CAP. LXXXIV Piú veloce della velocitá dell' Amore
- Mamma sono tornata! Cosa c'è da mangiare? - Lancio lo zaino a terra, precipitandomi in cucina. - Ho una fame da lupi! -
Non appena varco la soglia l'immagine di mia madre, seduta a terra con le braccia ad avvolgere le ginocchia, mi gela il sangue.
- Mamma? –
Lei alza appena lo sguardo. I suoi occhi rossi e gonfi mi tolgono il fiato.
Mi avvicino, accovacciandomi al suo fianco, - Cosa è successo? E' per papà? E' per lui che stai piangendo così? -
Mia madre annuisce, asciugandosi il viso con i palmi delle mani.
Sembra una bambina, fragile, indifesa e sola.
- Lo hai sentito? Ci sono novità da parte dell'avvocato? - la mia voce trema.
- Domenico è appena venuto qui! -
- Qui? – esclamo, - ti ha detto qualcosa? Ha alzato di nuovo le mani? – la afferro per le braccia, scuotendola, - lo ha fatto? -
- Tesoro, stai calma! Non ha fatto niente di tutto ciò, è solo passato a prendere le sue cose. Ha portato via tutto! -
Il buco allo stomaco creato dalla fame si chiude improvvisamente.
- Ha portato via ogni ricordo, ogni singolo avanzo del nostro matrimonio! – dice. Con uno strattone sfila l'anello dall'anulare e lo lancia lontano.
La fede sbatte contro la parete, rimbalza, rotolando e volteggiando su sé stessa, fino a fermarsi accanto alla sedia di fronte.
Boccheggio. Non so come agire per consolare tutta questa rabbia e tristezza, così decido di non fare e non dire niente. Chiudo gli occhi, prendendo sempre più coscienza del disfacimento della mia famiglia.
Mia madre guarda un punto indefinito della stanza, - Credo che abbia un'altra donna – afferma. Il suo tono è piatto, impersonale.
- Mio padre, un'altra donna? –
- E' solo una mia idea. Non ho prove concrete, ma non sono neanche riuscita a darmi una spiegazione migliore! Nel giro di un mese è cambiato così tanto, che ci deve essere per forza un'altra persona! – conclude.
Le mie pupille si muovono frenetiche contro quelle della donna che mi ha generata.
Sono incapace di dare una logica a tutta questa faccenda.
Papà violento.
Papà pronto a separarsi.
Papà irriconoscibile.
Forse mia madre ha ragione. Forse c'è davvero una donna di mezzo.
- Quell'uomo ti sta distruggendo – dico, - si è portato via i sogni, le speranze, i progetti. Ha infranto la nostra serenità. Non puoi dargli la soddisfazione di portarsi via quello che resta della tua vita! - mi metto in piedi e le allungo un braccio, affinchè possa farle da appiglio per rialzarsi.
- Ho una figlia molto saggia! – si lascia sollevare.
- Saggia, arrabbiata, sconvolta! - alzo gli occhi sui suoi, - ma che ti vuole un mondo di bene!- frugo in tasca, alla ricerca di un fazzoletto da passarle, - detesto vederti così! Mio padre non si merita queste lacrime. Lui non si merita niente! -
- Non è affatto semplice! – dice, soffiandosi il naso.
- Lo so, ma tu prova a reagire. Fallo per me. Fallo per te stessa!-
Le sue labbra riescono a modellarsi in un sorriso, che anche se fioco, ma è pur sempre un sorriso. Le sue braccia mi avvolgono nel più accogliente degli abbracci.
Vorrei restare così per il resto dei miei giorni.
Madre e figlia. Una donna e la sua grande bambina.
Nel pomeriggio Riccardo mi chiede di accompagnarlo nuovamente in ospedale. Non sono molto contenta della prospettiva della giornata. Un intero pomeriggio affianco a Marie mi spaventa. Non che non sia felice di rendermi utile nel farle compagnia, ma quella ragazza mi mette a disagio. Con lei non so ancora come comportarmi e ho una tremenda paura di dire cose sbagliate. Tuttavia non voglio che queste paure ostacolino il mio cammino affianco a Riccardo, così accantono ogni timore e mi lascio giudare nel corridoio verso il reparto di "DCA". Quando arriviamo alla stanza 22 non nego che mi auguro di trovare dall'altro lato una Marie calma e rilassata. Una Marie tranquilla e socievole.
Purtroppo devo ricredermi. Non appena la porta si apre, devo cacciare indietro anche la più piccola speranza. La scena alla quale ci troviamo di fronte non è affatto delle migliori.
Residui di cibo sono sparsi ovunque. Le urla sbattono da una parete all'altra senza ritegno, strazianti e acute fino a trapassare i timpani.
- Non mangierò quella roba! Non mangierò niente! –
Rimango sulla soglia, allibita e spaventata.
Riccardo mi trascina dentro, - Cosa sta succedendo qui? - guarda il caos che regna ovunque. Poi posa gli occhi sulla sorella, in ginocchio sul pavimento, con la testa abbassata tra le cosce.
Il signor Serio ci raggiunge, - Ragazzi finalmente siete arrivati. Non so più cosa fare. Marie si rifiuta di prendere qualsiasi cosa! Sto impazzendo! –
Riccardo non distoglie lo sguardo dal corpo esile della sorella, abbandonato sulle piastrelle fredde, – Grazie zio, adesso ci pensiamo noi. Tu vai pure! -
L'uomo annuisce, stanco e sconfortato, – D'accordo, tornerò stasera! –
Recupera le sue cose e abbandona la stanza.
Riccardo mi lascia la mano, - Marie, coraggio vieni a metterti sul letto – si china su di lei.
Marie fissa il pavimento, - Voglio stare qui! -
- Non puoi restare a terra. Fa freddo e rischi di sfilarti di nuovo la flebo! –
Marie porta le mani davanti al viso, - Perchè non mi lasci in pace? Perchè tutti non mi lasciate in pace? -
Riccardo prova a sollevarla, - Non possiamo! – dice, - siamo qui per il tuo bene! –
Lei oppone resistenza, puntando i piedi, - Non mangerò quello schifo! – urla.
Riccardo riesce a prenderla di peso. La posiziona sul letto, tenendole le braccia bloccate dietro la schiena, – Piantala Marie! Piantala di torturarti!-
La ragazza muove le gambe freneticamente. Sposta il busto a destra e sinistra.
Riccardo la mantiene ferma con maggior vigore, - Lo capisci che vederti così mi provoca un dolore assurdo? Lo capisci che mi fa stare male? Lo capisci che io ti voglio bene? -
Poso una mano sul tavolino. Faccio un respiro profondo.
Marie smette di muoversi.
Riccardo abbassa gli occhi sul letto e lascia andare la sua presa con un lamento che ha qualcosa di inumano e terribile, qualcosa che lascia intendere il grande dolore che porta dentro, costantemente.
La voce di Marie si distingue appena, - Anche io ti voglio bene -.
Riccardo solleva lo sguardo contro quello della sorella, - Non è vero! Altrimenti non mi faresti tutto questo! -
Marie non regge il confronto. Sposta la sua attenzione verso la finestra.
Le sue iridi, illuminate dalla luce chiara del pomeriggio, si fermano sulla forma indistinta della nuvole, – A volte il bene non basta per sconfiggere un mostro più grande di te – dice.
Riccardo apre la bocca per rispondere qualcosa, ma non ne esce un singolo suono.
Si allontana dal letto, vagando per la stanza.
Mi lascio cadere sulla sedia.
Un'infermiera ritira il vassoio e pulisce il cibo a terra.
La camera cala in un silenzio carico di parole, di voci e di suoni non udibili a orecchio nudo, ma percepibili esclusivamente con il cuore e la mente.
Siamo tre anime affrante che vagano nel buio delle nostre vite.
Disperate, incapaci di reagire a qualcosa più grande di noi.
Riccardo punta i gomiti sul davanzale della finestra, posando la fronte contro il vetro. Sembra un prigioniero intrappolato in una gabbia enorme. Un bambino punito. Un uomo sconfitto.
Poi all'improvviso qualcosa o meglio qualcuno rompe quest'aura pesta e nera.
Ricci biondi e occhi color del mare varcano la soglia della stanza, seguiti da un flebile: - E' permesso? -
Riccardo si gira di colpo. Marie solleva lo sguardo, sorpresa.
Mi sento sollevare e riscaldare, ma è solo un attimo perchè la voce dura e tosta del mio fidanzato fa di nuovo congelare ogni mio singolo organo, - Cosa ci fai tu qui? - Riccardo avanza minaccioso verso la porta.
Prontamente mi alzo in piedi, - Matteo è venuto solo a salutare Marie - mi metto in mezzo, - non è vero? –
Il mio amico si sforza di sorridere, spostando lo zaino da una spalla all'altra.
Riccardo rimane nel centro della stanza, a gambe divaricate e pugni stretti, - Non ne vedo affatto il motivo! – mugugna.
Gli lancio uno sguardo supplichevole, - Per favore, non essere così scortese! Ti sei già scordato quello che ha fatto Matteo per Marie? Se non fosse stato per lui...-
Riccardo grugnisce: - Va bene! Va bene! – fa cenno a Matteo di venire avanti, – prego signorino dai boccoli d'oro, si accomodi!-
Il mio compagno di banco fa un passo avanti. Si avvicina in modo incerto a Marie, salutandola con un debole cenno della mano.
Lei resta supina sul letto. I capelli sparsi nel cuscino, gli occhi spalancati su quelli del mio amico. Non dice niente, non risponde al saluto, ma le sue labbra si piegano leggermente all'insù. Il suo viso pare distendersi.
Gli occhi azzurri di Matteo si dilatano, quelli tristi di Marie scintillano.
Riccardo sposta lo sguardo da Marie a Matteo, in modo frenetico. Il suo corpo è immobile e rigido, in una calma apparente che non preannuncia niente di buono.
Infatti, come previsto, pochi istanti a seguire, Riccardo si gira di scatto verso la finestra. Invece di appoggiare dolcemente la fronte sul vetro come poco fa, prende un grande slancio e tira un pugno con tutta la potenza in suo possesso. Gli infissi traballano.
Noi sobbalziamo, ammutoliti.
Prendo tutto il coraggio che mi serve e mi avvicino a lui.
- Ricordati il patto - provo a farlo ragionare, – conta fino a dieci e cerca di stare tranquil...-
Riccardo si gira di scatto, - Dannazione Arianna! Vuoi che conti? - mi afferra la mano, – Bene! – snocciola la decina tutto d'un fiato, - Fatto! Cosa è cambiato? - i suoi occhi mi trafiggono, - Niente! - guarda Matteo, poi di nuovo verso di me, - quel biondino non è evaporato, e tu ti comporti come se io e Matteo nella stessa stanza fossimo la cosa più normale del mondo! – scappa in corridoio, chiudendosi la porta alle spalle.
Senza pensarci due volte, mi getto nell'inseguimento, - Riccardo! –
Lui corre, senza voltarsi indietro, - Lasciami in pace! -
- Non lo farò - gli sto alle calcagna.
- Allora spiegami che vuole quello da Marie? Cosa è venuto a fare? - i suoi passi sono veloci. Riesco a stargli dietro a fatica, - In questo momento Marie non ha certo bisogno di un drogato come lui tra i piedi! -
- Matteo non è un drogato! – ribatto, – è un bravo ragazzo! Hai un'idea distorta di lui. Ti rendi conto che lo stai giudicando, solo perché fuma erba ogni tanto? -
Riccardo avanza, dritto e deciso. Schiva un'infermiera, che procede con alcune cartelle tra le braccia, e un paio di ragazze, che camminano avvolte in una lunga vestaglia.
Mi affanno per stare al suo ritmo, - Matteo in realtà è buono, generoso, affidabile, simpatico!-
Riccardo si volta, fulminandomi, – Vuoi finirla di fare l'identikit di quello che pare l'uomo della tua vita? -
- Non sto facendo l'identikit di nessuno! Sto solo cercando di farti capire che stai giudicando una persona dalle apparenze. Questo non va bene! -
Riccardo si tira indietro i capelli. Punta i suoi occhi smeraldo contro i miei che, in questo momento, immagino siano più bui del buio della notte, - Marie ha già i suoi problemi e non ha bisogno di altri guai! -
- Matteo non è un guaio - lo ammonisco, - hai visto come si sono guardati poco fa? Lo hai notato? -
- Cosa vuoi dire? -
- Ho visto la luce tra loro. Ho visto la scintilla! –
Riccardo aggrotta la fronte, - Cosa stai dicendo? Quale luce? - fa un paio di passi verso di me, - Sarà stata di sicuro una delle tue stupide e fantasiose allucinazioni! -
- Quando Matteo è entrato in camera, il viso di tua sorella si è disteso. Anche l'altra sera, quando siete riusciti a salvarla, lui l'ha guardata in un modo così, oh! E lei, lei...- alzo gli occhi sognanti, portando le mani al petto.
- Lui? lei? Ti sei bevuta il cervello? – sbraita, - stai vedendo qualcosa che non esiste! -
- Secondo me si piacciono! –
Riccardo mi incenerisce con un solo sguardo, - Non lo pensare neanche per scherzo! -
Non faccio in tempo a replicare, che le sue gambe ripartono veloci. In un lampo è già a metri di distanza. Apre la porta d'emergenza, uscendo dal reparto.
Trafelata, mi fiondo sul maniglione antipanico e lo inseguo per le scale, - Riccardo, scappare non servirà a niente! -
Lui salta l'ultimo gradino e svolta l'angolo, scomparendo completamente dalla mia vista.
Scendo la rampa come un fulmine.
Quando finalmente raggiungo il corridoio del piano inferiore, riesco a vederlo di nuovo.
Non sta più fuggendo. Tutta la furia di poco fa è come svanita. Improvvisamente.
Dal caos alla quiete, in una frazione di secondo.
Adesso Riccardo è immobile, girato di spalle, davanti a un termosifone.
Faccio passi piccoli e incerti, indecisa sul da farsi.
Quel ragazzo tanto arrabbiato e irascibile, è aggrappato ai ferri del riscaldamento, quasi fossero la sua unica ancora di salvezza. Le sue mani stringono le grate, la sua nuca è piegata.
Via via che mi avvicino noto che le sue spalle si alzano e si abbassano, ritmicamente.
Non ci sono dubbi. Sta piangendo.
Lo raggiungo. Con cautela poso le mani sulla sua vita, la tempia sulla sua schiena curva.
Non penso a come possa reagire, lo faccio e basta.
Voglio il suo contatto. Voglio percepire il suo stato d'animo e incamerare ogni cosa di lui e del suo umore. Chiudo gli occhi.
Riccardo mi sorprende. Si lascia abbracciare, senza opporre alcuna resistenza.
I suoi sussulti diventano vicini e ritmici. Mi stringo di più.
Restiamo in questa assurda posizione per non so quanto tempo. Riccardo con la fronte attaccata al muro, Io aggrappata a lui, come un cucciolo alla propria mamma.
Non vedo la sua faccia rigata dalle lacrime, ma posso ugualmente immaginarla.
Gli occhi verdi pieni e gonfi, la mascella stretta a chiudere tutto il dolore dentro la gola.
Il mio cuore trema ad ogni suo singhiozzo. Trema e trema fino in fondo, fino a quando, finalmente, tutto il suo giovane corpo si rilassa e il respiro torna ad essere regolare.
- Tutto okay? – sussurro contro le sue scapole.
Riccardo solleva una manica contro il viso, - Più o meno – dice, – è la prima volta che piango di fronte a te –
- Piangere non è una vergogna. Almeno sei riuscito a buttare fuori un po' della rabbia che hai dentro! - dico.
- Hai ragione. Sempre meglio liberare stupide lacrime, piuttosto che lanciare cazzotti contro una porta, un vetro o questo termosifone! -
- Oppure rompere il naso a Matteo! - aggiungo.
Lui si volta di scatto.
Mi zittisco all'istante, maledicendomi per la mia stupidità.
- Scusa – biascico, - non volevo! Intendevo dire che sopporto più un pianto liberatorio, piuttosto del sangue che fuoriesce dalle narici di un'altra person...-
Non faccio a tempo a finire la frase, che mi ritrovo la bocca di Riccardo incollata alle mia. Questo gesto improvviso mi toglie il fiato.
Resto abbarbicata al suo busto, senza reagire.
Le nostre labbra si muovono sensuali. Sento le ginocchia cedere, tanto è l'ardore con il quale Riccardo mi trasporta contro di sè.
Poi con una mossa imprevista, stacca le mie braccia dal suo busto e inverte le nostre posizioni. Mi ritrovo con la schiena contro il termosifone, le sue mani a stringere i miei polsi.
- Se nomini un'altra volta quel tuo amichetto biondo, giuro che...-
Il mio petto sale e scende, emozionato, - Che? – sussurro, con il fiato strozzato.
- Che ti ucciderò! - bisbiglia a filo delle mie labbra, - ti ucciderò di baci! -
Il mio sguardo si stacca dai suoi occhi lucidi, per finire sulla sua bocca gonfia e vicina, - Matteo - lo sfido, – Matteo! – i miei occhi non si spostano dalle labbra più invitanti conosciute in vita mia, – Matteo! -
Riccardo lascia andare i miei polsi, – Okay! L'hai voluto tu! - mi solleva, un braccio sotto le cosce e l'altro dietro al collo.
Lancio un gridolino.
Lui si spinge oltre una porta nera.
Ci ritroviamo nella penombra di uno sgabuzzino. Alti scaffali, contenenti montagne di biancheria, occupano gran parte dello spazio.
Riccardo mi mette a terra, stringendomi contro la parete, - Sarà una morte lenta e indolore, te lo prometto! –
Il battito del mio cuore è udibile a chilometri di distanza. Non riesco a fare niente, se non lasciarmi inesorabilmente preparare alla mia fine.
Le labbra di Riccardo si posano sul mio zigomo. Dolcemente, raggiungono la mia bocca, che le sta aspettando ansiosa.
- Morirai soffocata da ogni singolo bacio che ti darò! – sussurra appena.
Le nostre lingue si incontrano, si cercano, legandosi e sciogliendosi fino ad essere un unico nodo, un'unica fune.
L'inconfondibile sapore di miele di Riccardo invade ogni mia papilla.
Il suo odore fresco e sensuale diviene un tutt'uno con quello della mia pelle, desiderosa e inesperta.
Avvicino le dita ai suoi capelli e li tiro appena, per accompagnare il movimento delle sue labbra, che stanno letteralmente divorando le mie.
Riccardo emette un gemito leggero. Sposta entrambe le mani sui miei fianchi, agguantandoli con vigore. Con una mossa decisa mi solleva, permettendo alle mie gambe di avvinghiarsi attorno al suo corpo. I nostri jeans si scontrano.
Le nostre bocche non riescono a staccarsi per un solo istante.
In questo stanzino, lontano da tutto e da tutti, ci troviamo, ci mangiamo, ci assaporiamo, fino alla pelle, fino alle ossa.
In poco tempo l'aria diviene satura di ormoni.
Senza conoscerne il perché e per come, mi ritrovo catapultata su una pila di coperte piegate. Riccardo esattamente sopra di me.
Con una mano si mantiene stabile, con l'altra si intrufola sotto alla mia maglia, fino a raggiungere il reggiseno. Le sue dita scorrono sulla stoffa, avvolgendo e massaggiando il mio seno.
Quando la sua bocca si sposta nell'incavo del mio collo, mi ritrovo a sussultare colpita.
Non riesco a portare a termine una sola espirazione, che ho bisogno prontamente di nuova aria. Il suo tocco scivola lentamente sulla mia pancia e sempre più giù.
Percepisco i muscoli del mio corpo irrigidirsi e tremare.
Le sue dita sono delicate e dolci e bellissime. Il mio cuore cavalca al galoppo.
Riccardo con il pollice e l'indice fa scattare il primo bottone dei miei jeans.
Mi sento come morire. La cerniera scende, naturalmente.
Lo stanzino diviene un'alcova di odori e sospiri.
Il mio petto si alza e si abbassa, tra timore e desiderio.
La bocca di Riccardo si stacca dal mio collo, finendo dritta sull'ombelico.
La sua lingua è calda e umida contro il mio ventre.
Lascio uscire un gemito. L'eccitazione è incalcolabile. A mille, duemila, all'infinito.
Poi è sufficiente la voce di Riccardo a togliermi anche l'ultimo briciolo di ossigeno rimasto,
- Piccola, ho voglia di fare l'amore con te -
Un brivido mi scorre lungo la schiena. Lo stomaco si chiude.
Riccardo alza gli occhi contro i miei e sussurra: - Non immagini quanta! -
Il mio cuore si ferma. Di colpo.
Poi, pochi istanti dopo riprende a battere.
Più veloce del vento. Più veloce del suono.
Più veloce della luce. Più veloce della velocità dell'amore.
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