CAP. LXXX American Diner
La sera seguente Leo e Giulia siedono di fronte a me e Riccardo, a un tavolino dell' "American Diner", appena fuori il centro.
Il locale è caratteristico. Pavimenti a scacchi bianco e neri, luci al neon.
Una musica rock riprodotta da un vecchio jukebox rallegra la sala, mentre agili cameriere volteggiano sui pattini a rotelle, portando vassoi carichi di cibo.
Assaporo il gusto del pane morbido e della carne macinata. - E' buonissimo! – dico.
Riccardo ficca in bocca una manciata di patatine, - Quando si dice mangiare sano! -
- Per una volta possiamo pure fare uno sgarro alla nostra ferrea dieta mediterranea! – dico.
- Dopo questo misero hot dog ordinerò il "Big Boss" - dice Leo. - Tanto a smaltire il tutto ci penserermo domani, non è vero Giulia? -
Lei aggrotta le sopracciglia, - Cosa intendi con quel "ci penseremo domani"? - improvvisa delle immaginarie virgolette con le dita.
Lui affonda i denti nel pane e con la bocca stracolma, borbotta: - Che andremo a fare footing insieme, naturalmente! –
Giulia mima con le labbra una volgare espressione di diniego. Poi si volta verso il fidanzato e accenna un falso sorriso acconsenziente.
- Lo odio! - mi informa, parandosi una mano davanti al viso, - lui e le sue maledette corsette mattutine! -
Nascondo la testa nel tovagliolo per non farmi vedere ridere.
Intanto Leo tenta di mandare giù l'impasto di pane e carne che, per qualche strano motivo, procede piuttosto lentamente e finisce per togliergli il respiro. Si batte un pugno sullo sterno e prende al volo il bicchiere d'acqua.
- Leo!!! - urla Giulia, - hai tutto il tempo per mangiarti quel panino, non c'è bisogno che ti strozzi!-
Lui riprende a respirare.
Giulia alza gli occhi al cielo, sollevata e al contempo irritata dall'ingordigia del fidanzato.
Scampato il pericolo di soffocamento, Riccardo alza il suo bicchiere di Cola, - Voglio fare un brindisi! – annuncia. - A noi quattro e alla nostra amicizia!-
Sollevo la mia bevuta. I nostri bicchieri si scontrano, straripando.
- Voi siete sicuri che non porti sfiga brindare senza alcool? - gracchia Giulia.
- Sei una credulona! Solo tu puoi dare ascolto a simili congetture! - la prende in giro Leo.
Lei gli fa linguaccia. Lui le afferra la testa, se la avvicina a sè e le lascia un pressante bacio a stampo.
Riccardo fischia con la lingua tra i denti, - Bis! -
Le guance di Leo si tingono di rosa acceso. Il dito medio di Giulia si alza beffardo verso il mio ragazzo.
Dopo quest'attimo di pura ilarità, ci ributtiamo a capofitto sulle nostre pietanze.
- Ragazzi – dice Riccardo, guardando un punto imprecisato di fronte a sé, - forse non è il momento giusto, ma tanto non credo che ne troverei mai uno adatto. Abbiamo appena brindato per la nostra amicizia, però voi conoscete poco o niente di me. Non voglio essere un codardo, mi sembra giusto raccontarvi qualcosa della mia vita! -
Leo allunga una mano nella nostra parte del tavolo, - Ehi! Solo se per te non è un problema. La nostra amicizia è adesso, non conta quello che è stato prima! -
Riccardo sorride, - Grazie per la comprensione, ma è giusto che voi conosciate delle cose sul mio conto! Infondo anche il passato fa parte di me e di quello che sono oggi! -
Mi avvicino a Riccardo e poso la mia mano sul suo braccio.
Lui gira il palmo, facendolo combaciare con il mio, - Ho vissuto in istituto fino a poco più di un mese fa. Sono orfano di entrambi i genitori. Mia madre e mio padre sono morti in un incidente stradale. Mi hanno lasciato da solo, con mia sorella Marie. A settembre l'assistente sociale ha concesso il nostro affido allo zio paterno e così eccomi qua, catapultato nella vera società e nella vostra scuola!-
Leo è immobile, non batte ciglio.
Giulia sospira, lanciandomi occhiate fugaci.
- Purtroppo questo non è un periodo facile! – Riccardo prosegue, - Marie non ha accettato l'affidamento. E' rimasta in istituto, anche se adesso è in ospedale per delle cure. -
- Mi dispiace, proprio una brutta storia - dice Leo.
- Bruttissima! - concorda Giulia, - ma tua sorella come sta adesso? Ha ripreso a mangiare? -
Riccardo si immobilizza.
Un silenzio glaciale si materializza, improvviso.
- Come fai a sapere che Marie ha smesso di mangiare? - gli occhi di Riccardo si stringono sulla mia amica, - Non ho parlato di questo! -
Giulia apre e chiude la bocca, senza dire una parola.
Il mio stomaco affonda in basso, insieme all'Hamburger e tutti i suoi condimenti.
Chiudo gli occhi e lascio andare un profondo respiro.
Leo guarda le nostre espressioni, totalmente confuso.
Riccardo molla la mia mano, - Tu le hai raccontato di Marie, non è vero? - mi lancia uno sguardo fulmineo.
- Riccardo io...-
- Tu hai raccontato a Giulia questa cosa, sì o no? -
Il cuore si stringe come una spugna.
La testa si abbassa in una ovvia risposta affermativa.
Riccardo scatta in piedi come una molla. Sbatte un cazzotto sul tavolo. Un colpo ben assestato, che fa ballare i piatti e tutti i nostri animi.
- Dannazione Arianna! Perchè lo hai fatto? Perché hai raccontato una cosa mia? Mi sono aperto a te e tu mi hai tradito! -
- Mi dispiace – farfuglio, – è successo per caso, ero preoccupata per te! Giulia è mia amica, mi è venuto spontaneo raccontarle di Marie.-
Gli occhi di Riccardo hanno una strana luce, di delusione e odio, - Non dovevi farlo! - ringhia.
Giulia piagnucola. Leo si alza e posa una mano sulla spalla di Riccardo, il quale punta un'ultima volta le sue iridi contro le mie, - Vai al diavolo! – impreca, fuggendo verso l'uscita.
Mi lascio cadere sulla poltroncina.
- Vado da lui! – dice Leo.
Giulia rimane seduta, spiazzata e dispiaciuta. Non smette di ripetere che è solo colpa sua, non riesce a darsi pace perchè la sua bocca abbia formulato quella maledetta domanda.
- Tu non c'entri, non avrei dovuto parlartene - la rassicuro.
Lei spilluzzica la porzione di patatine in religioso silenzio, dondolando nervosamente una gamba avanti e indietro sotto al tavolo.
I ragazzi tornano un buon quarto d'ora dopo.
Riccardo siede di nuovo al mio fianco.
- Scusami – sussurro.
Lui non dice niente. Afferra gli ultimi resti del suo panino ripieno e lo addenta.
- Scusami, per favore – ripeto, quasi in preda a una crisi di panico.
- Va bene – annuisce.
La sua risposta mi coglie di sorpresa. Lo scruto scettica.
Riccardo mi rivolge uno sguardo fugace, - Che c'è ? Ho detto che va bene ti scuso, cos'altro vuoi? -
- Perchè mi stai trattando in questo modo? Non ha senso dirmi che ti scusi e poi rivolgerti a me con tanta durezza!- gli faccio presente.
- Volevi essere scusata e l'ho fatto! Adesso lasciami in pace e finisci il tuo cibo! – dice freddamente.
Non resisto più. Lancio il tovagliolo sul tavolo e mi alzo, stizzita e irritata.
Riccardo mi afferra per l'orlo del vestito e mi trascina di nuovo a sedere.
- Smettiamola! Ci stiamo comportando come due bambini! – dice.
- Tu ti stai comportando da bambino! – replico.
Lui mi punta gli occhi contro, - E tu? Credi di essere meno infantile? Con questo broncio e queste braccia conserte? -
- Non ho il broncio! - lascio andare le labbra, mantenute increspate, - e non ho le braccia conserte! - tolgo gli avambracci dall'incastro che ero andata a creare, - e soprattutto non sono una bambina! - sbuffo.
Il volto di Riccardo sembra rilassarsi, - Sì che lo sei. Sei la mia bambina! -
Resto imbambolata.
Lui si avvicina, piegando la testa di lato, – Pace – sussurra, a un passo dalla mia bocca.
- Pace - concordo.
Leo riceve il suo agognato "Big Boss" e sotto ai nostri occhi stupiti, riesce a divorare, in poco tempo, gli spessi strati di vitella, cipolle, insalata e maionese.
Al termine allenta il bottone dei jeans e rilassa le spalle contro lo schienale della poltrona.
- Adesso non lamentarti di aver mangiato troppo! - lo brontola Giulia.
Lui sbuffa, infastidito.
Riccardo gli punta un dito contro, - I patti erano che dovevo pagare una cena, non un rifresco di matrimonio! Mi farai andare in rovina, per poco non ti sei ingurgitato anche le gambe del tavolo! –
La cameriera ci raggiunge sui suoi pattini a rotelle. Con agilità porta via i piatti sporchi.
- Prendiamo il gelato? - chiede Giulia, - qui ne fanno uno buonissimo: la coppa anni 50'! -
Leo concorda, - L'ho presa anch'io una volta. E' un'enorme montagna di panna e ciliege! -
- Non panna e ciliege - ribatte la mia amica, - panna e amarene! -
- Ti sbagli, utilizzano le ciliegie – replica Leo.
- Sono più che sicura che si tratti di amarene! -
Lui scuote la testa, - sono delle grosse ciliegie!-
- Amarene! -
- Ciliegie! -
Mentre Leo e Giulia proseguono nel battibecco sulla natura della frutta, Riccardo si sposta verso di me, appiccicandosi al mio corpo. Il contatto mi fa trasalire.
- Sei stata bene piccolina stasera? – domanda, - se togliamo l'episodio di poco fa, naturalmente! -
Annuisco e arrossisco palesemente.
Non mi abituerò mai alla sua voce, al suo contatto, al suo modo così naturale e eccitante di porsi.
Riccardo scorre le dita lentamente, fino a un lato della mia coscia, - Sai cosa mi piacerebbe fare adesso? Fuggire da qualche parte e stare un po' da solo con te! – inizia a lasciarmi piccoli baci alla base del collo, – e tu, cosa vorresti fare? –
- Riccardo - mi scosto, - non qui, ci sono Leo, Giulia e tutte le altre persone...-
- Ah, ah – sussurra, senza smettere di baciare la mia pelle.
- Riccardo! - protesto, incapace di muovermi anche di un solo centimetro.
- Dimmi, ti ascolto - posa la mano sul mio ginocchio. Poi la scorre sulla coscia, trascinando con sè anche l'orlo del vestito.
- Non, non mi sembra il caso di...- balbetto, riportando le sue dita all'altezza del ginocchio e la stoffa a coprire le calze.
Lui si protende maggiormente addosso a me.
La camicia a quadri che indossa aperta sopra la t-shirt, riesce a rendere il suo corpo più attraente del solito. Sono combattuta tra l'allontanarlo il più possibile o l'abbandonarmi miseramente.
Riccardo compie piccoli cerchietti intorno alla mia rotula, - sei bellissima con questo vestito, il verde ti dona! –
Qualcosa di umido mi scorre sulla pelle. Non appena mi rendo conto che si tratta della punta della sua lingua, il mio cervello smette di ragionare, completamente.
- Prendetevi una stanza ragazzi! - la voce di Giulia mi riporta alla realtà. Faccio un salto, spostandomi dal corpo pesante di Riccardo.
- Non sarebbe una cattiva idea! - esclama lui, ammiccandole.
Giulia ride divertita, io cerco un modo efficace per far scolorire le mie guance e tornare a respirare come una comune mortale.
Riccardo si rimette seduto composto, lasciando però la mano sul mio ginocchio.
Questo piccolo contatto permette di rilassarmi, ma senza esagerare.
Mi fa capire che lui è qui, al mio fianco.
- Allora questo dolce?- domanda, euforico.
All'arrivo della famosa coppa anni 50', scopriamo che si tratta di grosse ciliege caramellate.
- Lo sapevo! - esulta Leo, - avevo ragione io! -
Giulia sbuffa: - Ciliege o amarene è la stessa cosa! -
Leo si indigna di nuovo, - No, non lo è! -
- Piantatela! - interviene Riccardo, - State facendo un dramma per niente, piuttosto gustatevi questa dannata coppa anni 60' ! -
- 50' - lo riprende Giulia. - Anni 50'! -
- 50', 60', 70' che di differenza fa? - Riccardo ribatte, infastidito.
Mentre Giulia cerca di darci la spiegazione logica del nome, riferito alle classiche coppe in acciaio con il gambo stretto e la coppa larga, tipiche di quegli anni, la porta del locale si apre pesantemente. Una dozzina di ragazzi entrano, parlando a gran voce e trascinandosi sulle spalle pesanti borsoni. Tra la folla di giovanotti scalmanati individuo i ricci biondi del mio compagno di classe.
I miei occhi si illuminano, - C'è Matteo! - esclamo.
D'istinto mi porto in piedi con l'intenzione di andare a salutarlo, ma Riccardo stringe con forza il mio ginocchio, facendomi ricadere a sedere.
Lo guardo accigliata.
Lui mi lancia uno sguardo minaccioso di avvertimento, che decido di ignorare.
- Abbiamo già chiarito questo discorso. Matteo è un mio amico, tu non puoi impedirmi di andare a salutarlo! – puntualizzo.
Lui sbuffa e, contrariato, lascia andare la sua mano.
Mi alzo, stendendo la gonna. Senza tentennamenti vado incontro al mio vicino di banco.
Matteo mi raggiunge a metà sala e mi abbraccia, - Ehi amica mia! Sai che ti sta benissimo questo vestito? - mi allontana, per osservare meglio l'abito a vita alta.
Liscio la gonna a pieghe, – Grazie! Un vestito speciale per un'occasione speciale! - mi volto verso il tavolino dove ero seduta, - con il mio ragazzo e i miei amici! -
Giulia e Leo fanno un cenno di saluto, mentre Riccardo si agita frenetico sulla poltroncina.
Matteo posa a terra il suo pesante borsone, - Quindi tra te e la furia dell' West le cose sono tornate apposto? -
Mi esce un sorriso strozzato, - Se per furia dell' West intendi Riccardo, diciamo di sì. Adesso sembra procedere tutto alla grande! -
- Sono felice, ma stai attenta con lui! Non pare essere un tipo troppo affidabile! -
- Matteo, lui non è come sembra! – affermo, - d'accordo, quando si arrabbia diventa ingestibile, ma nelle situazioni quotidiane è davvero il ragazzo più dolce che esista! -
- Se ingesibile è l'aggettivo che utilizzi per identificare un ragazzo che spacca la porta di classe con un pugno, irrompe dal nulla a sfondare lo stomaco di un tuo amico, oppure ti porta via come fossi un sacco di patate, allora okay! -
Sospiro. Effettivamente ciascuno di questi momenti non ritrae un semplice e tranquillo ragazzo di città, tuttavia non ho nessuna intenzione di continuare su questo discorso, così, devio la conversazione verso qualcosa di più tranquillo, - E tu? - indico il suo borsone posato a terra, - hai appena finito gli allenamenti? -
Matteo tira un calcetto alla borsa, – Esatto! Sono con gli altri compagni del karate. Dopo ogni lezione abbiamo sempre bisogno di una buona dose di carboidrati! -
Alcuni ragazzi lo chiamano da un lungo tavolo, indicandogli il suo posto.
- Scusami, devo andare, mi aspettano per ordinare! -
Sto per congedarlo, quando i miei occhi vengono catturati da quelli del ragazzo appena sedutosi a capotavola.
Improvvisamente torno alla notte della festa.
Quella tra i fumi del veliero e le allucinazioni delle conturbanti ragazze immaginarie.
- Ari ci sei? – mi richiama Matteo.
Annuisco.
Lui segue la direzione del mio sguardo, - Ehi, Ari! - mi scuote per un braccio.
Ricambio il sorriso che Isac mi ha appena rivolto, prima di alzarsi e venirci incontro.
- Baby! -
Matteo lo fronteggia, prevenuto, - Arianna è qui con il suo ragazzo, non credo voglia scocciature! -
Isac si rivolge a me: - Sei con il buldozzer fuori controllo? -
- Esattamente! - afferma Matteo, anticipando qualsiasi mia possibile risposta.
Sposto lo sguardo verso il mio tavolo.
Leo e Giulia sono ancora seduti. Il posto di Riccardo è vuoto.
Non faccio in tempo a realizzare la cosa, che vedo la sua figura minacciosa avanzare verso di noi a pungi serrati.
Chiudo gli occhi e sospiro.
Non un'altra scenata!
Non qui in uno dei miei locali preferiti!
Non qui davanti ai miei amici!
Isac, ignaro della minaccia dietro di lui, continua nel suo monologo, - Questa volta non ho paura di lui - gonfia il petto, - Si provi a toccarmi anche solo con un dito e gli farò rivomitare qualsiasi cosa abbia appena ingerito! -
Matteo spalanca gli occhi sulla figura di Riccardo, appena materializzata alle spalle dell'amico.
La mano del mio fidanzato finisce sul codino del suo avversario, tanto da farlo girare, - E sentiamo, come faresti tu a farmi rivomitare qualsiasi cosa abbia ingerito?
Isac boccheggia.
- Pensavo di averti fatto capire che questa ragazza fosse già occupata, ma evidentemente i miei modi non sono stati sufficienti! –
Isac prova a liberarsi, ma le sue braccia annaspano nel vuoto, inefficaci.
Una cameriera ci lancia un'occhiata torva, passandoci vicina.
Matteo si mette in mezzo ai due contendenti, - Ragazzi, non è il caso di scaldarsi, suvvia torniamocene ognuno ai nostri tavoli -
Isac e Riccardo non ascoltano la richiesta di Matteo. Si sfidano con sguardi di fuoco.
Isac assottiglia sempre più i suoi piccoli occhi scuri, mentre Riccardo allarga le narici oltremisura. Potrebbe sfuggire un pugno da un momento all'altro.
Con le mie fragili forze, di fronte ai due esemplari di maschio in contesa, mi affianco a Matteo e provo a dividerli.
- Riccardo ti prego lascia andare Isac, per favore! – lo supplico, - non fargli del male, non dare spettacolo! -
Riccardo deglutisce. Poi con una mossa brusca e un grido strozzato lascia andare il codino del suo nemico.
Faccio un sospiro di sollievo, ma è solo un attimo perchè subito dopo vedo Riccardo fiondarsi sul colletto della felpa di Isac, strattonandolo pesantemente.
- Lascia stare in pace Arianna! – ringhia, a un centimetro dal suo viso, - Non voglio ripetertelo più! -
Isac lo spinge via.
Riccardo gli punta un dito contro, - Spero di essere stato abbastanza chiaro!-
Matteo blocca le braccia dell'amico dietro la schiena, già pronte ad avere la sua rivincita.
- Sei solo un pagliaccio! - urla Isac, - Arianna prima o poi lo capirà! -
Riccardo non lo ascolta, mi afferra per un braccio e mi trascina via.
Mi spinge nella poltroncina e si siede dopo di me.
Matteo mi guarda desolato, scuotendo la testa.
Isac si ricompone e torna a capotavola.
Giulia spalanca i suoi magnetici occhi celesti, - Ma cosa è successo? -
Riccardo gli punta un dito contro, - Qualcosa che non dovrà più ripetersi! - la zittisce. Poi sposta lo sguardo su di me, - Se proprio devi tenerti un amico passi Matteo, ma non l'altro damerino castrato, chiaro? -
Schiaccio la schiena contro la spalliera.
Riccardo stringe i denti, - Chiaro? -
- Chiaro - sussurro.
– Bene! Adesso possiamo mangiare in pace questo gelato, prima che ne rimanga solo della squallida poltiglia! - torna a sedersi.
Leo e Giulia si scambiano una rapida occhiata, prima di ficcare la testa dentro le loro coppe. Ammutolita, fisso la palla di gelato con un pesante groppo alla gola. Riccardo divora la sua porzione con rabbia.
Ogni cucchiaino che porta alle labbra è puro odio.
Odio verso il mondo e verso ogni tipo di nemico possibile.
Più passano i minuti, più la mia testa comincia a fare il gioco dei se.
Se avessimo scelto un altro locale.
Se non mi fossi alzata a salutare Matteo, contro il volere di Riccardo.
Se non avessi mai incrociato lo sguardo di Isac, incoraggiandolo a raggiungerci. Se...
- Scusa -
Alzo gli occhi dal tavolo. - Cosa? -
Riccardo si ferma con il cucchiaino in mano, - Ho detto scusa – dice.
Sono meravigliata, non mi aspettavo questa reazione e non so esattamente cosa dire.
- Quel ragazzo con il codino non mi piace e quel tuo amico, ti sta sempre troppo addosso! - si giustifica.
- Facciamo finta non sia successo niente, okay? -
- D'accordo, però tu promettimi che eviterai qualsiasi genere di contatto con quel tipo! -
sospiro e sposto lo sguardo da Riccardo alla parete di fronte, dove è appeso un poster di Elvis Presley nella sua Harley, a dimensioni quasi reali.
- Allora? - mi incalza.
- Non posso -
- Perché? -
- Non credo sia giusto che tu mi comandi in questo modo! - continuo a guardare il muro, consapevole che se spostassi lo sguardo a incontrare quello di Riccardo, non sarei più capace di sostenere la mie ragioni, - non puoi obbligarmi a smettere di parlare o anche solo salutare qualcuno quando non riesci a fartelo andare a genio, non è così che funziona un rapporto!-
Riccardo respira forte, - Ma io ti ho chiesto scusa...-
- E cosa significa, che debba fare quello che tu mi ordini ? – mi agito, - lo hai fatto con Marcello, lo avresti fatto con Matteo se te lo avessi permesso e adesso anche con Isac! Basta! Non seguirò altre tue imposizioni. Devi imparare a fidarti di me! -
Riccardo lascia cadere il cucchiaino sul tavolo. Si gira tutto d'un pezzo.
I suoi occhi sbattono nei miei, - Mi fido di te. Sono gli altri che ti girano intorno a darmi fastidio! –
- Gli altri ci saranno sempre. Ovunque andrai, ovunque andrò, ovunque saremo! – dico, - Dovrai imparare a fregartene. Ciò che conta davvero siamo solo noi due! -
Lui mi afferra una mano, - Evita quel tizio, per favore! -
Abbasso la testa, - Va bene! Lo eviterò, ma non gli toglierò il saluto solo perchè tu hai deciso che debba farlo per la tua tranquillità! -
Riccardo sospira: - E'già un passo avanti! - mi prende anche l'altra mano e stringe forte entrambe, – Piccola, non voglio perderti. Non voglio che qualcuno possa portarti via da me. Ho troppa paura! -
- Non succederà. Voglio stare con te. Con te e con nessun altro! - lo rassicuro.
Il Jukebox suona "Tutti i frutti".
La cameriera ci porta il conto e Riccardo paga con una banconota da cinquanta.
Bevo quello che rimane del mio gelato, ormai liquido. Con gli occhi sopra la coppetta, lancio uno sguardo fugace al tavolo accanto, incontrando gli occhi scuri e desolati di Isac.
Il mio cuore trema, dispiaciuto per tutto questo odio effimero e gratuito.
Sposto di nuovo l'attenzione ai miei amici, posando la coppa metallica sul tavolo.
Il telefono di Riccardo vibra sul tavolo.
Il nome del signor Serio lampeggia a pieno schermo.
Riccardo si schiaccia l'apparecchio contro l'orecchio, - Pronto? –
Poi tutto accade veloce.
In un millesimo di secondo il bellissimo volto del mio ragazzo diviene pallido, livido e infine rosso come il fuoco.
- Cosa? - La sua voce è un grido, le sue gambe due molle pronte a scattare, - Arrivo subito! -
Vedo Riccardo indossare la giacca e cercare le chiavi della moto dentro le tasche.
Le sue mani tremano e i suoi occhi passano veloci su di noi, - Devo scappare, è un'emergenza! -
Giulia e Leo restano impietriti ai loro posti, mentre io mi alzo e lo seguo fuori dal locale.
- Riccardo! Cosa è successo? - grido, rincorrendolo.
Lui non mi degna di uno sguardo, raggiunge la sua moto e vi sale sopra velocemente.
Lo raggiungo e mi aggrappo alla manica del suo giubbotto.
- Arianna! Torna dentro! – si scolla dalla mia presa.
- Dove stai andando? -
Lui non risponde, mette in moto e, senza neanche indossare il casco, parte.
Istintivamente mi piazzo di fronte.
- Dannazione! Togliti di mezzo! –
- Perché non mi dici dove stai scappando? – urlo di rimando.
- Da Marie. Vuole uccidersi! –
Il mio cuore si ferma.
Porto le mani davanti alla bocca, sgomenta.
Riccardo mi schiva e fugge nella sera.
Rimango nel mezzo del parcheggio. Le ginocchia molli e il respiro strozzato.
- Portami con te - sussurro.
La moto e Riccardo scompaiono dalla mia vista.
Un secondo dopo Giulia e Leo si materializzano sulla porta del locale.
Sono impauriti e ignari di quello che, in questo momento, in un ospedale ai confini della città e del tempo, sta realmente succedendo.
Mi dirigo verso di loro, trafelata e confusa, - Dobbiamo andare da lui! Dobbiamo andare da Marie! -
Giulia e Leo mi riportano dentro, cercando di calmarmi.
Mi accascio sul divanetto, - Voi non capite! Marie è in pericolo! -
Matteo mi appare di fronte. Si abbassa in ginocchio e mi prende il viso tra le mani, - Arianna calmati e ascoltami! Voglio aiutarti - dice – anzi, noi vogliamo aiutarti! Coraggio fai dei bei respiri! -
Seguo il suo consiglio e l'ossigeno incamerato riesce a espandere i miei polmoni stanchi.
- Matteo, dobbiamo andare da Riccardo in ospedale, sua sorella vuole uccidersi! -
Lui scuote la testa, confuso. - Sua sorella? -
- Non c'è tempo per le spiegazioni, ti prego portami da lui! Non voglio abbandonarlo proprio adesso! – lo supplico.
Il mio amico si risolleva. Lo sento parlare con Leo.
Poi si avvicina anche Isac.
Ragionano tutti insieme di un auto e della strada da percorrere.
Alla fine Matteo torna da me, - Andiamo amica mia, Isac ci accompagnerà! – mi porge la sua mano, – Vieni, facciamo presto! -
Mi lascio trascinare fino all'auto di Isac.
Salgo nei sedili posteriori accanto a Giulia e Leo.
Isac guida in silenzio. Matteo, al suo fianco, fissa il paesaggio che scorre veloce. Vorrei supplicare l'autista di accelerare. Stiamo già superando ogni limite, ma pare di andare fin troppo piano.
Il tempo sembra così lungo nel dolore e al contempo immediato nella fretta di arrivare.
Solo quando scorgo il cartello per il nosocomio, riesco a riprendere fiato.
Purtroppo è solo un vago momento. Le luci blu della polizia e dei vigili del fuoco appostati esattamente sotto alla finestra del quinto piano, quella della stanza di Marie, mi tolgono di nuovo il respiro.
Tutto si confonde.
I lampeggianti si sfuocano.
Mi ritrovo nel buio più totale.
Le orecchie fischiano e la testa diviene troppo pesante per essere sorretta. Mi lascio andare. Rilasso il collo e le braccia lungo il corpo.
Anche le voci concitate dei miei amici, che chiamano il mio nome, risultano davvero troppo lontane!
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