2- Presta attenzione al tempo in azione (p4)
La soffitta è il luogo ideale per una sibilla, perché per certi versi assomiglia ad una grotta. Nessuno verrà mai a chiederti il motivo di un tale disordine, non quando si tratta del tuo di disordine. Un infuso molto potente è quasi giunto a cottura e spero di non doverlo mai usare, ma nell'antro dove sto per recarmi... non si può mai sapere. Le basi segrete delle Sibille sono delle cittadelle sotterranee ognuna governata da una Sibilla Arcana, donne antichissime che hanno vita fin dai tempi del mito, simili a farfalle, o meglio a falene monarca in un covo di vipere. Le vipere fra loro sono nocive, si azzannano, ambiscono alle ali, ma le falene sono le più velenose di tutte, anziane trionfatrici, potenti, capaci di uccidere con un solo sguardo. Nessuna si riconosce laggiù, ognuna ha nomi falsi, finte identità, teniamo celato per ordinanza il nostro vero io, come anche il nostro vero nome. Nessuna verrà mai a chiederti i tuoi segreti, ma tutte li cercheranno e scoprendoli li useranno contro di te. È meglio quindi essere preparate e, versata la pozione in ampolline affusolate, le sigillo per poi assicurarle alla cintura, nelle tasche segrete delle maniche ed in quelle delle brache sotto le gonne. Ho scelto un abito blu di seta con riflessi violacei, bordato alle estremità con viticci d'uva dorati. Indosso anelli, collane, orecchini e bracciali perché le sibille tra loro ostentano potere, ricchezza e capacità d'intelletto. Ho già pronta la mantella nera, il medaglione di Sibilla Maggiore in cristallo e la mia famosa maschera nera a campanelle d'argento, che imitano il suono del serpente a sonagli. Ho tutto pronto e fra poco mi trasformerò nella vecchia Annanel ed il mio nome sarà Prisca. Qualunque fata avrebbe tremato all'apparire di una Sibilla abbigliata come me, eppure io non sono una delle Cacciatrici. Nessuno sa che mia madre è una fata, Melista per di più, che aveva già fatto parlare di sé ai suoi tempi.
In ogni caso l'unico modo per non irritare una Sibilla è non mettere il naso nei suoi affari e nei suoi territori.
Metto la lettera che ho preparato per mia madre in una busta e la posiziono sul letto in bella vista assieme ai miei taccuini della memoria e spero che possano esserle di conforto. Torno al cavalletto in mezzo alla stanza, dove ho posto il mio dipinto della pianta dell'antica Cordarcalaen, ed intingo il pennello nel magico pigmento chiaro di luna e scrivo l'incanto sul cartiglio vuoto perché lo sappia anche mia madre. Devo provarlo e canto sicura della stanza dei fiori, il mio antico studio e camera. La mia stanza è l'unica reale in questo regno dipinto, ma nessuno riuscirebbe a capirlo, a meno che non sia io a rivelarglielo. Apro un cassetto segreto della scrivania ed estraggo un rametto d'oro, anzi il rametto d'oro, e me lo infilo in una tasca segreta dell'abito. La nostra Arcana è la Sibilla Cumana ed al suo antro è permesso l'accesso soltanto a chi ha questo gingillo... Perderlo equivale alla propria rovina personale e se cadesse in mani sbagliate sarebbe un disastro clamoroso, equivalente alla rivelazione del nostro ordine, equivalente all'esilio ed alla privazione dei poteri. Esco dall'incanto del dipinto e rimango per un po' ad assaporare l'odore delle erbe nell'aria. Prendo allora un barattolo di un pigmento terroso e spargo dei granelli alle finestre e ai lati della porta. Solo io o mia madre possiamo ora entrare... E' una piccola precauzione, ma di questi tempi occorre essere cauti. Mi guardo attorno, tolgo alcune cose appese alla parete e me le metto in una borsa nascosta in vita. Bene, ho tutto...
Prima di andarmene prendo un telo, copro il cavalletto, lascio la luce accesa e chiudo la porta. Mia madre non sospetterà di nulla fino a che non sarò troppo lontana per venire a cercarmi. Mentre scendo le scale indosso il mantello nero e con il medaglione ancora fra le mani raggiungo il salotto. Come ho previsto mi trovo davanti la Mancor con un aspetto minaccioso. Mi ringhia contro, ma ha più paura che altro e nella sua condizione attuale non mi può nuocere in alcun modo, anche se può farlo agli altri...
"Comprendo il tuo timore, ma non sono io la causa della tua condizione. Sono l'unica Sibilla di cui ti puoi fidare, quindi abbi fiducia in me e se non riesci ad averne abbiane almeno in mia madre. Se ti sforzassi dovresti riuscire a parlare più delle due parole che continui a ripetere. Se odi anche me sappi che sto andando là per cercare di aiutarti... Resta in casa, non uscire di nuovo se senti delle Sibille in azione, abbiamo fatto in modo che nessuno possa entrare qui che non sia uno di noi." La Mancor mi guarda sbigottita e mi lascia passare.
"Ah, quasi dimenticavo. Se non dovessi tornare proteggi mia madre, è l'unica speranza che hai. E' una fata Bruna, se non dovessi averlo capito... Credimi, se una fata può aiutare una Mancor, una Sibilla può aiutare una fata, ed anche una Mancor."
"Essere tu attenta." Dice ostentando un sorriso simile ad un ghigno.
"Lo farò, lo farò... Forse in futuro potremmo perfino andare d'accordo." Ammetto.
Una volta fuori di casa mi imbatto in Anfion.
"Andiamo ad una festa in maschera?" Mi chiede risaputo con sguardo lungo.
"Sono sempre io Anfion, te l'ho già detto che per me sei comunque mio nipote. Non dire nulla a Melista, non finchè non scoprirà da sola che me ne sono andata."
"Dove te ne vai?" Chiede.
"Non te lo dirò. Ora vattene..." So di essere rude, ma non può essere altrimenti.
Lo lascio lì spiazzato e me ne vado nel piccolo boschetto che sta facendo crescere mia madre. Quando mi fermo indosso la maschera, tiro su il cappuccio e mi trasformo nella vecchia me. Indosso il medaglione sopra il mantello, che comincia a pulsare al ritmo del mio cuore. Metto i piedi paralleli tra loro e salto girando su me stessa. Avanzo di tre passi, arretro di due, uno a destra, tre a sinistra e mi accuccio.
"La via è chiusa per tutti, aperta per me; Arcana sibilla guidami a te, potente ed indiscussa, imperante profetessa."
Canto in appena un sussurro per poi alzarmi.
Chiudo gli occhi e giro su me stessa una, due, tre, quattro volte.
Mi accoglie un'aria pungente, gelida ed il suono della cascata, che ho di fronte a me, è fragoroso. Mi appare lo spettro del ramo, un'orrida creatura lacustre umanoide, ed io subito gli mostro il ramo d'oro e questo mi fa passare aprendo per me la cascata.
"Che cosa ti porta qui, Prisca?" Mi chiede con voce molto bassa la creatura.
"Nulla che ti riguardi amico, sei bello come sempre." Dico prima di addentrarmi nella grotta lasciandolo ridere.
Percorro un piccolo corridoio ed una piccola apertura è già lambita dai raggi del tardo pomeriggio. Esco e mi ritrovo come sempre ad ammirare il Covo della Cumana. Siamo sul fondo di un cratere vulcanico che i millenari incanti della nostra Arcana avevano saputo spegnere. Le pareti del cratere sono imponenti e svettano lisce di un tenue giallo aranciato dal sole. Il gruppo delle maestre di scalpello le aveva tutte istoriate a scene mitologiche, ovviamente inneggianti alla gloria della Cumana. Tutti conoscevano il mito... Apollo, il dono profetico, l'anzianità e poi Enea, i romani, i dieci libri, il fuoco... I comuni mortali si fermano qui, ma tutto questo è meno di un millesimo di tutta la sua storia. E' stata un'ammaliatrice di draghi, esperta dei venti, domatrice del vulcano, vincitrice della guerra delle fate nel Mondo senza magia, in questo mondo, e molto altro ancora...
Il fondo del cratere è colmo di palazzi e giardini, foreste, fiumi e laghi creati dalla magia. La strada che ho davanti è ampia, a mosaici d'oro e d'argento e lentamente sale, serpeggiando fino alla sommità di una montagna, dove si trova la Magione della Cumana. Quell'antro è una magione intricatissima, un labirinto di libri da far girare la testa a chiunque. La nostra Arcana aveva salvato tutti i libri della Biblioteca di Alessandria dal rogo, nonché recuperato tutti i testi di magia esistenti e li conosceva a memoria tanto da recitarli senza il bisogno di leggerne uno due volte. I libri che amo di più sono però quelli della memoria, che tutte chiamano comunemente dipinti incantati. Ogni città antica è presente, ogni splendido luogo, ogni regno magico, ogni dimora divina, perfino l'Olimpo, Babilonia e qualunque meraviglia sia mai esistita.
Senza perdere altro tempo mi incammino verso la mia dimora, il palazzo della mia maestra Callista che avevo ereditato millenni prima. I nostri palazzi non hanno bisogno di nulla perché si puliscono da soli, cucinano da soli ed ogni richiesta si realizza con il solo pensiero.
Devo consultare alcuni libri in mio possesso e poi mi porterò nella Magione, che la Cumana mette a disposizione a tutte le sue Sibille Maggiori. C'è in giro un grande viavai di giovani donne, tutte Sibille Minori che svolgono incarichi per le Maggiori. Ognuna di noi ha uno stuolo di Minori sotto di sé, tranne me che non ne ho mai volute. Le Minori comportano guai, segreti svelati, un farsi le scarpe continuo per ambire al titolo di Maggiori. Io sono una rarità in questo ed infatti nessuno dei miei segreti è mai stato rivelato e ne vado molto fiera... La mia dimora è nei pressi del lago magico, fuori porta ed all'interno della foresta. Un posto disagevole ed altrettanto sicuro, a tal punto che solo la povera Callista... ai suoi tempi, ed io possiamo entrarvi, senza mai ricevere nessuno. Sono defilata, quasi nessuno mi nota, eppure comunque il mio nome incute un certo timore, sono pur sempre colei che ha sconfitto la sfinge nel gioco degli indovinelli ed ingannato alcune fate famose, anche se di questo non ne vado molto fiera... Se Aletheia sapesse le verrebbero i capelli bianchi!
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