Capitolo 36
Tara
Non sopporto il freddo della notte. Odio il dovermi affibbiare il giubbotto quando nella mia terra lo indosserei solo perché inverno. Detesto sentire la pelle della faccia pizzicare per il gelo, ma soprattutto mi infastidisce il suo intenso profumo che mi si appiccica addosso nonostante fra noi ci sia dello spazio.
Mi obbligo a camminare al suo passo mentre velocemente raggiungiamo la sua auto nera. Le luci si accendo di giallo e subito dopo la sua mano apre la portiera del lato passeggero dove io però non mi siedo.
«Senti Walter, sono stanca e non ho intenzione di venire in auto con te.» Resto ferma sul marciapiede silenzioso, accanto all'uomo che credevo di volere.
«Ti prego sali Tara.» Insiste con indulgenza. «Dobbiamo parlare, dopo ieri sera io non so che pensare.» I suoi occhi mi scrutano.
«Non ho niente da aggiungere.» Stringo le braccia al petto infreddolita.
«Ripeto: sali! È assurdo stare qui fuori a congelare, ti porto a casa.» Lascia aperto lo sportello e fa il giro dell'auto per salire al volante. «Ho detto sali!» Ripete stavolta osservandomi irritato dal suo sedile.
Indecisa ballo sui piedi e alla fine cedo alla sua insistenza.
Con un sospiro frustrato accende il motore facendo rombare l'auto sportiva.
Non era così che mi ero immaginata questo fine serata. Non era con lui che volevo parlare. Lo sguardo deluso di Chris mi perseguita nel riflesso del vetro illuminato dai lampioni. Non ho idea di cosa volesse dirmi né di cosa volessi dire io a lui, ma è con lui che volevo essere a quest'ora.
In breve tempo siamo sotto casa mia e una volta posteggiato Walter si gira dalla mia parte desideroso di risolvere la questione.
«Posso salire da te?» Inizia con il chiedere accattivante.
Alzo gli occhi verso le finestre buie del mio appartamento.
«Preferisco di no.» Abbasso lo sguardo alle mie mani intrecciate sulle cosce coperte dai jeans.
«Perchè fai così?» Frustrato si appoggia al sedile. «Cos'è successo? Io non capisco.» Le sue mani scompigliano i suoi capelli forse per la prima volta da quando lo conosco.
«Scusami.» Lo osservo nel suo imbronciarsi perfetto. «Io credo sia meglio...»
«Ti prego Tara. Stiamo bene insieme.» La sua mano accarezza la mia guancia. «Mi spiace se sono stato un po' affrettato con te ma è perché ci tengo.»
Il petto mi si stringe.
«Io pretende sempre molto nel lavoro, lo sai, e lo stesso faccio nella vita privata.» La sua mano mi sospinge verso di lui. «Non voglio tu sia una mediocre ballerina e io posso impedirti di sprecare altro tempo che non hai e non voglio tu sia la ragazza di un uomo qualsiasi quando puoi avere me.»
«Walter...»
«Shhhh. Non è accaduto nulla. Ora saliamo da te e mi dimostri che vuoi me, che sono l'unico per te.» Le dita sulla nuca aumentano la presa causandomi una fitta e la sua bocca accorcia la distanza fra noi.
Immobile non lo ricambio, ma la sua mano afferra un mio seno che stringe e il dolore mi provoca una smorfia che gli permette di approfondire il bacio.
Confusa cerco di riprendere il controllo. Alzo le mani sulle sue spalle che spingo indietro con forza, ma lui non si tira indietro e viscidamente scende a baciarmi il collo mentre mi tiene intrappolata a lui. Il ritmo cambia. Risale ancora alla bocca e lentamente cerca di tentarmi. La testa mi scoppia alla sua inusuale dolcezza.
«Tu sei mia Tara. Se vuoi la vita che sogni, io sono la tua unica scelta.» I suoi occhi mi fissano desiderosi di sopraffarmi. «Il resto sono cazzate. Credi che lui possa aiutarti?»
A quel lui scatto indietro e batto le ciglia come se mi avesse lanciato dell'acqua ghiacciata.
«Credi che lui possa amarti come faccio io? Io non guardo i tuoi difetti, lui farebbe lo stesso?»
Tentenno e la sensazione di ineguatezza mi toglie il fiato.
«Dai fai la brava, piccola, saliamo da te.» Le sue mani sono nuovamente sul mio corpo. La maniglia della portiera mi preme sul fianco e quando le sue dita mi accarezzano intimamente qualcosa in me si spezza.
L'odio per me stessa mi vibra nel sangue, pulsa nelle mie tempie e nel mie cuore. La forza che avevo a inizio serata sembra spegnersi come se quella fosse la giusta punizione per me.
I suoi gemiti riempiono l'abitacolo. I vetri si appannano come la mia vista. Le lacrime tentano di liberarmi da quell'inferno, ma io le trattengo come se dovessi accettare quella punizione.
«Lui non è me.»
Ancora quel "lui" si perde in un altro ansito di piacere, ma inaspettata, piccola, debole una fiammella fa risvegliare la mia anima.
Lo schifo che sto vivendo mi diventa inaccettabile. Con forza lo allontano da me cogliendolo di sorpresa. Sono libera dal suo peso e mi sento più forte.
«So che tutto questo è colpa mia. Sono io ad aver acconsentito a che tu mi toccassi, ma da questo momento sarai solo il mio insegnante.»
«Tara, non dire cazzate.» Porta i capelli nervosamente indietro.
«Non ti dò colpe, perché tutto ciò che hai fatto, ti ho permesso io di farmelo, ma non osare più toccarmi.» La mia voce seria lo raggiunge come uno schiaffo.
Incredulo si fa indietro risistemandosi velocemente.
«Facciamo così ragazzina. Io per oggi ti lascio andare, ma ne riparleremo lunedì dopo la lezione. Sono certo che sarai più disponibile ad ascoltarmi.» Non mi sfugge la sua minaccia. «Guardami!» Afferra il mio mento stringendolo. La pressione delle dita è dolorosa serve a farmi fare ciò che dice. «Rifletti bene sul futuro che vuoi. È li a un passo. Basta che allunghi la mano. Quindi scegli bene e non fare cazzate.» Minaccioso mi si avvicina per poi lasciarmi spingendomi leggermente indietro. Con mano tremante cerco la maniglia e apro lo sportello. «Se rinsavisci prima: chiamami. Non sopporto che le cose belle vadano sprecate.» Poggia i palmi sul volante.
Chiudo la portiera il suo sguardo viscido e furioso scivola su di me, stringo le braccia al petto al suono del motore e poi lui parte, immettendosi velocemente in strada, lasciandomi sola sul marciapiedi.
Un senso di liberazione misto a paura accompagna quelle luci rosse che seguo fino alla loro scomparsa. Quando non le vedo più alzo il viso verso il cielo, neanche una stella a premiare la mia decisione, solo nuvole grigie.
Chiudo per un attimo gli occhi in cerca della forza necessaria ad affrontare tutto questo. Inghiotto a fatica la saliva e mi volto per raggiungere il portone e casa mia.
La casa è silenziosa dalla porta aperta della sua stanza vedo Manuela già dormire. Vorrei svegliarla per ottenere da lei il coraggio necessario per mandare al diavolo il mio futuro. Ne osservo il viso rilassato e non ho il coraggio di farlo, esco silenziosamente chiudendo leggermente la porta e mi dirigo in bagno per la mia solita doccia notturna.
Neanche l'acqua calda riesce a liberarmi dall'ansia. Continuo a girarmi nel letto con il desiderio folle di sentire la sua voce.
Sbuffo nella notte fino ad arrendermi. Nel buio cerco il cellulare sul comodino e quando lo accendo corro subito alla sua chat.
Mi giro su di un fianco e mi mordicchio un unghia prima di decidere cosa fare.
Avrebbe davvero senso farlo?
Devo davvero portarlo in questo casino?
Un bruciore nel petto alla vista della sua foto mi fa arrendere e pronta a cambiare premo direttamente il tasto chiamata.
Mi manca il respiro mentre attendo la sua risposta, il tempo sembra andare lentamente e il suono del mio respiro sembra prolungarsi all'infinito. Al quarto squillo non posso che iniziare a giustificare il suo non rispondere: è tardi; starà dormendo; potrebbe anche essere arrabbiato... Ma la verità è che non sentire la sua voce in questo momento mi riempie di tristezza.
Sento la guancia inumidirsi mentre guardo la chiamata terminare sullo schermo.
Resto con il telefono in mano con il suo nome scritto sopra a riflettere per qualche minuto, non posso certo richiamarlo, non ne ho diritto.
Allungo il braccio fino al comodino e rimetto il telefono al suo posto con lo schermo ancora acceso. Fisso il tetto pieno di ombre mentre la mia mente si riempie di domande, paure, certezze che mi costringono a stringermi alle coperte.
Ancora una volta la mia vita sta andando in frantumi e non ho modo di risolvere le cose. Forse la danza non è il mio destino.
Rivivo i momenti in cui mi sono convinta di amare Walter. Sono stata una stupida. Come ho potuto?
Il fiato mi si spezza.
La paura e la delusione per me stessa mi trascinano in un vortice nero, disperata cerco nei pensieri qualcosa di bello che mi è capitata in questi mesi in cui passo dopo passo mi sono spinta in un burrone.
Due splendenti occhi azzurri sembrano illuminare il mio buio. Nonostante mi senta sopraffatta alla vista del suo viso sono certa di aver fatto la scelta giusta.
Sarò mai degna di lui.
La luce si spegne facendomi ripiombare nell'oscurità ed è una sensazione fin troppo familiare ultimamente. Mi rigiro sul fianco destro pronta a dormire, non voglio più pensare.
Una leggera pace mi assale dandomi sollievo e quando il mio telefono vibra sul legno salanco gli occhi sorpresa.
Velocemente lo afferro senza guardare.
«Pronto!»
«Tara...»
Al suono della sua voce sento il cuore scoppiare.
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