21. Adesso siamo nei guai

«Non te l'ho ancora chiesto, ma... com'è andata la cena?» chiese Andrea mentre raggiungevamo l'ingresso della scuola.
«Mah, bene» risposi stringendomi nelle spalle. «Carlisle, Jacob ed Edward l'hanno riempito di domande sul suo branco e gli hanno spiegato cosa non fare per evitare di farsi scoprire».
Il ragazzo annuì pensieroso quando Derek, che aveva sentito tutto, arrivò alle nostre spalle e si intromise nella conversazione. «Dimentica di dire che dopo siamo andati a cacciare, solo noi due, e abbiamo ucciso un cervo. Che, oltretutto, era molto buono» aggiunse rivolgendosi a me. «E oggi abbiamo un appuntamento dopo scuola».
Lo fissai stupita. Un appuntamento? Ma di cosa sta parlando?
«Un appuntamento?» chiese Andrea trafiggendo entrambi con lo sguardo.
«Sì. Un appuntamento, un incontro... come vuoi chiamarlo» rispose Derek con nonchalance «Con i due branchi di licantropi».
«Ah, e perché?» domandò il ragazzo, con un pizzico di gelosia nella voce.
«Per farlo conoscere a tutti ed evitare che lo attacchino» dissi mentre entravamo nella classe di scienze. Non pensavo che potesse interessargli la politica dei licantropi.
«Mh» rispose semplicemente Andrea, lanciando un'occhiataccia a Derek.
«Ehi, tutto bene?» chiese Brian al mio ragazzo, non appena raggiungemmo lui ed Alexis.
«Sì» disse Andrea sedendosi al suo posto «Ho solo un forte mal di testa».
«Ho un rimedio per te!» esclamò Alexis tirando fuori da una tasca dello zaino una scatolina che conoscevo fin troppo bene. La aprì, rivelando le caramelle che mi aveva offerto tempo prima. «Prendine una, ti servirà».
«Che cos'è?» chiese Derek mentre mi sedevo vicino ad Andrea.
«Sono delle caramelle per combattere il mal di testa. Un qualche rimedio omeopatico strano... Chiara ne ha provata una, tempo fa. Funzionano, vero?» domandò osservandomi.
«Ehm... beh...» mormorai mentre Derek afferrava una caramella e la annusava. Se la mise in bocca e, dopo pochi secondi, la sputò a terra.
«Ma che schifo!» esclamò con un'espressione disgustata dipinta sul viso.
«Le medicine non sono mai buone...» tentò di giustificarsi Alexis mentre osservavamo stupiti il ragazzo.
«Queste non puoi darle a qualcuno» rispose lui con un tono di voce gelido. Prese brutalmente la scatolina dalle mani della ragazza e, con troppa forza rispetto a quella di un umano, la lanciò verso la spazzatura. La scatolina si schiantò rumorosamente contro il muro e poi cadde nel cestino dell'indifferenza.
«Ma cosa stai facendo?» domandò Brian incredulo, mentre Alexis fissava traumatizzata Derek.
Il licantropo non rispose. Si girò ed uscì dall'aula, rischiando di investire una donna che stava entrando. Quest'ultima lo osservò un po' confusa, poi si strinse nelle spalle e chiuse la porta, entrando definitivamente nell'aula.
«Buongiorno, ragazzi. Per quest'anno sarò la vostra professoressa di scienze» ci annunciò sorridendo.
Alcuni mormorii si levarono dalla classe mentre la donna si sedeva ed iniziava l'appello.
«Moons Derek?» domandò ad un tratto.
«È assente» dissi dopo aver lanciato uno sguardo alla porta. Ma dove sei andato? Mi chiesi. Non riuscivo nemmeno a sentire i suoi pensieri, segno che si era allontanato troppo.

«Senti, oggi salto l'ora di inglese» dissi ad Andrea mentre andavamo verso l'aula.
«Cosa? Perché?» domandò stupito.
«Vado a cercare Derek. Non mi piace che sia sparito così senza dirci nulla... è via già da tre ore».
«E allora? Lascialo perdere. Sarà tornato dai lupi del bosco».
L'acidità nel tono del mio ragazzo mi fece irritare. «So che non ti piace, ma non mi interessa. È un licantropo simile a me, sa qualcosa sul mio passato, voglio trovarlo e scoprire che cosa sa!» sbottai prima di allontanarmi «Ci vediamo a pranzo» aggiunsi con tono duro e, senza fermarmi a sentire che cosa mi stesse dicendo, uscii dalla scuola senza farmi vedere.
Fui felice di riuscire a sentire ancora l'odore di Derek, in modo da poterlo seguire.
Mi inoltrai nel bosco ed iniziai a correre.

~~~~~~~~~~

«Derek!» esclamai quando finalmente lo trovai.
Era seduto ai piedi di un albero, la schiena appoggiata al tronco, una gamba distesa e l'altra piegata. Sul ginocchio di quest'ultima aveva appoggiato un braccio e guardava il vuoto. Appena sentì la mia voce, si girò verso di me, sorridendo.
«Pensavo che non saresti venuta» ammise osservandomi.
«Stai bene?» domandai mentre mi avvicinavo a lui.
«Ovviamente» rispose sorridendo divertito «Perché dovrei star male?».
«Sei sparito così, senza un motivo... Dopo aver assaggiato la caramella» gli feci notare lasciando la cartella sul prato e sedendomi vicino a lui.
«Non avevo voglia di stare lì e perdere il controllo. Penso che uccidere la tua amica umana non sarebbe stata una cosa bella, e nemmeno picchiare il tuo ragazzo».
Lo fissai stupita. «Sì, hai fatto la cosa giusta, ma saresti potuto tornare invece di farmi preoccupare».
Si strinse nelle spalle. «Adesso hai visto che sto bene. Tornatene dai tuoi umani».
«Solo se torni con me» risposi sorridendo.
Sorrise anche lui. «Togliti quel sorriso furbetto dal viso, non verrò con te».
«E allora io non tornerò a scuola».
«E invece dovresti. Poi i tuoi...» si bloccò per un attimo «I vampiri con i quali abiti, si arrabbieranno con me per averti fatto saltare delle ore di lezione».
«È un tuo problema, non mio» risposi sorridendo divertita.
«Ah, ma certo... infame» commentò ridacchiando.
«Possiamo stare qui per un po' e tornare per l'ora di pranzo».
«A che ora è l'ora di pranzo? Perché... penso che sia adesso» disse osservando il sole per poter capire l'ora.
Presi immediatamente il cellulare e notai i migliaia di messaggi e le chiamate di Andrea. «Sì. Sono in ritardo. È colpa tua, ti sei allontanato troppo dalla scuola e ci ho messo secoli a ritrovarti...» risposi mettendo il broncio.
«Potevi non venire» mi fece notare stringendosi nelle spalle.
«E invece sono venuta a cercarti...» borbottai mentre scrivevo un messaggio ad Andrea.

Non l'ho ancora trovato. Ti giuro che torno per l'ora di ginnastica.

Non aspettai una risposta e misi via il telefono.
«Hai mentito. Mi hai trovato» disse alzando un sopracciglio.
«Sì, lo so» risposi. «Ma... ehi! Non si spiano le conversazioni altrui!» mi lamentai dandogli una leggera spinta amichevole.
«E invece...» ridacchiò lui. «Guarda che dovresti iniziare ad andare. Altrimenti non arriverai mai in orario. Io sto bene, ci vediamo domani a scuola».
«Ancora cinque minuti, poi andiamo».
«Andiamo?».
«Sì, Derek Moons verrà a con me» ridacchiai. «Davvero Moons è il tuo cognome?» domandai curiosa.
«No, l'ho inventato sul momento» ammise sorridendo divertito «Mi è venuto in mente "Moon", perché noi Sangue di Lupo ci trasformiamo con la luna piena, ma mi è sembrato troppo banale e ci ho aggiunto una "s"» spiegò.
Ridacchiai. «Hai una fantasia molto fantasiosa» lo presi in giro ridendo.
«Lo so, lo so, grazie» ridacchiò.
«Perché, quando hai aggredito Jeremy ed Andrea, hai sempre detto la frase "non osare parlare di quello che non sai"?» chiesi curiosa.
«Perché odio la gente che parla e giudica senza sapere nulla. Ed entrambi lo stavano facendo» rispose semplicemente. «Non so come tu riesca a sopportarli, sono odiosi».
«Beh... Jeremy non lo sopporto e Andrea... di solito non è così. Circa».
«È geloso ed insicuro. Ha capito chi è il maschio Alpha» commentò Derek, con un'aria di superiorità.
«Non vantarti così tanto, lupetto» lo presi in giro ridacchiando.
«Lupetto a chi? Sono più grande di te» mi fece notare.
«Shhh, dettagli» ridacchiai «E non giudicare il mio ragazzo. Io non giudico la tua ragazza».
«Cosa ti fa pensare che io sia fidanzato?» domandò curioso, passandosi una mano fra i capelli.
«Beh, sei il figlio degli Alpha, avrai un corteo immenso di ragazze ai tuoi piedi».
«Sì, abbastanza» rispose annuendo pensieroso «Ma non sono propriamente il figlio degli Alpha».
Lo fissai stupita «In che senso?».
«Sono loro figlio adottivo. I miei genitori sono morti quando avevano sette anni, durante una battaglia».
«Oh... mi dispiace» mormorai abbassando lo sguardo. «Posso chiederti contro chi era la battaglia?».
«Contro... dei nemici. Di più non posso dirti».
«Perché non puoi dirmi altro?».
«Perché te lo diranno quelli del branco, se vorrai venire con me».
«Vedremo...» mormorai. «E perché ti hanno adottato proprio i capi del branco?» chiesi curiosa.
«Perché, in quella stessa battaglia, anche loro figlio perse la vita».
Lo fissai stupita, senza dire nulla.
«Già, ci fu questa battaglia quando io avevo sette anni e Brandon, loro figlio, quattordici. Anche se c'era una bella differenza di età, ci volevamo molto bene, eravamo migliori amici. Per questo i nostri genitori si conoscevano bene.
Stavamo sempre insieme e ne combinavamo di tutti i colori. Spesso capitava che i miei genitori sgridassero anche Brandon, come se fosse loro figlio, e gli Alpha sgridassero me» ridacchiò. «Tutto il branco viveva spensierato, finché non ci attaccarono. Non posso dirti i motivi e chi erano i nemici, posso solo dirti che erano molto potenti e terribilmente spaventosi e assetati di sangue. Uccisero molti dei nostri, poi, grazie all'intervento dell'Alpha, andarono via.
Brandon era estremamente bravo a combattere -tutto ciò che so me lo ha insegnato lui-, ma non avrebbe dovuto fronteggiare i nemici, era ancora troppo giovane. Così rimase con noi cuccioli e gli anziani, insieme ad altri adolescenti. Se i nemici ci avessero raggiunti, gli anziani e poi gli adolescenti avrebbero cercato in tutti i modi di difenderci.
Così accadde.
Dei nemici arrivarono fino da noi.
Brandon li fronteggiò immediatamente, assumendo il suo ruolo da giovane Alpha» Derek abbassò lo sguardo, iniziando a guardare l'erba verde sotto di noi. «Gli anziani andarono avanti per primi, erano i più esperti ma anche i più deboli. In molti morirono davanti ai nostri occhi. Ho ancora negli occhi le immagini di quei lupi immobili sul terreno, con le pellicce dai colori opachi, segno dell'età, screziate di rosso» sospirò passandosi una mano sul volto. «Avevano dato di tutto per salvare i loro nipoti, i loro discendenti e il figlio dell'Alpha».
Smise di parlare per un po', così mi feci coraggio e ruppi quel silenzio. «E poi? Brandon? Cosa gli è successo?».
«Brand si mise in mezzo. Riuscì, aiutato da alcuni anziani e da altri adolescenti, ad uccidere un paio di nemici. Poi, un altro nemico lo afferrò. A quel punto, mi feci coraggio ed intervenni. Ero ancora troppo piccolo per trasformarmi, ma ci riuscii ugualmente.
Saltai addosso a quel tipo, cercando di ucciderlo, ma un altro mi spinse via.
Brandon fu morso al collo e lasciato cadere a terra, morente.
Senza sapere come feci, tornai umano e mi inginocchiai al suo fianco, cercando di fermare in qualche modo l'emorragia mentre il fratello dell'Alpha, un combattente decisamente imbattibile, riuscì a raggiungerci e ad uccidere i due nemici.
Ci fu armistizio, immagino, ma io mi ricordo solo di cosa accadde al mio amico in quel momento. Brandon morì fra le mie braccia, dopo essere riuscito a tornare umano, avermi chiesto di dire ai suoi genitori che gli voleva bene e di essersi complimentato con me per essere riuscito a trasformarmi senza la luna piena e ad un'età decisamente molto precoce. Mi disse anche che, in quella forma di lupetto nero in miniatura, ero decisamente dolce e coccoloso. Ci prendevamo spesso in giro e lui lo fece fino all'ultimo». Derek sorrise con gli occhi lucidi. «Mi diede questa, la sua collana, che aveva poiché era il figlio del capobranco» disse mostrandomi il ciondolo che aveva al collo: un dente di lupo. Era tenuto da un cordino nero collegato ad una placca di metallo abbellita da delle pietroline rosse, posta sulla sommità dal dente. «Poi chiuse gli occhi, mi salutò con un flebile "ciao" e morì. Invano lo chiamai e cercai di muoverlo, sperando che si risvegliasse, ma non accadde nulla. Per ore rimasi a vegliare il suo corpo, continuando a tenerlo fra le mie braccia ed evitando che chiunque si avvicinasse. Solo all'arrivo dei suo genitori lasciai che la madre di Brandon mi prendesse in braccio e mi portasse nella loro caverna, mentre il padre si faceva aiutare trasportare il corpo del figlio.
Keyla mi adagiò sul letto che era stato di Brandon e ricordo che, esausto, mi addormentai.
Al mio risveglio, erano entrambi presenti. Mi chiesero cos'era accaduto ed io spiegai tutto. Feci anche per ridargli la collana, ma mi dissero di tenerla» Derek sospirò. «Mi dissero cos'era accaduto ai miei genitori e mi chiesero se volessi vivere con loro.
Ci pensai per una notte intera, poi accettai» fece una breve pausa mentre osservava la sua collana «In un giorno avevo perso i miei genitori e il mio migliore amico, che era come un fratello per me.
Ci fu il funerale per i nostri compagni morti durante quella battaglia. Per le prime settimane nessuno fece caso a me, erano tutti troppo occupati ad elaborare il lutto e a ricostruire ciò che era stato distrutto durante il combattimento. Alla fine capirono che il loro futuro Alpha non sarebbe stato un figlio legittimo, ma un trovatello fortunato.
Presero a darmi noie finché non riuscii a farmi valere da solo. Iniziarono a rispettarmi, così come fanno tutt'ora, ma so che, alla morte dell'attuale Alpha, ci sarà una massa enorme di gente che tenterà di sfidarmi per prendere il potere. Per questo non dico molto apertamente il figlio degli Alpha, perché non lo sono e non è detto che sarò Alpha».
Rimasi in silenzio per un po', poi lo abbracciai senza pensarci. «Mi dispiace. È una storia molto triste».
«Non dispiacerti, ormai è passato. Anche se, ogni tanto, penso ancora a Brandon. Ormai avrebbe quasi trent'anni» commentò sorridendo, allontanandosi leggermente dall'abbraccio.
«Anch'io ho perso i miei genitori, ma ero molto più piccola e non me li ricordo quasi».
«Lo so» rispose lui.
«Giusto... tu sai tutto di me, ma io non niente di te».
«Io non so tutto tutto su di te e, adesso, tu sai qualcosina in più su di me» mi corresse sorridendo.
«So pochissimo rispetto a te» gli feci notare con una smorfia.
«Se venissi con me nel branco, ne sapresti un po' di più» mi fece notare «E adesso penso che sia ora che tu vada. Il tempo vola e... non so se arriverai per l'ultima lezione» aggiunse sorridendo divertito.
«Cosa?!» presi il telefono per guardare l'ora «No... non ci credo» sbuffai e mi alzai di scatto. «Ci vediamo domani, vedi di venire a scuola. Ciao» dissi velocemente mentre prendevo lo zaino e ci buttavo nuovamente dentro il telefono. Mi trasformai per fare più in fretta, ma decisi di saltare anche l'ultima ora, andando direttamente a casa di Andrea.
Arrivai lì con dieci minuti di anticipo rispetto alla fine della lezione.

Scusa, non ho guardato l'ora e non sono tornata in tempo. Sono a casa tua. Possiamo parlare?

Scrissi ad Andrea, pronta a giustificarmi e a raccontargli tutto ciò che sapevo e che avrebbe voluto sapere.

Andrea
Dobbiamo parlare.

Il tono di quel messaggio mi sembrò stranamente aggressivo. Sospirai e mi sedetti sul bordo del marciapiede, mentre aspettavo l'arrivo del mio ragazzo.
Sentendomi osservata, mi voltai di scatto e notai che dalla finestra, con sguardo omicida, mi stava fissando la nonna di Andrea.
Di male in peggio. Pensai mentre la salutavo con un sorriso tirato.
La donna non rispose e continuò a fissarmi.
Sospirai ed iniziai a guardare la strada, finché, finalmente, arrivò Andrea con la sua moto rossa. Mentre parcheggiava, mi alzai e lo raggiunsi.
«Ciao» mormorai con aria colpevole.
«Scusa se non sono più tornata».
«Perché dovrei scusarti?» domandò gelido, lasciando il casco e lo zaino vicino alla moto e dirigendosi verso il retro del giardino.
«Non lo so» ammisi «Potresti anche non scusarmi e avresti ragione, ma...».
«Ma?» domandò incitandomi ad andare avanti.
«Ma non lo so. Ero con Derek. Abbiamo parlato un po' e fine».
«E di cosa avete parlato? Mh? Di quanto sia bello tradire il povero ragazzo umano che non può fare come voi e seguirvi ovunque andiate?» chiese con tono scontroso, voltandosi irritato verso di me.
«Cosa? No. Io... io non ti tradirei mai» risposi stupita dalle conclusioni che aveva tratto. Sul serio pensava che lo stessi tradendo?
«Certo, come no! Lui flirta palesemente con te e tu ricambi. Ridi, sorridi e lo guardi sempre. Oltre a difenderlo ovunque e, addirittura, a lasciare la scuola con lui, ripresentandoti con uno "scusa se non sono più tornata"».
«Ma lo faccio solo perché è simpatico ed è come me! Sa delle cose sui miei genitori, vuoi capirlo?!».
«E allora perché non te le dice e se ne va via?» chiese irritato.
«Non lo so! Penso che non possa per qualche legge nel suo branco, ma io non intendo abbandonare te, la mia famiglia i miei amici per andare in un posto sconosciuto con lui!» sbottai iniziando a tremare leggermente, segno che stavo perdendo il controllo. «Altrimenti ci sarei già andata!».
«Magari non sa niente e tu gli stai semplicemente credendo come una stupida».
«Qui l'unico stupido sei tu!» ringhiai «Come potrei tradirti con un tipo che nemmeno conosco?!» chiesi mentre gli occhi mi diventavano gialli. Trattenni per un attimo il fiato e mi voltai di scatto, facendo respiri profondi per calmarmi.
«Chiara, tutto bene?» domandò Andrea, pacato. Si era accorto di aver superato il limite.
«Va' via, allontanati» gli dissi cercando di farlo allontanare. Non volevo ferirlo involontariamente.
«No, resto qui per aiutarti» rispose afferrandomi per le spalle e facendomi voltare verso di lui.
«No! Vattene!» ringhiai dandogli una spinta. Lui era sicuramente l'ultima cosa di cui avevo bisogno, in questo momento. «Sei sempre in mezzo quando dico di andartene e fai sempre come vuoi. Ora vai via! So come controllarmi, da sola».
Andrea cadde a terra a causa della mia forza, decisamente superiore a quella di un essere umano. «Voglio ricordarti che prima di Derek ero io quello che riusciva a farti calmare».
Ringhiai mostrandogli le zanne. «Smettila di parlare così di lui! Ho spesso fatto da sola mente tu peggioravi la situazione!» esclamai prima di perdere definitivamente il controllo e trasformarmi.
Atterrai sulle quattro zampe e scossi la testa, ringhiandogli contro. Ecco, sei felice?! Domandai irritata mentre cercavo di calmarmi e tornare umana.
Trasformarmi nel suo giardino non era proprio la cosa migliore da fare. Speravo solo che sua nonna non ci avesse visti.
Ma le mie speranze furono vane: lei era così convinta dell'esistenza dei licantropi e del fatto che io stessa fossi una di loro che aveva osservato attentamente tutta la discussione dalla finestra, aspettando solo questo momento per uscire dalla casa con un fucile da caccia. 
Osservai la donna prendere la mira e mi immobilizzai immediatamente, terrorizzata.
Qui la gente aveva qualche problema con i fucili e la me trasformata.
Anche se sembrava avere almeno sessant'anni, si vedeva che si era sempre allenata ed era ben preparata. Se non mi fossi sposata, mi avrebbe colpita abbastanza sicuramente.
Andrea, ancora a terra, fissò stupito la nonna. «Nonna, fermati! Non mi farà del male» cercò di urlarle, ma senza alzarsi, per paura di essere colpito al posto mio.
Quella donna sembrava intenzionata a tutto pur di uccidere il lupo cattivo.
Il giardino della casa di Andrea era circondato su due lati dal bosco e, proprio da lì, sbucò il lupo nero con gli occhi gialli che interruppe la scena.
Ci superò e, con un ruggito, saltò addosso alla donna, atterrandola. Nello stesso momento, uno sparo seguito da un guaito fendettero il silenzio che si era creato dopo le parole di Andrea.
Sgranai gli occhi, temendo per l'incolumità del lupo, che non intendeva lasciare la donna. Un ringhio gutturale gli salì su per la gola, mentre si preparava ad infliggere il colpo finale.
Derek, no! Esclamai scattando immediatamente verso di lui. Mentre spiccavo il volo per potergli saltare addosso, lui chiuse le fauci attorno alla gola di Gertrude.
La donna si contorse mentre un urlo strozzato le usciva dalle labbra, poi si fermò.
Era morta.
Nello stesso momento, atterrai addosso al lupo. Rotolammo a terra per un po' mentre io, accecata dalla rabbia, cercavo di morderlo e lui tentava di scansarmi senza farmi male.
Alla fine riuscì a liberarsi. «Scusami» mormorò guardandomi per un istante negli occhi e corse via.
Partii al suo inseguimento, ma mi fermai di scatto, scivolando sull'erba umida, sentendo il lamento di Andrea. Stava piangendo vicino al corpo della nonna, il telefono con il quale aveva chiamato aiuto, abbandonato vicino a loro.
Tornai immediatamente da lui, con la coda fra le gambe e le orecchie basse. Non doveva andare così. Pensai tra me e me.
Appena sentì la mia presenza alle sue spalle si alzò in piedi, voltandosi verso di me. «Vattene» ringhiò con il viso rigato dalle lacrime. «Va' via e non farti più vedere!».
Ma, Andrea... mormorai avvicinandomi a lui. Il mio sguardo si spostava da viso del ragazzo al cadavere della donna, dal cui collo squarciato uscivano ancora fiotti di sangue.
Senza neanche pensarci, il ragazzo si chinò a prendere il fucile e me lo puntò contro. «O vai via o ti sparo. Non è così difficile da capire: vattene» disse sillabando perfettamente l'ultima parola.
Rimasi lì finché non caricò seriamente l'arma, pronto a colpirmi. Nei suoi pensieri in questo momento non c'era esitazione: se non me ne fossi andata mi avrebbe sparato e, adesso, ero così vicina che sarebbe stato difficile mancarmi.
Mi voltai di scatto e corsi via, nel bosco, ma non mi allontanai troppo. Forse stavo capendo perché, quando stavo male, lui non mi ascoltava mai e non andava mai via.
Feci un giro intorno ad un masso e tornai indietro.
Rimasi nascosta tra gli alberi e gli arbusti, per poterlo osservare.
Stava parlando con Charlie ed altri agenti della polizia, mentre gli infermieri dell'ambulanza caricavano il corpo di sua nonna, coperto da un telo nero, nel veicolo.
Mi sentii tremendamente in colpa e gli fui grata per il fatto che non stesse facendo nomi. Infatti, avevo notato immediatamente che Andrea stava descrivendo tutto l'accaduto parlando di un generico lupo nero, senza citare me o Derek -sempre che lo avesse riconosciuto- nemmeno una volta.
Vidi i genitori di Andrea arrivare e andare ad abbracciare il figlio. Nello stesso momento, arrivò anche una squadra di cacciatori, pronta a setacciare il bosco.
Fu il momento in cui decisi di correre via e tornare a casa.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top