CAP. XXXIII La casetta sul pontile

La mattina successiva il riveglio è alquanto brusco e noioso. Non riesco a muovere la spalla, ho fastidio tutto intorno al braccio.
Allo specchio del bagno noto un piccolo livido sotto la spallina della canottiera, che mi riporta immancabilmente alla ferrea presa di Riccardo della sera precedente. Con lentezza indosso la felpa e mi infilo dentro a un paio di jeans, che fasciano perfettamente i glutei, donandogli un' accattivante forma rotonda.
Quando scendo in cucina mia mamma mi sottopone a un breve ma intenso interrogatorio sulla serata. Le racconto velocemente della cena, stando ben attenta a sorvolare i particolari troppo piccanti o violenti.

Salgo in auto con la bottiglietta di the in mano. Al mattino non riesco a uscire senza fare colazione, ma purtroppo sono sempre di corsa e finisco spesso per mangiare nel tragitto fino a scuola. Le note di Albachiara si diffondono nell'abitacolo. Mia madre e la sua Vasco mania.
Scendo davanti all'entrata del liceo.

- Ci vediamo questa sera, tesoro. Devo fare delle commissioni e non sarò a casa prima dell'ora di cena - fa retromarcia e riparte.

Procedo nel cortile, scorgendo Rebecca e Megan proprio accanto alla porta d'ingresso.
Non appena mi vedono arrivare si voltano, sghignazzando.

I loro sguardi mi infastidiscono.
Dopo lo scherzo delle foto il mio odio nei loro confronti è salito alle stelle. Anche un solo bisbiglio suscita in me un insofferente istinto omicida. Devo mantenere la calma.
Espiro e ispiro mentre penso che un bel corso di yoga non sarebbe proprio una soluzione malvagia.

Sto per aprire la porta quando un rumore piuttosto familiare si avvicina alle mie spalle.
Rimango con la maniglia mezza abbassata. Anche le due bionde si bloccano e, dalla loro espressione, curiosa e attratta, posso senza dubbio intuire chi sia il soggetto che si è appena fermato con la moto dietro di me. Il mio cuore inizia a martellare all'istante. Suppongo che insieme alle lezioni di yoga dovrò pure contattare un valido cardiologo!

- Buongiorno piccola! – La voce di Riccardo rimbomba all'interno del casco.

Mi volto e gli sorrido. Ho gli occhi a forma di cuoricino, mentre resto a fissarlo come un'ameba.

- Hai intenzione di restare qui ferma ancora per molto?-

- Scusa?-

Lui fa un lieve cenno col capo, - Sali! -

- Cosa?-

- Sali - ripete.

Sono basita.

- Muoviti Arianna! Salta su questa cazzo di moto! -

Faccio come dice. Non oso contraddirlo per nessuna ragione al mondo, non dopo la reazione di ieri sera. Mi rendo conto di avere addosso gli occhi di tutti gli studenti assonnati che si trovano in cortile mentre Riccardo gira l'acceleratore e parte.

La campanella d'entrata suona assordante.
Mi volto appena verso Rebecca e Megan che ci guardano allontanare, stuccate e infastidite.
Dentro di me godo all'idea di averle lasciate di sasso. Poi, pian piano, è un altro il pensiero a farsi spazio: sto facendo chiodo!
Non faccio in tempo a rendermi conto del grave errore, che Riccardo accosta e i nostri piedi toccano terra ferma. Siamo in una stradina a pochi metri da scuola.

- Ti sembra un bel modo di fare?- cerco di apparire irritata, - mi hai praticamente rapita!-

Lui accenna un sorriso, poi afferra il secondo casco e me lo porge: - mettiti questo! -

Lo prendo e lo indosso.

- Okay, possiamo riprendere! - sale di nuovo in sella - vieni!-

- Non fino a quando non avrai risposto alla mia domanda! - incrocio le braccia.

- Piccola, non fare la bimba viziata - si sofferma sull'ultima parola più del dovuto, alterandomi ancora più di quanto non lo sia già. – Dannazione, vuoi salire?- si agita.

- Tu rispondi e io salgo! - lo guardo attraverso la visiera, - esigo delle spiegazioni dal momento che a causa tua sto marinando un giorno di scuola! -

Riccardo ride, scuotendo la testa. -Parli come mia nonna -

Questo suo atteggiamento da duro e menefreghista mi sta facendo ribollire il sangue nelle vene.Lo detesto e sono pazza di lui allo stesso momento.

Cerco di mantenere la quiete e fare mente locale. Infondo sto solo saltando un misero giorno di scuola, per passare la mattina con un ragazzo bellissimo, su una moto da urlo per andare chissà dove. Per una volta devo fidarmi, devo lasciarmi andare all'istinto e non farmi comandare dalla ragione.

- Vai al diavolo Riccardo! – sbuffo e salto sù, stringendomi forte alla schiena del mio centauro.

Le mie labbra accenano un sorriso, mentre la moto si immette di nuovo nella strada principale. Mi ritrovo avvinghiata sempre più a Riccardo. L'odore della sua giacca di pelle mi elettrizza e la visione dei suoi occhi allo specchietto mi eccita da paura. Il vento che ci attraversa i vestiti fa accapponare la pelle. Procediamo in direzione Tivoli e oltre.
Percorriamo strade strette e poco trafficate, fino a fermarci in un parcheggio assolato.

- Dove siamo? - faccio un giro su me stessa, sfilandomi il casco. Intorno a noi non ci sono abitazioni. L'aria è fresca e profuma di edera e sottobosco.

- Non fare domande e seguimi -

- Tu non puoi trattarmi come una sciocca, non vedo cosa ti costi rispondere semplicemente alle mie richies...-

Il fiume di parole che sgorga inarrestabile dalla mia bocca viene arrestato dalle labbra di Riccardo che premono violentemente contro le mie. Resto immobile, frastornata dal suo tocco magico.

- Allora, vogliamo andare?-

Riccardo è già qualche passo avanti e mi sta guardando. Si passa una mano tra i capelli, scomponendoli. Non ha messo il gel stamani e dei ciuffi gli scendono scomposti sugli occhi.

- Coraggio, piccola, muovi quel fantastico didietro!- increspa le labbra in un sorriso irresistibile.

Apro e chiudo la bocca senza emettere alcun suono. Obbedisco.

Ci incamminiamo a piedi su un sentiero di ciottoli e buche. Il manto di foglie secche cricchia sotto alle nostre scarpe. Riccardo procede avanti in silenzio. Il giubbotto di pelle e gli anfibi lo rendono molto più grande della sua età.

Lo seguo, dapprima senza dire una parola, poi iniziando a lamentarmi: - Ma dove mi stai portando? Puoi darmi almeno un piccolo indizio?-

- Lo vedrai, manca davvero pochissimo...-

Soltanto adesso mi rendo conto che Riccardo stringe tra le mani un borsone. Non so cosa contenga al suo interno e la curiosità cresce in maniera esponenziale man mano che i minuti passano.

- Cosa stai portando là dentro?-

- Sei troppo curiosa, ragazzina! - si volta, strizzandomi l'occhio.

- E tu sei troppo misterioso, signor Serio! -

- E tu parli troppo! -

- E tu...- ma non riesco a finire la frase perchè di fronte a noi si para un panorama mozzafiato.

Resto immobile a bocca spalancata. Un lungo e disteso tappeto di foglie rosse e gialle ricopre l'intera pianura. I raggi del sole fanno scintillare le acque di un laghetto ai piedi della collina e delle barche di legno sono ormeggiate a riva.

- Cosa ne pensi? -

Sono incantata dal paesaggio pittoresco e non riesco a spiccicare parola.

- Che succede, hai perso la tua parlantina? -

- E' semplicemente... - cerco un aggettivo che possa rendere degna questa magica visione, - paradisiaco?-

- Paradisiaco...lo trovo molto adatto! – si compiace, prima di prendermi per mano e trascinarmi dietro di lui. – Vieni, voglio farti conoscere una persona -

Mi lascio trasportare, calpestando il manto di foglie che ci circondano. Mi sembra di essere sulla luna. Arriviamo su una spiaggetta di sassolini. Vicino alle imbarcazioni arenate c'è una piccola casa di legno scuro.

Riccardo bussa un paio di volte, fino a quando dall'interno si alza una voce maschile e rauca: - sto arrivando!-

Alla porta compare un anziano signore con una folta barba bianca e un cappellino con la tesa.
Sorride e abbraccia Riccardo, battendogli una mano sulla schiena più volte. Si separano e rivolgono entrambi lo sguardo verso di me.
I loro occhi hanno lo stesso identico colore.

- Lei è Arianna -Riccardo posa un braccio sulla mia spalla, proprio quella malcapitata.

Soffoco in gola un sospiro di dolore.

- Arianna, lui è Giorgio –

- Chiamami pure Jo- afferma l'uomo, stringendomi forte la mano. - Da quando sono tornato dall'America mi chiamano tutti così! Ma prego, entrate - ci fa accomodare all'interno.

Seguo Riccardo e, titubante, accetto una tazza di caffè d'orzo. Bevo in silenzio.
Jo si sofferma a guardarmi. Mi sento fissare da quei suoi occhi verdi e penetranti. La somiglianza con lo sguardo di Riccardo è da togliere il fiato.

- Tu sei molto fortunata, bambina - fa un passo verso di me - questo ragazzo ti vuole bene, stalle vicino mi raccomando! Lui ha bisogno di una persona che lo ami e gli faccia riscoprire il bello della vita -

- Lo farò, promesso - mi trovo a rispondere.

Riccardo sorride, impacciato. I nostri occhi restano un lungo istante a fissarsi.

Jo posa un braccio sulle mie spalle e poi attira contro di sé anche lui. - Che Dio vi benedica, ragazzi - bacia la fronte di entrambi. - La vostra è l'età più bella! Godetevi ogni giorno, caspiterina, ogni singolo giorno! - scioglie l'abbraccio e inizia a singhiozzare in modo quasi convulso.

Rimango allibita e guardo Riccardo con espressione interrogativa. Lui scuote la testa e alza leggermente le spalle.

Il vecchio emette un paio di colpi di tosse, si soffia il naso con un fazzoletto di stoffa tolto dalle tasche dei pantaloni e biascica: - non farci caso, Arianna. I ricordi! - batte una mano sul tavolo, lasciandosi cadere su una sedia. - Quelli brutti fanno sempre uscire una lacrima -

Annuisco, restando immobile vicino a lui.

- Quel bambino laggiù, lo vedi? - indica con il dito una fotografia dai colori sbiaditi, posata sul mobiletto accanto alla porta. - Lo riconosci?-

Socchiudo gli occhi e osservo l'immagine.
Il mio cuore si ferma di colpo.
E' la stessa foto che Riccardo ha sul profilo Facebook.

- Riccardo –

La mia voce è flebile e i miei occhi si spostano dall'immagine al mio ragazzo per tornare di nuovo alla fotografia.

- Esatto! Riccardo e Marie - Jo si alza e va a prendere il quadretto. Accarezza la foto con un'espressione carica di amore e dolcezza mai vista prima. Poi torna a sedersi con la foto tra le mani. - Da piccoli li caricavo sulle spalle e li portavo sempre in questo posto. Qui c'è pace e silenzio per pensare. Anche se a volte i pensieri fanno un grande rumore...-

Riccardo si siede ed io lo seguo nello sgabello di fronte, dall'altra parte del tavolo.

- Marie aveva sempre una grande parlantina, mentre lui, il mio Riccardo, si metteva a riva a giocare con i sassolini e restava in silenzio per pomeriggi interi- si gratta la barba - era un bimbo taciturno e introverso -

Riccardo indurisce la mascella e mantiene gli occhi fissi sul tavolo, senza battere ciglio.

- Cara, apri pure quel cassetto là! –

Seguo l'indice di Jo rivolto al mobiletto.

- Il primo, quello di fronte a te -

All'interno ci sono oggetti per la pesca e poi un' altra foto che attira la mia attenzione.
La prendo.
Respiro profondamente.
Ho la gola secca e fisso le due figure giovani e belle immortalate di fronte ad una vecchia chiesetta.

La voce di Riccardo rompe il silenzio: - Sono i miei genitori -

Alzo lo sguardo su di lui, che mi fa un leggero sorriso.

La mano di Jo è posata sopra quella del mio ragazzo. - E quello è il giorno del loro matrimonio- specifica l'uomo.

- Erano stupendi – sussurro, accarezzando la superficie liscia e lucida. - Tuo padre, era così uguale a te -

Jo annuisce. – E' vero lo ricorda molto e ogni giorno che passa sempre di più!-

Riccardo viene verso di me e mi prende la foto dalle mani. Ripone l'immagine nel cassetto e lo chiude. – Piccola, ti ho portato qui perchè voglio realmente raccontarti qualcosa del mio passato e lo voglio fare con tutto me stesso, anche se, parlare dei miei genitori e di Marie, mi spacca il cuore. Queste foto sono tutto quello che resta della mia famiglia...- mi prende le mani nelle sue.

Jo fa dei colpettini di tosse : - Ehi ragazzo! Non dimentichi niente?-

Riccardo sorride. Le due fossette agli angoli delle sue labbra si materializzano improvvisamente.

- Oh si! Queste foto e Jo, naturalmente...mio nonno! -

L' intuito aveva già fiutato la parentela tra i due. I loro occhi troppo identici, così come l'espressione del viso.

- Questo è un luogo speciale – Riccardo si volta verso Jo, che lo incoraggia con un cenno della testa.

- E' il posto più fantastico che abbia mai visto - affermo.

- Non sono mai venuto con nessuno fino a qua, tu sei la prima -

Questa rivelazione ha un profondo valore. Significa che per Riccardo sono davvero importante.

- E' l'unico posto dove sento l'anima in pace. Dopo la morte dei miei genitori ho continuato a tornare fin qui quasi tutti i giorni, questa casa e questo lago riescono a placare un po' della rabbia che porto dentro, tutto il resto è solo odio profondo –

Le nostre dita restano intrecciate ed io posso toccare con mano tutto il suo disagio. È chiaro che non ama parlare della sua vita, ma sa che deve farlo, per lui e per noi. Non può assolutamente fuggire al suo passato. Non può cancellarlo e l'unico modo per alleviare la pena è buttare fuori tutto il male che porta dentro.

- I primi tempi evadevo di notte dall'istituto e le suore avvertivano i guardiani che costantemente mi ritrovavano qui. Alla fine le tutrici non avvisavano neanche più le guardie – sospira, - venivano a recuperarmi direttamente al mattino e mi sorprendevano ogni volta su quella brandina là in fondo, tutto rannicchiato a dormire! -

- E tuo nonno? – sussurro, voltandomi leggermente verso Jo seduto a capotavola.

- Lui non c'era, dopo l'incidente io e mia sorella siamo stati spediti in istituto dagli assistenti sociali e nostro nonno... - I suoi occhi incontrano quelli dell'uomo, - lui se ne è andato in America a lavorare dove è rimasto fino a qualche mese fa -

- L'incidente? – dico, con voce incerta.

Non so cosa aspettarmi. Non so se Riccardo abbia voglia di parlarne.

- I miei genitori sono morti in un tragico incidente - lascia le mie mani e inizia a camminare per la stanza.

Ho paura di qualsiasi cosa stia per dire o per fare. Poi osservo Jo che segue Riccardo con sguardo incoraggiante e allora mi tranquillizzo.

- Sono stati travolti da un auto pirata sotto gli occhi miei e di Marie -

Le parole di Riccardo sono agghiaccianti e fanno un dolore assurdo.

- La polizia non ha mai rintracciato il conducente dell'auto che li ha investiti ed uccisi. Ad oggi il caso è chiuso senza un colpevole - si blocca e stringe forte i pugni, - purtroppo la mia esistenza da quella sera è cambiata drasticamente. Ancora oggi la loro mancanza è forte, ci sono giorni che fantastico su come sarebbe stata la mia vita se non fosse accaduto tutto questo. Che male c'è a sognare ad occhi aperti? Almeno questo nessuno può togliermelo, no?-

Deglutisco. Le sue parole aprono un solco profondo nel mio cuore.

- Invidio tutti coloro che possiedono una famiglia felice. L'istituto è stata la mia casa e la mia prigione. Le suore sono molto autoritarie e le regole ferree. Ho trascorso otto anni nella solitudine e nella rabbia più totali. Ero invidioso degli altri e geloso di tutto ciò che mi appartenesse, giochi, libri, e di Marie, la mia dolce Marie...- sospira.

- Marie...- sussurro.

- Sì – annuisce, - prima era una bimba vivace e solare e io, da buon fratello maggiore, mi sentivo in dovere di proteggerla da tutto e da tutti. Poi però lei è cambiata, adesso è un'adolescente ribelle e incazzata con il mondo intero. Ha fatto molti errori e continua a farne tutt'oggi! E' così debole e sensibile! –

Gli occhi di Riccardo si fermano sui miei, sul mio viso, sulla mia anima, che lo sto ascoltando quasi senza far rumore.

-Quando pochi mesi fa il tribunale ha concesso il nostro affido al fratello maggiore di mio padre, lei ha rifiutato l'offerta ed ha preferito restare a marcire in istituto. Marie odia tutto ciò che la circonda, odia la vita, sé stessa e anche me. Non parla più con nessuno da mesi ormai, rifiuta il cibo e qualsiasi genere di aiuto – guarda a terra, con le mani strette nelle tasche dei pantaloni.

Le sue spalle si scuotono leggermente e una lacrima macchia il suo bellissimo viso.

- Rischio di perderla. Io non posso, capisci? Io non voglio perdere anche lei. –

Non posso far altro che avvicinarmi a lui e posare una mano sulla sua spalla, poi anche l' altra e infine gettarmi tra le sue braccia.

- Non la perderai, stai tranquillo - caccio indietro le lacrime che mi pungono gli occhi.

In silenzio ascolto i sussulti insistenti del torace di Riccardo. Aumento la mia stretta e assorbo tutto il suo dolore. Poi mi allontano di un passo. Gli asciugo il viso con il palmo delle mani e gli chiedo: - Come ti senti?-

- Come un puzzle scomposto in mille pezzi. In pochi giorni tu, piccola, hai messo piede nella mia vita e l' hai sconvolta ancora una volta. Non avrei mai pensato di poter raccontare a nessuno questa storia - muove indietro la testa, spostando una ciocca di capelli finita sopra ai suoi occhi arrossati, - non avrei mai pensato di poter piangere di fronte a qualcuno!-

- Lo hai fatto ed io sono qui tutte le volte che lo vorrai fare ancora -

Ci guardiamo e i nostri occhi parlano per noi.

Poi ci voltiamo verso Jo, seduto con le mani piantate sulle cosce che ci osserva con occhi gonfi e sognanti. - Figliolo- esordisce, - portala al vecchio pontile! -

Riccardo segue alla lettera le parole del nonno. Mi prende per mano, conducendomi fuori. Raggiungiamo il retro della casa e ci troviamo di fronte ad un piccolo ponte di legno, circondato da una fitta vegetazione. Il ponte attraversa la sponda più stretta del lago e conduce all'altra parte del bosco.

- Questa è la mia postazione preferita in assoluto - posa sulla sabbia il borsone che si è trascinato dietro e lo apre, tirando fuori una grande coperta. - Si accomodi signorina! - stende il telo.

Mi siedo al suo fianco. Riccardo estrae dalla borsa anche un vecchio stereo, di quelli pesanti, a pile. Sintonizza il primo canale radio che riesce a prendere e si stende con il naso all'insù.

Intorno a noi si diffondono le note di "Story of my life".

Il mio cuore si riempie di musica e calore.
Sono con Riccardo, di fronte ad un lago piatto e splendente, tra le felci, sotto al sole autunnale in compagnia delle note degli One Direction.

- Grazie - sussurro, stendendomi al suo fianco.

Lui aggrotta le sopracciglia: - Di cosa? -

- Di tutto questo-

Riccardo mi passa un braccio attorno al collo, attirando la mia testa contro il suo petto.
Le sue labbra lasciano piccoli baci, dapprima sulla mia fronte poi anche tra i miei capelli, fin dietro l'orecchio.

- Ehi - mi scosto un pò, - tuo nonno ci starà guardando...-

- Non può vederci, tranquilla -

- Ma..-

- La casetta rimane dietro quei rami- indica alcuni arbusti poco lontani. Poi torna di nuovo a baciarmi, questa volta sullo zigomo. - Non può vedere in nessun modo il ponte e quindi neanche noi- mi rassicura.

Ed io mi lascio convincere un pò dalle sue parole e un po' dai suoi baci.

Riccardo si sporge ed io mi ritrovo distesa sotto di lui. I raggi del sole gli illuminano i capelli, facendoli brillare. I suoi occhi sono dritti nei miei e la sua bocca è troppo vicina e irresistibile.

- Sei bellissima -

- Anche tu - poso l'indice sul suo pearcing e scendo al lato dell'occhio, fino alla bocca.

Riccardo socchiude le labbra e bacia la punta del mio dito. - Non lasciarmi mai - mi prende tutte e due le mani, bloccandomi i polsi sopra la testa.

- Non lo farò - faccio leva sui miei scarsi addominali e avvicino il mio volto al suo. - Puoi starne certo - incontro la sua bocca morbida.

Il peso del suo corpo mi fa cadere di nuovo stesa sulla coperta. - E poi l' ho appena promesso al vecchio Jo, ricordi? - sussurro al suo orecchio.

Riccardo sorride e, senza liberarmi i polsi, si tuffa nell'incavo del mio collo, riempiendolo di baci.

The story of my life I give her hope...

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