Capitolo 15
Chris
«Cazzo, ecco l'idiota.» Vedo Andrea che all'improvviso si irrigidisce tirandosi su di scatto. «Non lo sopporto. È una testa di cazzo.»
Sbatto gli occhi, non capisco cosa sia accaduto. Incuriosito mi giro e alle mie spalle vedo avvicinarsi al bancone un uomo sui quarant'anni con capelli corti biondi e un portamento, come dire, regale. Non ho mai visto un uomo camminare così.
Vorrei restare a guardare cosa fa, anche perché mi sembra quasi di sentir ringhiare Andrea per quanto stringe i denti infastidito, ma invece mi volto tornando a giocare con la bottiglia vuota davanti a me.
«Salve. Cerco Tara.» Una voce irritante mi fa voltare ancora verso di lui.
E lo ritrovo ormai a qualche metro. Un profumo intenso e fastidioso mi avvolge disturbando il mio stomaco.
«Mi spiace, non so dove sia.» Andrea lo liquida malamente prima di essere richiamato da Tara che spunta alla mia destra.
Vedo subito il suo sguardo di rimprovero verso l'amico che sbuffa ma la accontenta.
Si è cambiata, la gonna e la solita camicia bianca sono sparite, un parka verde scuro l'avvolge mentre viene stretta nell'abbraccio dell'uomo.
Cazzo!
Resto immobile a quella vista. Al bacio veloce che lui le rifila davanti a tutti.
Il corpo di Tara resta rigido, forse è sorpresa di tanta teatralità anche se gli sbuffi di Andrea mi fanno capire che quello è il suo uomo.
Sento il cuore rallentare il suo ritmo, la delusione spinge giù gli angoli delle mie labbra e quando imbarazzata mi saluta non riesco a dire niente. Questa proprio non me l'aspettavo.
«Ripeto: è uno stronzo.» Andrea continua a borbottare.
La vedo uscire e resto a fissare da dietro la porta a vetri la ragazza che raggiunge il biondo che le poggia il braccio sulle spalle direzionandola verso la loro destra.
Tara non fa niente. Nessun gesto che mi faccia sperare che quello show potesse essere stato messo in atto a sua insaputa. Idea assurda la mia. Perché sarebbe dovuto accadere?
«Ti prego Chris. Se sei davvero interessato fatti avanti così ci leviamo dalle palle Bolle.» Quando lo guardo nuovamente ha i gomiti appoggiati sul ripiano e mi parla da vicino serio. Aggrotto le sopracciglia perché non capisco. Il colpo è stato duro e non l'ho ancora metabolizzato. Certo non mi immaginavo di sposarla però... Però qualcosa mi immaginavo.
«No, perché proprio io quello non lo digerisco. La tratta male, praticamente la usa e io non riesco a farglielo capire. Credo soffra di quella malattia, come si chiama?» Cerca aiuto in me ma in questo momento non posso farlo perché mi sembra parlare unaltra lingua. «Cazzo. Quella dove credi di essere innamorata del tuo mentore.» Insiste.
«La sindrome del maestro.» Non so neanche da dove mi viene ma riesco a rispondergli.
«Ecco quella. È il porco se ne approfitta. È il suo insegnante di danza. Il che fa capire come sia poco professionale. Sono certo se ne scopi una a ogni corso.» Continua certo di aver ragione.
«Non può semplicemente piacergli.» Sembra assurdo anche a me tentare di giustificare il comportamento di Tara. Che orribile clichè, credevo fosse diversa. Diversa da chi poi? Forse da tutte.
«Ma l'hai visto? Simona è certa che lui scopi davanti a uno specchio per guardare se stesso.»
Tossisco il sorso di acqua che stavo bevendo.
La mano di Andrea mi colpisce con forza le spalle.
«Comunque, resta il fatto che lei se n'è andata con lui.» Faccio presente quando riprendo a respirare.
«Sì. Lo so.» Il suo sguardo si perde in pensieri lontani. «Come so che si farà del male se continua questa storia. Non c'è amore in quell'uomo.»
Non posso dargli ragione perché non lo conosco, in realtà non conosco neanche lei. Forse ciò che mi immagino di lei è solo frutto della mia fantasia in fondo abbiamo scambiato poche chiacchiere.
«Non so come aiutarti.» È arrivato il tempo di andare.
«Se sei interessato ti ripeto che non le sei indifferente.»
Forse ora capisco perché di questa confidenza, la linea seria della bocca e la sua insistente: vuole proteggere la sua amica.
«Non sono l'uomo adatto. Stai parlando di qualcosa di serio e io... Io non sono certo a quel punto.» Cazzo. L'ho vista si è no tre volte. «Non posso salvarla di certo io.»
I suoi occhi mi scrutano a lungo. Sono quasi tentato di chiudere i miei per quanto quello sguardo mi mette a disagio.
«Okay, come vuoi. Mi sarò sbagliato.» Alla fine si arrende tornando ad asciugare i bicchieri.
«Sarà meglio che vada.» Mi alzo dallo sgabello e tiro fuori il portafoglio.
Andrea si avvicina alla cassa. Batte i tasti diverse volte fino a consegnarmi lo scontrino e l'aggeggio per il bancomat.
«Ci si vede allora Chris.» Sorride sincero.
«Sì, ci si vede.» Rimetto il giubbotto.
«È stato un piacere.» Avvicina l'indice e il medio alla fronte come se salutasse un militare. «Arrivo Robè stavo salutando un amico.» Sbotta. Si volta verso un cameriere che lo richiamava a gran voce e a me non resta che andare via.
La sera fredda è un toccasana. Sento il mio corpo risvegliarsi dallo stato di shock che ho provato quando li ho visti insieme. Non smetto di rivedere le labbra di quell'uomo posarsi sulle sue. Cazzo.
Colpisco una lattina abbandonata per strada. Devo togliermela dalla testa. Passo la mano sgarbatamente sul capo per poi infilarla nuovamente nelle tasche del giubbotto.
Cazzo credevo di avere fatto passi avanti con lei questa sera. Ci sono state volte in cui entrambi ci siamo trattenuti. Diverse volte eravamo più vicini di quanto fosse giusto e poi i suoi occhi, il suo arrossire al mio contatto. Cazzo, la vedevo prendere fuoco. Non posso credere che con lui sia pure così.
L'ingresso del mio palazzo mi si presenta davanti inaspettato. Sono ancora perso nei miei pensieri. In fretta cerco le chiavi nelle tasche. Spingo la porta d'ingresso e mi lascio guidare dalle luci in penombra dei lampioni esterni fino all'ascensore.
Sto per premere il piano quando la luce della scala si accende accecandomi.
Rialzo il capo verso il portone che è ancora aperto e lascia entrare una folata di aria gelida.
La bionda del cane distrattamente alza una mano verso di me e gli occhi le si illuminano quando mi riconosce.
Le gambe avvolte da una minigonna nera salgono velocemente i gradini sui tacchi che le fanno da sottofondo.
«Aspetta! Arrivo.» Svelta si posiziona al mio fianco nell'ascensore. Un intenso profumo di vaniglia pizzica il mio naso.
«Buonasera.» La saluto divertito per la velocità con cui ha fatto quei metri.
«Forse il destino vorrà dirci qualcosa.» Maliziosa si avvicina e sfrontata alza una mano che si ferma a giocare con la zip chiusa del mio giubbotto.
Percepisco un leggero sentore di alcol quando la sua bocca si avvicina alla mia tentatrice, il che mi spiega il suo cambiamento.
Sorpreso per la sua audacia la guardo negli occhi in cerca di una conferma. Ed è lì senza vergogna. La timida ragazza del cane, così l'avevo classificata ma ora, mentre i suoi seni si appoggiano al mio petto, di timido non ha proprio niente.
«Sei sicura Marta, non avrai bevuto troppo?» non ho nessuna voglia di ritrovarmela in lacrime l'indomani per la cazzata fatta.
«Solo un drink, ti assicuro. E che non riesco a non pensarti.» Confessa e i suoi occhi sono ben attenti, niente abbagliamento da alcolico. «Non voglio pentirmi di non averci provato.»
Ne osservo gli occhi verdi brillare. Le labbra sottili aprirsi desiderose. Non ci sono dubbi su quanto mi desideri ed è una bella donna. Sento la mia mente fare degli ingiusti paragoni con chi sono io a desiderare allo stesso modo. Arrabbiato la silenzio.
«Sì, potremmo leggere così la coincidenza.» Riprendo la sua allusione al destino. Perché no? Mi ritrovo a chiedermi mentre i suoi occhi si fanno grandi.
L'ascensore si ferma al terzo piano e mi rendo conto che lei non ha mai schiacciato il suo piano.
Le sorrido accattivante ed esco dalle porte certo di essere seguito. Nuovamente cerco le chiavi che faccio girare nella toppa mentre le porte si richiedono alle nostre spalle.
Accendo la luce del corridoio e mi giro verso di lei pronto a proporle qualcosa da bere. Ma l'intenso odore di vaniglia è già fra le mie braccia e la sua bocca spinge desiderosa sulla mia.
L'idea che Tara stia facendo lo stesso con quell'uomo, proprio in questo momento, mi fa agire di conseguenza.
Con impeto si stringe a me e io la lascio fare. Realizzo che è davvero da tanto tempo che non scopo.
Le mani corrono sulla sua schiena fino alla nuca che spingo verso di me. Approfondisco il bacio e il suo mugolio mi riempie del giusto bisogno di soddisfare i nostri corpi.
Lentamente lascio scivolare il suo cappotto a terra.
Magari, magari così me la toglierò dalla testa.
Inclino il capo indietro quando audace lei mordicchia il mio mento e le mani decise iniziano a spogliarmi . Istintivamente chiudo gli occhi sotto le sue carezze e in poco tempo siamo nudi.
Afferro le candide gambe che si stringono svelte ai miei fianchi e raggiungo il mio letto.
La luce che filtra da fuori e sufficiente per vedere i nostri profili, i suoi fianchi morbidi si alzano vogliosi e io allungo una mano verso il comodino. Apro il cassetto il tanto che basta per tirare fuori la bustina d'argento che luccica nelle mie dita. Avvicino alla bocca la plastica che cede alla pressione dei miei denti e lascio a Marta il piacere di sistemare la protezione appiccicosa.
Le sue braccia mi attirano a lei e con un solo movimento l'accontento. D'istinto chiudo gli occhi e quell'orribile sensazione di lei con un altro me la fa apparire come non dovrebbe in questo momento.
Sotto l'ossessione delle sue iridi marroni mi spingo dentro un'altra donna ancora e ancora e poi ecco il mio risveglio con il mio nome che viene urlato nella notte con soddisfazione.
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