CAP. XXIX Giulia e i suoi tormenti
Giulia
Ho casa libera fino a domenica sera. I miei sono fuori Roma per l'ennesimo impegno di lavoro e io credo che fingerò una febbre da cavallo e non tornerò a scuola fino al loro rientro. Falsificherò la firma di mia madre per la giustificazione, infondo ho quasi la medesima calligrafia, nessuno si accorgerà di niente.
Fuori splende il sole, nel mio cuore regna il gelo.
Sono in salotto, stesa sul divano in shorts e reggiseno e guardo uscire dal bagno il sensuale Stefan. Abbiamo appena fatto sesso. Con lui ho provato a dimenticare il dolore e la delusione, ma non penso di esserci riuscita.
Stefan si avvicina e si stende al mio fianco.Ha indosso un paio di boxer molto attillati, che mettono in risalto i suoi addominali lisci e perfettamente disegnati. Mi lascio abbracciare passivamente.
- Sono felice che mi hai chiamato, mi ha fatto davvero piacere rivederti –
Il suo accento tradisce le palesi origini danesi.
Incrocio il suo sguardo. Non mi trasmette niente. Non mi infonde nessun tipo di sentimento. Ammetto che a letto è una vera e propria bomba e non mi tirerei certo indietro se adesso finissimo di nuovo l'uno sopra l'altra, tuttavia la sua prorompente passione non riesce a colmare il deserto che porto dentro. Sono stata io a cercarlo dopo il nostro incontro di domenica allo Chalet. Mi sono sentita quasi in dovere di ringraziare il mio salvatore. Se non fosse stato per le sue spalle possenti, forse sarei ancora rinchiusa dentro al bagno.
Stefan tira indietro qualche ciuffo biondo che ha davanti agli occhi e si accende una sigaretta, poi porge l'accendino anche su quella che stringo io tra le labbra. - Sei davvero uno schianto, Giulia -
- Anche tu, Stefan - forzo un sorriso.
Continuiamo a fissarci mentre fumiamo, in silenzio. Alla televisione passano vecchi video di Ligabue che fanno da sottofondo al nostro pomeriggio insieme. L'atmosfera è carica di ormoni e fumo che viaggiano per la stanza allo stato libero. Un insieme di nicotina e testosterone, fluttuanti e prepotenti.
Stefan finisce la cicca e torna di nuovo a baciarmi, prima lentamente e poi con maggior vigore.
Sento il suo odore fresco addosso e il sapore del tabacco sulla sua e sulla mia bocca. Dovrei essere nel pieno delle mie forze e fare i salti di gioia per trovarmi stretta ad un ragazzo così prestante e carino, invece mi sento frenare, maledettamente triste e provata. Non riesco a lasciarmi andare completamente perché, se solo chiudo gli occhi, l'immagine di Arianna e Riccardo che si baciano fa capolino nella mia testa provocandomi un dolore assurdo.
Quello che fa più male di tutta questa vicenda è il complotto organizzato alle mie spalle. Arianna è sempre stata la mia unica e vera amica e quello che ha fatto è davvero raccapricciante e assurdo. La detesto e, al momento, non riesco proprio a parlarle, nè al telefono, né di persona. Ho bisogno di allontanarmi da lei e da Riccardo. Ho bisogno di staccare la spina.
- Sei molto contratta – dice Stefan, riportandomi alla realtà. Le sue mani massaggiano sapientemente le mie spalle. - Qualche problema?-
- Tutto okay, sto bene - avvolgo le braccia intorno al suo collo, sperando che le mie parole non riescano a convincere soltanto lui, ma anche me stessa.
Riprendiamo i baci e cadiamo distesi sul divano. Io gli accarezzo il petto e lui passa le mani sulle mie cosce. Cerco di rilassarmi tra una carezza e un sospiro quando, improvvisamente, il campanello mi fa sobbalzare. Stefan mantiene la bocca incollata alla mia, ignorandolo.
- Scusa- lo respingo, alzandomi. - Vado a vedere di chi si tratta...tu resta qua -
Lui soffia e si lascia cadere indietro.
Guardo dallo spioncino e due occhi castani mi si parano davanti: sono quelli di Leo!
Il mio cuore prende a battere a mille, mentre la mia mano gira la maniglia, decidendo di aprire.
Sorrido e il mio amico resta fermo, in piedi. Sembra completamente paralizzato.
Non dice niente, non si muove, non respira.
E' così pallido che ho quasi paura possa avere un mancamento da un minuto all'altro.
- Leo?- chiedo interrogativa.
Lui continua a fissarmi da capo a piedi. - C-c-ciao, Giu-Giulia...- balbetta, palesemente imbarazzato.
Improvvisamente mi rendo conto del mio abbigliamento, anzi se vogliamo meglio dire del mio non abbigliamento. Il reggiseno di pizzo che porto lascia poco all'immaginazione e i pantaloncini riescono a coprirmi a malapena l'inguine.
- Scusami – mi copro il seno con le braccia, - stavo andando a fare...emm...una doccia - improvviso.
- P-p-posso entrare?- Leo fa un passo avanti, fissando a terra.
- Veramente...ho lasciato l'acqua della vasca aperta...devo andare o mi inonderà la casa..- lo blocco.
- Vai pure, ti aspetto in salotto...ti devo parlare un momento...- Leo avanza ancora, questa volta un pò più sicuro.
- No – lo freno ancora una volta.
- Giù mi dispiace per quello che stai passando. Vorrei poterti aiutare, anzi voglio farlo, voglio starti vicino...–
Gli occhi di Leo sono sinceri, come sempre. Lui è così dolce, quasi irreale. Troppo buono con me, troppo onesto e leale.
- Grazie – gli sorrido.
Leo deglutisce e mi fissa con quei suoi occhi veri e puri da far sciogliere il sangue nelle vene. Ha la fronte imperlata di sudore e le mani che non smettono un solo istante di tremare.
- Non sarai in imbarazzo per vedermi così - lo stuzzico, - siamo amici da tempo ormai...-
Leo porta le mani al colletto della camicia, allentandolo di un bottone e io continuo a sorridere. Mi piace farlo imbarazzare, è così inesperto in fatto di ragazze.
Anche se, devo riconoscere, domenica allo Chalet ci ha dato dentro con quella vipera di Alice e, ad essere sincera, vederli insieme non mi ha lasciata certo indifferente. E' difficile ammetterlo ma sono quasi gelosa che lui possa uscire con una ragazza. Forse perchè fino ad oggi l'ho sempre visto come un ottimo confidente, sempre pronto a cedere una spalla su cui piangere, ridere o semplicemente posarsi ed ho paura che qualcuna possa portarmi via tutto questo bene.
- Leo - cerco le sue mani, - so che su di te posso sempre contare e questo per me vale molto...-
- Giù io...volevo dirti che...-
Le sue mani afferrano le mie e il mondo intorno a noi scompare. Siamo io e lui, sul pianerottolo di casa e non esiste niente di più importante. Soltanto io, il mio migliore amico e l'intreccio delle nostre dita.
- Cosa?- sussurro.
Lui respira rumorosamente e le sue guance si colorano. Poi l'incantesimo si rompe. Lo sguardo del mio amico si sgancia e oltrepassa le mie spalle.
- Tutto bene qua?-
La voce di Stefan ci fa riscuotere. Leo toglie di scatto le sue mani dalle mie. I suoi occhi si scuriscono e le sue labbra fanno un leggero tremolio.
- Forse Giu, è meglio che vai! L'acqua potrebbe uscire dalla vasca... - sbotta con un sarcasmo disarmante.
Stefan dietro mi cinge la vita con le braccia e posa la sua testa sul mio collo.
Leo indietreggia sul vialetto. – Scusa del disturbo - farfuglia, allontanandosi. Poi sale sulla sua bicicletta gialla e scompare dalle nostre viste.
Io resto immobile e stordita. Non faccio assolutamente niente per fermarlo.
Stefan chiude il portone, facendo un commento idiota sull'abbigliamento del mio amico. Con ardore mi spinge in un angolo. Le sue mani passano ovunque sulla mia pelle, ancora una volta.
Non ho via di fuga, non voglio averne. Una lacrima riga il mio volto. Stefan non si accorge del mio dolore, mi bacia e decide di possedermi ancora una volta. E, quando finalmente termina il suo compito, io mi sento vuota.
Del suo corpo, dei suoi capelli, del suo viso non ho assolutamente alcun interesse, anzi, in realtà non me ne ho mai avuto. In testa ho solo una unica e fondamentale domanda: Cosa stava per dirmi Leo? E un maledetto rimorso: Perché ho lasciato che fuggisse così?
Ho bisogno del mio amico.
Lui è la mia unica salvezza.
Stefan si riveste. Mi bacia sulla fronte e se ne va, tirandosi sù la cerniera del giacchetto .
- Ci vediamo presto, dolcezza - chiude la porta alle sue spalle.
Scivolo seduta sul parquet e vi rimango per non so quanto tempo, dondolando avanti e indietro. Piango tutte le lacrime che mi sono rimaste. Piango per Ari, per Riccardo, per Leo, per me stessa.
Poi un rumore attira la mia attenzione.
Stanno bussando alla porta. Una, due, tre volte.
Scatto in piedi. Sono nuda.
Bussano ancora. Afferro una coperta poggiata sopra il divano, mi avvolgo e vado ad aprire.
Non c' è nessuno. Respiro l'aria autunnale.
Mi guardo intorno e vedo una bici gialla svoltare l'angolo. E' quella di Leo.
Poi mi accorgo che ai miei piedi giace una piccola busta bianca. La raccolgo.
Sopra in neretto solo tre lettere: Ari.
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