Capitolo 55
Chris
Volevo solo sentire la sua voce. È da tutto il cazzo di giorno che voglio. Mentre lavoravo avevo la testa a lei, non sono riuscito a mollare il telefono come faccio di solito, come potevo sapendola con lui. La guardo amareggiato alle sue scuse e poi il suo profumo mi avvolge e anche se non vorrei sto già cedendo.
Le sue braccia avvolgo il mio collo e le mie si alzano in cerca del suo corpo. La stringo confuso e quando lei si siede sulle mie ginocchia affondo il viso sul suo collo.
«Perchè non mi hai risposto?» Sospiro a fatica. In un solo giorno ho provato l'euforia di averla accanto al mio risveglio e la paura che fosse accaduto qualcosa quando all'ennesima chiamata non ho ricevuto nessuna risposta.
«Mi spiace, ero impegnata e...»
«Io non sono questo e non voglio esserlo. Io voglio fidarmi di te.» Allontano il suo corpo per poterla guardare in viso mentre le dico quelle cose. Ho odiato la sensazione di non avere niente sotto controllo perché con lei, nonostante la notte appena passata, al risveglio mi sembra sempre come se non fosse accaduto niente, come se fossimo due estranei. «Non so mai cosa ti passa per la testa e finisco sempre con il preoccuparmi.»
«Hai ragione. Io... io non sono abituata ad avere qualcuno che si preoccupa per me e mi chiama. La mia famiglia sa che sono libera a fine giornata. Io... Scusa.» I suoi occhi sembrano sinceri.
Le porto indietro i capelli ricci che le coprono in parte il viso. Il suo capo si inclina e la vedo fissarmi le labbra. Leggo in lei il desiderio di un contatto e cazzo se non lo voglio anche io, ma ho paura, ho paura che sia solo il suo modo di non parlare dei problemi.
Penso a cosa fare e le sue dita salgono ad accarezzare la mia guancia per poi fermarsi sulle mie labbra.
«Giuro che troverò il modo di farti entrare nella mia vita.» Le iridi nere tornano a guardare nelle mie.
Vedo che ha capito cosa volessi dirgli e quelle parole sono tutto ciò che volevo sentire.
«Ti manderò un messaggio tra una lezione e l'altra e quando posso magari proverò a chiamarti.» Adoro il modo in cui vuole impegnarsi per me, per noi.
«Non devi farlo per me, cioè è ovvio che io lo voglio, ma devi desiderare anche tu di sentirmi. Io credo sia normale...» Lei dice di non avere esperienza, ma purtroppo anche io sono alla prima volta, alla prima volta in cui desidero qualcosa di più.
«Ma lo è. Io voglio farlo. Ti ho pensato ad ogni passo, ad ogni movimento ho ricordato i nostri corpi uniti. La musica ha ampliato i ricordi e le emozioni che ho provato in questi due giorni. È solo che non riesco a esprimerlo. Puoi avere pazienza con me?» Le spalle esili si alzano e io non resisto più.
I suoi occhi luccicano pieni di speranza, desidera che io le creda e quindi è ovvio per me farlo. Scuoto leggermente la testa, ho capito che per me sarebbe stato tutto un guaio sin dalla prima volta in cui non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso.
«La avrò e tu l'avrei per me?» Non attendo la sua risposta. Avvicino le mie labbra alle sue e quando le sfioro sono così morbide e dolce da sembrare marshmallow. Sento l'odore dolce della sua pelle e un brivido mi accarezza il corpo al solo pensare di poterla baciare. Mi allontano appena, lei sbatte le ciglia avvicinandosi quel tanto che ci riporta labbra contro labbra. Chiudo gli occhi poco prima di riunire ancora una volta le nostre bocche stavolta per un vero bacio. Le salive si mescolano come le nostre lingue.
I miei sensi si riempiono di lei, tremo alla sensazione che mi travolge quando il suo corpo si stringe al mio come se volesse farne parte. Ansima dondolando su di me e io vorrei solo esaudire il suo desiderio, quando sento l'addome contrarsi all'impulso che mi scorre dentro. Le stringo una mano intorno al fianco mentre con l'altra salgo ad accarezzarle la schiena.
Lei si spinge su di me e io la trattengo cercando un po' di sollievo alla tensione che mi stritola.
«Cazzo, ragazzi! È uno spogliatoio condiviso.» La borsa di Simona precipita sulla panca opposta alla nostra. Il tonfo al contatto con l'alluminio ci separa definitivamente. «Certo che siete proprio infuocati.» Le dita chiare sventolano sotto il suo mento. «In questa stanza si bolle.»
«Ciao Simo.» Tara si alza dalle mie gambe, sposta i capelli scuri sulle spalle e toglie il giubbotto che aveva ancora indosso.
«Ciao cara. Chris, prenditi pure il tempo che ti serve io vado un attimo in bagno.» Il solito occhiolino nella mia direzione e la porta si chiude alle sue spalle.
Tara mi guarda e sorride.
«Ti sembra divertente?» mi alzo
«Sì.» Annuisce anche con il capo.
«Okay.» Non le do il tempo di capire, avvolgo i palmi intorno al suo viso e unisco nuovamente le nostre labbra con tutta l'irruenza, la passione e il desiderio che mi brucia dentro.
Un nuovo fuoco divampa e io sono il primo ad essere sconfitto dal mio stesso gioco.
Riluttante mi tiro indietro e alla vista dei suoi capelli in disordine e degli occhi offuscati dalla lussuria devo stringere i palmi per non afferrarla nuovamente.
«È meglio se vado.» Mi schiarisco la gola ed esco soddisfatto dalla sua espressione, non sono il solo che deve riprendersi.
«Dalla tua faccia capisco che avete fatto pace e che hai bisogno di una birra.» Andrea solerte stappa nel momento in cui mi siedo al bancone.
Bevo quasi tutto il contenuto della bottiglia in un sorso.
«È complicata.» Gioco con l'etichetta.
«Già, lo è.» Conferma lui mescolando vari liquidi per poi versare il contenuto in bicchieri luccicosi. «Ma allo stesso tempo sembra così trasparente, non trovi?»
Rifletto sulle sue parole.
«Credo che sia questo ad attirare tutti noi.» Conclude alzando la mano verso il cameriere poco distante.
«Vorrei solo fosse felice, non so. A volte sembra rinchiusa in una bolla, come se rifiutasse ciò che di bello le accade.» Non riesco a spiegarmela; la sua famiglia la ama, perché reagisce così ai gesti affettuosi.
«Sì, l'ho notato anche io. In realtà all'inizio non era così. Era molto innocente, fiduciosa poi tutto è cambiato.» Il suo sguardo si perde e io non posso che pensare a Walter. Sarà stato lui a farla cambiare? «Credo comunque che tu le faccia bene.» Con il mento mi indica la sala e gli occhi di Tara che si posano su di me mentre prende le ordinazioni.
Spontaneo un sorriso allarga le mie labbra.
«Sì, sembra anche a me.»
«Non appena ti ho visto entrare nel locale ho capito che c'è la sapevi fare.» Andrea scontra un bicchiere di whisky con la seconda bottiglia di birra che mi ha servito, lo beve tutto in un fiato per poi guardarmi con un sorriso soddisfatto. «Non mollare.» Stringe il pugno e se ne va dall'altro lato del bancone dove un cliente lo aspetta.
Come ogni sera che ho passato in questo pub, passo il tempo mangiando il cibo del mio piatto e guardando lei girovagare per il pub. Ogni tanto Andrea si avvicina per una battuta, ma questo non mi distrae da Tara. Le leggo in faccia ogni emozione: dal fastidio per il tavolo sette, al sorriso spontaneo per il gruppo al tavolo nove. Dolce, simpatica, distante è tutto là il suo repertorio, mentre passa da cliente a cliente e solo quando posa gli occhi su di me questi si illuminano in maniera diversa, l'ho davvero conquistata.
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