CAP. LXXXI Un attimo piú lungo di un attimo

Quando riapro gli occhi Giulia, Leo, Matteo e Isac sono tutti quanti con la faccia puntata contro la mia.

Li studio basita e confusa, chiedendomi cosa ci trovino di così interessante in me. Appena torno pienamente lucida e consapevole, scatto a sedere.

I miei occhi puntano le volanti ferme. L' angosciante luce blu dei lampeggianti mi fa salire l'ansia a dismisura.

Una folla è radunata tutta intorno. Qualcuno indica in alto dell'edificio.

Sollevo lo sguardo. C'è qualcosa di bianco, qualcosa che sembra un vestito o un lenzuolo che ondeggia nel buio, a metri e metri di altezza.

- Marie – sussurro, – è lei! È Marie! -

Uomini in uniforme bloccano il passaggio delle auto con una transenna.

- Presto scendiamo! – dico.

Leo mi frena, - Calmati Ari! Non è il caso di andare, intralceremo solo gli aiuti! -

Guardo verso la finestra lontana, cercando di mettere meglio a fuoco la scena, - Ma io devo! -

Quella che prima sembrava solo stoffa volante, adesso è chiaramente una lunga camicia da notte. Non posso attendere oltre, mi tuffo sullo sportello e provo ad aprire, passando sopra il corpo di Leo.

Il mio amico mi respinge, - Cosa intendi fare? -

- Voglio andare là! – I miei occhi non riescono a staccarsi dalla ragazza disperata, intenzionata a sfracellare il proprio cranio nel cemento.

Isac posteggia in un angolo più tranquillo e Leo gli ordina di serrare le uscite con la sicura.

- Non potete tenermi bloccata qua dentro Non potete farlo !!! – protesto, per gettarmi di nuovo contro lo sportello, questa volta dalla parte di Giulia. Alzo e abbasso la maniglia, quasi a staccarla.

Isac si gira, furioso – Ehi! Così mi romperai gli interni! -

- Allora fammi uscire! – sbraito, - sblocca le sicure!-

Matteo si volta. I suoi occhi sotto alle luci dei lampeggianti, variano di tonalità, - Ha ragione - si rivolge a Leo, - Non possiamo costringerla a stare chiusa qui dentro, se sente che deve andare, dobbiamo lasciarla...-

Leo soffia fuori: - Non è in condizioni emotive per farlo! Riesci a vedere quanto sia scossa?-

Matteo annuisce: - E' vero, ma non possiamo segregarla in auto. Non siamo nessuno per farlo. Poi non lascerei mai che vada da sola, andrei io con lei! - si allunga sul cruscotto, facendo scattare la sicura.

- Noi vi aspetteremo qua - dice Isac.

Giulia e Leo si scambiano uno sguardo preoccupato di disappunto, tornando poi a osservare la lontana e triste scena, all'altezza del quinto piano.

Seguo Matteo nel piazzale. Non appena raggiungiamo la folla di gente e poliziotti, lui mi rassicura, prendendomi per mano. Faccio un buon respiro e alzo la testa verso la figura protesa in bilico a metri di altezza. I capelli al vento. Le mani ossute. La camicia bianca di Marie, tutto mi fa accartocciare il cuore. Sento le gambe molli e stringo ancora più forte la presa del mio amico. Non posso permettermi di perdere di nuovo i sensi.

Marie sembra mettersi a sedere sul davanzale.

Le sue gambe, penzoloni, dondolano lentamente.

Un poliziotto con un megafono in mano cerca di trovare le parole adatte per convincerla a rimanere calma e non compiere nessun gesto azzardato.

Mi guardo intorno, alla ricerca di Riccardo o del signor Serio, ma ci sono solo un sacco di facce sconosciute.

- Vieni entriamo dentro! - dice Matteo.

Ho il cuore che martella fino alle tempie e lo stomaco piegato in una morsa terrificante. Dentro la mia testa ho già iniziato a snocciolare una preghiera per Marie; più lunga di un rosario, più sentita di un voto.

Matteo mi conduce a una porta laterale che, fortunatamente, troviamo aperta.

Insieme corriamo verso l'ascensore. Aspettiamo qualche istante, poi non vedendolo arrivare, ci fiondiamo sulla rampa di scale.

- Quinto piano! -

Arrivati in cima la scritta "DCA" arresta definitivamente il mio respiro carente.

Solo ieri ero qui.

Solo ieri Marie mi ha rivelato il suo unico pensiero: aspettare la morte imminente.

Non sono stata in grado di dirle niente.

Solo piangere.

Adesso devo rimediare. Devo riuscire a farlo.

Marie potrebbe ascoltarmi, proprio come ha fatto quando le ho raccontato la faccenda dei fidanzati e dell'amore.

L'ingresso per il reparto è bloccato.

Matteo si getta contro la porta, - Aprite! Aprite ! - urla, battendo i pugni contro la porta.

Lo imito, con i palmi aperti e con tutta la forza della quale sono dotata.

Ho il viso contratto dalla paura e lo stomaco stretto dal terrore di non riuscire a arrivare in tempo.

La voce di Matteo è forte e decisa: - Qualcuno venga ad aprire questa maledetta porta !!! –

Un infermiere, trascinando pesantemente gli zoccoli, si affaccia, - La piantate di fare tutta questa confusione? Siamo in un ospedale! Non avete visto che è in corso un'emergenza?-

- Ci faccia entrare siamo amici della ragazza che vuole buttarsi dalla finestra - dice Matteo.

L'uomo respinge la porta, - Non se ne parla! -

Matteo blocca prontamente la chiusura con una scarpa, - La prego! – lo supplica.

- Ho detto di andarvene! -

Incrocio lo sguardo dell'infermiere attraverso la piccola fessura rimasta.

- Non può tenerci qua fuori, non ne ha nessun diritto! Marie è mia amica e so che devo fare un tentativo, devo provare a parlarle! Stiamo solo perdendo tempo prezioso! Se dovesse succedere l'irriparabile sappia che la riterrò responsabile per tutta la vita! – butto fuori tutto d'un fiato.

Lui vacilla, colpito dalle mie parole e dal mio sguardo truce, decidendoci a farci passare.

Medici e infermieri sono radunati davanti alla camera 22. Le loro facce sono terrorizzate, gli occhi lucidi. Cerco un passaggio tra i dipendenti, Matteo mi segue a ruota.

Non appena varchiamo la soglia della camera, Riccardo e suo zio sono vicino alla finestra a braccare Marie, che è seduta con la faccia rivolta verso il vuoto.

Avanzo cauta.

Riccardo, teso come una corda di violino, si volta.

Non dice niente, anche se posso immaginare esattamento cosa gli stia passando per la testa. Quasi sembrano concreti i suoi pensieri!

Non avrei dovuto seguirlo. Non avrei dovuto essere qui.

Poi i suoi occhi si spostano su Matteo, alle mie spalle.

I suoi pugni si stringono, fino a rendere le nocche sbiadite.

Faccio altri passi, cauti e incerti, continuando a guardarlo negli occhi.

Occhi pieni di paura.

Occhi saturi di dolore.

Mi posiziono al suo fianco.

Marie gira appena la testa e mi vede.

- Perchè sei qui? - Il suo tono vuole essere aggressivo, ma è solo un fioco sussurro di disperazione.

- Perché tu sei lì? - mi sento rispondere.

Lei mi lancia un'occhiata di sbieco.

Ho il cuore a mille e posso sentire benissimo anche il frastuono di quello di Riccardo.

Marie fa un cenno della testa al parcheggio sottostante, – Arianna, guarda quante persone ci sono, tutte interessate improvvisamente alla mia vita! Quanta falsità! Poliziotti, medici, infermieri, psicologi, tutta gente finta e ignobile, alla quale in realtà non interessa un solo grammo del mio corpo!-

Riccardo si agita al mio fianco, - Marie, tutte queste persone sono qui per aiutarti – dice.

Lei lo fulmina con lo sguardo, - Non è vero! Per loro sono solo una scatola immatura da riempire, solo questo! -

Riccardo prova a ribattere, ma io lo fermo.

- Hai ragione Marie – la assecondo, - sono tutte persone ipocrite e false, ma...-

Marie toglie la mano dalla soglia, per puntarmi un dito contro, - Niente ma! – dice.

La perdita di appoggio le procura un piccolo squilibrio.

Il signor Serio porta le mani davanti al viso, Riccardo si precipita verso di lei.

- Non farlo! - lo ammonisce Marie, - non avvicinarti ! -

Riccardo indietregga. Il suo viso è sempre più pallido.

Marie torna a sorreggersi alla soglia. Tutti tiriamo un sospiro di sollievo.

- Invece c'è un ma...- riprendo parola.

Marie sussulta.

- Ed è che tuo fratello non fa parte di quella gente, tuo fratello non è falso, non è ipocrita! Lui ti vuole bene veramente! E' l'unico che può capirti, e non conta il fatto che sia più o meno forte di te. Lui ha passato esattamente quello che hai passato tu. Lui ti ama! –

Quando finisco di parlare non riesco a credere di averlo fatto, tanto il mio fiato è strozzato e la bocca asciutta.

La schiena di Marie è scossa da un singhiozzo. Il suo profilo si riempie di lacrime, – Riccardo! - chiama il fratello, - Io a te voglio bene. – alza gli occhi verso il cielo nero, coperto di nubi, - se anche tu me ne vuoi, almeno un po', non provare più a fermarmi. Non arrabbiarti con me, non sentirti in colpa, lasciami andare! -

Riccardo emette un forte lamento gutturale e si avvicina di nuovo alla sorella.

Marie ha ormai gli occhi coperti di lacrime, - Ho detto che non devi avvicinarti !!! – urla, - se mi vuoi bene devi essere felice delle mie scelte e togliermi la vita è ciò che voglio! –

Questa volta alza entrambe le mani dall'appiglio per portarsele istericamente ai capelli.

E' un attimo. Un flash.

Quello che vedo è un piccolo essere scheletrico, rivestito da un'ingombrante camicia da notte bianca, pendere pericolosamente in avanti.

L'urlo del signor Serio e il mio risuonano nella stanza, mentre il busto di Marie scivola nel vuoto. I medici e gli infermieri accorrono gridando, mentre le mani della ragazza, istintivamente, si aggrappano alla soglia.

Purtroppo le sue unghie, troppo corte, scivolano invano sulla pietra liscia.

Una morsa di terrore mi attanaglia i piedi al pavimento.

Riccardo si getta contro la finestra, riuscendo ad afferrare la sorella per un polso.

Matteo si tende a stringere anche l'altro braccio.

La ragazza sembra un fantoccio inanimato. I suoi due grandi occhi verdi fissano verso l'alto, a chiedere aiuto.

Il signor Serio si tira sù le maniche e aiuta i due ragazzi a far risalire il corpo di Marie.

Sotto alla finestra i vigili del fuoco hanno predisposto il materasso di atterraggio d'emergenza. Un elicottero sorvola l'ospedale.

Il rumore delle radioline e le urla della gente fanno accapponare la pelle.

Marie precipita a terra, nel pavimento della stanza, affianco al corpo di Riccardo e di Matteo.

Un medico si fionda su di lei e la solleva, stendendola nel letto.

Chiudo la finestra e mi volto verso Riccardo, che si è appena risollevato e sembra pian piano riprendere colore. Si massaggia una spalla, dolorante per lo sforzo e incrocia lo sguardo di Matteo. Con mia grande sorpresa, allunga il braccio verso di lui e lo aiuta a rialzarsi.

Un'infermiera affianca il medico. Posiziona un ago canula nel braccio di Marie, poco sopra al segno lasciato da quello che si è strappata per compiere la triste impresa.

Le somministra un sedativo.

Gli occhi di Marie, ancora impauriti, scossi e impotenti, cercano Riccardo.

- Dovevi lasciarmi morire – sussurra con un filo di voce.

Riccardo cade in ginocchio, - Non dirlo mai più, non farlo mai più! - affonda la testa tra le braccia, vicino al corpo della sorella.

Lei sospira e sposta lo sguardo verso il ragazzo al mio fianco.

E' un attimo.

Un attimo più lungo di un attimo.

Un attimo che sembra un'ora, un anno, un'eternità.

Gli occhi verdi di Marie seguono meravigliati e scossi i tratti fini e preoccupati del volto di Matteo. Si spostano curiosi sui suoi ricci scomposti e scendono dolci sulle sue mani delicate.

Le mani che le hanno salvato la vita, insieme a quelle del fratello.

Poi quegli occhi si rialzano, incrociando le pupille del mio amico.

È verde contro azzurro.

È pietra, è smeraldo contro oceano.

Matteo sorride. Marie si incanta di fronte all'armonia delle sue labbra.

Lentamente il sonnifero comincia a fare effetto.

Le palpebre della ragazza consumata e affranta si chiudono, portandola in un sonno profondo, conducendola lontano da noi.

I sanitari abbandonano la stanza.

Riccardo si rialza in piedi, mentre il signor Serio si stende sulla poltrona, con la testa tra le mani. Matteo è immobile accanto a me. Ha la bocca socchiusa e le spalle basse.

I suoi occhi sono offuscati dalla confusione, ma brillano di una luce nuova.

Non si staccano un solo istante dalla ragazza che ha appena strappato alle braccia della morte.

La stanza cala in un silenzio surreale, rotto soltanto dalla voce profonda del mio fidanzato: – Grazie, se non ci fossi stato tu ad afferrarla così prontamente, io da solo non ce l'avrei fatta! – allunga una mano verso Matteo, - non voglio neanche pensare come sarebbe potuta andare a finire!-

Matteo lo guarda scettico, soppesa le sue parole. Poi si lascia sfuggire un debole sorriso, allungando anche il suo braccio.

Vedere le due mani, nemiche fino a pochi minuti fa, stringersi in un segno di pace, mi fa sorridere.

Ragazzi è tutta colpa mia, non dovevo allontanarmi per andare a prendere il caffè! – interviene il signor Serio.

Riccardo scuote la testa, - Non dirlo! Non è colpa di nessuno! – dice fermamente. Poi sospira: - Anzi sì, ma non tua! E' colpa di quel fottuto pirata della strada, quell'assassino che ha rovinato le nostre vite!-

Matteo mi lancia un'occhiata di incomprensione.

Abbasso gli occhi sulla punta delle mie scarpe.

Riccardo prende la rincorsa, lanciando contro la parete della stanza un pesante e energico cazzotto, accompagnato da un grido inquietante.

Suo zio lo raggiunge, tentando di calmarlo, ma i cazzotti diventano più insistenti e con essi anche le parole.

- Assassino, la pagherai !!! – Riccardo lascia uscire tutta la rabbia incamerata fino a questo momento, - giuro su mio padre e mia madre che ti scoverò. Dovrai pagare le pene dell'inferno! Tu e tutta la tua famiglia! -

Le braccia del signor Serio non riescono a tenerlo.

Matteo accorre in aiuto, provando ad afferrare Riccardo per le gambe, ma lui scalcia e grida con una forza mai vista prima.

- I tuoi figli, tua moglie, tutti dovranno soffrire il dolore che sto patendo io adesso! - Il suo volto è rosso, le vene del collo rigonfie.

Un altro cazzotto parte a vuoto.

In preda al panico mi affaccio in corridoio. Blocco la prima infermiera che passa. La donna fa capolino nella stanza. Visualizza Riccardo a terra, posseduto da un demone infernale e si precipita a chiamare il medico.

Pochi minuti dopo il mio fidanzato è steso su una barella, accanto al letto della sorella, messo a freno da una buona dose di sonnifero.

Gli bacio la fronte e poi uno zigomo. Gli accarezzo la guancia con la punta delle dita.

- Notte, amore mio - sussurro al suo orecchio, anche se so che non può sentirmi, - sei tutto per me -

Una delle mie lacrime finisce sul suo petto. Sollevo la testa per guardarlo dormire un'ultima volta.

Matteo posa dolcemente una mano sul viso di Marie.

Scorre le dita sulle sue ossature pronunciate. Sorride.

- Matteo vogliamo andare? -

Lui mi segue nel corridoio a testa bassa.

Prima di raggiungere la porta di uscita del reparto però si ferma, - Credo che non dimenticherò mai più questa sera! – dice.

- Neanche io –

- Perché Riccardo parlava di un pirata della strada? Cosa è successo ai loro genitori? - gli occhi del mio amico si muovono sui miei, in cerca di risposte, - e Marie? Perchè quella ragazza si è ridotta così? -

- L'assassino, il pirata della strada, il mostro, chiamalo come vuoi, quella persona otto anni fa ha investito i loro genitori. Li ha uccisi e è fuggito, rovinando per sempre le loro vite! - spiego.

Matteo riprende a camminare, - Che brutta storia! – dice, - gli occhi di quella ragazza, non ho mai visto qualcosa di più maledettamente bello e maledettamente triste allo stesso tempo!-

Quando torniamo al parcheggio la folla si è diradata e le volanti della polizia sono rientrate alla base. L'auto di Isac è sempre parcheggiata al solito posto.

Non appena arriviamo i ragazzi ci riempiono di domande. Sono ancora arrabbiata con loro per il fatto di avermi bloccata nell'auto, ma evito di fare ulteriori discussioni. Sprofondo nel sedile, lasciando a Matteo il compito di rassicurare tutti.

- Marie è salva. Le hanno somministrato un calmante. Adesso lei e Riccardo stanno riposando.-

Per fortuna nessuno fa ulteriori domande.

Isac accompagna a casa prima Matteo, Leo, Giulia e infine la sottoscritta.

- A destinazione! - dice, alzando gli occhi sullo specchietto, per incrociare il mio sguardo.

- Grazie sei stato molto gentile stasera. Se non fosse stato per te non saremo mai arrivati in tempo in ospedale! –

Isac si gira verso i sedili posteriori,- E' stato un piacere esserti stato d'aiuto! – dice.

I suoi occhi scuri si soffermano un po' più del previsto sui miei.

Imbambolata, lo seguo spostare una mano ad accarezzarmi il viso. Poi si sporge, lasciandomi un leggero bacio sulla guancia.

- Buonanotte, baby! – sussurra.

Un brivido mi percorre la schiena, fino alla base del collo.

Mi scosto bruscamente dalla sua pelle liscia, appena rasata.

Impacciata mi fiondo sulla maniglia e esco di corsa sul vialetto di casa.

Isac saluta con un cenno della mano, che ricambio frettolosamente.

Prima di chiudere la porta mi soffermo sul pianerottolo.

L'auto sportiva si mette in moto e procede, fino a scomparire dalla mia vista.

Giro il collo e distendo le spalle, allontanando dalla mente quello strano brivido percepito a seguito della carezza e del casto bacio di Isac.

Chiudo la porta, lasciando all'esterno dubbi, paure, ansie e sentimenti.

Per stanotte voglio abbandonare il mondo fuori e pensare soltanto a fare una buona e sana dormita.


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