2.backerville


Backerville



Irlanda, Contea di Backerville.


L'aria allegra e fresca alimentata dalla cocente luce del sole – che mi provocava un leggero fastidio agli occhi- rianimava in me quei sentimenti che per molti anni avevo tentato di nascondere.

Si faceva largo in me la sensazione di essere giunta finalmente a casa, di aver ritrovato finalmente la quiete, la mia destinazione. Però d'altra parte riaffioravano in me ricordi ripugnanti e disastrosi.

L'uomo con il bastone mi teneva per il braccio quasi per paura che io potessi  tentare in una possibile fuga, oppure per sorreggere questo corpo – il mio corpo- ormai malandato.

Erano anni che non uscivo dal quel mio cubicolo, che per me, rappresentava la mia protezione e le ossa del mio corpo non erano abituate a camminare per una certa distanza. Affondai il viso sul cappuccio nero che mi copriva l'estesa cicatrice sulla guancia destra, e cercavo di coprirmi quanto era più possibile gli occhi doloranti a causa della troppa luce che illuminavano le strade di Backerville.

L'immagine di una bambina mi apparve all'improvviso e vidi quest'ultima correre sorridente, mentre i lunghi capelli neri – legati da due piccole treccine- le ricadevano sulla schiena.

Era spensierata, allegra e piena di sogni e speranze. Desiderava vivere una vita felice, di sposarsi e avere un'infinità di figli. Voleva innamorarsi, magari del vicino di casa o magari di un compagno di scuola, voleva sperimentare quei sentimenti così passionali, così delicati e forti di cui tutti parlavano.

Osservare le amiche tenersi mano nella mano con il loro ragazzo le provocava invidia nel petto, una profonda invidia e un profondo dolore.

Perché lei non poteva avere la stessa fortuna? Perché era così diversa dalle sue coetanee?

La piccola Isibèal aveva sempre pensato di essere un'inviata di Dio e che al compimento della maggiore età sarebbe stata destinata a grandi cose.

Chi mai poteva immaginare quale sarebbe stato il suo destino?

Nessuno, nemmeno lei.

L'uomo con il bastone non aveva lasciato ancora la presa contro il mio braccio che, tra l'altro, cominciava a farmi male. L'espressione disperata aveva ormai abbandonato il suo viso, ma lo vedevo visibilmente agitato.

«Signor Conte?» una voce arrivò alle nostre spalle. La sua proprietaria era una ragazza, per lo più una ragazzina, che con espressione affabile e intimidita iniziò a parlare. «Non vi abbiamo più visto a Backerville. Non sapete quando siate mancato a tutti noi, soprattutto la piccola Dáire , sapete quanto quest'ultima straveda per voi.»

L'uomo – il cui nome mi restava ancora anonimato-  si tolse il capello e le sorrise lasciando ricadere il bastone sulla porta di legno di una casa. Quest'ultima era estremamente di piccole dimensioni e a giudicare dalle finestre sporche e il tetto mezzo spezzato, non erano ridotta nelle migliori condizioni.

Rivolgo di nuovo lo sguardo verso la ragazza che credo si chiami Fiona – o almeno da ciò che avevo sentito nella conversazione che i due stavano intrattenendo.

Portava un taglio di capelli corto, ricci e biondi che le ricadevano sul collo esile e abbastanza abbronzato. Le ciglia folte danneggiavano le labbra sottili e i suoi brillanti occhi verdi. Quest'ultima rivolse lo sguardo verso di me incastonando i suoi occhi smeraldo verso la mia esile figura, mentre cercavo di nascondere la mia presenza quanto più mi era possibile.

Ero diventato abbastanza brava ad estraniarmi dalla vita naturale, avevo imparato a camminare a passi lenti e silenziosi, non tossivo mai, non emettevo strani suoni con la bocca o con le mani.

Mi annullavo completamente al mondo che mi circondava.

«Conte chi è la donna che ha l'onore di accompagnavi nella vostra passeggiata mattutina?» chiese Fiona rafforzando lo sguardo verso di me non lasciandomi via di fuga.

«E' una mia lontana cugina.» sintetizzò l'uomo afferrandomi la spalle e nascondendomi dietro di sé. «Mi spiace terminare così bruscamente e velocemente una così cara conversazione, sapete quanto adori passare il tempo con voi, ma ho dei doveri da svolgere e uno di questi è portare mia cugina a visitare l'Irlanda.»

Fiona arrossì alle sue parole mordendosi le unghie con fare agitato, mentre incrociava le gambe dondolandosi con il corpo emozionata.

«La prossima volta, allora, continueremo la nostra conversazione» chiese.
L'uomo con il bastone si ripone il capello sulla testa e abbassandolo come segno di saluto, accennando successivamente un mezzo sorriso per poi dirigersi verso la strada.

   






Conte di Backerville




Il cammino verso la villa era stato silenzioso a causa della poca parlantina della mia accompagnatrice e dalla mia poca affabilità con le persone. Le sue mani minute erano appoggiate sul mio braccio utilizzato quasi come sostenimento, nonostante il mio difettuccio al piede sinistro.

Fin da quando era un fanciullo avevo riportato questo grave problema di storpiatura, che mi portava a zoppicare. Ero diventato quello che le persone definivano: essere imperfetti.

Gli esseri imperfetti erano coloro che non erano stati accettati completamente della natura, anzi quest'ultima li prende in giro facendoli diventare un qualcosa di inadatto al genere umano.

La natura, infatti, genere intorno a sè delle piccole illusioni ingannando l'uomo terreno illudendo che nella vita ci sia speranza, pace e tranquillità. Ciò che non sapevano però che la natura era matrigna pertanto inganna i propri figli abbandonandogli nella disperazione più totale.

Il mondo era crudele contro gli imperfetti definiti inadeguati, inaccettabili in questo tipo di mondo fatto di dolore e sofferenza, ma soprattutto di crudeltà.

Diventare Conte era diventato un grande traguardo per me, era diventato il mio riscatto più grande e la dimostrazione che noi essere imperfetti eravamo parte di questo mondo, con tutti i nostri disagi.

E per questo motivo che mi prendevo cura di lei. Così fragile, così sofferente e così imperfetta. L'enorme cicatrice – che le aveva deturpato il gracile visino – si intravedeva dal cappuccio nonostante cercasse, spesso, di nasconderla.

Però, come la mia storpiatura, avrebbe fatto parte della sua vita per sempre. Era ormai diventata parte di sé.

E nonostante gli anni passati non riusciva ancora ad accettare la sua condizione, non riusciva ancora a dimenticare il passato e lui non riusciva ancora a dimenticare.

D'ora in avanti avremmo condotto la nostra vita in Irlanda, dove tutto era iniziato e dove tutto sarebbe terminato.

Prima o poi lui saprà della nostra fuga e verrà a prenderci.

Osservo di sott'occhi il suo volto impassibile, quasi senz'anima, anche se per tutti questi anni avevo imparato a decifrare quel corpo privo di qualsiasi espressione.

Adesso si morde le labbra pertanto era agitata. Probabilmente perché si trovava in quella città, la sua città natale, dove aveva vissuto i ricordi più disastrosi della sua esistenza.

O forse perché avvertiva la sua presenza.

Con gli anni avevo imparato ad affidarmi al mio istinto che con il tempo si era affinato diventato quasi per lo più infallibile. Pertanto questa volta non mi lascerò cogliere impreparato. Era arrivato il momento di eliminare la bestia.








So cosa state pensando: non dovevi aggiornare a Gennaio?
Diciamo che l'idea iniziale partiva da questo punto, ma sono arrivata alla conclusione che a causa di mancanza di tempo non avrei mai potuto terminare Abissi per quell'arco di tempo richiesto e quindi mi sono domanda : perché non mandare avanti quest'opera?
Mi scuso per gli eventuali errori che troverete e spero che nonostante ciò la storia vi appassioni.
Un ultima cosa... premetto che la mia storia è frutto di fantasia come le città e l'epoca dove i nostri protagonisti svolgeranno le loro azioni. Bacini. :*

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