1- Se per le vie della foresta vai, attento ai fatati guai (p2)
Sto osservando la Mancor da un po', mentre Asiolir lo sta medicando. È da non credere! Sembra che la furia della Manticora che c'è in lui si sia trasformata nel coraggio di un coniglio. Ovviamente mi è impossibile chiedergli direttamente che cosa sia accaduto, ma al tempo stesso non ho altra scelta. Anche provando a comunicare mentalmente con lui sa dirmi soltanto "freccia d'argento". Da quando siamo tornati a casa da quel luogo incredibilmente fuori posto, quella chiesetta della campagna inglese fuori regione, si fa per dire, non ho più visto quegli occhi sfrigolanti, quel ringhio profondo e quell'innato desiderio di nascondersi che ha sempre avuto. Ora porta al collo quella vecchia collana dal pendente d'argento a forma di freccia e la stringe come se fosse ciò che di più caro ha al mondo e forse è davvero così. Asiolir ha appena finito di medicarlo e mi si avvicina, noto che anche lei non ha l'istinto di uscire dalla stanza per proteggersi.
"Deve essergli capitato qualcosa di grave per ritrovarsi in questo stato. Non che mi dispiaccia, anzi meglio, però... Non è normale." Mi dice.
"Non lo è per nulla. Mi chiedo se non si riesca a parlarsi più civilmente ora. Tentar non nuoce ad un seme." Ammetto annuendo.
Mi siedo accanto a lui sulla sponda del letto, nella sua stanza e ci guardiamo direttamente in viso. I suoi occhi, verde e rosso intenso, scrutano i miei viola con una razionalità che non gli avevo ancora mai visto.
"Freccia d'argento." Mi dice, quasi volesse chiarire che ha capito, ma non comprendo che cosa.
"Non riesco a capire" Ammetto tranquillamente.
"Freccia d'argento." Ovviamente me lo dice con la stessa intensità di prima, ha capito... Io no però.
"Come hai fatto a fuggire?" Domando indicando la finestra.
"Freccia d'argento!" Esclama con vivo terrore per coprirsi poi con la coperta, tremante.
"Certo, va bene. In ogni caso... Perché sembri così socievole, tutt'ad un tratto?" Chiedo con curiosità.
"Freccia d'argento." Commenta molto più confortevolmente.
"Credo voglia dire che si fida di noi." Risponde Asiolir.
"Sì, è esattamente così. Avresti dovuto farlo anche prima." Dico rivolta a lui.
La Mancor tira fuori la testa dalle coperte ed annuisce per poi tornare a nascondersi. Per noi questo suo gesto è come un albero che crolla. Io ed Asiolir ci guardiamo colpite senza dire più nulla. Mi alzo e torno ad sservare l'involto delle coperte. Schermo con una piccola filastrocca segreta lui e la casa, così che nessuno possa entrare di nuovo senza il mio permesso e mi avvio verso la porta.
"Se ti verrà voglia di unirti a noi, di là, vieni pure. Compio un grande gesto di fiducia nel lasciarti girare libero per casa, non dimenticarlo." Dico, mentre Asiolir trattiene a stento un'esclamazione.
Lascio la porta aperta e ce ne andiamo.
Arrivate in salotto Annanel è già pronta a discutere e non scambiamo parole molto cortesi.
"Non ti puoi fidare così. È pericoloso!" Sibila.
"Se hai tanta paura di lui imponi delle protezioni alla tua stanza, non cambierò idea." Riferisco.
"Ho quanta esperienza serve per dirti che la tua scelta è errata, dovresti ascoltarmi."
Questo discorso ha tutta l'aria di volermi mettere i piedi in testa, ma non succederà.
"È soltanto un ragazzo, Annie. Per di più ha deciso di fidarsi di noi. Volevi forse tenerlo rinchiuso a vita in quel buco di stanza?" Chiedo retorica con un sogghigno finale.
"Noi sibille non siamo come voi fate, imprudenti." Dice Annanel appena un po' alterata.
"Non mi sembra di essere come dici tu. Non ti ho cresciuta come una sconsiderata. Fidati, so anch'io diverse cose del mondo."
Annanel sembra pronta a proseguire ancora senza tregua, ma scatta lo schermo della casa e poi si spezza... o meglio qualcuno è riuscito ad entrare. Salto nell'androne e sono pronta ad avventarmi su chiunque, se non che all'ultimo mi rendo conto che si tratta di Aletheia, la Regina delle fate Scarlatte. I suoi capelli rossi lunghi ed ondulati catturano l'ultima luce del tramonto quando si volta di scatto ed i suoi occhi sono tizzoni ardenti di verde. Ci riconosciamo entrambe e dopo un attimo ci tranquillizziamo.
"Come accidenti accogliete qui gli ospiti? Nell'ottocento almeno c'erano gli usceri, i maggiordomi... Non gli assalitori." Protesta con enfasi, al solito modo delle Scarlatte.
È vero, mi dico! Eravamo d'accordo ci saremmo trovate qui da me stasera!
"Perdonami, sono successe un paio di cose che mi hanno fatto scordare del tuo arrivo. Vieni pure dentro, così ti spiego." Dico dispiaciuta.
"Amica Melista ti devi assolutamente rilassare... Come si può dimenticarsi di me, del mio arrivo?" Si lamenta entrando.
Ecco già Anfion venirle incontro. Non Serve un attimo per capire che si piacciono, eppure tra loro non ho ancora visto nessun gesto d'affetto, sarà una qualche usanza delle Scarlatte, penso.
"Che ha combinato stavolta il caro Anfion?" Mi chiede lei senza guardarmi.
Mi chiudo la porta alle spalle e nel mentre ci avviamo in salotto rispondo.
"Ti racconterò dopo della bella impresa del tuo preferito. Ci era sfuggita la Mancor." Ammetto.
"Che cosa?! Com'è accaduto?" Chiede sbigottita, con appena un po' troppa enfasi di costernazione.
"Non lo sappiamo. O meglio, ho delle idee, ma credo sia il caso di raccontarti tutta la storia dall'inizio." Dico invitandola a sedersi su una delle due poltrone di fronte alla finestra.
"Sarebbe proprio il caso." Ammette incuriosita.
Le racconto tutto nel dettaglio e rimane molto perplessa.
"Cosa può essere in grado di spaventare una Mancor? Solitamente siamo noi fate ad esserne impaurite, non ho mai avuto a che fare con una di loro ridotta in quello stato. C'è sicuramente un motivo per tutto questo, ma non riesco a scorgerlo tra le foglie della chioma dell'albero. Non è che ti sei fatta di nuovo dei nemici?"
"Non mi sembra proprio, o comunque non l'ho voluto io. In ogni caso, che cosa posso offrirti? Un tè come sempre, la tisana alla rosa canina che adori tanto, oppure un caffè?" Chiedo cortese.
"Caffè? Che cos'è? Non l'ho mai provato." Ammette sorpresa.
"No! – Esclama Anfion già col pentolino in mano per farci il tè. – A noi fate fa un bruttissimo effetto. Ci rende ancora più iperattivi di quanto... Ehm, non ci fa bene."
Aletheia era già pronta a lanciargli una frecciatina, me lo sento, ma questa volta Anfion è stato molto scaltro.
"In ogni caso vorrei assaggiarlo, ora che mi avete messo la curiosità." Ammette.
Anfion ci da le spalle e sospira.
"Ti ho sentito!" Dice Aletheia ridendo di gusto.
"An già! Non ti ho detto della bravata di Anfion..." Rivelo.
Anfion si irrigidisce.
"Vado a vedere se Farol ha bisogno di me. È l'ora di andare a dormire." Dice tentando di svignarsela.
"Eh no caro mio! Portalo qui, così posso salutarlo... Intanto raccontami." Risponde rapida Aletheia.
Anfion se ne va demoralizzato.
"In pratica ha tentato di mettersi in contatto con te tramite un computer e l'ha mandato fuori uso." Dico.
Aletheia ride di gusto, con le lacrime agli occhi. Intanto il te è pronto, come anche il caffè.
"Te ne do solo una goccia, di caffè, non ne sei abituata come me. L'effetto è davvero quello che dice Anfion."
"Come siete premurosi." Sogghigna lei.
"Aletheia!" Esclama Farol andando ad abbracciarla. All'ultimo però si ricorda che è la sua Regina ora e si immobilizza.
"Non essere sciocco! Vieni, vieni! – Poi si rivolge ad Anfion. – Come ti è venuto in mente di comunicare con me tramite uno strumento degli umani? A volte mi chiedo se hai dei gherigli al posto del cervello!"
Farol ed io ridiamo di gusto, mentre Anfion è sempre più dispiaciuto.
"In realtà volevo soltanto parlare un po' con te..." Ammette con imbarazzo.
"Beh, dopo tutto... Non sarebbe una brutta idea!" Sorride Aletheia appena un po' più rossa in viso.
Con la coda dell'occhio vedo la Mancor che ci spia, ma appena lo guardo se ne scappa nella sua stanza.
In questa casa c'è un gran trambusto, ma a me piace così, è tutto molto divertente.
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