1. E così finì la tranquillità

Stavamo correndo in forma di lupo ormai da ore. La foresta immersa nella notte era buia, rischiarata solo da qualche raggio di luna che attraversava le fronde degli alberi.
Ad un tratto, Seth si fermò, lasciando con le enormi zampe dei solchi nel terreno fangoso. Alzò il muso al cielo e fiutò rumorosamente l'aria.
Cosa c'è? Gli chiesi voltando la testa verso di lui. Ormai ero abituata a parlare con la mente, ma voltarmi a guardare i miei interlocutori era un'abitudine che non sarebbe mai passata.
«Lo senti anche tu?» sussurrò il lupo dalla pelliccia color sabbia.
Cosa?
«Sangue» mormorò e mi arrivarono addosso i suoi pensieri.
Scossi la testa, per cercare di riprendermi e non lasciarmi condizionare da lui. Poi feci qualche passo in avanti e annusi attentamente. L'odore ferrso arrivò forte alle mie narici e assottigliai lo sguardo.
«Sangue umano» precisò la lupa dalla pelliccia argentea, ringhiando «Quei succhiasangue...» iniziò, ma la interruppi voltandomi verso di lei.
Scoprii le zanne in un muto ringhio. I Cullen non lo farebbero mai! Esclamai difendendo quella che, ormai da anni, era la mia famiglia.
«Chiara ha ragione, Leah. Ma non voglio discussioni». Detto ciò, il grosso licantropo rossiccio, l'Alpha del branco, levò il muso al cielo ed ululò per richiamare gli altri. L'ululato si levò potente fra gli alberi, distruggendo la quiete del bosco notturno.
Dopo qualche istante di silenzio, avvertimmo qualche ululato in lontananza: Sam ed il suo branco ci avevano sentiti e stavano venendo ad aiutarci.
I branchi si erano divisi quando Bella, un umana amica di Jacob, era rimasta incinta. Il padre del bambino era suo marito Edward Cullen, un vampiro.
Jacob aveva scoperto tutto ed era rimasto orripilato dalla cosa che cresceva dentro la ragazza. Era infatti più forte degli umani e la stava letteralmente distruggendo dall'interno. Incollerito, il licantropo era tornato da noi raccontandoci ciò che aveva visto -anche se io, abitando con i vampiri, conoscevo già tutto-
Sam era rimasto immediatamente terrorizzato dall'idea del mostro che ne sarebbe potuto nascere e aveva deciso di attaccare i Cullen per raggiungere Bella e ucciderla.
Prima di tutti mi ero opposta io stessa, contraria ad attaccare la mia famiglia. Loro mi avevano adottata anni prima, sottraendomi alle grinfie dei miei odiosi genitori adottivi, e non potevo decisamente attaccarmi. Mi avevano dato una casa e tanto amore. Così avevo sfidato Sam ed ero corsa dai vampiri ad avvertirli.
Poco dopo anche Jacob e ne era andato, contrario all'uccisione della sua migliore amica. Con lui era scappato Seth, che da sempre provava una forte ammirazione per Jacob. Anche Leah li aveva seguiti, non volendo lasciare da sola il fratello.
Vi era stata una piccola battaglia, risoltasi senza morti quando Jacob aveva annunciato di aver appena avuto l'imprintig con Renesmee. L'imprintig è una sorta di colpo di fulmine che colpisce un licantropo quando vede per la prima volta quello che sarà il suo partner per tutta la vita. Non è un amore banale ma, anzi, il più forte e puro tra tutti. Uccidere chi ha scatenato l'imprintig è un grave sacrilegio, perché significherebbe uccidere il licantropo stesso strappandogli via il suo intero baricentro, la forza che lo tiene attaccato al terreno e che dà un senso alla sua vita.
Quindi, dopo la nascita di Renesmee, ci eravamo riuniti in un unico branco, ma era impossibile per due Alpha coesistere insieme. I branchi erano diventati nuovamente due e con noi erano venuti anche Quil ed Embry, storici amici di Jacob.

Quando Sam ci raggiunse nel bosco, Jacob gli spiegò tutto. Senza perdere tempo iniziammo a seguire l'odore di sangue fresco, per trovare la causa.
Mi persi completamente tra i pensieri del branco -quando eravamo trasformati tutti sentivano qualsiasi pensiero degli altri- e nel soffice rumore che le mie zampe producevano ad ogni falcata.
«Attenta!» urlò Jacob improvvisamente e mi spinse da parte. Le zampe anteriori si intrecciarono e rotolai a terra, mentre un fruscio mi passava vicino all'orecchio. Il licantropo rossiccio guaì di dolore.
Tutti i lupi del branco, me compresa, avvertirono per un attimo la stessa fitta lancinante del nostro Alpha, come se noi stessi fossimo stati feriti.
Mi rialzai da terra. Jake! Dissi correndo verso di lui. Una... freccia? Mormorai poi, guardando il bastoncino con la coda piumata che fuoriusciva dalla spalla del lupo.

~~~~~~

Un piccolo scoppio di qualcosa mi riportò alla realtà.
Mi guardai intorno, spaesata, eravamo nell'aula di biologia ed era la prima ora del primo giorno del quarto anno delle superiori.
«Cos'è successo?» chiesi ad Andrea, il mio fidanzato, che era seduto vicino a me. Un tempo eravamo migliori amici, ma poi lui si era dichiarato a me e avevo capito di provare qualcosa per lui. Ci avevamo messo un po' a fidanzarci e lo avevo anche lasciato spesso perché avevo paura che il suo essere umano lo avrebbe portato ad essere ferito da noi. Tutte le volte, però, mi ero lasciata guidare da cuore ed eravamo tornati insieme. Dopo l'ultima battaglia con i Volturi -i vampiri che dettano una forma di legge dei vampiri e che erano venuti ad ucciderci tutti a causa della stranezza di Renesmee- avevo deciso di rivelargli tutto.
Il ragazzo alto dai capelli neri e gli occhi verdi mi rispose sorridendo divertito: «Quegli stupidi della nostra classe hanno fatto scoppiare una bottiglietta d'acqua».
Scossi la testa guardando il gruppetto di ragazzi che buttava la bottiglia grondante acqua nel cestino per la carta. Certi umani erano più stupidi di altri.
Ripresi a guardare fuori dalla finestra, ripensando agli avvenimenti della notte prima.
«Ehi, è tutto ok?» mi richiamò Andrea «Oggi ti stai perdendo parecchio».
«Sì, sì, ok. Tutto ok» risposi con un mezzo sorriso.
Il ragazzo si strinse nelle spalle, per poi voltarsi verso i banchi dietro di noi ed iniziare a parlare con Brian ed Alexis, i nostri migliori amici da sempre. O meglio , i suoi migliori amici da sempre, che poi erano diventati anche i miei quando dall'Italia i mieo genitori adottivi avevano deciso di trasferirsi negli Stati Uniti, precisamente nella fredda, umida, bagnata e piovosa Forks.
Ascoltai per un po' i discorsi dei due ragazzi su di un videogioco appena uscito e tornai a pensare. Oltre a quella trappola ben congegnata, che sparava frecce, non avevamo trovato nient'altro.
Presi il telefono ed inviai un messaggio a Carlisle, per sapere come stava Jacob. L'arma non sembrava avvelenata e non aveva colpito organi vitali, ma avevo comunque paura.

Qualcuno si schiarì la voce severamente e la classe piombò nel più totale silenzio. I miei compagni sapevano passare dall'essere delle piccole bestie indisciplinate alle persone più calme del pianeta in solo mezzo secondo.
Alzai lo sguardo dal telefono nascosto sotto il banco e vidi un uomo che stava impettito sulla soglia della porta e ci osservava attentamente con gli occhi color nocciola. Indossava una giacca beje e dei lunghi pantaloni neri. Nella mano destra teneva una valigetta di cuoio.
Si accarezzò per un attimo la ben curata, che aveva lo stesso colore dei capelli grigio-bianco, ed entrò. Si sedette alla cattedra e si presentò con tono autoritario: «Io sono il vostro nuovo professore di biologia. Non so se rimarrò con voi per tutto l'anno ma, per ora dovrete sopportarmi» concluse addolcendo la voce.
Alcune persone ridacchiarono, anche se io non ci trovavo nulla di così divertente. Forse era un modo per farselo amico e ottenere voti più alti.
«Perché stai studiando il professore in quel modo?» mi chiese Andrea.
«Nah, nulla» mormorai senza pensarci. Nemmeno mi ero accorta di star fissando il professore.
«Sicura? Ti sta facendo venire sete?».
«No!» esclamai con un sussurro. Essendo metà vampiro il sangue mi tentava abbastanza, soprattutto se ero in forma umana, ma il lato da licantropo riusciva ad aiutarmi a controllare la sete. Non avevo, ad esempio, la costante sensazione di bruciore nella gola che affliggeva i vampiri.
«E allora cosa?» chiese ancora.
Alzai gli occhi al cielo, solitamente lui capiva sempre quando gli stavo nascondendo qualcosa e diventava decisamente irritante.
«Dai, so di voi da circa tre anni e adesso non vuoi dirmi qualcosa?» continuò con un sorrisetto divertito.
Mi incantai per un attimo sulle sue labbra e poi arrossii. «Ok, va bene» risposi a bassa voce, per evitare che qualcuno ci sentisse. «Ho già sentito l'odore di quest'uomo» ammisi anche a me stessa, istintivamente.
«E dove?».
«È quello che sto cercando di ricordare!».
«Magari in giro per Forks, oppure in qualche città qui vicina, Seattle per esempio».
Scossi leggermente la testa «L'ho sentito da poco e non l'ho mai visto in giro...» mormorai.
«Ehi, voi due» ci richiamò il professore «Cosa avete da dirvi di tanto interessante?».
«Nulla» risposi immediatamente.
«Aww, i piccioncini» cantilenò Jeremy, prendendosi gioco di noi.
Lo fulminai con lo sguardo. Odiavo quel ragazzo, si credeva il re del mondo solo perché era decisamente troppo ricco e molta gente lo seguiva e idolatrava come un branco di cagnolini addestrati.
«Allora perché parlavate di qualcosa, se non stavate parlando di nulla?» continuò il professore, facendo ridacchiare qualcuno. Entro la fine dell'ora avrei staccato la testa a quelli che continuavano a ridere.
«È colpa mia, prof» disse Andrea «È solo che mi pare di averla già vista, ma non ricordo dove...».
Trattenni un sorriso di divertimento, Andrea sapeva sempre come tirarmi fuori dai guai, a costo di pagare lui per i miei errori.
«Non sono dello stato di Washington» rispose il professore «Ma adesso abito vicino a Forks, forse mi avrete visto qui in giro».
Andrea annuì «Sì, forse».
«Continuiamo il giro di presentazioni proprio da te» continuò l'uomo, indicando Andrea con un cenno del capo. Non mi ero nemmeno accorta che c'era un giro di presentazioni in corso.
«Ehm, ok» rispose il ragazzo. «Mi chiamo Andrea Seyer, mia madre è americana e mio padre è italiano, vivo a Forks da quando sono nato ed ho un fratellino adottivo di origini hawaiane che si chiama Kanai'i e ha compiuto da poco dieci anni».
Il professore annuì e poi mi indicò «E tu? Cosa ci racconti?».
«Sono Chiara Cullen, sono italiana, i miei genitori sono morti quand'ero molto piccola, sono stata adottata da una coppia e portata a Forks e poi sono stata nuovamente adottata dal dottor Carlisle Cullen, che lavora all'ospedale, e da sua moglie Esme» risposi con fare annoiato. Se avessi potuto aggiungere "e sono un licantropo-vampiro che può leggere i pensieri delle persone" sarebbe stato molto più divertente.
L'uomo annuì e continuò il giro di presentazioni, così potei tornare a distrarmi.
Presi nuovamente il telefono dalla tasca superiore dello zaino e lo misi sotto al banco, per visualizzare la risposta di Carlisle.

Carlisle
Jacob sta bene, non preoccuparti.
E sai che non mi piace il fatto che usi il telefono a scuola...

"Non era ancora arrivato il professore" scrissi come risposta.

Carlisle
"Era"? Vuol dire che adesso è in classe?

Forse...

«Cullen!» mi richiamò il professore.
Alzai lo sguardo, mettendo immediatamente via il cellulare.
Farsi odiare dal professore già il primo giorno? Fatto.
«Niente telefoni a scuola, lo metta sulla cattedra, verranno i suoi genitori a ritirarlo».
«Stanno lavorando» risposi con fare angelico.
«Verranno appena avranno tempo».
Decisi di non volergli dare fastidio il primo giorno e mi alzai. Posai il telefono sulla cattedra, non prima di aver inviato un messaggio a Carlisle chiedendogli di venire a scuola.
«Tuo padre ti ucciderà» mormorò Andrea quando tornai a sedermi vicino a lui.
«Non credo, è troppo buono».
Il ragazzo sorrise divertito, concordando con me.
Alla fine dell'ora mi diressi verso la cattedra per provare a recuperare il mio telefono ed andare alla prossima lezione con Andrea.
«Quando verrà suo padre?» mi chiese il professore.
Presi il cellulare, ignorando lo sguardo furente dell'uomo, e vi trovai un messaggio di Carlisle.
«Sta arrivando» risposi.
«Bene, allora può aspettarlo qui».
«Dovrei andare a lezione».
«Salterà la prossima lezione, non c'è problema. Ho quest'ora libera, possiamo tranquillamente aspettare suo padre».
Quest'uomo era decisamente strano.
Tornai a sedermi al mio posto, sbuffando e cercando di ricacciare indietro l'istinto omicida verso il professore. Non potevo ucciderlo a scuola, non finché non avessi scoperto qualcosa di più sul suo odore.
Andrea mi seguì.
«No! Lei, Seyer, se non sbaglio, vada subito nella classe in cui deve essere adesso».
Il ragazzo guardò per un attimo me e il professore e poi uscì dalla classe, chiudendo la porta.
Iniziai a contemplare il mondo all'esterno della scuola, guardando fuori dalla finestra.

«Cosa ci fai seduto qui fuori?» chiese poco dopo una voce familiare, ridestandomi dai miei pensieri.
«Ehi, ciao, Carlisle» rispose Andrea a bassa voce «Aspettavo giusto te, sai, non mi fido molto del professore...».
Il vampiro biondo rise e poi bussò alla porta.
«Avanti» disse il professore, seduto alla cattedra. Non sapevo dire se avesse sentito o meno il dialogo fra mio padre e il mio ragazzo, non ero più abituata a certe "faccende" umane. Essendo un ibrido tra due specie sovrannaturali avevo un udito decisamente diverso da quello degli umani che, insieme ad altre caratteristiche, aveva iniziato a svilupparsi dopo la mia prima trasformazione in lupo, a tredici anni.
Focalizzai la mia attenzione su Carlisle che era appena entrato nell'aula e stava stringendo la mano al professore di biologia.
Notai solo allora che l'insegnante si era tolto la giacca e che una benda si intravedeva sbucare dalla manica della camicia.
Passai l'intera giornata a chiedermi perché il mio istinto mi dicesse che quella benda e l'odore a me familiare fossero collegati, ma non arrivai ad una conclusione plausibile.

~~~~~~~~~~

«Ho un'informazione che potrebbe piacerti moltissimo» mi disse Andrea appena entrammo nella classe di biologia, il giorno seguente.
«E sarebbe?».
«So perché il prof ha un braccio fasciato».
Lo guardai, confusa dalle sue parole.
Il ragazzo sorrise. «Ieri ho visto che, quando ha stretto la mano a tuo padre, una fasciatura è sbucata dalla manica della camicia che si era spostata un po'... tu la guardavi come se avessi visto un fantasma e sei rimasta sovrappensiero tutto il giorno».
«E quindi?».
«Quindi, quando nell'intervallo ti ho "abbandonata" con Brian ed Alexis, sono corso dal professore e gli ho chiesto spiegazioni».
Spalancai gli occhi. «Tu sei pazzo!».
«Forse» mormorò avvicinandosi un po' di più a me, le sue mani si posarono dolcemente sui miei fianchi.
«Cos'hai scoperto?» gli chiesi curiosa.
«Che si è tagliato a casa, con degli attrezzi da giardinaggio».
Scossi la testa «Non me la conta giusta» risposi con una smorfia.
«Ok... Direi che così finisce il nostro periodo di tranquillità» mormorò Andrea, chinandosi leggermente in avanti per sfiorare le mie labbra con le sue. «Iniziano di nuovo tutti gli avvenimenti strani e pericolosi» soffiò quasi divertito.
«Non è detto» risposi allontanandomi per andare a sedermi al mio posto. Non ero decisamente la tipa più adatta per tante smancerie, soprattutto in pubblico.
Il ragazzo mi raggiunse e si sedette di fianco a me. «Perché non ti sei lasciata baciare?».
«Perché sta arrivando della gente, si sentono i passi a mille chilometri da qui».
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, ma non poté trattenere un sorriso divertito. «Tu e la tua timidezza».
«Non sono timida» bofonchiai arrossendo leggermente.
«No certo» rispose sarcastico «Infatti in luoghi pubblici ti imbarazza tantissimo se ci comportiamo come una coppietta felice di quelle tanto sdolcinate».
Sentii le guance diventare rosse. «Non è vero».
«È verissimo» mormorò e, cogliendomi di sorpresa, mi baciò.
Per un attimo ricambiai quel bacio così intenso ed avvolgente, ma poi mi allontanai.
«Noooo, eravate così carini» si lamentò Alexis lasciando cadere a terra il suo zaino.
Guardai male la mia migliore amica dai capelli rossi e gli occhi azzurri. Lei e Brian non sapevano nulla delle cose "non umane" e, probabilmente, non lo avrebbero mai saputo. Era decisamente più sicuro così, sia per loro che per noi.
«Anche voi siete carini insieme» rispose Andrea, guardando con uno sguardo ambiguo lei e Brian.
Il ragazzo si passò una mano fra i corti capelli biondi, scrutò per un secondo la ragazza al suo fianco e poi i suoi occhi marroni andarono a guardare il terreno. Scosse la testa, imbarazzato. «No... io e lei? No, no, assolutamente».
Io ed Andrea ci scambiammo un'occhiata d'intesa, grazie alla mia possibilità di leggere i pensieri, sapevamo entrambi che Brian ed Alexis stavano insieme da un po' di tempo ma non lo avevano ancora detto a nessuno, nemmeno a noi. Alexis era troppo timida per dirlo e voleva essere sicura che fosse una cosa davvero seria.
«Voglio esserci al matrimonio, Chiara, ricordatelo. Sarò la damigella d'onore» mi disse Alexis.
«Quale matrimonio?!» urlai attirando l'attenzione di alcune persone che stavano entrando proprio in quel momento nella classe.
«Quello che ci sarà fra qualche annetto e che unirà te e Andrea» rispose sorridendo.
Scossi la testa, esasperata. «Tu sei pazza» riuscii a dire dopo un attimo. Per certi versi, Alexis e mia sorella Alice si assomigliavano veramente tanto.
I tre umani iniziarono a ridere.
Ringraziai mentalmente l'arrivo del professore che mise a tacere chiunque stesse parlando.

Durante la lezione, Andrea mi sfiorò il braccio con delicatezza, facendomi rabbrividire al suo tocco e ridestandomi dai miei pensieri.
Mi voltai a guardarlo. «Cosa c'è?».
«Il prof sta parlando di una cosa che potrebbe interessarti e, sta' tranquilla, sto prendendo meticolosamente appunti».
«Ragazzi, perché tutti questi mormorii?» chiese il professore, contrariato.
«Beh, prof, i licantropi non esistono!» lo schernì Jeremy.
«Potrebbero esistere così come non potrebbero, ma, in ogni caso, sono il miglior esempio di mutazione del DNA».
Strabuzzai gli occhi e boccheggiai.
«Ha qualcosa da obiettare, signorina Cullen?» mi rispose l'uomo con uno strano sorriso.
«Ehm, no».
«Sicura?».
«Sono solo... stranamente d'accordo con Jeremy. I licantropi non esistono e, ok, sarà anche un buon esempio che ci rimarrà impresso, ma non può pensare che esistano».
«Perché no?».
«Perché sono... leggende».
Il professore annuì «Ma alcune leggende possono essere reali». Fece una pausa. «Comunque, era solo un esempio per attirare l'attenzione di alcuni dormienti che stavano pensando ad altro».
Le solite persone ridacchiarono, mentre coglievo la frecciatina.
«Per oggi direi che abbiamo finito» decretò il professore «Ma spero che questo esempio vi faccia ricordare meglio qualcosa riguardo al DNA e alle sue mutazioni in vista del test».
Il suono della campanella nascose le sue ultime parole, dette a bassa voce, ma io riuscii comunque a sentirle: «I licantropi non sono né uomini, né lupi. Sono mostri».
Passai l'intera giornata ad elaborare tutte quelle informazioni. L'odore familiare, la ferita, l'avversione per i licantropi; potevano essere tutti fattori collegati alla trappola che aveva ferito Jacob!
No, è impossibile. Mi dissi. Il prof ha detto che non abita a Forks, perché avrebbe dovuto costruire una trappola? E poi, la ferita che dice di essersi fatto a casa cosa avrebbe a che fare con tutto ciò?

Dopo la fine di quella giornata scolastica, come di routine, Andrea mi riaccompagnò a casa. Da qualche anno guidava la moto e questo era molto utile per evitare che qualcuno si insospettisse e facesse domande strane. Probabilmente chiunque avrebbe trovato da ridire se mi fossi messa a fare casa-scuola e scuola-casa a piedi tutti i giorni, data la grande distanza.
Andrea parcheggiò la sua moto rosso fiammante nel garage della nostra casa. Era una cosa molto insolita. Di solito, lui si fermava nel giardino, non entrava nel garage.
Scendemmo dal mezzo e, confusa, gli diedi il mio casco.
«Ehi, Andre!» lo salutò Emmett raggiungendoci, lui ed il mio ragazzo stavano fin troppo amici per i miei gusti.
«Ehi!» rispose lui sorridendo.
Rosalie, in tenuta da meccanico, ci raggiunse.
Guardai confusa prima lei e poi Emmett.
«Modifichiamo un pochetto la Jeep» mi disse orgoglioso, con una luce di eccitazione negli occhi.
Scossi la testa ridacchiando. Ormai, tutto di quella Jeep era stato modificato e non credevo potessero farlo ulteriormente.
Uscii dal garage con Andrea che, prendendomi per mano, mi condusse nel bosco che circondava la grande villa.
«Ti stai auto invitando a casa mia?» gli chiesi.
«No, assolutamente. Al massimo, mi sto auto invitando nel bosco vicino a casa tua».
Scossi la testa, divertita. «E perché?».
«Direi che è ora di parlare, in questi ultimi due giorni sei strana».
Lo guardai negli occhi, perdendomi in quel bellissimo verde. «Ok...» dissi dopo un attimo. Lo condussi poco più lontano e mi sedetti su di un vecchio tronco caduto a terra.
«Non vorrei solo spaventarti con falsi allarmismi».
«Spaventarmi?» ripeté «Conosco tutto di voi da un bel po' e stiamo insieme da ancor più tempo. Non credo che qualcosa possa spaventarmi facilmente».
Sorrisi debolmente. «Già, ma questo inizia a spaventare anche me» ammisi con un sussurro.


§§§§§§Nota dell'autrice§§§§§§

Eccoci giunti alla fine del primo capitolo di questo nuovo libro!
Come vi è sembrato? Lasciatemi un vostro parere, non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate! ^.~

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