Capitolo XIII

Non capitava spesso allo sceriffo della contea di ricevere chiamate dal commissariato di una grande città.

"Un caso di omicidio?!" disse lo sceriffo, trasalendo dall'altra parte della cornetta.
"Esatto, si tratta di un omicidio di un poliziotto, dobbiamo parlare con questo bambino e sua madre. Sono i presunti testimoni."
"Commissario, io davvero non saprei come aiutarla senza indizi... In questa contea abitano circa quattordicimila amish su un'area molto estesa! Come ha detto che si chiama questa donna?"
"Rachel Lapp."
"La metà degli amish qui si chiama Lapp, qualche altro dettaglio? Un indirizzo?"
"Non avete degli elenchi di qualche tipo?"
"Sì, ma ripeto, non disponiamo di tutto questo personale per fare questo tipo di ricerche. Insomma, non hanno nemmeno la linea telefonica, dovrei girare casa per casa! Non avete altro da darci?"
"Purtroppo no. La ringrazio lo stesso sceriffo. Se dovesse avere qualche notizia o notasse qualcosa di interessante riguardo la comunità amish del luogo, la prego di farci sapere immediatamente. Anche il minimo dettaglio può esserci utile." disse il commissario chiudendo la chiamata.

"Allora?" disse McCallister dall'altra parte della sua scrivania.
"Niente. Tutto quello che avevamo riguardo quella donna e il figlio è sparito e ora è come cercare un ago nel pagliaio. Kowalsky non si riesce a rintracciare. Che mi dici di Benatar?"
"Ero sicuro di averla colpita, ma ho fatto il giro di tutti gli ospedali e sembra essere sparita nel nulla."
"Era lei che doveva pensare a badare a quei due..."
"Davvero pensi che con una ferita d'arma da fuoco si sia nascosta in mezzo a dei matti che vivono senza telefono perché glielo proibisce la Bibbia?"
"Quando mai è stata normale Benatar?"
"Dobbiamo trovarli. Ovunque, ad ogni costo." concluse McCallister.
"Come stiamo già facendo ora?"
"Molto meglio di come stiamo facendo. Li abbiamo sottovalutati. Questa città va rivoltata come un calzino. Ogni motel, negozio, ogni persona che è in contatto con loro deve essere controllato."
"Non rischiamo di esporci così?"
"Credi che non sappia fare il mio lavoro?"
"Va bene, mettiamoci all'opera."

                                       ***
D'un tratto un brivido attraversò Kat come una scossa elettrica. Mentre era seduta sul letto, le cadde la tazza da cui stava bevendo il decotto del dottor Schultz.

"Oh no..." fece Kat costernata.
Rachel si chinò per raccogliere i cocci di ceramica sparsi attorno al letto di Kat.
"Non preoccuparti, ora penso a pulire..."
"I-io non so cosa mi è successo... Mi spiace..."
"Forse era troppo caldo?"
"No, è stato più come... I-io devo parlare con Greg, forse sta succedendo qualcosa e lui è solo!" disse Kat tremando di paura.

Rachel si rialzò, poggiò i pezzi della tazza sul comodino accanto a letto e spinse Kat a stendersi di nuovo.

"Kat, hai sentito il dottore, no?"
"Ma..."
"Lui è solo, ma tu stai ancora male."
"Io sono solo un peso morto! Saranno anche alla sua caccia, anche lui sapeva di McCallister, non ha mie notizie..." fece Kat in preda all'ansia.

Cercò allora di divincolarsi dal controllo di Rachel per potersi alzare, ma non era ancora in grado di soverchiare la forza di alcuna persona e così desistette.

"Ascolta: se ti agiti la ferita si potrebbe riaprire. La cosa migliore che puoi fare è riposare e guarire il prima possibile. Non puoi fare altro in questo momento."
"D'accordo..."
"E bere il decotto del dottor Schultz. Guarda che ora te ne porto un'altra tazza, cosa credi?"
"Ma quando finirà questa tortura..."
disse Kat nascondendosi sotto le coperte.

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