti alla porta.
«No, grazie, faccio da sola».
«Ti accompagno» ripeté ed uscì insieme a me.
Sbuffai e lo seguì.
Va bene. Pensai. Mi accompagna e poi addio per sempre... ci può stare.
Senza dire una parola, presi il casco della moto e lasciai che mi accompagnasse.

Durante il viaggio, i ricordi della sera prima mi tornarono alla mente e venni colta da un'irrefrenabile voglia di sprofondare.
Avevo baciato Andrea!
Appena parcheggiò, saltai giù dalla moto, gli porsi il casco e mi allontanai velocemente.
«Aspetta!» mi richiamò raggiungendomi.
«Cosa vuoi?» chiesi voltandomi verso di lui.
«Almeno potresti salutare...».
«Ciao» risposi prima di tornare a dirigermi verso l'ingresso dell'aeroporto.
«Aspetta» ripeté afferrandomi per il polso, facendomi fermare.
«Andrea, forse c'è un aereo adesso... non rompere...» dissi irritata dal suo comportamento.
Mi voltai verso di lui, ma fu un errore.
«Ti amo» ammise prima di baciarmi.
Ricambiai il bacio e poi mi allontanai. Senza dire una parola, presi il mio telefono e scrissi a tutti, come prima:

Perdo questo aereo.
Mi fermo a Forks un po' di più e prendo quello dopo.

(Sì, so che l'aeroporto non è a Forks, ma con "Forks" intendo lo stato di Washington)

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