1^ Prova- Marry Christmas Lily

Titolo: Marry Christmas Lily
OTP: Snily

Hogwarts, 24 Dicembre 1977, 22.30

La rabbia lo stava divorando.

Severus si guardò i pugni stretti lungo i fianchi, le nocche bianche e le unghie conficcate nei palmi.

Non era affatto giusto tutto questo.

Lei avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto riconoscere le buone compagnie dalle cattive.

Invece adesso era con loro.

Non ci poteva proprio credere. Dopo tutto quello che aveva fatto per lei, dopo tutto il tempo in cui aveva creduto di poter avere ancora una speranza, lei lo tradiva così.

Lily Evans aveva cominciato ad uscire con James Potter.

Quella sera, a cena, erano stati così pochi in Sala Grande. Ogni presente poteva partecipare alla conversazione dell'altro. I Tassofrasso e i Corvonero si erano uniti al tavolo Grifondoro, creando un'unica compagnia.

E lui era rimasto solo con Averi Jr. Mentre lei aveva continuato a parlare e ridere e scherzare con quel maiale.

Com'era stato bello vederla sorridere, le s'illuminavano gli occhi di quel verde brillante, e i suoi capelli rossi l'avvolgevano come aura rosso fuoco, come le foglie d'autunno. La sua bocca si curvava al punto giusto, rivelando i denti bianchi e dritti, e creando una meravigliosa e adorabile fossetta sulla guancia destra. Il naso ricoperto di lentiggini si arricciava, e gli zigomi si rialzavano.

Quel pomeriggio, davanti allo Specchio delle Brame, lui l'aveva vista così.

Sorridente, felice.

L'abbracciava, e lui abbracciava lei, proteggendola da ogni male, amandola più di ogni cosa.

Sempre.

Invece, quella sera a cena si era divertita con Pettigrew, scherzato con quel Black, parlato con Lupin e addirittura sorriso a quel verme di Potter.

Lo aveva spesso toccato, sfiorandogli il braccio o la mano, mentre si passavano la brocca del succo di zucca, o un biscotto alla cannella con gocce di cioccolato.

Represse un brivido. Quanto avrebbe voluto, lui, quel contatto! La sua pallida e calda pelle sulla sua, la sua fragile mano a stringere la sua, forte, callosa.

I suoi soffici capelli a solleticargli il mento, mentre la abbracciava, e le ripeteva quanto l'amava.

La sua bocca...

«Sev!» gridò Averi.

Severus spalancò gli occhi chiusi, perdendo l'immagine di Lily, e guardò riflesso nello specchio il suo compagno di scuola.

«Stai bene?» gli chiese.

Severus ci pensò. Poteva rispondergli, poteva aprirsi con lui, confidargli i suoi problemi, chiedere conforto, o consigli. Poteva sfogarsi.

Ma no. Uno Snape non si confidava con gli estranei.

«Sì.»

«Siamo tutti in Sala Comune, se ci cerchi.» rispose Averi, richiudendo la porta del bagno.

Certo, la Sala Comune era ciò che di più intimo avevano gli studenti. Ogni Casa ce l'aveva. Anche Grifondoro.

Quel pensiero lo trafisse, immaginandosi Lily che aspettava lo scoccare della mezzanotte in Sala Comune con Potter.

Ripensò all'immagine che aveva visto nello Specchio delle Brame quel pomeriggio, poi sostituì la sua figura con quella di Potter.

Fu come ricevere uno Schiantesimo in pieno petto.

No. Lily non poteva davvero abbassarsi a quei livelli.

Se solo non si fossero persi di vista quegli anni...

Se solo lui non avesse interferito con la loro amicizia...

Forse, ora...

Un'idea gli balenò alla mente.

Certo, era rischioso.

Non poteva più aspettare.

Uscì dal bagno e si diresse in Sala Grande.

Per quella notte, abeti ricoperti di neve addobbati di fiocchi rossi abbellivano ogni angolo libero della Sala Grande, andando su su a sfiorare i soffitti che, per effetto di una magia, raffiguravano un cielo stellato in procinto di nevicata.

Sulle quattro tavolate ormai vuote v'erano ancora studenti seduti a giocare agli scacchi dei maghi, o chiaccheravano amichevolmente.

In fondo alla sala, al tavolo dei professori, qualche insegnante ancora desinava, conferendo con i colleghi. Severus vide con un veloce sguardo Silente conversare con Lumacorno.

Nascosto alla vista degli altri, si strinse nel suo mantello invernale dai colori verde e argento, e il suo sguardo corse fino al tavolo Grifondoro.

E infatti, eccoli lì. Seduti come amici di vecchia data, la combriccola del gruppo di Potter, la Macdonald e Lily.

Lily.

Parlavano ancora, e ridevano, e ridevano di nuovo.

Perché loro la rendevano felice, e lui no?

Cos'aveva di sbagliato, in fondo?

La conosceva da più tempo, sapeva tutti i suoi segreti e i suoi desideri.

Eppure, questo non bastava.

Potter si spostò i capelli con una mano, perfettamente padrone di sé e della situazione, attirando lo sguardo di Lily. Si mise a sedere direttamente sul tavolo, e cominciò a raccontare. Erano tutti catturati dalle sue parole, attratti dal suo sguardo. Ma i suoi occhi non si staccavano da quelli di Lily.

Severus non era così. Non era bello. Non era estroverso. Non era simpatico.

Malgrado ciò, l'amava così tanto.

Un odio profondo crebbe a velocità massima nei confronti di Potter.

Se non fosse stato per lui, tutto...

Severus doveva proteggerla. Sapeva che a Potter non interessavano i suoi veri sentimenti.

Lily andava protetta. Lily andava salvata.

«Severus.» una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.

Dietro di lui, il professor Silente si teneva tra l'indice e il pollice la punta della barba bianca, con un sorriso quasi forzato, e uno sguardo incuriosito.

Il suo abito verde faceva apparire la sua carnagione olivastra.

Gli occhiali a mezzaluna erano abbandonati sulla punta del naso svogliatamente.

«Professor Silente.» salutò, abbassando lo sguardo a terra.

«Non ti stai godendo la festa. C'è forse qualcosa che non va?» chiese l'uomo, facendosi un poco più vicino. La sua voce era calda e rassicurante, eppure circospetta.

«Tutto bene, signore.» Severus lo guardò negli occhi.

Provava una certa antipatia per quell'uomo, eppure era da riconoscere: aveva un'intelligenza e uno spirito d'osservazione maggiore di qualunque altro mago esistente sulla terra.

Silente lo guardò, lo sguardo indecifrabile, e aprì la bocca per parlare, ma un rumore dall'altro lato della sala attirò la loro attenzione.

Potter, calice e bacchetta in mano, chiedeva ancora una volta delle attenzioni.

«Professor Silente, professori, compagni.» cominciò, alzandosi in piedi sulla panca.

«Essere tutti qui in questa giornata di festa, riuniti come una famiglia, mi scalda il cuore di gioia. Famiglia significa stare con persone fidate, e ridere di tutto, anche se spesso un bicchiere di idromele in più non ce lo toglie nessuno.» ammiccò, e i professori ridacchiarono, compreso qualche studente più grande. Sorrise velocemente, poi continuò «Per coloro che, come me, non hanno potuto tornare a casa per Natale, questo è davvero un sollievo. Vorrei quindi augurare ad ognuno di voi uno splendido Natale. Vi auguro di passare la notte migliore della vostra vita!» finì alzando la bacchetta in aria.

La sala esplose in un applauso. Il professor Silente ridacchiò, e batté le mani soddisfatto, così come tutti i professori.

Era evidente che fosse apprezzato da tutti.

La rabbia di Severus crebbe a dismisura, fino a lasciarlo senza fiato.

Si girò, approfittando della confusione generale, ed entrò nel corridoio, poi aprì la prima aula che si trovò di fronte, e si chiuse dentro.

Respirò velocemente, poi scoppiò in un urlo liberatorio.

«Aargh!» urlò, impugnando la bacchetta. Cominciò a lanciare incantesimi a raffica, riducendo banchi e cattedra in pezzi di legno, che volarono ovunque in tutta l'aula.

«Quella stupida feccia, figlio di un mezzo troll...»mormorò, stringendo i denti.

Così stupido, così falso, così irresponsabile...

Lo odiava con tutte le sue forze.

Lo odiava tanto quanto amava Lily.

Lily.

Lanciò uno Schiantesimo contro i gessetti della lavagna, polverizzandoli.

Le gambe gli cedettero, e si accasciò a terra in ginocchio.

Si fermò. Osservò la polvere di gesso cadere verso il basso.

Respirò lentamente, cercando di riprendere il controllo.

Non poteva abbassarsi ai livelli di Potter. Non poteva dargli quella soddisfazione.

Non poteva reagire alle sue provocazioni.

Lui era superiore.

E lo sarebbe stato in futuro.

Finita la scuola, ottenuto tutti i M.A.G.O., si sarebbe unito al gruppo di Mangiamorte.

Lord Voldemort avrebbe trionfato.

Il pensiero di essere padrone di sé come Potter, e l'idea di dimostrargli che era più potente di lui, lo rinfrancò.

Si alzò in piedi, con una nuova rassicurazione di sé.

Si voltò, attraversò l'aula ed uscì, un timido sorriso di soddisfazione stampato in volto.

Un sorriso che si spense nell'arco di due miseri secondi quando, imboccato il corridoio, vide di fronte a sé la combriccola di Potter venirgli incontro.

I "Malandrini" si facevano chiamare. Delinquenti pazzoidi che infrangevano le regole della scuola.

Come se lui non sapesse che nascondevano segreti.

Come il fatto che, ogni luna piena, Remus si ammalasse.

O il fatto che si rifugiassero in passaggi segreti sotto il Platano Picchiatore.

Ovviamente, le sue teorie lui ce le aveva...

Alzò la testa in posizione fiera, e affrontò Potter dritto in volto, con determinazione.

Il gruppo ammutolì.

Severus sentì crescere dentro di lui una sensazione di soddisfazione, la quale durò poco.

La luce di una candela si riflesse sulla spilla da Caposcuola sul petto di Lupin, accecandolo.

In un attimo, si trovò disteso a terra.

Intorno a lui, tutti ridevano.

Alzò gli occhi, e incontrò lo sguardo di Potter.

Sul suo viso spuntava un sorriso seminascosto, ma la mano tesa in segno di aiuto era un chiaro segno di compassione nei suoi confronti.

Spinto dalla rabbia, Severus si alzò, portando la mano sotto il mantello, impugnando la bacchetta.

«Oh, andiamo Snape! Non vorrai un duello la notte di Natale!» disse Potter, lo sguardo incuriosito.

«Per favore. Non qui. Non ora.» disse Lupin, cercando di mantenere calme le acque.

«Tornatevene nei vostri lettini, forza. Non avete il coraggio di affrontarmi.» provocò Severus, senza perdere di vista gli occhi castani di Potter.

Pettigrew si nascose dietro Remus, mentre Black sghignazzava.

«Avanti Mocciosus, facci vedere che sai fare.» provocò Sirius, i ricci capelli che gli incorniciavano il viso dai tratti rudi ma eleganti.

Severus sfoderò la bacchetta, e nello stesso istante lo fecero anche Potter e Black.

Nel corridoio regnava il totale silenzio.

Il trio si lanciò occhiate di fuoco, provocandosi prima col linguaggio del corpo, cercando di prevedere la mossa dell'avversario.

La tensione era tale da potersi tagliare col coltello.

«No!» urlò ad un tratto una voce.

Lily si fece largo fra la folla di studenti riunita a cerchio attorno ai tre, posizionandosi fra di loro.

«Cosa state facendo?!» sbraitò.

Gli occhi di tutti si posizionarono su di lei.

I capelli erano arruffati per la corsa, le guance arrossate e gli occhi socchiusi, le mani sui fianchi strette a pugno, e le gambe leggermente divaricamente, coi piedi ben piantati a terra.

La sua tipica posizione quando era arrabbiata.

Purtroppo, Severus l'aveva vista tante volte in quello stato.

James fu il primo a ritirare la bacchetta.

«Niente Lily. Noi, ecco...» cominciò in segno di scuse.

«Niente di serio, veramente.» continuò Black, abbassando lentamente la bacchetta.

«Un du-duello amichevole, da-davvero...» provò Pettigrew, pentendosi all'istante di aver parlato. Lily gli lanciò un'occhiata di fuoco, la lanciò a tutti.

«Non succede niente, Lily, davvero. Fidati di me.» disse James.

Severus odiò il modo in cui disse "Lily". E anche "Fidati di me".

«Zitto tu!» urlò Lily. Poi il suo sguardo si puntò su Severus.

«Severus?» domandò, come fosse una madre che sgridava il suo bambino.

Il suo cuore fece una capriola.

Da quanto tempo non lo chiamava per nome? Uno, due anni forse?

Si obbligò di mantenere l'aria fredda e distaccata.

«Hanno cominciato loro.» mentì.

«Severus smettila.» disse lei, facendo un profondo respiro.

Lui la guardò, desiderando con ogni centimetro del suo corpo di toccarla, chiederle perdono con baci, carezze delicate... mentre conteneva la sua figura in una rabbia man mano crescente verso Potter.

«Smettila di infastidire chi mi sta intorno. Lasciami stare. Lasciaci stare tutti.» sentenziò, lo sguardo severo e determinato.

Il dolore fu atroce.

Lei stava dalla loro parte.

Lily lo guardò ancora un attimo, come aspettandosi una risposta, poi si voltò. Scoccò un'ultima occhiata a Potter, poi se ne andò, seguita a ruota dalla Macdonald.

«Sei proprio un pezzo di troll.» commentò abbattuto James, guardando Sirius.

«Sì, come lui.» Black indicò col mento Severus, poi si voltò portandosi dietro Pettigrew.

Lupin li guardò un attimo, poi seguì gli altri.

Rimasero soli.

Potter si passò una mano fra i capelli, imbarazzato.

«Snape, io...»

Severus si voltò, e attraversò di corsa il corridoio.

Non gli avrebbe permesso di finire la frase.

Non voleva la sua commiserazione e la sua comprensione.

Non voleva le sue scuse.

Non voleva causare pena a James Potter.

Faticava a muoversi, ciò che gli aveva detto Lily lo aveva distrutto, ma non si arrese.

Svoltò nel corridoio, rimanendo solo.

Ma aveva ancora una missione da compiere, adesso ancora più motivata di prima.

Invece di dirigersi nei sotterranei, verso la Sala Comune Serpeverde, imboccò le scale verso la Sala Comune Grifondoro.

Come se non sapesse dove fosse. Mille e mille notti l'aveva seguita, desiderando di sfiorarla, toccarla, dormire con lei, farle compagnia, abbracciarla, accarezzarla, baciarla, fino a che lei non si fosse addormentata fra le sue braccia.

Entrò in un aula e prese un foglio bianco, poi con una penna scrisse in grafia gentile.

Ti aspetto a mezzanotte nell'aula di Storia della Magia.

Piegò il foglio a forma di aeroplanino di carta, scrisse lentamente e con cura "Lily" e si accostò dietro una colonna, poco distante dal quadro della signora grassa.

James arrivò al passaggio segreto strisciando i piedi e sospirando. Il manico della bacchetta spuntava dalla tasca posteriore dei pantaloni, e la cravatta legata sulla testa a mo' di fascia penzolava abbandonata sul suo viso stanco.

Si avvicinò al ritratto e disse la parola d'ordine (bezoar), e il quadro si spalancò, rivelando un passaggio seminascosto nell'ombra.

Da dentro, provenì rumore di scoppiettìo di fuoco e odore di legna bruciata.

Severus soffiò sull'aeroplanino di carta, indirizzandolo verso la camera di Lily, e lo osservò prendere il volo.

Questo fece un veloce giro su se stesso, poi entrò nel quadro poco prima che ques'ultimo si chiudesse, dunque la visuale fu completamente offuscata.

Severus rimase da solo al buio, di fronte al quadro della signora grassa.

Trattenne il respiro.

Cosa aveva fatto?

E se lo avesse letto?

Se fosse venuta?

Se non fosse venuta?

L'ansia gli divorò lo stomaco e il petto, mentre delle leggere vertigini gli solleticarono la testa.

Non avrebbe dovuto farlo. Non dopo averla delusa.

Oramai, però, il dado era stato tratto.

Sospirò, cercando di rimanere lucido.

Non poté far altro che dirigersi verso l'aula di Storia della Magia, ed aspettare.

Era in preda all'ansia, e non riusciva a stare fermo.

Camminava avanti e indietro sfregandosi le mani in un movimento nervoso.

Guardò l'ora: le undici e quarantaquattro.

Non poteva presentarsi in quello stato di fronte a lei!

Aveva i capelli arruffati, la divisa sgualcita dal legno dei banchi rotti, le mani sporche di gesso.

Era fuori di sé, aveva perso ogni facoltà mentale per via di Potter.

Non sarebbe riuscito ad affrontarla.

Si sedette nell'angolo più buio, cercando di mantenere la calma.

La luce della luna piena attraversava i vetri spessi e impolverati dell'aula, cadendo a terra, e rendendo l'intera stanza di un colore azzurrognolo tendente al nero.

Non era proprio un'atmosfera romantica.

L'orologio segnò mezzanotte meno cinque.

In quel momento la porta cigolò, e alla luce forte del corridoio si stagliò un'ombra scura dalle fattezze umane.

«James?» domandò la voce di Lily.

Severus si pietrificò.

Davvero lei si aspettava che ci fosse Potter, in quell'aula?

Era davvero quello il suo desiderio?

Lei voleva... Potter?

Severus represse un singhiozzo. Non poteva fargliene una colpa.

Anche se forse lei preferiva Potter, era comunque una dolce ragazza, brillante, eppure infantile, fragile... facilmente condizionabile.

«James? Dove sei?» chiese ancora lei.

Eppure quel nome detto da lei fu una pugnalata al cuore. Avrebbe tanto preferito morire, piuttosto che sentirsi dire da lei che preferiva Potter.

Non si sarebbe alzato. Non sarebbe uscito dall'ombra, non si sarebbe fatto vedere.

Non ce l'avrebbe fatta.

Trattenne il respiro.

«Jem ti nascondi?» chiese Lily ridacchiando. Socchiuse la porta, poi prese la bacchetta, e sussurrò «Lumos».

La figura di Severus si illuminò.

Aveva dimenticato quel piccolo particolare: la bacchetta.

«Sev?» domandò immobilizzandosi. Lo studiò con circospezione, mentre il suo sguardo si mutava velocemente da innamorato a indispettito.

«Lily.» disse Severus, avanzando verso di lei. Non sapeva bene cosa stesse facendo, il corpo si muoveva da sé, e lui non poteva fare altro che osservare gli sviluppi di quell'enorme malinteso.

«Cosa succede? Cosa vuoi?» chiese lei, indietreggiando, tenendo ben puntata la bacchetta verso di lui.

Severus capì che non ci avrebbe pensato due volte a disarmarlo, nel caso lui avesse cercato di farle del male.

Ma lui non le avrebbe mai fatto del male.

Mai.

Si avvicinò ancora, lentamente, un passo dopo l'altro, silenziosamente.

Lily indietreggiò ancora, mentre la mano cominciava a tremare fievolmente.

«Severus ti avverto, se cerchi di farmi del male...» disse, la voce tremolante.

«Sst.» la interruppe lui. In quel momento tutto il coraggio che non aveva mai avuto fuoriuscì con una tale forza da renderlo invincibile a qualunque accusa, immutabile a qualunque provocazione, insensibile a qualunque rifiuto.

Si ritrovò a pochi centimetri da lei.

Le punte dei loro piedi si toccavano.

La bacchetta di lei, legno di salice, puntava forte contro il suo petto.

Il respiro di entrami era irregolare e agitato. Malgrado ciò, Severus dovette ammetterlo con se stesso, sembrava padrone della situazione, sicuro di sé e coraggioso.

Come un vero Grifondoro.

«I-io...» cominciò lei.

L'orologio scoccò la mezzanotte, e il dong della campana annunciò il 25 Dicembre.

«Buon Natale, Lily.» la interruppe Severus. Con una mano spostò la bacchetta, l'altra la portò dietro la nuca di Lily, accostò il suo viso al suo, e le loro bocche si incontrarono.

Fu uno scontro emozionante, inaspettato, improvviso.

Fu lento, dolce, romantico.

Contrariamente a come si aspettava Severus, Lily ricambiò il bacio. Non seppe con certezza se ne fosse felice o meno, ciò che ambiva da tutta la vita stava finalmente succedendo, e si lasciava trasportare dalle emozioni.

Con gli occhi chiusi, premendo il viso di lei contro il suo, sfogava tutto il desiderio, l'amore, il dolore, il rifiuto e la frustazione in quel bacio umido.

C'erano lacrime.

Le sue di lacrime. Lily piangeva.

Fu un attimo.

Le loro bocche si erano appena incontrare, e lei piangeva.

O forse erano passate ore, e lui non se n'era reso conto.

Affamato, disperato, non era riuscito a focalizzare tutto ciò che aveva sempre sognato di provare, si era sfogato, e non aveva pensato a lei.

Lei. Lily. Quella stessa ragazza che aveva sempre sognato al suo fianco, ora era fra le sue braccia, tremolante, debole, scossa dai singhiozzi.

Severus si allontanò da lei, ma rimase comunque abbastanza vicino da poterle contare le lentiggini sul naso, e sentire il suo profumo.

Appena si staccò, appena vide il viso di lei, capì di aver fatto uno sbaglio.

Un enorme, terribile sbaglio.

Le aveva distrutto il cuore.

Ci aveva giocato, lo aveva spento.

Le aveva fatto male.

Molto più male di quanto gliene avrebbe fatto James Potter.

Lui, che aveva promesso di amarla sempre, di proteggerla, di salvarla, era stato il primo a farla soffrire.

Lily singhiozzò.

«Sev...» mormorò, gli occhi pieni di lacrime, le labbra arrossate.

«No.» mormorò Severus. Il rimorso aveva appena cominciato a divorarlo. «No. Lily. Sono terribile. Sono un mostro.» disse lui. Il suo sguardo era incollato agli occhi di lei.

In quei pozzi verdi come gli alberi in primavera c'era qualcosa che non aveva mai visto.

C'era così tanto dolore.

Fece due passi indietro, allontanandosi da lei.

Aveva sbagliato tutto.

Lily si strinse il petto fra le braccia, tremante, il corpo scosso dai singhiozzi.

In quella divisa dai colori rosso e oro, sembrava così fragile e piccola.

Una bambina.

«Mi dispiace Lily.»

Lei singhiozzò ancora.

Puntò la bacchetta verso la sua figura. Verso la sua Lily.

«Ti amo Lily. E sempre ti amerò. Voglio che tu lo sappia.» disse Severus.

Le lacrime minacciarono di scendere, ma no. Doveva essere forte.

Era un mostro.

E i mostri non piangono.

Lily chiuse gli occhi.

E anche lui lo fece.

«Oblivion» sussurrò.


------spazio autrice-----

è la prima volta che uso le virgolette per aprire il discorso, ma se non sbaglio avevano riscorso un problema tempo fa, quindi se avete problemi nel leggere i dialoghi ditemelo nei commenti!



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