Prologo - parte3

Io, Silvia e Farol allacciamo le cinture e metto in moto l'auto. Lo stiamo portando a scuola per davvero. Più me lo ripeto e più la cosa sembra assurda. Una fata, beh un bambino fatato, che va in una normale scuola pubblica. Per fortuna che non ha lo stesso carattere di Anfion, altrimenti ne sarebbero usciti tanti guai.

"Mi raccomando, - Dico guardandolo dallo specchietto. – Non farti scoprire. Altrimenti sarà un bel problema da mettere a posto."

Silvia, accanto a me, annuisce apprensiva e si volta a guardarlo.

"Non dovete preoccuparvi, so tutto dei bambini umani. Ho visto tutti i loro cartoni animati, sarà facile."

Dice tutto convinto, come se avesse scoperto chissà quale segreto.

Io e Silvia ci guardiamo preoccupate, sospiro.

"Dovrò rispolverare qualche vecchio incanto, sperando che basti. In ogni caso, ripetici per l'ennesima volta quanto ci siamo detti." Dico perplessa tornando a guardare la strada.

"Ancora! – Protesta sonoramente. – Bene, che bacca! Mi chiamo Fabio, ho sette anni e mi sono trasferito qui dal Piemonte. Vivo con mia zia Silvia perché i miei genitori se ne sono andati a fare un lunghissiiiiiimo viaggio di studi antropologici in giro per il mondo. Mi mancano un po'. In ogni caso mi piace disegnare e vorrei imparare a suonare qualche strumento. Ah già... Ho sentito dire che se dico che mi piacciono i videogiochi farò amicizia più facilmente." Dice con fervore.

"Togli la questione dei genitori che ti mancano, non sei credibile. E poi... sai almeno che cosa sono i videogiochi?" Chiede Silvia intuendo il pericolo.

"Oh... Beh... Sono degli apparecchi che ti fanno giocare stando seduto. Non sembrano molto divertenti."

"Lascia stare Farol, è troppo strano detto da un bambino della tua età. Dì piuttosto che ti piacciono le piante, o i fiori, le erbe. Sei più credibile." Commento sempre più dubbiosa.

"Ma quello è vero." Puntualizza.

"Appunto. Non devi mica dire solo le cose finte!" Si agita Silvia.

La scuola di Cord'arco non è molto distante e dopo qualche minuto trovo parcheggio. Mettiamo tutti e tre le mascherine, Farol prende lo zaino e ci avviamo verso il grande edificio affiancato da un viale alberato.

È pieno di bambini assonnati, oppure già troppo esuberanti, accompagnati da svariati genitori in apprensione per tutto.

"Fa il bravo Fabio, comportati bene e rispetta le regole." Gli dice Silvia.

Farol rotea platealmente gli occhi, ma non commenta.

Aspettiamo che aprano e che arrivino le maestre e preoccupate lo lasciamo andare con la sua classe.

"Credo che questa sia stata l'idea più brutta che potesse venirci in mente." Dico a Silvia.

Rimaniamo ancora un po', poi entrano tutti e ce ne torniamo a casa.

Non facciamo nemmeno in tempo a ritornare alla Depandance di Villa Strega, che già Anfion è lì in attesa, nero in viso e stizzito come non mai.

"Com'è andata?" Chiede seguendoci mentre entriamo.

"Bene, - Dico. – Dipende tutto da Farol ora."

"Quando tornerà qui mi sentirà, eccome! Sua madre lo ha affidato a me, a me!" Protesta.

"Smettila Anfion... Lo sappiamo entrambe che avresti voluto accompagnarcelo tu, ma se lui non ha voluto..." Commenta Silvia.

"Bah, vi fate tutti troppi problemi! Che cosa sarebbe successo se fossi venuto anch'io? Sarebbe caduto un albero?" Detto ciò continua a rimbrottare.

Ad un certo punto perdo la pazienza ed esclamo: "Anfion, basta! Non è poi così grave. Vai a fare le tue faccende domestiche, non vorrei dire alla cara Aletheia che non rispetti gli accordi!"

"Benedette Regine!" Esclama, andandosene a fare le sue pulizie.

Silvia è già andata nella sua biblioteca a studiare, mentre io decido di farmi una spremuta prima di vedere come se la stanno cavando Annanel ed Asiolir con la Mancor.

Raggiungo allora il laboratorio di mia figlia, mentre finisco di bere e già comincio a preoccuparmi. Sento provenire strani suoni musicali dall'interno e c'è qualcuno che canta in una lingua orientale... Temendo un qualche maleficio irrompo all'interno e mi ritrovo in un ambiente così fumoso che pare una nebbia. L'odore di incenso è micidiale ed apro le finestre con un incanto. Annanel ed Asiolir sono sedute sul pavimento a gambe incrociate, braccia rilassate ed occhi chiusi.

"Che state combinando?" Chiedo infastidita.

"Stiamo meditando, madre. Non lo vedi?" Risponde Annanel tenendo gli occhi chiusi.

"Meditare?! Non dovevate occuparvi della Mancor?!" Esclamo.

Asiolir mi fissa preoccupata, forse a motivo dei miei occhi fiammeggianti.

"Non ci si riesce. Così ho pensato che fosse utile fortificare prima lo spirito. Le energie che stiamo accumulando ci aiuteranno a risolvere ogni avversità." Dice imperturbata mia figlia.

"Oh! È questo che fate voi Sibille? Meditare? Temporeggiare? Noi fate siamo molto più pratiche. Vieni Asiolir, ti insegnerò io qualcosa stavolta." Sibilo.

Asiolir sussulta preoccupata e si alza subito in piedi.

"Noi Sibille non abbiamo scatti d'ira, teniamo a freno gli spiriti." Commenta Annanel.

Per tutta risposta esco, seguita da Asiolir e chiudo la porta con energia.

"Fra voi ed Anfion non so chi buttare fuori dalla finestra!" Sbuffo contrariata.

Mi avvicino alla porta della Mancor e sciolgo l'incantesimo.

"Che cosa vuoi fare?" Chiede Asiolir preoccupata.

"Dargli una sistemata, fargli un bagno e sistemare quella zazzera da eremita del deserto."

Entro rapida, getto un incantesimo alla Mancor e lo costringo ad entrare nel bagno.

"Taglia, lava e pulisci / accorcia, insapona e profuma / ogni sporcizia e puzzo bandisci."

Asiolir mi segue subito nel canto e sfidiamo gli occhi di fuoco della Mancor.

Protesta sonoramente, continuando ad esclamare: "Freccia d'argento, Freccia d'argento!"

I suoi sibili valgono a poco e finalmente cede lasciandosi lavare.

Asiolir continua a guardarci preoccupata, come se temesse anche da me una reazione simile alla Mancor.

A conclusione del lavoro mi posso ritenere soddisfatta. Ora finalmente scorgo il giovane ragazzo che sta dietro a quella creatura. Lo si potrebbe definire quasi grazioso, se non fosse per quegli occhi così incandescenti, verde e rosso. Fatto questo mando via Asiolir, gli faccio indossare vestiti puliti e lo riporto nella camera.

"Spero almeno che ora tu stia meglio." Dico guardandolo rintanarsi sotto al suo letto.

"Freccia d'argento!" Intuisco che voglia dirmi che stava meglio prima.

Esco dalla stanza e impongo di nuovo gli incantesimi.

"Fatta anche questa. A pranzo ti aiuterò io Asiolir, ma voglio che sia tu ad avere l'iniziativa."

"Certo. Come vuoi." Annuisce tesa.

"Non avere timore di lui, non è poi così cattivo ora, ha solo il triplo della tua paura, ma non ti farà del male." La incoraggio.

Asiolir se ne va, per nulla convinta delle mie parole, sospirando. Raggiungo allora il mio studio e mi lascio andare stremata sulla poltrona davanti al tavolo con sopra il portatile.

Lo accendo e mi metto al lavoro. Dopo diverso tempo mi ricordo di guardare le mail e lo faccio subito, emettendo purtroppo un lamento dalla frustrazione. Cinque mail senza mittente, con il solito oggetto: "Cerchi un edificio medievale? Ho quello che fa per te!"

La apro e leggo:

Di finestre gotiche sono ornata

Di rosso, di giallo e di blu a paste vitree decorata

Chiediti pure dove mi celo,

molto vicina ti svelo.

Come mi piace la vita di casa ai tempi del virus. Quanti buontemponi che ci sono per il mondo!

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