CAP. XLI Uno spettacolino imbarazzante

Al mattino la febbre è scesa e mi sento molto meglio della notte appena passata.
Mi alzo, voglio andare via di qui, il prima possibile. Marcello sembra quasi essersi dimenticato della nostra discussione notturna ed è molto gentile. Si offre persino di andare a casa mia a prendere dei vestiti puliti. Racconto brevemente a sua madre della lite con i miei, e tralascio ovviamente i particolari più scabrosi. Non posso ancora credere che mio padre abbia picchiato mia madre e abbia preso a cinghiate me. Dev'essere impazzito. Spero solo che mia madre stia meglio. Mi manca e vorrei correre da lei, ma non voglio vedere mio padre.

Vado in bagno a lavarmi. L'acqua calda e il vapore mi aiutano a sciogliere i muscoli, ma alla luce del giorno i segni sulle cosce sembrano ancora più orribili. Mi fanno un male tremendo, cerco di non pensarci e mi passo il sapone dappertutto, strofinando in modo vigoroso. Voglio cancellare dal mio corpo ogni traccia della notte appena trascorsa.

Esco dalla cabina e mi avvolgo in un caldissimo asciugamano. Mi sento rigenerata. Tampono braccia e gambe ed esco in corridoio, mi affaccio alla porta del salotto sperando che Marcello sia già tornato con i miei vestiti.

-Marcello sei torn...?-

Non termino la domanda perché di fronte a me c'è Riccardo, che mi viene incontro come una furia. Mi prende per un braccio e mi strattona, l'asciugamano scivola ai miei piedi. Con l'altra mano lo afferro e mi copro immediatamente. Mi sento svenire. Davanti a me Riccardo resta a guardarmi impietrito, Marcello è dietro di lui, con la bocca aperta. Non riesco a credere che mi hanno appena visto nuda. Sono paonazza. Non posso sopportare i loro sguardi. Nessuno ha il coraggio di muoversi o dire una sola parola.

Riccardo è il primo a rompere il silenzio:
-Dannazione! Non volevo. Non volevo...-

Vorrei avere una bacchetta magica e scomparire all'istante. Mi volto per scappare di nuovo in bagno.

-Cosa diavolo ci fai qui?- grido a Riccardo da dietro la porta. Ho il cuore in gola e la bocca secca. Mi appoggio alla porta e riprendo fiato. È una situazione assurda.

Qualcuno bussa debolmente: - i tuoi vestiti-

Apro uno spiraglio e allungo un braccio per prendere la biancheria, un paio di jeans e un golfino a righe. Indosso gli abiti puliti mentre nell'altra stanza sento i ragazzi che discutono. Non capisco bene cosa stiano dicendo.

Una volta vestita mi faccio coraggio e torno in salone. Riccardo tiene Marcello inchiodato al muro. - Non permetterti più di intrometterti tra noi!- grida

-Vuoi capire che Arianna stava male? Cosa avrei dovuto fare? Lasciarla là fuori a prendersi una polmonite?- ribatte l'altro.

Mi avvicino cautamente. L'atmosfera non è delle migliori. Riccardo e Marcello stanno litigando, ma appena si accorgono della mia presenza ammutoliscono; io mi sento in imbarazzo.

Riccardo mi viene incontro, mi prende il viso tra le mani e cerca la mia bocca. Nella mia mente riecheggiano le parole di Marcello e avverto un senso di nausea. Quando le nostre labbra stanno per sfiorarsi, volto la testa di lato. È la prima volta che mi sottraggo a un bacio di Riccardo e lui percepisce il mio disagio. Confuso, mi afferra per i fianchi.

-Scusami per prima io non l'ho fatto apposta, volevo solo abbracciarti. Marcello mi ha detto che eri qui e io non ci ho visto più. Volevo vederti subito...- Il mio sguardo resta fisso sul pavimento.

-Piccola, mi dispiace, ma non sapevo cosa fosse successo, ma cosa ci fai qui, perché hai trascorso la notte con lui e non sei venuta da me?-

- Tu non c'eri- dico semplicemente.

- Ma non potevi aspettarmi? Immagina cosa ho provato quando ti ho visto uscire dal bagno, nuda-

-Non ero nuda, avevo l'asciugamano- preciso.

-Eri nuda!- I miei occhi si riempiono di lacrime.

-L'hai fatto cadere, tu!-

Riccardo si rende conto dell'assurdità della situazione e cambia discorso: -Marcello mi ha detto che avevi la febbre, come stai adesso?-

Le mie labbra tremano, tradendo l'emozione.
-Meglio. È solo che mi sei mancato, ieri sera avevo bisogno di te e tu non c' eri...-

Lui mi attira a sé. -Perdonami, piccola. Non ti lascerò mai più sola, ci sarò sempre. Tutte le volte che ne avrai bisogno- Mi scosta i capelli dal viso. -Lasciati abbracciare-

Pian piano ritrovo un po' di serenità. Il suo abbraccio per il momento basta ad allontanare la paura e a convincermi che credere alle parole di Marcello significherebbe solo tradire Riccardo.

Marcello si schiarisce la voce, riportandoci al presente. -Scusate, mai io devo andare-

Mi sciolgo dall'abbraccio e vado verso Marcello: -Grazie per avermi soccorsa-

Riccardo alza gli occhi al soffitto e sbuffa. Marcello sorride: -Figurati, lo spettacolino di poco fa è stato un ringraziamento gradito!-

-Sei un maiale!- lo fulmina Riccardo.

-Bellezza, devi dire al tuo fidanzato di non prendersela sempre con me- ride divertito, - e comunque, complimenti hai proprio un bel corpicino, diciamo che è ancora meglio di quello che ricordavo...-

Marcello sa esattamente dove colpire e non rinuncia a farlo. Vorrei ribattere che è un bugiardo perché non mi ha mai visto nuda, ma so che così gliela darei vinta, allora stringo i denti e ingoio il rospo.

Riccardo mi prende per mano e mi trascina verso la porta, -Andiamocene, per favore. Se resto in questa casa un secondo in più gli spaccherò la faccia!-

-L'ultima volta sono stato io a spaccarla a te, ricordi?- incalza Marcello.

Questa frase poteva davvero risparmiarsela.
Il vaso, già pieno di rabbia e odio, trabocca. Riccardo si gira di scatto. Due piccole fessure al posto degli occhi e il pugno stretto. Cerco di arrestare la sua furia, tirandolo per il braccio.

-Ti prego. Non fare stupidaggini!-

Marcello è pronto ad affrontarlo. -Come reciti bene la parte del fidanzato geloso, ma non preoccuparti, non ho alzato un dito su di lei. È più pura che mai!- continua a provocarlo Marcello.

-Che diavolo dici?- Riccardo si libera della mia presa e si lancia contro Marcello.

-Basta Riccardo! Basta!- mi attacco al suo braccio e lo mordo. Riccardo lancia un grido, ma continua ad andare verso Marcello. Lo scaraventa sul divano e inizia a tempestarlo di pugni sul torace.

-Ragazzi fermatevi. Ma cosa state combinando?- È la mamma di Marcello.
Per fortuna riesce a interrompere quell'assurda scena.

Riccardo si blocca e respira a fatica. Poi mi afferra per un braccio e mi trascina di nuovo verso la porta. Marcello resta immobile sul divano, piegato in due. La madre corre al suo fianco. Saliamo sulla moto. Sono così stanca, sconvolta e confusa che non so come affronterò un'intera mattinata a scuola. L'orologio segna appena le otto, ma a me pare sia già passato un giorno intero. Per tutto il tragitto io e Riccardo non ci diciamo una parola. Arriviamo a destinazione e parcheggiamo. Gli restituisco il casco e aspetto che si tolga il suo.

Ci incamminiamo verso le nostre classi senza fiatare. Solo quando giungiamo di fronte alla terza D, con un filo di voce dico: - Allora, buona giornata...-

Riccardo mi sfiora una mano. -No aspetta-.
Finalmente ci guardiamo negli occhi e riusciamo a dirci quello che le nostre bocche non riescono a pronunciare. -Piccola, vuoi dirmi cosa ti succede?-

Aggrotto le sopracciglia. -A cosa ti riferisci?-
Continuiamo a guardarci negli occhi.

-Perché sei venuta da me ieri sera? Perché sei fuggita da casa?-

Vorrei dirgli che mio padre è un mostro e non lo riconosco più, ma mi limito ad abbassare mestamente la testa e sospirare. Le sue dita mi accarezzano la guancia. -Perché prima non hai voluto baciarmi?-

Vorrei dirgli che mi sento oppressa, che sul mio petto c'è un macigno enorme che mi schiaccia e non mi fa respirare. Vorrei dirgli che Marcello mi ha detto delle cose orribili sul suo conto. Chiudo gli occhi. Mi sento in gabbia e non riesco a rispondere. Non adesso, non qui in mezzo al corridoio. Poi la sua domanda mi lascia letteralmente di stucco. -Cosa sono quei segni sulle cosce?-

Mi sento davvero messa a nudo, ora. Riccardo ha visto le ferite sulle mie gambe e io sento il suo sguardo penetrare fin sotto i vestiti, sulla mia pelle e dentro le mie ossa. Non so cosa dire e riesco a pronunciare solo due parole: -Mio padre-.

Lui reagisce proprio come mi aspettavo.
-Dannazione!- batte un pugno sulla parete,
-Posso capire che ti chiuda in camera e ti tolga il cellulare, ma non posso sopportare che ti metta le mani addosso. Questo proprio non lo accetto! Nessuno ha il diritto di toccarti, nessuno ha il diritto di farti del male! Cazzo!-

La professoressa Giorgi arriva proprio nel momento meno opportuno. Si gira verso di noi e gracchia. -Serio, veda di moderare il linguaggio e venga in aula. La campanella è già suonata da un pezzo!-

Riccardo annuisce. -Mi scusi, arrivo subito-.

Lo osservo, e capisco che cerca di dominarsi anche se dentro sta esplodendo. Mi lascia lì e segue la professoressa in classe. Prima di chiudersi la porta alle spalle, si volta e mi lancia un bacio.

Raggiungo la mia aula e trovo tutti ai loro posti. L'insegnante di latino sta facendo l'appello. Mentre procedo verso il mio banco mi osserva con aria di rimprovero per il ritardo. Sono così sconvolta che inizialmente non mi rendo conto che il posto vicino al mio non è più vuoto. Ma non è Giulia a occuparlo, stravaccato sulla sedia con le gambe aperte e una matita in bocca, c'è Matteo che mi guarda con i suoi vivaci occhi azzurri. -Ehi saremo nuovi vicini di banco!-

-Nuovi-vicini-di-banco?- scandisco ogni singola parola.

Lui alza le spalle. -Non capisco perché fai quella faccia, dovresti essere contenta di avere al tuo fianco uno in gamba come me!- Scuoto la testa e mi siedo. -Mi fa piacere sapere che la tua autostima è alle stelle, ma posso sapere perché sei qua invece che vicino a Leo?- Mi giro appena verso l'altro lato dell'aula e la mia domanda trova subito la risposta. Leo è al suo posto, serio e composto. Al suo fianco, con i capelli raccolti in una coda, c'è Giulia.

-È stata lei ha chiedermi di fare cambio- La voce allegra di Matteo mi arriva come un pugno in pieno stomaco. Resto in silenzio e quando la professoressa fa il mio nome, neanche la sento. Lo ripete una seconda volta, ma la sua voce è solo un fruscio lontano.

Giulia è tornata.
Giulia non siede più vicino a me.
Giulia mi odia.
Giulia non mi perdonerà mai.

-Valenti Arianna!!!- Mi riscuoto. L'insegnante mi fissa con sguardo severo. Anche i miei compagni sono tutti girati verso di me.

-Presente- sussurro, intimorita da quegli sguardi inquisitori.

-Valenti si può sapere che le prende? Prima arriva in ritardo, poi non risponde all'appello. Quando vorrà degnarci della sua presenza?-

Chiudo le palpebre, cercando di ritrovare la calma. -Ma non c'è problema, so io come risvegliarla!- batte la mano sulla cattedra. -È interrogata. Venga subito alla lavagna!-

-Non ti ho portato molta fortuna- sghignazza Matteo.

Lo mando mentalmente a quel paese e mi alzo.
Passo davanti al banco di Giulia e mi giro appena. Lei sta scrivendo qualcosa sul quaderno e non mi degna neanche di uno sguardo. La coda le sfiora il collo e un rossetto rosa scuro le tinge le labbra. Raggiungo la lavagna e penso che è davvero bellissima. Riccardo non può non essere stato attratto da lei. Non può non essersela portata a letto. Sento di nuovo una fitta allo stomaco e la nausea che monta.

La professoressa mi interroga in grammatica e a malapena spiccico parola. Ho una confusione tale in testa che non ricordo neppure il mio nome, figuriamoci le declinazioni. -Torni al suo posto, non posso darle più di cinque-

La mia prima insufficienza. E la cosa buffa è che non mi interessa neanche poi molto. Abbasso la testa e torno al mio banco. Questa volta Giulia alza leggermente gli occhi verso di me e ci fissiamo. È un istante, ma basta a lasciar trasparire un velo di tristezza in quegli occhi color del mare. Le sue guance sono più incavate e la pelle un po' meno luminosa.
Forse sta soffrendo anche lei. Forse le manco, forse, con il tempo, supereremo tutto questo. Per un momento sento nascere dentro di me la speranza che la nostra amicizia non sia finita davvero. Ma è solo un momento perché poi un particolare che colpisce la mia attenzione.
Un particolare che mi lascia senza fiato.
Il suo collo è nudo.
Non indossa più la nostra collanina.

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