CAP. XXXII Scatto d'ira

La cena trascorre senza intoppi. Riccardo è piacevole, sa farmi ridere oltre che morire con un semplice sguardo.

Il mio cuore è tornato al suo posto dopo il travolgente bacio scambiatoci sul divano e il mio stomaco è sazio dagli affettati, le tartine e gli spaghetti al burro. Restiamo seduti l'uno di fronte all'altra, a studiarci, con il bicchiere di vino stretto in una mano.

- Dove hai imparato a cucinare? - stacco un chicco d'uva.

- In istituto. Lì ognuno di noi aveva compiti ben precisi. Io facevo i turni in cucina. Sai, cucinare è una cosa che mi piace, mi rilassa e mi fa sentire realizzato -

- Potresti diventare un grande chef un giorno! – scherzo.

Riccardo posa il bicchiere sul tavolo e ammicca, -Chissà, magari uno di quelli che si vedono in tv!-

- I tuoi occhi farebbero confondere milioni di casalinghe ed io sarei gelosa di dividerti con il resto del mondo – mi lamento.

Riccardo improvvisa una specie di sorriso, - Piccola, per me non è facile condividere la vita con un' altra persona, non sono mai stato legato a qualcuna. In istituto ciascuno di noi era solo, a combattere con sé stesso e con la propria storia, non esisteva spazio da dedicare all'altro, non esisteva strada per l'amore -

Il mio cuore si sofferma su queste parole, morendo per ciascuna sillaba appena pronunciata.

- Ma con te voglio provarci - dice sicuro, - qui siamo fuori da quel mondo e da quegli schemi ed io desidero più di ogni altra cosa oltrepassare i miei limiti e uniformarmi alla semplice realtà, quella di tutti i ragazzi della mia età...-

Deglutisco e trattengo il respiro.

- Tenterò la mia strada di rinascita con te. Sei bellissima e io credo di aver letteralmente perso la testa -

Ho un capogiro e resto senza parole.
Muta, accaldata, confusa, semplicemente frastornata.

- Piccola, non sai quanto ti desideri e abbia paura allo stesso tempo – continua lui, stringendomi le mani nelle sue. - Timore di non essere all'altezza, di affezionarmi e poi perderti, di soffrire e piombare dentro all' abisso profondo che gravita sotto di me costantemente -

- No - lo fermo, - non accadrà! Io ci sarò sempre per te.- I miei occhi pizzicano e la mia voce si incrina. - Sono la tua ragazza e come tale mi sveglierò ogni mattina pensando a te e a tutte le cose che potremo fare e poi mi addormenterò felice della giornata passata insieme. Ti ascolterò e mi lascerò proteggere e cullare e amare da te. Riccardo, io non posso più starti lontana, non ce la farei e non potrei neanche pensarlo - abbasso lo sguardo sulle nostre dita intrecciate, - mi hai rapito il cuore e mi hai rubato l'anima - alzo ancora la testa.

I suoi occhi brillano contro i miei.
Riccardo si alza e senza dire una parola viene ad abbracciarmi.

- Ho molte cose da raccontarti - mi stringe così forte da farmi mancare il fiato. - Tu sei la mia ragazza e devi conoscerle, sono la mia storia e fanno parte di me -

- Voglio sapere tutto di te, Riccardo Serio - lo abbraccio con vigore.

- Non sarà facile e farà molto male - Le sue braccia continuano a stringermi forte, facendo aderire il mio corpo al suo torace.

- Lo so, ma io sono qui con te –

Una mia lacrima cade sulla sua t-shirt, seguita da un'altra è un'altra ancora. Riccardo mi libera dall'abbraccio e passa entrambe le mani sui miei zigomi, asciugandoli.

- Hai intenzione di lavarmi la maglietta? – studia il lago creatosi sulla sua spalla, - non credevo ne avesse bisogno, ho fatto il bucato proprio ieri! -

- Tu fai il bucato?- smorzo un sorriso.

- Lavatrice a gettoni - precisa.

- Oh ! - rido tra le lacrime, - ecco! così sei più credibile! - sposto l' attenzione sul suo occhio malconcio e lo sfioro con le dita. - Ti fa male?-

- Non molto, poi mi rende un vero duro, non credi?-

- Sicuramente!- mi metto in punta di piedi e sfioro con le labbra la sua palpebra.

Lentamente e molto dolcemente appoggio di nuovo i talloni e torno a guardarlo.

- Ti va se accendiamo il fuoco?- propone.

Annuisco e lo osservo dirigersi al focolare. Lo vedo armeggiare con la legna e le pigne. Pian piano una piccolissima lingua rossa prende vita all'interno del caminetto.

- Da piccolo amavo rimanere ore e ore qui davanti, mi piaceva ascoltare lo scoppiettio e desideravo sentire il calore vicino alla pelle - confessa.

La fiamma si fa sempre più grande, illuminando parte del suo volto.

- Vuoi dire che tu vivevi in questa casa? - mi guardo intorno, realizzando improvvisamente l'evidente.

Riccardo siede a terra con gli occhi puntati verso il fuoco. - Ho vissuto qui tutta la mia infanzia, non sai quante volte restavo così nelle sere d'inverno, davanti al camino, ai piedi di papà che mi leggeva le fiabe - riferisce.

Non posso non immaginare questo stupendo e triste ragazzo, nelle vesti di un indifeso bambino. Un bambino dolce, al quale la vita ha voltato malamente le spalle.

- Mia madre e mio padre erano una coppia molto felice e ci volevano un bene dell'anima - socchiude gli occhi, - si rattristavano quando io e Marie litigavamo e si rallegravano quando ci vedevano giocare serenamente insieme -

- Marie è tua sorella? -

- Sì -

- Dove si trova adesso? –

Riccardo non risponde, stringe forte i pugni e fissa il pavimento.

Maledico la mia sfrontatezza e pian piano mi piazzo a terra vicino a lui, in religioso silenzio.
Lo osservo di sbieco, ma Riccardo non fiata ancora. Sento solo il suo respiro rumoroso e lo scoppiettio della legna che si consuma.

- Non importa se non ti senti di parlarne- rompo l'atmosfera carica di tensione, - non fa niente, io capisco che è difficile...-

Il volto di Riccardo è cambiato. Improvvisamente i suoi lineamenti sono tirati e le sue mani tremano.

- Tu non capisci, non puoi capire – dice, con voce dura e aspra, per poi girarsi di scatto verso di me e afferrarmi un braccio.

Sento il sangue congelarmi nelle vene. Non lo riconosco più. I suoi movimenti sono improvvisamente bruschi e spigolosi ed io rimango pietrificata e con gli occhi spalancati.

- Nessuno può capire, nessuno! –

La sua stretta su di me è decisa, il tono delle parole identico a quel giorno all'uscita di scuola, quando mi ha aggredito, facendomi versare fiumi e fiumi di lacrime.

- Scusami...io...volevo solo..- scorgo la sua bocca piegata in una smorfia, - credevo volessi raccontarmi del tuo passato, me lo hai detto tu prima, allora io pensavo...-

Le dita di Riccardo sono così strette che fermano la circolazione sanguigna del mio braccio.

- Mi stai facendo male...- balbetto.

Lui mantiene gli occhi fissi sui miei, ma sembra proprio che non mi stia vedendo. E' in un mondo parallelo, un mondo di dolore e sofferenza. Il torpore che provo al braccio si trasforma in dolore fisico, dapprima lieve poi sempre più lancinante.

- Riccardo, ho detto che mi stai facendo male! – provo a sottrarmi, ma non ci riesco.

Riccardo sembra improvvisamente piombato in un abisso profondo, dal quale non so come poter farlo risalire. Così inizio ad avere realmente paura. Quello che ho davanti non è più il bellissimo e dolcissimo ragazzo dagli occhi smeraldo, ma un individuo che non riconosco e a dire il vero non ho mai conosciuto.

- Tutti mi hanno sempre detto di capire, tutti a dire che è difficile! - La sua voce è un sussurro inquietante. - Nessuno sa quello che ho passato in questi anni, nessuno! – grida, facendomi scivolare indietro.

Mi ritrovo con la schiena sul pavimento freddo. Riccardo resta aggrappato con le mani alle mie spalle per qualche istante, per poi lasciarmi andare bruscamente. Con rapidità si alza e va a mollare un grosso calcio contro al divano. Un tonfo che mi fa riscuotere.

Sento il mio cuore pompare al massimo mentre trovo il coraggio di alzarmi e raggiungerlo.

Riccardo respira rumorosamente qualche passo da me. I nostri occhi si incontrano e pian piano ritrovo il suo sguardo familiare. Vedo che sta sbollendo la furia. Restiamo a guardarci per un pò, fin quando non resisto più e mi volto, fiondandomi verso la porta del casolare.

Esco e respiro a pieni polmoni l'aria fredda della sera. Il buio mi avvolge.

Porto le mani al viso. Le lacrime come un fiume iniziano ad uscire dagli argini, una dietro l'altra, senza sosta e ritegno. Rabbia, dolore, disprezzo rimbombano dentro il mio cervello, accavallandosi l'uno all'altro, creando un vortice confuso.

Si affollano le immagini di questi giorni.
Molte domande, pochissime risposte.
Tornano alla memora particolari inquietanti, come la telefonata che ho sentito a scuola, passando davanti alla porta dei bagni maschili, gli uomini in moto sotto casa Serio, la busta tra le mani di Riccardo e tutto l'alone di mistero che lo contorna.

Sono da sola a sfogare la tensione accumulata, quando il portone si apre con un cigolio.
Sento i passi incerti di Riccardo dietro di me e resto ferma, girata di spalle. Lui avanza lentamente. Il profumo inconfondibile e fresco che gli appartiene mi raggiunge.

La sua vicinanza è di nuovo viva e reale. Lo sento bisbigliare il mio nome, prima di passare un braccio intorno alla mia vita e subito dopo anche l'altro.

- Scusa, perdonami -

Non riesco a rispondere, nè a muovermi.

- Perdonami – ripete, con voce flebile.

Pian piano mi giro e incrocio il suo sguardo. Di nuovo riconosco quei fantastici occhi che dal primo momento mi hanno fatto perdere il lume della ragione. La pelle del suo viso è tornata distesa.

-Forse non sono ancora pronto a parlare della mia vita - porta le mani sopra le mie scapole, avvicinandomi a sé, - stringimi forte, ti prego -

Faccio come dice. Ci ritroviamo avvinghiati in un abbraccio unico e indimenticabile. Fusi l'uno nell'altro. Riccardo mi bacia le palpebre e gli zigomi.

Le sue labbra si fermano sulle mie lacrime, raccogliendole. La dolcezza dei suoi gesti mi scioglie e riporta il mio cuore a calmarsi, così come il pianto.

- Coraggio, ti riporto a casa, ti ho fatto abbastanza male per questa sera- dice, aprendo di nuovo il portone.

- Riccardo...- lo richiamo con voce strozzata.

Lui si volta.

Quante cose vorrei chiedergli, quante ne vorrei sapere!

Non lo conosco.
Non so niente di lui.
Lui che mi fa perdere la testa con i suoi baci e morire nel mare della sua spinta furiosa.
Lui che è pura armonia e destino crudele.
Lui che è uomo duro e roccia.
Lui che è stato bimbo, piccolo, curioso e tranquillo. Bimbo dai capelli scuri e gli occhioni chiari.

E nel fondo dei suoi occhi posso ancora vedere quel fanciullo che ride e gioca spensierato.
Non è da solo. Ci sono due figure adulte ai lati e poi c'è un'altra bimba con una lunga frangia bruna e con lo stesso, identico sguardo. Questa era la sua casa e quella la sua famiglia felice.

- Niente - abbasso la testa.

Riccardo mi prende per mano e torniamo dentro, accolti dal calore del fuoco che arde nel camino.

In quel niente, c'è il mio tutto.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top