1. Nessuno merita di incontrare uno come te

https://youtu.be/N8fa7wSgfdk

Il freddo era l'ultimo presente che mi rimanesse. Il mare mi avrebbe inghiottito, era stata una mia scelta e nemmeno volendo mi sarei potuto salvare.

Desideravo solo morire in fretta per porre fine ai miei errori.

Ero uscito da casa e solo Acciuga, il mio cane, aveva abbaiato e morsicato per impedirmelo in quella notte di marzo.

Un inverno così rigido non c'era da settant'anni e quella stranezza si era materializzata una mattina in un baluginare vetroso tra le pietre di via Garibaldi, quella del lungomare, che fece fermare più persone a domandarsi se quella visione fosse la famosa brina di cui parlavano gli abitanti del Nord Italia. Le pozzanghere ghiacciate erano una novità per Camogli, come le nuvolette di vapore acqueo che si allontanavano dalla bocca e che perduravano anche all'ora di pranzo o l'uso contemporaneo e massiccio di sciarpe, cappello, guanti e calzettoni spessi di lana.

Assassino.

Mentre camminavo verso il faro, la voce della città si fece sentire.
Trasudava dai muri colorati in verde, arancio, rosso delle case alte che rendevano famosa la città, le quattro esse di quella parola si incarnavano probabilmente dai pensieri dei suoi abitanti, erano varie, mutevoli, a volte sibilanti come vipere, altre dolci, cantilenanti come il nostro dialetto, ma mai dure. 
L'accusa lo era già di per sé stessa, scandita con deliberata lentezza, riusciva a rotolare dalle scale ripide dai gradini stretti delle abitazioni, si gonfiava come un'onda nelle viuzze di pietra e, quando si accingeva a pungolarmi l'orecchio, lo faceva imitando la coda articolata degli scorpioni. 

La città parlava solo a me, non la sentiva nessun altro. Non ero pazzo, non lo sono mai stato nonostante le dicerie della gente... i folli sono ben altri. Ero diverso, è vero, fin da bambino avevo interessi differenti da quelli degli altri e così facevo cose che altre persone non prendevano nemmeno in considerazione, ma questa non è pazzia.

Assassino.

Non smetteva mai di accusarmi. La voce poteva diventare un sussurro, urlare, ma mai si era zittita in quegli anni dopo la tragedia. Avrei dovuto imparare a ignorarla, ma lei diceva cose nuove ogni giorno. Un tarlo diverso per ogni sorgere del sole.

La voce si era fatta viva anche quando il cuore di mia madre non aveva retto. Se ne era andata una settimana prima, nell'unico pomeriggio in cui sembrava che l'inverno avesse trovato fine. Mi aveva guardato con occhi di vetro, mi aveva sorriso, era l'unica a farlo da anni, voleva dire qualcosa, ma la bocca le era rimasta socchiusa, come se stesse baciando qualcuno. 

L'avevo seppellita quella mattina e nessuno dipendeva più da me. Nessuno.

Nemmeno la mia Lara.

Oramai conoscevo solo l'assenza di Lara, i miei sogni avevano viaggiato su tristi rotte in cerca di un approdo, ma senza di lei non avevo più nessuno a guidare la mia vita. Nessuno sapeva cosa provavo ad aver perso la mia bussola nel mondo, il dolore pungente di dover restare diviso dai battiti del suo petto e la malinconia di non poter più sentire le stagioni nei suoi respiri. Non eravamo assieme da così tanto tempo che ne ricordavo il viso solo perché avevo delle fotografie e non perché il suo sorriso potesse intrecciarsi col mio nel quotidiano.

Mentre camminavo verso il porto, al chiarore dei lampioni, la memoria della voce di Lara mi accarezzava con le sue erre arrotondate e il suo cantilenare, sovrapponendosi a quella della città, zittendola quasi. Quasi! 

Passai davanti al peschereccio comprato dopo la tragedia, dissi addio al fetore ammoniacale dei pesci che mi aveva dato da vivere, poi puntai al faro, camminando sul molo esterno. L'odore del pescato eviscerato si mescolò a quello del tek, del gasolio e della focaccia. Ero distante da focacciai e panettieri eppure avvertivo il profumo che si sente solo in Liguria, quello tipico dell'impasto della preparazione più semplice e difficile al mondo, quello che si può fare solo lì, con l'acqua un po' ferruginosa delle mie montagne, l'olio spremuto dalle olive taggiasche, il grano antico e il sale del mio mare, il più salato del Mediterraneo.

Forse il mio ultimo pasto avrebbe dovuto essere un pezzo di focaccia, da morto mi sarebbe mancato il suo sapore, invece avevo mangiato altro, non riuscivo nemmeno a ricordare cosa.

Una raffica di vento gelido spirò dal mare, l'acqua era più fredda della media di cinque gradi e presto l'avrei provata sulla mia pelle. Forse avrei dovuto pregare.

Ero incapace di farlo, del resto cosa avrei potuto chiedere? Di sedare il dolore? Di ridarmi Lara? Quale dio l'avrebbe resuscitata per me? 

Solo la morte avrebbe cancellato la mia colpa. Stavo pagando il fio alla città di Camogli, a suo padre, a tutti quelli che l'avevano amata.

Il tuo sangue non la riporterà in vita.

Per Camogli ero l'assassino di Lara. 
La voce poteva essere tante cose, ma non era mai bugiarda. Purtroppo diceva la verità e io non la volevo più sentire!

Tu l'hai uccisa.

Chiunque l'amava. Aveva sorpreso tutti quando si era innamorata di me. Aveva sorpreso anche me. Quando passeggiavo con lei al mio braccio potevo scorgere le persone scuotere la testa e sollevare le spalle sgomente per quella che consideravano una vera follia.

«In te c'è il mare» mi baciava e le onde danzavano in me.

Giunto alla fine del molo, mi spogliai. L'aria gelida ferì la pelle, i peli si irrigidirono quando posai i piedi sui massi umidi usati come frangiflutti. Saltando sulle rocce squadrate, giunsi al faro che delimitava l'ingresso al porticciolo e indicava la via ai naviganti: sembrava volermi chiedere qualcosa anche lui.  

Cosa stavo facendo? 

La paura mi catturò, ma raggiunsi ugualmente una roccia prossima al mare e mi tuffai.

Non volevo sentire nulla in quegli ultimi attimi.

Mi si bloccò il diaframma, ripresi a respirare poco dopo mentre il cuore martellava nel petto. Mille spilli mi pungevano la cute, la mascella si sporse in avanti e le narici si allargarono. I denti si strinsero per iniziare a battere, erano i tamburi che venivano suonati per aumentare il pathos in procinto delle esecuzioni capitali. 

Avrei esalato l'ultimo respiro da lì a mezz'ora secondo i miei calcoli. 

Al momento della morte volevo solo incontrare Lara. Mia madre. Pietro.

La terraferma sembrava lusingarmi per ripensarci.

Forse non avevo coraggio di uccidermi.

Poi trovare  la playlist cercando "Andelon Curse Iridescente" su Spotify oppure coi seguenti codici:

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