CAP. XLVIII Vetri rotti
Sono le tredici e venti quando inizio a perdere anche l' ultimo rimasuglio di speranza e giungo all'amara conclusione che Riccardo non si presenterà. Forse non ha letto il messaggio, magari ha lasciato il cellulare a casa o lo ha scarico. Ma la mia vocina interiore mi deride.
È palese. Riccardo mi ha scaricata!
Respingo indietro le lacrime che mi pizzicano gli occhi e attraverso il cortile ormai deserto.
Le sue mani, che ieri pomeriggio dopo la scoperta del flirt con Rebecca mi rivoltavano, adesso mi mancano da impazzire.
Per non parlare della bocca. Farei carte false per poterla sfiorare di nuovo con la mia.
All'improvviso il cellulare vibra dentro la tasca dei miei jeans. Lo cerco disperatamente e scopro che si tratta di un messaggio.
Quado lo apro un solco di delusione si materializza nel mio viso. Ho lasciato il contatto della nuova SIM solo a mia madre e Matteo, e infatti è proprio quest'ultimo.
<< È bello avere una compagna di banco come te. Ricordati: lotta per i momenti belli! >>
Una serie di faccine stupide mi strappano un sorriso.
<<Anch' io sono felice di avere un compagno di banco come te. Grazie! Ti voglio bene. >>
Solo qualche giorno fa non avrei mai pensato di poter scrivere queste cose al compagno di banco più noioso e fastidioso che esista.
Attraverso le strisce pedonali al fianco di una signora con una pesante pelliccia, quando il rumore familiare di una moto mi sorprende, tagliandomi di netto la strada e bloccandomi il passaggio. L'anziana porta una mano all'altezza del cuore per lo spavendo ed io mi immobilizzo davanti alla moto di Riccardo.
Lui alza la visiera, – Sali! -
La donna guarda me e poi lui, borbotta qualcosa che non distinguo e decide di proseguire il suo tragitto.
Ignoro il comando di Riccardo e riprendo a camminare. -Ti aspettavo in cortile mezz'ora fa. Hai ricevuto il messaggio? - Cerco di scovare dentro ai suoi occhi cosa gli stia passando per la testa, ma il suo sguardo è troppo ombroso per capirci qualcosa.
Il rombo del motore è assordante.
- Ho fatto tardi. La professoressa mi ha trattenuto oltre l'orario, ma adesso sono qui. Salta sù che ti accompagno! -
- Preferisco continuare a piedi. - Non mi piace la sua arroganza e non ho nessuna intenzione di dargliela vinta, così riprendo dritta e a testa alta.
Riccardo grugnisce dentro al casco. -Dannazione! Vuoi smettere di fuggire?-
- Perchè devi sempre dire quello che devo e non devo fare? -
Lui mi segue alla minima velocità ed io mi fermo e sospiro, cercando di ritrovare la pace. In fondo ho voluto io un incontro e se chiarire è ciò che desidero, questo non è proprio il piede giusto con il quale partire. Con estrema riluttanza prendo tra le mani il casco del passeggero che mi porge e lo indosso. Il tragitto è silenzioso. Le braccia sono strette al giubbotto di pelle di Riccardo e la tempia posata sulla sua schiena. Mi riparo dal vento e dalla tenzione prodotta dai nostri corpi.
Ogni tanto lui sbircia dallo specchietto ed i suoi occhi mi trafiggono cuore e anima.
La moto imbocca la Nomentana.
Quando oltrepassiamo la mia abitazione comincio ad agitarmi. - Avresti dovuto fermarti qualche metro fa! - uso tutta la voce in mio possesso.- Perché non l' hai fatto ?-
Riccardo non si spreca a rispondere.
Casa mia si allontana sempre più.
- Fermati! Fermati! - faccio un altro tentativo.
Lui spinge sull'acceleratore.
- Vuoi spiegarmi dove stiamo andando? - grido isterica.
Riccardo non fiata e io sono costretta a rassegnarmi, sconfitta dal suo inquietante silenzio.
Cinque minuti dopo siamo di fronte al cancello di casa Serio. - Adesso puoi scendere. -
- Perchè non mi hai accompagnato a casa? - abbandono il casco sul sellino e lo seguo nel vialetto di ingresso.
- Perchè non ho mai detto di riportarti a casa.-
Agito le braccia in aria.- Tu hai detto di accompagnarmi! -
- Ho specificato dove? - Il cerchietto argentato brilla sul suo sopracciglio appena sollevato.
Sbuffo ed entro dietro di lui.
La porta si chiude alle nostre spalle.
Lo maledico con tutta me stessa. Se un tempo mi avessero detto che essere innamorarsi è così maledettamente coinvolgente e snervante, forse ci avrei pensato due volte prima di concedere il mio cuore a qualcuno.
E se mi avessero avvisato che quel qualcuno fosse un certo Riccardo Serio, allora mi sarei preparata psicologicamente molto tempo prima.
Lascio lo zaino accanto alla porta.
Riccardo apre il frigo. E' girato di spalle e i jeans a vita bassa delineano il suo fisico perfetto. Prende una birra e la stappa sull'angolo del tavolo. Il gesto mi fa uscire di testa. Immagino i muscoli del suo braccio contrarsi sotto ai vestiti mentre manda giù il liquido a grandi sorsi.
- Non dovresti bere a quest'ora – gli faccio notare.
Lui si pulisce la bocca con la manica del giubbotto. - Non dovrei bere, togli pure l'ora! -
- E quindi perchè lo stai facendo? -
- Ne ho bisogno. -
- Perchè? -
- Che stress Arianna! Perchè? Perché? Perché sono dannatamente arrabbiato! - I suoi occhi mi fissano mentre le labbra accolgono di nuovo l'imbocco della bottiglia.
- Ti ho chiesto di incontrarci per chiederti scusa - butto fuori.
Lui ingoia un altro paio di sorsi e poi si lascia andare in un sorriso amaro. -Volevi chiedermi scusa? -
Le mie labbra tremano. -Sono stata una stupida. Io voglio stare con te e non mi interessa tutto quello che c'è stato prima di noi.-
Lui stringe sempre più il collo della birra.- Stupidaggini! –
I miei occhi non si scollano dalla sua figura: gambe divaricate e occhi stretti.
- Quante altre stupidaggini hai da dire? -
Apro e chiudo la bocca senza far uscire alcun suono.
- Coraggio! Mi diverto un sacco a sentire tutte le tue diavolerie! - La sua voce roca arriva dritta al mio stomaco come un cazzotto.
Il dolore che provo è sordo e viscerale. Non riesco a muovere nessun muscolo, eccetto il diaframma che continua a salire e scendere incessantemente. - Non sto sparando stronzate. - Il suono della mia voce è appena udibile. - Ti sto chiedendo scusa. - faccio un passo deciso verso di lui, sperando che i miei occhi possano fargli capire quanto sia dispiaciuta e dannatamente innamorata.
Riccardo mi guarda e il suo respiro è in corsa proprio come il mio.
- Scusa - ripeto ormai a un paio di centimetri da lui.
Le nostre braccia si sfiorano, accompagnate dal rumore dei piumini che si toccano. Il suo odore si mescola a quello della birra, in un silenzio che logora anima e fegato. I miei occhi si incantano ipnotizzati alle sue labbra. Quanto vorrei posarvi le mie. Adesso.
Mi avvicino, piegando la testa e sfioro un angolo della sua bocca con la mia.
Il tocco è una scintilla di fuoco.
Riccardo è impassibile, fermo e immobile come una roccia. Poi all' improvviso lascia andare il braccio e la bottiglia, ormai vuota, scivola dalla sua mano e precipita a terra. I vetri esplodono nel pavimento. Lui posa le mani sulle mie braccia ed i brividi salgono lungo tutta la spina dorsale. Le sue dita scivolano sulla stoffa del mio giubbotto.
Improvvisamente il suo viso si contrae in una smorfia e dalla bocca esce un urlo soffocato. - Sei solo una bugiarda, una gran bella bugiarda - mi sposta fin quasi a sollevarmi e mi spinge contro lo sportello del frigo.
Lo guardo confusa, impaurita e terrorizzata dall'odio inquietante comparso nei suoi occhi.
- Credi che ci sia abbastanza differenza tra te e Rebecca? - Il suo corpo preme e schiaccia contro il mio ed i vetri rotti scricchiolano sotto le sue "Converse". -Non ce n'è alcuna, anzi, una differenza c'è! Lei è palesemente inaffidabile, mentre tu... - punta un indice minaccioso contro il mio viso, - Tu sei molto peggio perchè con la tua finta purezza incanti e poi pugnali direttamente alle spalle! -
- Cosa dici? - Le lacrime mi iniziano a scendere in abbondanza.
- Non piangere! - si agita. -Non c'è niente da piangere! -
- Lasciami! - ordino.
Riccardo sposta le mani sul mio viso e mi afferra le guance con entrambi i palmi. -Non fino a quando non ti avrò detto quello che penso! -
Sono riscossa dai miei stessi singhiozzi.
Il fiato di Riccardo è caldo proprio sopra il mio viso.- Ti ho aperto il mio cuore e la mia vita. Hai conosciuto un sacco di cose del mio passato. Cose così profonde e delicate che solo con te sono stato capace di affrontare. E tu mi hai preso in giro per tutto questo tempo! -
- Non è vero. Io non ti ho preso in giro, io non sono Rebecca! – I pensieri si confondono l'uno con l'altro. - Perchè mi stai sputando addosso tutto questo? -
- E' quello che ti meriti! – allontana le braccia dal mio viso.
- Non merito niente di tutto ciò. Ho litigato con la mia migliore amica per te, con Marcello, con mio padre e sto vivendo un inferno per come mi stai facendo sentire adesso! - Il mascara si scioglie e non oso immaginare in quali condizioni sia la mia faccia.
Riccardo sbatte la mano sul frigo esattamente sopra la mia testa.- Stai continuando il tuo gioco sporco, Arianna! -
Il tonfo mi fa saltare. -Io non so di cosa tu stia parlando! - piango al limite della sopportazione.
- Ah! no? Perfetto! Allora devo proprio rinfrescarti la memoria! - inizia a girare per la stanza, evitando di passare sopra i frantumi della bottiglia.- Dannazione! - si prende la testa tra le mani, - se non avessi consegnato il compito in anticipo, non avrei mai scoperto il tuo squallido comportamento. E pensare che stavo correndo da te per scusarmi! Che stupido a preoccuparmi delle parole che ti ho vomitato addosso, quelle parole te le meriti tutte quante, e molte di più! -
Ormai i singhiozzi si susseguono senza tregua. - Tu non sai cosa dici -.
Lui torna vicino a me e mi blocca di nuovo contro la cucina. - Ti ho già detto di smetterla di piangere! Perchè con me devi sempre e solo piangere? Perchè non puoi ridere? – I suoi occhi si stringono nei miei. - Eppure c'è qualcuno che ti fa ridere, è vero che c'è ? -
Deglutisco, cominciando a credere che Riccardo sia uscito fuori di testa.
- E' il ricciolino biondo a farti ridere! Come si chiama quell'idiota testa di zucca che ti abbracciavi questa mattina? Matteo, si chiama! - Ormai la sua voce è solo un grido disperato, - allora avanti è il turno di Matteo adesso! E poi di chi altri ancora? -
Sbatto le ciglia mentre il viso di Riccardo è praticamente a un millimetro dal mio. - Matteo? Io e Matteo siamo solo amici!-
Riccardo respira rumorosamente.
Il mio cellulare vibra, quasi cogliendo l'attimo perfetto.
Lui caccia una mano dentro la tasca dei miei jeans e lo afferra alla velocità della luce. - Chi è che ti scrive? A chi hai dato questo dannato numero? -
Gli occhi di Riccardo leggono insieme ai miei il tempestivo messaggio di Matteo: << Anche io ti voglio bene. >>
Sembra che passi un istante infinito prima che la sua voce esploda sonoramente: - Proprio quello che stavo dicendo, non perdete tempo voi due! - lancia il telefonino sul tavolo, - dagli abbracci ai messaggini il tempo è breve e poi? Cosa dovrei aspettarmi ancora? – urla come una furia, - per me finisce qui. Non voglio perdere altro tempo con te! - si precipita fuori dalla cucina a passi veloci.
Improvvisamente mi rendo conto di quello che sta realmente succedendo e è appena successo. Riccardo mi ha visto abbracciare Matteo e ha frainteso le nostre intenzioni. Riprendo il telefonino e mi precipito nell' inseguimento.
-Fermati ti prego! - mi aggrappo al suo piumino, - Matteo è solo un amico! -
Riccardo si volta. I suoi occhi appaiono gonfi, stanchi e lontani anni luce da me.
- Non so quello che hai visto ma era un abbraccio da amici e questo messaggio significa solo che Matteo mi vuole bene e anche io gliene voglio, ma come un amico! - dico tutto d'un fiato, – non puoi lasciarmi per questo! Non dopo tutto quello che ci siamo promessi! -
- Sei stata tu ha rompere le promesse - dice duramente, - io non ho nessun diritto di soffrire così per una ragazza! - si volta, mostrando il suo profilo migliore, - a volte rimpiango la mia vita di prima, sesso senza alcun coinvolgimento!- sputa fuori.
Con la punta delle dita cerco di girare il suo viso verso il mio. - Non puoi pensarlo veramente – muovo le pupille contro le sue, - Perché siamo finiti a questo punto? Tu avevi giurato di esserci sempre per me, di proteggermi, di difendermi, di non avere paura. Io non posso farcela senza di te...-
- Vai a farti dare una spalla dal tuo amichetto dai boccoli d'oro! -
- Non c'è niente con lui! Perchè non vuoi ascoltarmi? Io l'ho fatto! - gli ricordo, - Quando Rebecca era tra le tue braccia, nel tuo sacco a pelo, io ti ho creduto. Perchè tu non vuoi farlo con me? -
- Non è la stessa cosa. -
Le mie mani si protendono ad accarezzare la pelle del suo viso, - Sì che l'ho è. Io ti ho creduto e quello era anche peggiore di un abbraccio e un ti voglio bene. Quello era dormire insieme! -
- Quello non era intenzionale, mentre tu...- scuote la testa, - Ti ho vista come gli arruffavi i capelli e... dannazione! come lo guardavi...-
- Non rovinare tutto. Io so che posso fidarmi di te, fallo anche tu - sussurro in un bagno di lacrime.
La sua mano si posa sul dorso della mia, strappandola via dal suo volto, - E' proprio questo il punto Arianna. Io non mi fido più di te! -
- No ! – grido, - Tu hai paura, hai una fottuta paura marcia di affrontare la vita e preferisci rompere il nostro legame perchè non hai la forza e né il coraggio di lasciarti andare, di guardare le cose in faccia e provare a combattere! - Non ho più il minimo ritegno e tra lacrime, singhiozzi e trucco colato sono solo un disastro, - Fuggire è semplice, ma prima o poi dovrai svegliarti e imparare a lottare per le cose alle quali tieni e per le quali vivi ogni giorno, senza rifugiarti sempre nel tuo bozzolo di dolore! -
Lui mi volta le spalle e piega la schiena ad assorbire tutte le mie parole.
Poi gira la testa e mi lascia un ultimo sguardo di ghiaccio, tristezza o terrore. - E' finita. Questa volta sul serio. - va verso la porta e tira giù la maniglia, – Adesso vattene, ho bisogno di restare da solo! - I suoi occhi sono rivolti a terra mentre tiene l'anta aperta, aspettando che io esca dalla sua casa e dalla sua vita.
Prendo il mio zaino e mi avvio verso l'uscita, incredula e sfinita. La porta sbatte violenta alle mie spalle, rompendo il cuore in tanti piccoli pezzi che si spargono privi di ordine dentro di me.
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