2- Presta attenzione al tempo in azione (p3)
Sono da una buona mezz'ora alla Fondazione Cordarcalaen, con un larghissimo anticipo sull'appuntamento fissato con questa fantomatica Melista. Ho sondato un po' il terreno come mio solito e posso dire che quest'assembramento è non solo alle prime armi, ma proprio non sa neanche che cosa e quali siano. Certo tutto è imputabile alla loro relativamente breve vita e mi domando se il chiedere aiuto al mio istituto non sia solo un modo per emergere ulteriormente. Il successo della scoperta delle rimanenze del regno di Cordarcalaen deve già essere passato in secondo piano, ne sono convinta. Bene, darò loro ciò che vogliono, ma scopriranno presto con chi hanno a che fare... Un solo passo falso e per tutta questa baracca sarà la fine. Brigitte mi ha già fornito un resoconto del sito, che ora ho con me, ed il loro modo di agire è a dir poco disarmante e sono di una superficialità che alle volte rischia di essere dannosa. Ma d'altronde lo so, quando si parla del mio lavoro mi sembrano tutti goffi, ed a ragione!
"Direttrice Cecilia, sono a sua completa disposizione." Dice una voce melodiosa, appena irritante, alle mie spalle.
"Devo desumere che lei sia Melista, colei che gestisce la baracca." Dico senza voltarmi fingendo di dovermi sistemare la giacca. Voglio che sia lei a venire da me.
Mi raggiunge con un passo felpato spaventoso, considerando che ha delle scarpe con un piccolo tacco. Indossa un abito a fiori arancio su sfondo panna, ha una folta chioma di ondulati e bruni capelli e degli occhi che... Già mi da fastidio! Troppa grazia, davvero troppa!
"Sì, era una vecchia fabbrica abbandonata, l'abbiamo riqualificata con i proventi delle nostre scoperte su Cordarcalaen." Ammette.
"L'ho immaginato. Rimane comunque una baracca... In ogni caso fate bene a cavalcare l'onda finché c'è."
I suoi occhi hanno un repentino guizzo, quasi impercettibile, segno che ha colto le mie insinuazioni.
"Certo, è così. Anche lei comunque ha una gran fama... Siamo alla pari, non trova? Comunque mi segua." Dice Melista con una punta appena tagliente.
Non vuole stare al mio gioco, un punto a suo favore, eppure già mi sento molto irritata.
Mi fa entrare nel suo studio, un piccolo open-space al piano superiore con tre scrivanie: la sua da le spalle ai finestroni della fabbrica che danno sul giardino, ai lati presumo quella di quel rotondo barile che squittisce, Osvaldo, e quella di Silvia. Infatti eccola uscire da ciò che mi sembra un archivio, reggendo tra le mani un grosso faldone.
"Salve Signora Cecilia." Saluta.
"Salve. Mi ricordo di lei." Mi ritrovo a dire, già intuendo il loro tentativo.
"Venga, si accomodi. Gradisce un caffè, qualche pasticcino?" Chiede Melista.
"Un caffè liscio senza zucchero, grazie." Dico sedendomi.
"Ho fatto recuperare a Silvia uno dei faldoni del nostro precedente scavo archeologico, così se vuole può vedere come lavoriamo qui." Commenta Melista sedendosi alla sua scrivania, di fronte a me.
"Ho qui un resoconto dell'ispezione del nuovo sito fatto dalla mia collega Brigitte, se intanto volete vedere anche voi il nostro operare e... prenderne spunto." Dico.
"Ma certo, così anche lei." Risponde Melista ed entrambe facciamo una risatina forzata.
Silvia dopo il caffè mi permette di visionare il faldone. Lo sfoglio un po' e non faccio nulla per nascondere il mio puntiglio e disappunto, poi lo chiudo e lo sposto.
"Mi aspetto molto di più da questa nostra collaborazione. Il vostro lavoro è misero al confronto di tutti quelli operati dal mio istituto. Comunque vedo che qualcosa di buono può uscirne, ovviamente non senza il mio aiuto." Dico lanciando loro una stoccata.
"Ovviamente. In ogni caso la vostra archeologa sembra una spia, con un occhio di lince nel cogliere dei presunti errori che non sembrano poi così verosimili. Non crede che in questo modo sia difficile che si crei un rapporto di fiducia?" Dice con grazia tagliente Melista.
"Fiducia? Qui si parla di lavoro... Ci deve essere prima di tutto perizia, precisione ed acutezza e poi, forse, fiducia. Ma se ne può fare anche a meno." Commento senza che traspaia nessuna emozione.
Melista fa altrettanto senza dare segno di aver notato la selva di stoccate che ci siamo reciprocamente lanciate e non sarò certo io a mostrarle la mia irritazione. Parliamo per un po' della chiesetta e quando reputo giunto il momento opportuno me ne vado con molta cordialità. Mi chiudo la porta del suo studio alle spalle.
"Sarò io a spuntarla, Miss leggiadria stomachevole." Mormoro irritata.
...
"Spiegami per quale motivo Osvaldo ha avuto la brillante idea di contattare questa paladina del restauro? L'hai sentita Silvia? Temo ci si litigherà spesso, ma non certo per causa nostra. La prossima volta sarà meglio che Osvaldo ci comunichi prima tutte queste sue brillanti idee." Ammetto accasciandomi sulla poltrona del mio ufficio.
"Ha una fama terribile questa Cecilia, eppure sa fare meraviglie Melista." Ammette Silvia.
"Sì, l'importante è che non ci si tiri i capelli già a metà del lavoro." Commento.
Mi dico sollevata che il primo incontro tra me e lei sia già finito, spero soltanto che i prossimi siano un po' meno minacciosi. Per quale motivo fare tutte quelle insinuazioni? Che se la sia presa perché due "novelline" come noi abbiano scoperto Cordarcalaen? Se sapesse ciò che so io... forse cambierebbe idea su di noi. Ma questo è del tutto impossibile. Nessun umano crederebbe ora alle memorie di una fata, non direttamente almeno. Il tempo delle leggende è finito e nulla sembra essere più com'era un tempo, eppure alcuni relitti ci sono ancora, come la nostra Mancor.
Vedo che è giunta l'ora e vado a recuperare Farol da scuola. È un vero peccato che non si riesca a compiere il salto fatato lì nei pressi della scuola, almeno lo andrebbe a prendere Anfion. Poi però mi dico che non riuscirei a fidarmi di un tipo simile. Finirebbe di sicuro col rivelare qualcosa a qualcuno che non dovrebbe sapere. D'altra parte mi dico anche che forse lo stiamo mettendo un po' troppo in isolamento, occorre pensare a qualcosa. Ecco arrivare Farol, lo saluto, sale in macchina, si allaccia le cinture e partiamo.
"Com'è andata oggi?" Chiedo dopo un pò.
"Molto bene, abbiamo parlato di Morgaine!" Esclama divertito.
"Morgaine?" Hanno davvero parlato della fata delegata di Aletheia?
"Sì. Abbiamo parlato di Re Artù! Era sua sorella no? Le leggende non ne parlano molto bene." Dice.
"Non dirmi che hai insistito di nuovo con la maestra..." Commento perplessa.
"No, no... Solo sul nome, non è Morgana, ma Morgaine! Per il resto ho detto che la descrizione è somigliantissima a lei..." Ammette.
"E la maestra?" Chiedo preoccupata.
"Si è rassegnata, dice che ho troppa fantasia." Risponde trionfante.
"Non è fantastico, Farol..." Commento.
"Appunto! Perché mentire se ho ragione? Aletheia lo dice sempre." Ribadisce.
"Non era ciò che intendevo e lo sai." Dico ormai raggiunta la meta.
"Sì, però... È vero!" Protesta.
"Sai che gli umani non credono più a nulla, non a noi fate." Commento.
"Già." Dice lui uscendo dall'auto un po' sconfitto.
"Non abbatterti, non serve allertare gli umani per sentirsi sé stessi, lo sai." Dico affiancandolo alla porta di casa per aprire.
Arrivati in salotto vedo Anfion cucinare, mentre la Mancor lo osserva con attenzione, certamente affamato.
Sul tavolo del salotto vedo una cosa strana, un vecchio compiuter dall'ampia scatola da cui spunta una pianta molto alta. Ovviamente non sembra funzionare.
"Che ti sei inventato stavolta Anfion?" Chiedo divertita.
"Ah, ho tentato di collegarmi ad internet con la magia fatata, ma dovrò cambiare metodo, non funziona."
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top