CAP. XXXVII Amore corro da te...
Il rumore della pioggia contro i vetri mi risveglia bruscamente.
Tolgo dalle orecchie le cuffiette mute. Mi sono addormentata con la musica ma adesso l' ipod è completamente scarico. Mi tiro seduta sul letto e faccio mente locale. Sono nella mia stanza, la sveglia segna le tre e dieci minuti.
Balzo in piedi e in un lampo torna alla memoria tutto; l' occupazione, mio padre, le urla, la scoperta del succhiotto, la punizione...
Mi guardo intorno alla ricerca del cellulare, poi ricordo che lo ha sequestrato insieme al pc.
Corro verso la porta e provo ad aprire, ma ancora niente, la maniglia gira a vuoto.
Mi sento un uccellino in gabbia.
Cosa avrà pensato Riccardo? Avrà provato a telefonarmi ? Ed io non ho risposto!
Oh no! avrà creduto che l'ho abbandonato o che sono arrabbiata per qualche motivo...
E chissà cosa starà facendo adesso, quanto vorrei essere con lui!
Faccio mentalmente un riassunto della mia assurda situazione. Sono intrappolata dentro alla mia stanza senza via di fuga, mentre la scuola è in piena autogestione studentesca e Riccardo mi aspetta tra le sue forti braccia.
Poi mi dico di respirare profondamente e buttare fuori. Infondo c'è sempre una soluzione! Ci deve essere!
Cammino avanti e indietro come una psicopatica, nei pochi metri quadri della mia camera da letto che è divenuta anche la mia prigione.
- Devo uscire di qui! Devo uscire...- mi avvicino alla finestra, apro i vetri e guardo giù.
Potrei saltare o scivolare sulla grondaia come un ladro, ma un forte capogiro mi spinge subito a richiudere la persiana. Sono troppo in alto e poi la pioggia, così violenta.
Poi qualcosa colpisce la mia vista.
Sopra al mobiletto vicino al letto c'è un vassoio con alcuni biscotti al cioccolato e un bicchiere di latte. Mi avvicino cauta, neanche si trattasse di una bomba a orologeria. I neuroni si attivano prontamente e realizzo che mia madre è entrata e ha lasciato dei viveri per il mio sostentamento.
Probabilmente dormivo così profondamente che non mi sono accorta di niente.
Nonostante abbia lo stomaco chiuso, una dose di carboidrati e latticini credo che mi faccia bene. Faccio per addentare un biscotto super calorico cioccolatoso quando vedo un post it attaccato al vassoio
"Tesoro mi raccomando stai attenta. Ti voglio bene" .
Sotto al bigliettino una chiave.
Resto con il biscotto a metà e la bocca spalancata.
Appena torno in me benedico mia mamma. E' un mito e l'ho sempre saputo!
Lancio via il biscotto e afferro la chiave, mollandole un bacio. La mia salvezza!
La chiave gira perfettamente e finalmente mi consente di evadere.
- Starò attentissima! Grazie mammina, grazie, grazie, grazie...- non finisco più di ripeterlo.
Indosso i leggins neri e gli stivaletti. Mi tolgo la camicetta che porto da questa mattina, metto una felpa e il piumino con il cappuccio.
- Amore corro da te...- chiudo la porta alle mie spalle facendo attenzione a non fare rumore. Attraverso il corridoio completamente al buio e in punta di piedi scendo in cucina.
La casa è immersa nel silenzio più totale, devo fare attenzione ad ogni minimo movimento, altrimenti rischio di cacciarmi in guai davvero seri. Scarto l'idea di andare a cercare il mio cellulare, troppo pericoloso. Prima esco e meglio è.
Quando sono finalmente nell'atrio inizio a riprendere vita. Respirare l'aria fredda ossigena polmoni e cervello. Il tempo non mi è certo di aiuto, sta piovendo a dirotto e dei lampi illuminano il cielo a giorno. Metto il cappuccio e apro un ombrello lasciato accanto al portone.
Mi faccio coraggio e affronto la bufera.
La strada è deserta e a passo svelto impiego quasi venti minuti per arrivare a scuola.
Quando raggiungo il cancello del liceo faccio un sospiro di sollievo.
Ho gli stivali completamente zuppi di acqua, che sento arrivare fino ai calzini e alla pelle.
Una forte raffica di vento mi spinge indietro l'ombrello, le stecche si alzano e si spezzano.
Perfetto! Adesso vai con la doccia piovana!
Senza perdermi d'animo inizio a correre a perdifiato, oltre il cortile e fino all'ingresso principale.
Mi fiondo sulla porta e provo più volte ad aprire. Niente.
Scuoto la maniglia così forte che ho il terrore di ritrovarmela in mano.
Il destino mi sta giocando veramente degli scherzi assurdi. Adesso che sono riuscita a scappare e raggiungere la mia meta mi ritrovo chiusa fuori. Getto via l'ombrello che ormai è solo uno stupido impiccio e inizio a correre di nuovo verso l'entrata del retro. Mi butto su quella porta come mia unica ancora di salvezza. Ma anche questa non vuole saperne di lasciarmi passare.Mi appoggio con la schiena alla parete almeno riesco a ripararmi un pò dalla pioggia. Non c'è bisogno di farsi prendere dal panico, anche se sono da sola, in piena notte, sotto alla pioggia in mezzo ad una strada.
Niente paura. Meglio cominciare a pensare. Le opzioni sono poche; salire sulla grondaia alla mia sinistra e arrampicarmi fino alla finestra di una delle classi e poi iniziare a tirare dei pugni al vetro.
Scarto all'istante questa scelta, ho le vertigini solo all'idea!
Forse potrei lanciare dei sassi o qualcosa contro le finestre, sperando che qualche anima buona possa sentirmi. Mi guardo intorno. Non ci sono oggetti da utilizzare come fionda o quant'altro.
Mi sto quasi per arrendere quando nella mia testolina non balena un'idea a dir poco straordinaria.
La scala antincendio!
Quella mattina ho accompagnato Riccardo a fumare proprio lì e ho fatto caso che la porta si apre sia dall'interno che dall'esterno.
Mi catapulto verso la scalinata con la testa bassa, cercando di ripararmi dall' acqua con il cappuccio del piumino. Salgo gli scalini a lunghe falcate.
Quando arrivo in cima sono completamente da strizzare ed ho pure un fiatone enorme.
Ma la fatica è del tutto ripagata perchè la porta cede subito con una minima spinta e mi ritrovo dentro all'edificio in meno di un nano secondo.
Resto un attimo con le mani puntate sulle ginocchia e pian piano torno a respirare regolarmente.
L'istituto è inquietante. Il silenzio fa da sovrano e sono accese solo le luci di emergenza.
Abbasso il cappuccio e tiro i capelli bagnati da un lato. Mi incammino verso la mia sezione.
Pian piano che mi avvicino la disperazione di poco prima lascia posto alla gioia.
Non vedo l'ora di rivedere Riccardo e raccontargli quello che mi è successo. Spero che comprenda che non è stata colpa mia e mi stringa forte a sé, riscaldando tutto il freddo che porto dentro.
In questo momento ho solo bisogno di un suo dolce abbraccio. Solo di questo.
Raggiungo la sezione D e attraverso il corridoio verso la III , la sua classe.
Faccio attenzione a non fare rumore e apro la porta dolcemente. La stanza è nel buio più totale.
Stanno dormendo tutti quanti avvolti nel loro sacco a pelo.
L' aula sembra una distesa di sfollati durante la guerra.
Passo con gli occhi ciascuna coperta. Un paio di ragazzi russano sonoramente. Scorgo la stupida Megan in fondo alla stanza rannicchiata dentro al suo bozzolo.
Poco più in là, sotto alla finestra ecco il mio Riccardo.
Aspettate! Il mio...
Chiudo e riapro gli occhi.
Forse ho un allucinazione.
Poso una mano sulla porta e mi sostengo.
Non è una visione...
Non ho la forza di muovermi, nè di fare un passo avanti, nè di tornare indietro.
Un lampo illumina le ciocche bionde di Rebecca che ricadono morbide sul torace e sulla spalla del mio ragazzo. E' come se mi crollasse addosso un macigno, macchè dico, un intera montagna.
Rebecca e Riccardo sono abbracciati dentro un unico sacco a pelo.
Quello dove sarei dovuta essere io, se solo mio padre non mi avesse rinchiusa in camera.
Sento crescere un fuoco tremendo, che brucia lo stomaco e la gola e manda in fumo il cervello e le orecchie.
Perchè Riccardo mi fai questo? Perchè tutte quelle belle parole, quella voglia di affrontare gli ostacoli insieme? Perchè mi hai fatto conoscere tuo nonno? Perché mi hai raccontato di Marie?
Perchè hai aperto le porte della tua vita?
Sento la testa scoppiare a causa di tutte quelle domande. E poi ne resta solo una:
chi era quel Riccardo? E chi sei tu, di fronte a me?
Stringo forte i pugni e grido senza fare rumore. Rebecca ancora una volta.
Urlo dentro di me. Rebecca ti odio.
Riccardo si gira appena abbracciandola più stretta e in faccia ha come stampato un sorriso.
Un lieve e dolce sorriso con le fossette ai lati.
Sembra quasi felice.
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