Capitolo 65
Chris
Alla fine sono crollato. Nonostante fossi ancora emozionato per averla vista, odiavo il fatto che fosse insieme a quello stronzo, ma faceva parte di quel mondo e non c'era niente che potessi fare se non aspettare e l'ho fatto, ma la sua chiamata non arrivava e dopo averle inviato un messaggio mi sono addormentato con il telefono in mano.
Apro un occhio e ancora mezzo addormentato mi ritrovo a cercare il cellulare fra le lenzuola.
«Cazzo, dove sei finito?»
Spingo via le coperte e finalmente lo trovo. Alla svelta passo il dito sullo schermo e quando non trovo fra le notifiche la sua chiamata ne rimango deluso.
Immediatamente entro nella chat dei messaggi e resto sorpreso nel non trovare le due spunte blu sulle parole che le ho inviato ieri notte. Perplesso guardo l'orario del suo ultimo ingresso ed è fermo a prima che iniziasse lo spettacolo.
L'urgenza di chiamarla mi fa cercare il suo nome fra le ultime chiamate, ma prima di premere il tasto verde mi rendo conto dell'ora.
«Starà ancora dormendo.» Sospiro e alla fine cedo a inviarle un vocale. «Ehi, che fine hai fatto? Ieri eri stupenda.» Ricordo i suoi movimenti e un lieve sorriso mi fa dimenticare l'ansia. Poso il telefono sul comodino e mi alzo dal letto.
Guardo la stanza in disordine. I miei vestiti si mischiano a quelli di Tara. Il trolley blu mi fa ricordare che a breve saremo troppo lontani e il desiderio di lei si fa più insistente.
Calcolo che alla partenza del volo mancano due ore il che significa che ho solo il tempo di prepararmi, sarebbe stato bello passare da lei per l'ultimo saluto, ma devo anche lasciare l'auto in areoporto e non posso proprio farlo.
Mentre cammino verso la cucina chiamo mia sorella per convincerla a venirmi a prendere. Lei odia guidare.
«Com'è stato lo spettacolo?» Mi apostrofa senza neanche salutare.
«È possibile che mi sono anche abituato alla tua maleducazione.» Prendo la tazzina per il caffè.
«Non farmi arrabbiare altrimenti te lo sogni che vengo a prenderti.» Continua sgarbata, per lei quei pochi chilometri sono come la Parigi Dakar.
«Mi arrendo.» Cedo iniziando subito il racconto della serata. La nostra conversazione mi fa compagnia durante la colazione.
Quando salgo in auto mi sembra di vederla da tutte le parti: sul marciapiede, nei cartelloni pubblicitari. La sua bellezza mi segue per le vie di Milano e all'idea di averla lontana per tutti quei giorni farei retromarcia e rinuncerei volentieri al Natale e a quel viaggio pur di stare con lei.
Il desiderio di sentirla è sempre più urgente e allora provo a chiamarla, non credo che le dispiaccia sentirmi anche se la dovessi svegliare.
L'abitacolo si riempie del suono di chiamata fino al nuovo silenzio. Aggrotto le sopracciglia e non riesco a togliermi di dosso una certa sensazione che mi stringe la bocca dello stomaco.
Improvvisamente mi ritrovo a pensare a quale bivio prendere per tornare da lei e quando sono pronto a girare cerco di tornare in me, sembro un folle. Non posso certo comportarmi così. Non siamo ancora in città diverse e io sono già sull'orlo della crisi.
Quando arrivo in aeroporto sono preso dalla frenesia dei passeggeri e tra una lezione di lingue sull'app del telefono e la solita routine del volo mi ritrovo in auto con mia sorella prima di rendermene conto.
«Bentornato.» Mi abbraccia calorosa.
Ovviamente la ricambio, ma mentre attacco la cintura sto già chiamando nuovamente Tara.
Stavolta il telefono è spento, guardo l'ora ed effettivamente potrebbe essere in aereo. Entro nella nostra chat e mi stupisco a non trovare niente e ancora una volta lei non ha neanche visualizzato.
«Ehi, tutto bene?» Alycia cerca la mia attenzione.
«Sì, scusa.» Mi obbligo a rilassarmi e rimetto il telefono nel cappotto. «Dicevi?»
«Parlavo della mamma, ha invitato tutti a casa per le feste.» Mia sorella parla come un fiume in piena e io cerco di seguirla anche se la mia testa e ferma su quei messaggi non letti.
A casa saluto i miei e mio padre non mi dà il tempo di posare la valigia che già mi parla della clinica.
La conversazione è molto interessante, ma ho comunque il telefono in mano e quando ancora una volta lei non risponde mando un messaggio a Manuela e agli altri per chiedere notizie.
«Invece tu? Come te la passi? Che mi dici della specializzazione.» Si sente la curiosità nella sua voce e questo mi fa sorridere, su questi argomenti è come un bimbo a Natale.
«È assolutamente qualcosa che andava fatta. Sono circondato da persone interessanti e i casi che ci capitano mi mettono sempre alla prova.» Gli racconto tutto saziando il suo desiderio di sapere e solo alla centesima domanda mi blocco, il mio telefono sta squillando.
«Pronto! Andrea.» Ho risposto e mi sono subito alzato pronto a cambiare stanza.
Il mio pensiero è sempre stato a lei e ormai ho la certezza che sia accaduto qualcosa. È ormai pomeriggio inoltrato e non posso credere che lei non abbia avuto il tempo di chiamarmi.
«Ehi, amico, ho letto il tuo messaggio, ma non sento Tara da ieri al saggio.» Anche Andrea non sa niente.
Gli racconto brevemente il mio timore e anche in lui nasce il mio stesso sospetto.
«Andrè, non capisco cosa stia accadendo. Puoi andare a casa sua?» Stringo il telefono mentre cammino avanti e indietro nella mia stanza.
Maledico me stesso per non essere tornato indietro a quel cazzo di bivio.
«Ho già parlato con Manuela è qua davanti a me accanto a Simona. Tara le ha lasciato un biglietto per salutarla.»
«Un biglietto? Non è strano.» Non capisco.
«Beh, no, era di turno e per lei è una cosa che facevano normalmente, però da quando l'hai cercata tu si è allarmata, ha provato a chiamarla, ma ha il telefono spento e allora è venuta qui al locale. Che sta succedendo?»
«Non lo so.» Scuoto la testa, non ci capisco niente.
«Magari è solo presa dai suoi familiari.» Sento la voce di Simona tentare di rincuorare tutti.
«Magari è così.» Insiste Andrea, ma io non riesco a crederci.
«Sì, scusate ragazzi. Ci aggiorniamo. Se sapete qualcosa, qualsiasi cosa, chiamatemi.» Spero lo facciano.
«Sì, tranquillo. Fai lo stesso anche tu.»
Ed è così che passo il Natale, cercando Tara disperatamente e non trovando nessuna traccia di lei se non il suo telefono sempre spento.
«Andrea devi farmi avere il suo indirizzo di casa.» Insisto quando passate le feste lo chiamo per avere novità.
«Ho provato ad averlo. Ho chiesto alla nostra direzione, ma hanno i dati di Milano e in quella cazzo di scuola non mi risponde nessuno. Sono chiusi.» Sbuffa irritato. «Non riesco a trovare niente.» Spazientito Andrea sbotta ed è solo l'eco del dolore che provo io.
«Salgo domani.» Mi arrendo. Sono quattro giorni che la cerco e non posso continuare così.
«Che vuoi fare?»
«Non lo so, André, ma non posso più stare qua. Non resisto più. Cazzo.» Stringo il pugno. «Anzi lo so. Voglio trovare quel bastardo. Cazzo, sono certo che è per quello stronzo che lei è sparita. Ne sono sicuro.» Il rumore del legno precede il lieve dolore alla mano, perché non è niente quello rispetto al dolore che sento in petto.
«È in vacanza Chris, l'ho cercato per tutta Milano, è in qualche località in montagna per ricchi, non tornerà che dopo capodanno.»
Mi stringo il capo, vorrei avere i capelli per tirarli e darmi sollievo, non ho modo di trovarla.
«Su facebook, hai trovato qualcosa?» Io non sono particolarmente social, non l'ho neanche cercata quando ci siamo conosciuti, tramite lui ho capito che Tara ha cancellato i suoi account.
«Niente. Sparita, un un cazzo di buco nero.» Neanche lui si dà pace, come anche le sue amiche. Manuela ha provato a trovare il suo indirizzo tramite il proprietario di casa loro a Milano, ma neanche lui è disposto ad aiutarci per la privacy.
«Domani sarò a Milano. Non riesco a stare qua. Io devo trovarla.» La mia voce trema.
«Lo so. Ci vediamo domani.»
Chiudo la chiamata ed entro su internet in cerca di un volo per l'indomani.
Amaramente sorrido alla sua immagine sul mio telefono. È sparita. Nessuna traccia. Nessuna parola. Nessun pentimento. Mi ha cancellato come se non fossi mai esistito e questo mi distrugge.
«Cosa ti ha fatto?» Chiedo al vuoto.
«Se solo sapessi dove sei. Se solo potessi consolarti. Potrei ucciderlo per te.»
La rabbia per il suo insegnante mi fa gettare tutto ciò che è sulla scrivania per terra. Vorrei distruggere tutto. La paura che lui l'abbia toccata diventa ogni giorno che passa una certezza.
Prendo la testa fra le mani. Se solo le fossi stato più vicino. Se solo l'avessi convinta a parlarmi di lui anziché accettare i suoi silenzi e le sue giustificazioni. Potevo salvarla e invece ho permesso che rimanesse sola con lui.
Al mattino entro in cucina con la valigia in mano.
Mia sorella la osserva per un po' e poi alza lo sguardo verso di me.
«Hai pensato che magari non voglia farsi trovare.» I suoi occhi si riempiono di lacrime per me mentre lo dice.
«Sì, ho pensato anche questo.» Cerco di bere il caffè che mia madre mi mette davanti. «Ma devo comunque andare. Io... Io non ce la faccio più.» Passo la mano sul viso.
Mia madre silenziosa sistema la cucina. Ha capito che è successo qualcosa, ma ha anche compreso che non è il momento di farmi domande.
«Non hai cosa fare là in questo momento. Aspetta ormai la fine delle vacanze, troverai chi cerchi e magari anche lei.» Insiste mia sorella.
Scuoto la testa.
«Sei praticamente impazzito, io non voglio saperti là da solo.»
«Lascialo andare.» La voce di mio padre mi fa girare verso la porta della cucina. «Se proprio ti preoccupi per lui vai anche tu.» Si accomoda sulla sedia accanto alla mia e non aggiunge altro.
«Vado a fare le valige. Prenotami un biglietto.» Una massa informe esce di corsa dalla stanza.
Guardo la tazza fra le mie mani.
«Non ti chiederemo niente.» Mia madre mi accarezza la schiena. «Ma se mai riuscissi a capire cosa le è successo cerca di mantenere la calma. Ora lei ha bisogno di te. Cerca di essere pronto ad accoglierla, per il resto c'è sempre tempo.» Resta a guardarmi.
«Okay.» Mi arrendo.
Non posso certo rischiare di finire in carcere per colpa di Walter, ma giuro su ciò che mi è caro, che se lui le ha fatto qualcosa gliela farò pagare.
Quando atterra l'aereo a Milano non mi sento affatto meglio, anzi, è come se qualcosa mi spingesse al tappeto.
Quando attendo le chiavi dell'auto che ho prenotato mi guardo attorno. Volti sconosciuti mi passano accanto e io la sto già cercando.
Quando arrivo al pub sogno di rivederla fra i tavoli, ma ovviamente non è così.
Nervoso raggiungo Andrea al bancone con mia sorella che mi segue silenziosa.
«Che cazzo facciamo?» Il mio amico mi apostrofa con una domanda per poi posare una birra proprio davanti a me.
«La troviamo.» Prendo un lungo sorso.
Le serate passano così fin dopo capodanno, con noi seduti al bancone ad interrogarci senza mai una risposta. Tutte uguali anche perché anche Walter è ancora fuori città.
«Ehi.» Mia sorella si siede al mio fianco sul divano al buio. «Non riesci a dormire?»
«No.» Ormai è così che passo le notti se non lavoro: chiamando quel numero all'infinito.
«Dovresti dormire, domani sei di turno.» Si copre con il plaid.
«Sì, dovrei.» Le dò ragione e poso il telefono sul tavolo per poi appoggiarmi allo schienale.
«Va un po' meglio?» Mi accarezza una gamba.
«No, non credo.» Faccio un sorriso amaro.
«Sono passati dieci giorni. Pensi che lei tornerà?» Anche Alycia a perso le speranze e a questo non sono abituato, è il tipo che non si arrende mai.
Scuoto la testa.
«E che farai?»
Guardo il soffitto bianco sopra di noi senza vederlo.
«Spero.»
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