CAP. XXXIV Occupazione

Il giorno seguente quando arrivo a scuola una grande folla di studenti si trova di fronte alla porta d'ingresso, impedendo il passaggio ad alunni e professori. Alcune ragazze mantengono sopra le proprie teste enormi cartelli di protesta.

- Contro i riscaldamenti che non funzionano, le finestre rotte e mai riparate, per l'aula di computer inagibile da ormai un anno...- Una profonda voce maschile si diffonde da un megafono, sorpassando lo schiamazzo diffuso nel cortile.

Cerco di identificare qualche volto amico. Intravedo alcune ragazze della mia classe, ma non riesco a raggiungerle, sono esattamente dalla parte opposta alla mia. Guardo meglio se tra loro c'è Giulia, ma di lei neanche l'ombra. Ho provato a chiamarla anche ieri sera, ma sono riuscita a mettermi in contatto solo con la sua segreteria telefonica. Mi chiedo se abbia ricevuto la mia lettera e se mai lei deciderà di rispondermi. Stamani speravo di vederla a lezione e provare a parlarle o quantomeno avere sue notizie da Leo, ma con questo caos, non riuscirò a fare nessuna delle due cose.

L' attesa di conoscere cosa pensa, come sta, cosa fa mi crea uno stress pazzesco.

Non riesco a vivere a pieno la mia storia con Riccardo, perchè ogni volta una piccola parte del mio cuore e della testa viaggia verso di lei. Mi sento in colpa, in tremenda colpa per aver ferito i suoi sentimenti. E non c'è soluzione.

I miei pensieri sono distratti dal ragazzo con il megafono che sale sopra un muretto e si mette a gridare un mucchio di altre polemiche in aggiunta alle precedenti.

La folla lo incita con entusiasmo travolgente.
Poi dalle finestre delle aule scendono un paio di grandi striscioni.
Contro. No. Abbassiamo. Stop.

- Per oggi niente lezioni, la scuola è stata occupata !!!- esulta il ragazzo di fronte a me.

Il professore di fisica e quello di biologia, inseguiti da tre furie con una bomboletta di vernice in mano e una bandana sulla testa, retrocedono nel cortile, fino a rinchiudersi nelle rispettive auto. Nel frattempo la professoressa di matematica grida come una pazza contro il giovane sul muretto, intimandolo di posare immediatamente l'arnese che tiene in mano.

Lui appoggia le labbra all'imbocco dell'attrezzo e fa un urlo potentissimo all'altezza delle orecchie della donna, creando un vortice di aria che le fa drizzare i capelli sulla testa.
Tutti scoppiano in una risata fragorosa e la donna scappa via indispettita e stordita, farfugliando minacce sul profitto del ragazzo.

- Avanti !!!! Entrate tutti !!! La scuola è nostra !!!! –

La ciurma di gente spinge per accedere nell'edificio. Mi ritrovo a procedere verso la porta di ingresso travolta dalla marea impazzita di studenti.

Il gomito di una ragazza mi arriva dritto all'altezza dei reni e un'altra studentessa viene gettata contro la mia spalla, proprio nel punto in cui accuso ancora un pò di dolore. Respiro profondamente e caccio indietro un urlo di sofferenza. Cerco di farmi spazio, ma non guadagno nessun centimetro di beneficio. Mi sento piccola in un fiume di alunni impazziti.

Poi, nel grande marasma una mano afferra forte il mio polso. Un aggancio possessivo e familiare che riconosco all'istante.

- Tu – mi lascio trasportare dalla sua stretta.

- Io - Riccardo muove il sopracciglio, alzando leggermente il pearcing.

Le nostre mani si stringono l'una nell'altra e i nostri occhi si incontrano.

- Buongiorno –

La voce di Riccardo fa aumentare i miei battiti e la temperatura del mio corpo. Poi lui si avvicina e mi lascia un bacio sulle labbra. Intorno a noi la folla continua a spingere e a dimenarsi e noi ci lasciamo trasportare fino all'entrata uniti l'uno all'altro.

Dentro l' edificio è completamente sotto sopra. Ci sono striscioni ovunque, appesi alle pareti e alle porte. I ragazzi del quinto anno stanno costringendo il preside in un angolo, torturandolo di parole. Quando l'uomo acconsente ai due giorni di piena occupazione, uscendo dal liceo a testa china, nell'edificio soppia un boato fatto di grida ed esaltazioni.

Trascorro l'intera mattina insieme a Riccardo, come la maggior parte degli studenti rimaniamo in aula cinema a vedere Come te nessuno mai . Durante la proiezione del film Riccardo è agitato, sembra non essere molto interessato alla ribellione dei protagonisti contro il sistema, nè alla vicenda amorosa. Si muove sulla sedia passando continuamente da una posizione ad un' altra. A metà del secondo tempo sbadiglia: - Ho bisogno di fumare una sigaretta, vieni con me?-

Usciamo sulla scala antincendio. L'aria è abbastanza fredda e io ho lasciato la giacca all'interno. Riccardo si accende una Camel e fa un paio di tiri. Questa semplice operazione mi toglie il respiro. Il suo gesto è così semplice e magnifico allo stesso tempo.

- Scusa oggi sono molto nervoso, questa notte non ho chiuso occhio, forse dopo il pomeriggio di ieri... -

- Ti sei pentito di avermi raccontato tutte quelle cose su di te e sulla tua famiglia?-

Riccardo scuote la testa, senza abbandonare il mio sguardo. – No, solo che, ogni volta, parlarne riporta a galla un dolore assurdo -

Faccio un passo e mi avvicino a lui. Poggio la mia testa sulla sua spalla. - Jo è un grande, tuo nonno mi piace – affermo.

- Mi vuole molto bene – ammette lui.

- Già -

Un attimo di silenzio poi Riccardo passa il suo braccio intorno alla mia vita: -  Sai, credo che non riuscirò mai ad essere tranquillo fino a quando non riuscirò a incastrare quel bastardo...-

Mi libero dalla sua stretta e mi piazzo di fronte a lui. - Quale bastardo?- squittisco.

- Il pirata che ha ucciso i miei genitori –

Una nuvola di fumo esce dalle sue labbra e dalle sue narici, mentre resto immobile e perplessa di fronte a lui.

- L'ho giurato a me stesso molti anni fa e non sarò apposto fin quando non avrò fatto giustizia – prosegue, - i miei genitori erano molto giovani e non avrebbero dovuto morire così, avevano ancora una vita davanti, una vita insieme a me e a Marie. Piccola, io credo di aver bisogno del tuo aiuto per scoprire chi è il colpevole della loro morte. Vuoi farlo? Vuoi darmi una mano?-

Sento un brivido percorrere la mia spina dorsale. Faccio un respiro profondo, incamerando più aria possibile.

- Certo – sospiro.

Le mie mani tra quelle di Riccardo e i nostri sguardi agganciati. Posso vedere le mie iridi scure riflesse nei suoi occhi trasparenti. Questa rivelazione mi inquieta e incoraggia allo stesso tempo. So che Riccardo è forte, deciso ma anche pieno di rabbia e odio.

Per un istante passano nella mia testa le immagini di ricordi confusi. Lui che scambia una busta per soldi con loschi individui, lui che riceve strane telefonate, lui che sfugge, lui che scatta. Devo fare chiarezza e la strada sembra piuttosto in salita, ma il mio istinto mi suggerisce che tutte quelle scene e tutti quei comportamenti dubbi, riportano al suo passato e hanno qualcosa a che fare con questa triste storia.

- Io ho bisogno di te, non sai quanta fatica mi costa ammettere di avere necessità di qualcuno, per me è la prima volta – dice Riccardo.

- Sono felice di aiutarti – sorrido e mi butto tra le sue braccia, che mi accolgono in un caloroso abbraccio. Accarezzo le sue spalle. La sua felpa è così morbida sotto alle mie dita. - Non devi mai avere paura di chiedere aiuto. Non è segno di debolezza, ma dimostra una grande maturità.-

Lui mi afferra il volto tra le mani. – Grazie, piccolina, so che posso contare su di te. L' ho sempre saputo -

Il bacio che ci scambiamo è così tenero da farmi sciogliere il sangue nelle vene. Il contatto con le labbra di Riccardo mi riporta alla sera al casolare e, mentre le nostre lingue si muovono, sfuggendosi e poi ritrovandosi, la mia mente viene catapultata indietro alle carezze eccitanti. Arrossisco e non percepisco più il freddo autunnale intorno a me.

Riccardo si stacca e posa la fronte sulla mia.
-Piccolina, sei la persona più speciale che abbia mai conosciuto - mi sussurra, mantenendo gli occhi chiusi.

Il mio cuore insieme al respiro accelera. - Anche tu -

Poi un gorgoglio strano interrompe il nostro attimo romantico. Ci guardiamo e iniziamo a ridere entrambi, non appena ci accorgiamo che il rumore proviene esattamente dal mio stomaco vuoto.

- Okay, prima di iniziare a fare i detective forse è meglio riempire la pancia, cosa ne dici?-

- Ottima idea! - passo una mano sul mio addome.

Quando rientriamo, Riccardo si blocca nel mezzo del corridoio. – Emm...andiamo al bar?-

-Per me non c'è problema, prima o poi Marcello dovrà pure vederci insieme e tanto vale togliersi subito il pensiero -

Scendiamo al piano inferiore. Riccardo mi tiene per mano ed è una sensazione bella, quasi da mozzare il fiato. Mi sento importante. Mi sento una principessa.

Quando raggiungiamo il locale troviamo un'enorme fila al bancone. Marcello appena mi vede sposta lo sguardo su di me. Lo sento addosso mentre vado a prendere patatine e cola. I suoi occhi si spostano poi sulla figura di Riccardo. Rimbalsano tra me e il mio ragazzo senza sosta. Riccardo paga e Renato gli porge il resto. Quando mi volto, Marcello non è più dietro al bancone. C' è solo il suo canovaccio bianco, lasciato inerme sopra al piano.

- Non siete i benvenuti - La voce arrabbiata e nervosa di Marcello alle nostre spalle mi fa sussultare.

Mi giro e lo vedo con le braccia lungo i fianchi e i pugni chiusi. La mano ancora stretta dentro a delle bende bianche.

- Marcello...- sussurro.

- Vai al diavolo, Ari! - La sua mascella è ferma e rigida. - E anche tu, mio grande amico! - I suoi occhi incrociano quelli di Riccardo, facendo scintille.

Riccardo prova ad allungare una mano verso di lui, ma Marcello si allontana di scatto.

- Non voglio la tua pietà. Per me eri un amico, ti ho accolto come un fratello, quando non conoscevi nessuno, invece tu ecco come mi hai ripagato! Fottendomi la ragazza! -

Riccardo sta per ribattere, ma lo blocco.

- Lui non mi ha portato via da te, te l'ho già detto e lo ripeto qua davanti a tutti. Io non ti ho mai amato - sostenengo il suo sguardo, - capisco che adesso sei incazzato con noi, ma purtroppo questa è la realtà e devi fartene una ragione! -

- Tu sei solo una ragazzina! – Marcello mi afferra per un braccio. - E presto lui si stancherà di te! -

- Lasciala - Riccardo mi cinge la vita.

- E' tutta tua - Marcello alza le mani, - non te la prende nessuno, questa piccola verginella! -

Quest'ultima parola mi ferisce come un pugnale dritto al centro della schiena.
Resto immobile e mi lascio trascinare fuori dal locale.

Riccardo mi conduce in cortile. – Vedrai, gli passerà. Posso capirlo, è rimasto un tantino scottato! -

Ci sediamo sugli scalini, proprio nel punto in cui ci siamo stretti la mano la prima volta.

- Ehi piccolina, che succede? -

Alzo le spalle. Nelle mie orecchie rimbomba solo quella maledetta parola "verginella", un termine pronunciato con tale disprezzo e presa in giro da far saltare i nervi.

- Ari? -

- Io...- porto i capelli da un lato, lasciando scoperta una parte del viso. - Mi sono offesa -

Riccardo apre una lattina e butta giù un lungo sorso. - Per cosa? Per quello che ha detto lo stupido del tuo ex? -

Annuisco, lasciando cadere i sacchetti di patatine sul gradino. - Non è carino essere chiamata in quel modo così intimo e sprezzante davanti a tutti, lui non sa niente di me e della mia vita...intima! -

Riccardo mi porge la coca. - Bevici sopra e dimentica questo episodio. A volte le persone riescono a far male con una sola parola, tu guarda sempre avanti senza preoccuparti troppo degli altri. Marcello sa quello che può ferirti e lo ha semplicemente utilizzato in questo momento, accecato dalla rabbia!-

- Hai ragione, mi ha solo dato fastidio la sua volgarità - prendo la bibita tra le mani.

- Non voglio approfondire l'argomento, ma se è vero quello che ha detto Marcello e vuoi rimediare...- Riccardo solleva un sopracciglio, - bene, io sono qua!-

L'allusione mi provoca una leggera tachicardia e fa volare la fantasia lontano. Io e Riccardo. Io e lui insieme, in quel senso.

- Ehi, sei su questo pianeta? - La sua voce mi riporta al presente.

Annuisco, posando a terra la lattina vuota. - Posso chiederti una cosa un pò personale?-

- Spara! -

- Tu e Giulia - mantengo lo sguardo fisso a terra con la faccia che brucia. - Lo avete fatto? Lo so, lo so, è una domanda stupida, ma per me è davvero molto importante.

Con la coda dell'occhio vedo le sue mani sfregarsi e lo sento schiarirsi la voce.

- Non importa, scusa, non dovevo chiederlo - faccio per alzarmi, dandomi della bambina curiosa e insicura, quando lui mi afferra per una manica della camicietta e mi riporta seduta al suo fianco.

Le nostre ginocchia si toccano. - Ecco quello che mi fa impazzire di te, sei così pura e ingenua e semplice...- poggia la mano sul mia coscia. - Il mio errore più grande è stato uscire con Giulia, non ho mai provato niente per lei, anzi, mi è stata sempre addosso e mi sono spesso sentito soffocare dalle sue chiamate e dai suoi messaggi –  si passa l'altra mano sui capelli spettinandoli un pò, - è stato solo un dannatissimo sbaglio, io non ho mai voluto lei, fin dall'inizio ho sempre desiderato solo te -

I nostri occhi si incrociano.

- Ma tu stavi con Marcello e non potevo averti. Ho lottato con me stesso cercando di farmi passare la cotta per questi occhioni neri come l'ebano, ma non ci sono riuscito e ho agito un pò – sorride, - come dire, d'istinto... -

So che si riferisce all'episodio del bagno e del nostro primo bacio.

- Poi una sera non ci ho visto più e ho deciso che con Giulia non poteva esistere, non eravamo fatti per stare insieme e non volevo prenderla ancora in giro. Abbiamo litigato pesantemente e ci siamo lasciati per telefono. Mi sento in colpa per avervi fatto litigare, so che siete amiche da molto tempo e non volevo rovinare il vostro legame, spero solo che riuscirete a chiarire e che Giulia capisca e accetti il nostro rapporto -

Le sue parole sono un grande conforto, ma non hanno risposto al mio quesito. La domanda resta sospesa in aria tra noi fino a quando Riccardo afferma: - E comunque la mia risposta è no! -

Improvvisamente percepisco i polmoni, rimasti in apnea, riempirsi di aria pura. Il cuore ossigenarsi e la mente spalancarsi. Non dico una sola parola, ma dentro di me cresce la felicità. Sapere che Giulia e Riccardo non sono stati a letto insieme mi consola da morire.

Poi Riccardo batte la mano sulla mia coscia e mi riscuote dai pensieri. – Allora, verginella, andiamo a recuperare i nostri giubbotti in aula cinema? - I suoi occhi brillano e la sua bocca si allarga in un sorriso, smorzando la tensione.

- Non chiamarmi più in quel maledetto modo - incrocio le braccia al petto, - altrimenti io...-

- Tu? - La sua voce mi sfida.

- Io...-

Si morde il labbro inferiore in attesa di una risposta.

- Io vado a dire in giro che..-

- Che?-

- Che sai cucinare e fare la lavatrice come una perfetta casalinga! -

- Non farlo mai – ride e si scaglia su di me, che con un gridolino riesco a sfuggire alla presa e a scappare verso l'entrata.

Varco la porta di ingresso e continuo a correre per le scale fino al piano superiore. Lui mi raggiunge e mi prende da dietro.

-Adesso non puoi più sfuggirmi - sussurra al mio orecchio.

Rido. Lui mi lascia andare per poi afferrarmi di nuovo. Mi tira saldamente per un braccio, facendomi voltare e baciandomi con passione. Subito dopo si stacca e inizia a indietreggiare.
Passo dopo passo mi trascina con sé.
Le sue braccia mi stringono la vita, impedendomi quasi di respirare.
Apro gli occhi e lo vedo cercare con la mano la maniglia di una porta. L' abbassa e ci ritroviamo al buio più completo nello stanzino delle pulizie.

- Ricca..-

Lui sorride tra le mie labbra e poi riprende a baciarmi con più vigore. Sento il suo profumo diffondersi nello sgabuzzino. L'odore della sua pelle è buono ed eccitante.

Ci scambiamo un bacio da favola, che mai e poi mai nella mia vita avrei sognato poter dare e ricevere. Le sue mani sono ovunque, adesso mi massaggiano i glutei, adesso mi accarezzano la schiena e passano intorno alla mia vita.
Mi ritrovo con le spalle appoggiate alla parete, circondata da scope e spazzoloni.

Riccardo sgancia il primo bottone della mia camicetta. Non riesco a vedere la sua figura e a capire le sue intenzioni. E' troppo fitto il buio intorno a noi, ma posso sentire il suo respiro sul collo e le sue dita che pian piano procedono a sbottonare del tutto il mio indumento di cotone. La sua bocca si posa sulla mia pelle, nell'incavo dei miei seni e io mi lascio sfuggire un gemito di piacere. Lui inizia a baciarmi, o meglio, a divorarmi con la lingua e le labbra.

Sono in un altro pianeta, forse su Marte o su Giove e neanche mi accorgo che i baci divengono morsi. Lo afferro per i capelli e lo riporto alla mia bocca.

- Ti desidero, piccola, da impazzire – La sua vita è stretta alla mia. Lui mi prende una mano e la porta dentro alla sua maglietta all'altezza del petto. - Senti quanto mi fai impazzire –

Il tum tum del suo cuore è ben ritmato sotto alle mie dita e arriva diretto alle nostre orecchie.

Lentamente la mia mano, accompagnata dalla sua, si fa strada sulla sua pelle, passa dall' addome e dall'ombelico, fino all'elastico della tuta. Ho il respiro accelerato e anche lui.
Sento che deglutisce rumorosamente e cerco di vedere nel buio il suo viso, senza riuscirci.

Poi tutto accade in un istante.
Mi ritrovo la luce sparata sugli occhi.

Riccardo lascia andare la mia mano ed entrambi ci voltiamo verso la porta che si è appena spalancata, mostrando il nostro momento di intimità a tutti coloro che stanno attraversando il corridoio in questo preciso istante.

- Cosa ci fate voi qua? - La voce del bidello è un rimporvero, ma nasconde un pizzico di divertimento e sorpresa.

- Occupazione - Riccardo si rivolge all'uomo con fare strafottente, mascherando l'imbarazzo e vincendo l'adrenalina.

- Nel mio sgabuzzino?- chiede il bidello, accigliato

- Quando gli studenti occupano, occupano tutto, anche lo stanzino delle pulizie !!!-

Usciamo correndo e ridendo, mentre mi riabbottono alla svelta la camicetta.

- Possiamo dire che hai smentito le parole di Marcello? –Riccardo mi prende per mano, svoltiamo l'angolo, scappando dal bidello e dagli occhi curiosi di tutti i presenti.

Sto per mandarlo al diavolo, ma ricaccio indietro le parole. Lui è Riccardo. Lui è lui.

Ritorniamo in aula cinema, il film di Muccino è finito da un bel pezzo e sono rimaste solo le nostre giacche appese alle sedie.

Un ragazzo si avvicina a noi, ha in mano una cartellina. Mi rendo conto che si tratta proprio dell'individuo di questa mattina, quello che urlava dentro al megafono.

- Scusate ragazzi – ci richiama, grattandosi la barbetta rossiccia sul mento. - Sto facendo la lista di coloro che hanno intenzione di restare a dormire qua stanotte, voi siete dei nostri? -

Io e Riccardo ci scambiamo un'occhiata.

- Ok!- sento lui rispondere, - saremo dei vostri, tutti e due!-

- Io veramente non so se...-

Riccardo mi lancia uno sguardo truce e io mi zittisco all'istante.

- Perfetto! – esclama il tipo, - piacere, io sono Federico, cercate di me questa sera. Alle otto e mezza chiudiamo le porte esterne. Mi raccomando arrivate prima di quell'orario, altrimenti resterete chiusi fuori-

- D'accordo – rispondiamo in coro.

- I vostri nomi?-

- Riccardo Serio e Arianna Valenti –

La voce di Riccardo è musica alle mie orecchie. E i nostri nomi vicini sono così dolci e teneri.

Federico se ne va, registrandoci sotto ad una lunga lista di nomi. – Ah!- si volta appena, prima di uscire dalla porta. - Portate il sacco a pelo! -

Annuiamo all'unisono.
Stanotte resterò a dormire a scuola. Insieme a Riccardo. Nel sacco a pelo.
Qualcuno mi svegli da questo sogno fantastico.

Allaccio le braccia intorno al collo del mio ragazzo e sorrido ripensando al mio tocco sulla sua pelle; quella carezza, sempre più giù, ci è mancato così poco a raggiungere e oltrepassare l'elastico della tuta che il solo pensiero fa colorare le mie guance come pomodori maturi.

Riccardo ricambia il mio abbraccio e mi solleva appena. - Sei pronta a stringerti a me tutta la notte?-

Mi lascio girare dalle sue forti braccia. – Prontissima. Non vedo l'ora!- gli schiocco un sonoro bacio sulle labbra.

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