CAP XCIV Falsa identitá

Il commissario afferra la cornetta del telefono, - Ragazzi devo avvertire i vostri familiari! -

Riccardo si volta di scatto e gli blocca la mano, - Lei non chiamerà nessuno. Questa è solo una questione tra me, quell'uomo e la giustizia! -

- Figliolo, sei minorenne, devo avvisare il tutore, che, a quanto mi risulta, si tratta di tuo zio! -

Le guance di Riccardo si gonfiano e gli occhi si volgono verso l'alto esasperati.

E' tutto così complesso e doloroso che non mi soffermo neanche più di tanto a pensare allo spavento che si prenderà mia madre nel ricevere una chiamata dalla centrale di polizia in piena notte.

Il commissario recupera velocemente i nostri recapiti telefonici e, un quarto d'ora dopo, avvertiti i nostri cari, siamo in attesa che ci raggiungano. Riccardo non frena i piedi un istante e alla fine credo che il pavimento presenterà un vero e proprio solco. I suoi occhi vagano concitati sulle quattro pareti e qualche volta verso il commissario, la porta, la finestra, ma mai verso di me.

Sento come un turbine potente che mi assale e girando mi allontana sempre più dal ragazzo per il quale darei la mia stessa vita.

Il silenzio fa da padrone, fin quando la sua voce bassa non lo rompe bruscamente, - Commissario lei deve fare qualcosa! Non possiamo perdere tutto questo tempo! -

I pollici dell'uomo dietro la scrivania smettono di ruotare l'uno sull'altro, - Non posso agire - scuote il capo, - Ho le mani legate fino a quando non saranno qui presenti i vostri familiari! -

- Dannazione! Ma una pattuglia? Una macchina per acciuffare il responsabile di tutto questo? – Gli occhi di Riccardo si spalancano furiosi, - mi ha ferito ed è scappato! Possibile che non potete fare proprio niente? – si tira indietro il ciuffo dagli occhi, - Voi avete l'obbligo di riprenderlo! -

Il commissario comprime la testa tra le mani e sospira, - Che auto era quella che vi inseguiva?-

- Una " Mercedes" - La mia voce e quella di Riccardo scattano insieme.

Io mi blocco e lui lancia un'occhiata di sbieco e aggiunge: - "Berlina" classe C bianca! -

Le mani del commissario afferrano la radiolina appesa alla cintura. Con voce sicura richiama una macchina della polizia a pattugliare tutta la zona. Il tempo di chiudere la comunicazione, che la porta dell'ufficio si spalanca.
Mia madre arriva impaurita e concitata, seguita dal signor Serio che si precipita verso il nipote.

- Tesoro cosa è successo? - Il tono è quello di una donna in preda all' ansia e alla preoccupazione, - Cosa hai fatto? Perchè sei qui? Stai bene? - Le sue parole corrono a raffica - Oh mio Dio! Che spavento! - mi stritola contro il suo petto.

- Sto bene, mamma - cerco di tranquillizzarla.

La sento tremare, mentre con le mani mi sposta i capelli dal viso, - Ho avuto così paura! Una telefonata dalla polizia alle quattro di notte, io...io...Oh! Ma cosa ci fai in questo posto? - Sposta l'attenzione verso Riccardo e si sofferma sulla bendatura del suo braccio, - Ma è ferito? - I suoi occhi tornano sui miei, - Avete avuto un incidente? Oppure no! ti ha fatto qualcosa lui? Ti ha fatto del male? -

-  No! - la freno, - non..-

- Credevo che stessi dormendo, perchè hai nascosto dei cuscini dentro al letto? Perchè? Non hai mai fatto una cosa del genere, non...-

- Mamma - le afferro le braccia e blocco la sua raffica di domande, - ti spiego tutto, solo che è una storia lunga, mettiti seduta ci vorrà un po' di tempo! -

Il racconto viene ripercorso fin dall'inizio, meticolosamente, soffermandosi su dettagli, giorni e sensazioni. Ed è ormai l'alba quando a mia madre vengono somministrati dei tranquillanti e una bollente tazza di thè caldo per tentare di placare il tremito continuo.

La osservo bere a piccoli sorsi con lo sguardo perso nel vuoto. Per quanto sia una donna forte e avvezza al dolore, quello che le è stato appena raccontato supera tutto il male accettabile da un essere umano.

Il suo cuore ha resistito alla solitudine di un uomo poco presente, ha retto alla furia di un marito divenuto violento e alle pratiche per la separazione da un amore fantasma.
E adesso, si ritrova a dover affrontare il peccato e la menzogna. Tutto è ancora incerto, sfumato, indefinito, ma le accuse che pendono sulla testa di mio padre sono forti e pesanti.

Sono seduta sulla sedia vicino a lei e, al posto del capo, vedo un frullatore impazzito.
Sembra che i suoi neuroni stiano chiedendosi il perchè di tutto.

Perchè non mi sono mai accorta di niente?
Perché mi ha nascosto un evento così tragico?

Due persone investite.
Due persone morte.
Due bambini rimasti soli.

Le mani oscillano mentre stringono la tazza calda e gli occhi si gonfiano sempre più, carichi di lacrime in procinto di esplodere.

I pensieri sembrano parole vere e proprie tanto il rumore che fanno.

Sono così facili da intuire e sentire anche a orecchio nudo.

Una villa enorme?
Un auto nascosta?
Forse non è lui...
Forse c'è un errore...
Forse è tutto un equivoco.
Sarebbe davvero comodo pensarlo.
Un sollievo, una rinascita.
E invece è solo una illusione.
Maledetta e cattiva.

Di colpo gli irrefrenabili pensieri marci e confusi vengono messi in pausa da un grande frastuono che si propaga dalle scale su verso l'ufficio. La porta si spalanca di colpo e un paio di poliziotti appaiono sulla soglia, trascinando di peso un uomo ammanettato.

Quell'uomo.
Il responsabile.
Mio padre.
Proprio lui.

Io spalanco la bocca e mamma lascia andare di colpo la tazza dalle mani.

Il suono dei cocci infranti che si propaga sulle mattonelle a scacchi fa da sottofondo alla situazione sempre più irreale alla quale ci troviamo di fronte. Riccardo seduto vicino a suo zio, di fronte a me, scatta in piedi.

- E' lui l'uomo che stavate cercando? -  domanda il poliziotto più basso.

Nessuno di noi fa in tempo a rispondere che Riccardo si fionda in avanti e in un attimo è attaccato al colletto della camicia dell'uomo che lo ha brutalmente ferito, - Assassino! Sei un maledetto assassino! Avanti confessalo! Confessalo che hai ucciso due vite innocenti! – Le sue mani strattonano a più non posso il bavero di cotone, - E poco fa avresti ucciso anche me! Non è vero ? Non è così ? -

I due poliziotti si mettono in mezzo e il signor Serio cerca di riportare Riccardo a una distanza di sicurezza. Mia madre piange e mio padre si dimena. Riccardo grida di essere lasciato e i poliziotti urlano parole incoprensibili per riportare la calma. Sembra il giorno del mercato. Chi si dispera, chi grida dentro e fuori, chi piange, chi sospira.

Di colpo il commissario batte una mano sulla scrivania e tuona, - Silenzio !!! -

E con mia più grande sorpresa tutto si ferma.
Come aver schiacciato il pulsante pause ad un vecchio film in bianco e nero. Riccardo respira a fatica mentre lsuo zio gli mantiene immobili le mani dietro la schiena. Mamma trattiene un singhiozzo e papà sposta lo sguardo su di lei.

Un attimo di quiete e poi la voce profonda e forte dell'uomo che ha generato la mia vita suona nella stanza - Simonetta perdonami -

Il cuore si ferma e riparte a più riprese.
Ormai sono una bambola di pezza in balia degli eventi, non parlo, non mi muovo, non respiro neanche. Una lastra di ghiaccio avvolge il muscolo cardiaco mentre mamma riprende a piangere sonoramente.
E' una veloce frazione di secondo.

Papà si lascia cadere in ginocchio, accanto ai residui della tazza di coccio e sotto gli occhi sorpresi di tutti confessa: - E'vero! Sono io il responsabile dell'incidente! -

Deglutisco a fatica e Riccardo stringe le mascelle. Le vene delle tempie e del collo sono abnormi e ingrossate.

- Otto anni ormai! - La voce dura di mio padre diviene vuota e inespressiva, - otto lunghi anni fa...-

Riccardo si dimena e suo zio rafforza la stretta.

- Ti ho mentito, Simonetta - pian piano alza gli occhi a incontrare quelli di mia madre, - ti ho mentito fin dall'inizio! Io non sono l'uomo che credi, sono un'altra persona, è inutile tenere ancora tutto nascosto! E'inutile continuare questa commedia...- Le sue iridi grigie si assottigliano e si fanno lucide, - è durata anche troppo e non credo di riuscire a sopportare altro tempo! - Improvvisamente la voce pare avere un altro tono, un altro ritmo, - Io non sono Domenico Valenti – annuncia, - il mio vero nome è Domenico Colonna! -

Il mondo diviene piatto.

La sedia sulla quale sono ancorata pare sprofondare inghiottita dal pavimento.

Mio padre ha un altro cognome, un'altra identità, un'altra storia.

Le labbra di mamma non cessano di tremare e quelle dell'uomo inginocchiato a terra proseguono con la nenia incomprensibile e sconcertante, - Non sono l'uomo che ti ho fatto credere di essere per tutti questi an...-

- Ma cosa stai dicendo? - Un singhiozzo esce dal petto di mia madre seguito da un altro e un altro ancora, - non è possibile - agita la testa, - non è possibile! Stai mentendo! Tu sei Domenico Valenti! Mi hai sposata...il tuo cognome è scritto nero su bianco sulle carte del matrimonio!-

- E' stato tutto un inganno, un dolce e stupido inganno...- mio padre riprende la parola questa volta però fissa la parete di fronte.

Troppa la vergogna.
Troppo il sentimento.

- Un inganno? -

- Sì, un inganno! ma solo per amore...- sostiene malinconico, - rammenti come eravamo innamorati quando ci siamo conosciuti? - Sposta lo sguardo sul viso di mia madre che è completamente bagnato di lacrime, - tu eri la mia ossessione! - sorride amaramente, - ero un ragazzo ribelle e sveglio, un giovane che voleva godersi la vita e non essere oppresso dai doveri e proprio questa è stata la mia felicità e la mia rovina...-

Il commissario è basito. Il suo faccione paffuto segue il dialogo senza battere ciglio.

Mio padre torna a fissare il pavimento e abbassa le spalle, - la mia famiglia è di origine nobile, i duchi e conti Colonna, una noia, un'ossessione...ho odiato la mia stirpe fin da piccolo, le loro imposizioni e gli obblighi da rispettare...da adolescente quando uscivo mi divertivo a fingere di essere un'altra persona...un uomo comune...e questo è successo anche quando ho incontrato te, Simonetta, mi sono calato nella parte del ragazzo della porta accanto e ho cercato di rimanerci per tutti questi anni! -

Mamma boccheggia scossa, incapace di pronunciare qualsiasi parola.

- Un giorno tu mi hai detto di essere incinta ed io da brav'uomo quale ero ti ho sposata, il nostro matrimonio è stata la favola più bella e dolorosa della mia vita! -

- Tu, tu...- Le labbra di mia madre tremano, - tu l'hai fatto con una falsa identità? - scuote la testa e fruga in tasca alla ricerca di un fazzoletto di carta, -  hai giurato il nostro amore per sempre davanti a Dio, fingendo di essere un'altra persona? - si soffia il naso e si asciuga gli occhi, - una persona che non esiste! Che non è nessuno! Come hai potuto fare questo? -

- La gioventù, la pazzia, la ribellione...lo so.. niente è giustificabile, ma ormai ero in ballo e ho voluto danzare fino in fondo! Per il bene nostro e della bambina che sarebbe venuta al mondo dal nostro amore...-

Mia madre piega il capo dentro il fazzoletto e butta fuori lacrime su lacrime.

- Forse per te è solo un pensiero lontano ma nessuno dei miei parenti era presente al matrimonio, nessuno doveva sapere, nessuno doveva intromettersi nella mia vita, solo il testimone, mio cugino, lo ricordi? Lui e sua moglie mi hanno retto il gioco fin dall'inizio...-  rivela, - e pagarono anche una cifra piuttosto sostanziosa per procurarmi tutti i documenti fasulli!-

I miei occhi si spostano da mia madre a mio padre a ripetizione.

Sono allibita e frastornata dal racconto.

Sembra di vivere in una soap opera, in una favola moderna, in un tremendo incubo.

- I tuoi genitori, mi avevi detto che erano morti...- quello che esce dalla bocca di mia madre è solo un filo debole quanto un sussurro.

- Era una bugia, mio padre è morto di tubercolosi quando ero piccolo, ma mia madre era viva e lo è tutt'ora, abita insieme a me, a Tivoli, nella villa di famiglia con mia moglie ufficiale e i nostri due bambini! -

Le mie gambe tremano e ringrazio il cielo che sono seduta.
Ho una nonna ancora viva.
Un cognome che non corrisponde a nessuna legge anagrafica. Un padre che ha un'altra famiglia, un'altra moglie, altri figli.

- Per tutti questi anni ho finto di avere un lavoro che mi faceva viaggiare  all'estero, in realtà non esiste niente di tutto questo, era solo un modo per assentarmi e vivere la mia famiglia ufficiale! Non mi sono mai preoccupato di trovarmi un'occupazione perchè i soldi ereditati sono più che sufficienti per mantenere uno stile di vita agiato e benestante -

Il volto di mia madre è ormai un fiume in piena. I suoi occhi strabordano continuamente e le sue mani tremano sulle ginocchia, - Una famiglia ufficiale...-

- Esatto – annuisce, - mi sono sposato con il mio vero nome, mia madre mi ha obbligato a farlo con una donna scelta da lei. Poi mia moglie ha dato alla luce due figli maschi, dando così modo al nostro cognome di avere un seguito - il tono si incrina, - Filippo Colonna e Damiano Colonna, due piccoli ometti oramai...-

- Come, come..? - La voce di mia madre non riesce a stabilizzarsi, - Come hai potuto fare tutto questo? - stringe il fazzoletto quasi a volerlo disintegrare, - Tu sei un mostro! Un perfido e brutale mostro! -

- Io non amo mia moglie, non amo la mia vita da ricco, sono stato costretto a farla ed è una gabbia dorata nella quale mi trovo stretto e fuori luogo! -

Mia madre ficca la testa dentro le mani e prova a liberarsi di ogni sofferenza e dolore accumulato.

Piange composta.
Piange come una donna delusa e presa in giro dal peggiore degli amori.

Domenico pian piano si rialza, - Perdonami ti prego! -

I poliziotti lo tengono fermo.

-  Perdonami per il male che ho fatto a te e ad Arianna, io non sono un uomo cattivo...io non sono...-

- Tu sei l'uomo più cattivo, più malvagio, più diabolico che abbia mai conosciuto ! - La voce di Riccardo si alza forte e decisa.

Sbatte contro i muri e torna al centro.

Mio padre deglutisce, - Non è così - si gira verso il mio ragazzo, - l'incidente è stato solo un errore, una svista, un imprevisto! -

Riccardo stringe i pugni e si agita ed il giubbotto che ha posato sulle spalle cade a terra.

- Per favore stai calmo! - lo esorta suo zio.

Lui alza e abbassa il torace e cattura tutta la saliva che ha in gola per tirarla verso l'uomo ammanettato di fronte, - Due vite non ci sono più! E tu la chiami svista! Due vite, dannazione! - sputa.

Mio padre abbassa il capo e schiva il muco che finisce a terra, - Quella sera stavo tornando da casa di Simonetta e Arianna e andavo veloce perchè mia madre doveva presentarmi la mia futura moglie, quelle due persone mi sono sbucate dal nulla, in mezzo alla strada e non ho potuto fare niente per evitare l'impatto...- fissa un punto indefinito del pavimento, - ho avuto paura e sono fuggito, poi quando sono arrivato a casa l'auto era ammaccata e mia madre ha iniziato a fare domande, quella notte le ho rivelato tutto! Le ho detto dell'incidente appena fatto e della mia vita nella capitale con un nome fittizio...- sospira, - mia madre per proteggere il buon nome della famiglia ha deciso di tenermi il gioco e non dire niente a nessuno. Lo stesso anno mi sono sposato e mia moglie ufficiale non ha mai saputo niente, nè dell'incidente e nè del matrimonio falso...-

Lo sconcerto si mischia al disprezzo e alla rabbia. Come può un uomo riuscire a imbastire tutto questo. Sembra la trama di un film.
Le pagine di un libro dell'orrore.

Riccardo stringe i denti, - Sei un falso, un bugiardo, un assassino....- poi si gira verso il commissario e lo fulmina con uno sguardo infuocato, - Come può essere sfuggito alla giustizia un simile farabutto? -

L'uomo dietro la scrivania sospira e non dice niente.

Mio padre prende di nuovo parola, - Perchè non c'erano testimoni e l'auto è stata nascosta nel migliore dei modi, gli ispettori incaricati all'indagine non sono mai risaliti al mio nome, mai! - sposta i suoi occhi da Riccardo a mia madre, al commissario, - poi un giorno di qualche mese fa un detective privato si è presentato alla villa a fare strane domande a mia madre...-

- Ho mandato io quel detective! - Riccardo si agita a torso nudo, - io!!! - serra i pugni, - su quel tavolo c'è il filmato del tuo disastro! Dei testimoni c'erano e hanno ripreso tutto! Io sono riuscito ad avere quel video ed è stata la mia chiave di svolta! – grida, - dal numero di targa sono risalito al proprietario, la signora della villa...tua madre! -

Il mio cuore subisce continui cambiamenti.
Freddo, caldo, tiepido.
Riccardo non smette di contorcersi.
So che vorrebbe liberarsi della presa dello zio e scagliarsi contro mio padre per riempirlo di pugni, botte e rabbia.
Ma non servirebbe a niente.
E' una fogna. Un bidone grosso e pieno di cacca. E la cacca galeggia, qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa venga fatta.

- Che diamine! - La voce di mio padre si scurisce, - era andato tutto liscio,ero riuscito a mantenere l'equilibrio delle due famiglie per tutto questo tempo, fino a quando tu...- punta gli occhi grigi contro Riccardo e li stringe riducendoli a due fessure, - tu hai iniziato a indagare su questa storia e ad accedere di nascosto alla villa! Da allora la mia esistenza ha subito un brusco cambiamento, ho iniziato a vivere nel terrore di essere scoperto e a sfogare i miei nervi con le persone che ho sempre amato! - lascia andare un gemito di rabbia, - Non ho visto altra via d'uscita se non quella di chiedere la separazione da un matrimonio fittizio e illegale...-

Mia madre singhiozza ininterrottamente, - Solo falsità! Solo falsità! Matrimonio, separazione! Tutta una grande farza! –

Intato Riccardo non si da pace, - Tu mi hai visto non è vero? Mi hai visto entrare tutte le volte? -

Mio padre assorbe lo sfogo di mia madre e sposta gli occhi su Riccardo, - Ti ho visto fin dall'inizio! Le mie statue vedono tutto! -

Gli occhi verdi di Riccardo creano non una, ma milioni di lingue di fuoco e le sue braccia si muovono invano.

- Nelle statue ci sono le telecamere nascoste ! Ti tenevo sotto controllo, forse ti avrei ucciso o forse solo ferito non lo so, la situazione mi è sfuggita di mano quando ho visto la mia bambina arrivare dal nulla...-

Un magone mi attanaglia profondamente.
Io non sono la sua bambina.
Lui è un mostro ed io non voglio essere figlia di un mostro. Mia madre lascia andare singhiozzi su singhiozzi e mio padre ride atroce, - Sei stato bravo ragazzo! hai raggiunto il tuo scopo! Hai scoperto l'assassino, il pirata maledetto! Complimenti! Hai vinto un sacco di punti !-

- Mi fai schifo! - la bocca di Riccardo si piega in una smorfia di odio e disgusto.

Il commissario si mette in piedi e si porta al centro della stanza - Domenico Colonna lei è in arresto, per omicidio colposo, mancanza di soccorso e aggressione a mano armata! - si rivolge ai due poliziotti, - Portatelo via! -

Mio padre lancia uno sguardo di puro odio verso Riccardo e poi posa gli occhi su mia madre. Sembra chiederle per l'ennesima volta perdono, ma ormai è troppo tardi.

Poi lentamente incrocia il mio sguardo ed io lo sostengo, senza timore.

Una ferita profonda dalla gola fino all'intestino squarta il mio corpo in due parti uguali mentre l'uomo che fino ad oggi credevo fosse un semplice padre assente e troppo stressato dal lavoro, viene allontanato da noi come l'assassino più nero che esista.

Lo stato di trance che accomuna me e mia madre persiste anche quando il commissario ci fa firmare fogli e scartoffie.

Mi sento come un naufrago in mezzo al mare.
Spinta dalle onde.
Una paracadutista in balia dei venti.
Un fiore sotto la tempesta.
Non so più chi sono.
Non so cosa accadrà da adesso in poi della mia vita. E' come se mi fossi svegliata in un altro corpo. In una persona nuova e sconosciuta.

- Adesso andate a riposare - fa il commissario, alzandosi, - E' stata una notte dura per tutti! -

Riposare?
La mente è un movimento di azioni e parole continuo.
I ricordi si mescolano impazziti.
Come è possibile riposare?

Per un momento vorrei essere un frigorifero o una lavastoviglie, per avere una spina da staccare.

- Coraggio figliolo! - Il commissario batte una pacca sulla spalla di Riccardo, - noi andiamo al pronto soccorso a mettere quei benedetti punti-

Il signor Serio interviene, - Non si preoccupi! accompagnerò io mio nipote in ospedale. La ringrazio commissario per la pazienza e la comprensione...-

I due si stringono la mano.

- Se siamo venuti a capo di questo storia deve solo ringraziare Riccardo! Sono comunque felice che il caso si sia risolto, suo fratello e sua cognata avranno la giustizia che gli spetta e suo nipote forse troverà un po' di serenità adesso che il colpevole ha ammesso il fatto e verrà processato -

Mia madre si sostiene a me per uscire ed io guardo verso Riccardo, che si chiude il piumino fino al mento e si lascia guidare fuori dallo zio.

Le prime luci del giorno penetrano dal vetro in alto del portone. Scendiamo le scale in un silenzio carico di emozioni.
Io e mamma avanti e Riccardo e suo zio pochi passi dietro.

Quando raggiungiamo il pianerottolo mi volto.
Riccardo è a testa bassa. La alza leggermente e i nostri sguardi si incontrano.

Lui non dice niente.
Mi studia e non parla.
Però i suoi occhi lo fanno per la sua bocca.
Le fiamme di poco fa sono sostituite da zampilli di gioia. E' arrabbiato e furioso, ma le sue iridi paiono brillare.

E' arrivato alla conclusione del suo percorso.
Al capolinea.
Otto anni alla ricerca di un colpevole.
Otto anni alla ricerca di mio padre.

Poi i suoi occhi si staccano e oltrepassano la mia figura. Il mio corpo è spinto da una forte calamita che mi sbatte dalla parte opposta. Un'attrazione tale da allontanarmi alla velocità della luce da lui e dal suo mondo.

Mi volto di nuovo, soffocando dentro al dolore un mare colmo, pieno e abbondante di lacrime e disperazione. Usciamo dal commissariato ciascuno per la propria strada.
Riccardo sale in auto dello zio, lasciando la moto posteggiata di fronte all'ingresso dell'edificio. Non accenna una mossa verso di me. È completamente assente.
Tra felicità, sgomento e turbamento.
In un mondo parallelo al mio.

Quando chiudo lo sportello dell'auto e vedo la vettura del signor Serio superarci, il cuore trema. L'anima è troppo piena di dolore per pensare anche al male che i suoi occhi e il suo comportamento freddo e distaccato siano in grado di farmi. Mia madre ingrana la prima ed io poggio la testa pesante sul sedile e chiudo gli occhi.

Esausta.
Delusa.
Sola più che mai.

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