CAP LXXIV Tu sei la mia regina

Giulia e io procediamo l'una a fianco dell'altra verso il consultorio. Alcuni tuoni si fanno sentire, lontani. Nell'aria si diffonde il presagio di un incombente temporale.

Prendo il cellulare. Appena uscita da scuola ho inviato un messaggio a Riccardo per sapere cosa sia successo, purtroppo ancora nessuna risposta.

Sono preoccupata. Dopo la fuga di stamani non sono riuscita a pensare a nient'altro, se non a cosa possa essere accaduto a Marie.

- Tata vuoi dirmi cos'hai? – Giulia chiede cauta, - Posso sapere cosa è successo prima con Riccardo? -

Sospiro.

Non so cosa fare.

Parlare a Giulia dei problemi di Riccardo e della sorella, non mi sembra molto corretto. - Riccardo è fuggito proprio mentre stavo per perdonarlo, è dovuto correre via per un' urgenza familiare! – dico semplicemente.

Le labbra della mia amica si arricciano. - Qualcosa di grave? -

Alzo le spalle. - Non lo so. -

Giulia segue i miei occhi sbirciare ancora una volta lo schermo dello Smartphone.

- Tata, non ti posso vedere così in ansia, perché invece di continuare a fissare quello schermo, non provi a chiamarlo? -

Ficco il telefono in tasca. – No! Se lui voleva avermi vicina in questo momento, avrebbe risposto al mio messaggio. Perchè dovrei farlo io? –

- Ma una telefonata non ti costa niente! -

Stringo forte labbro inferiore tra i denti.

Forse Giulia ha ragione.

Una telefonata infondo non è poi così male come idea.

Inoltro la chiamata. Il cellulare di Riccardo squilla a vuoto.

Quando infine si attiva la segreteria sono ancora più sconfortata di prima.

- E se alla sorella fosse successo qualcosa di brutto? – dico, in preda al panico.

Giulia si ferma in mezzo alla strada, si gira verso di me. - La sorella? -

Apro e chiudo la bocca, immobilizzandomi.

- Riccardo ha una sorella? -

Annuisco. - Marie -

- Non lo sapevo – dice.

- Non ama molto parlarne - taglio corto.

- Perchè? – Chiede – Tata, vuoi farmi capire qualcosa pure a me? -

Sapevo sarebbe stato difficile nascondere a Giulia il passato di Riccardo, ma parlarne mi crea lo stesso molti problemi.

Lo vivo come un tradimento, non fa altro che aumentare il mio disagio.

Lei posa una mano sulla mia spalla. - Tata? Perchè credi sia successo qualcosa di brutto a sua sorella? Perchè lui non mi ha mai parlato di lei? -

Rallento i passi, fino a fermarmi.

- Giù! La sorella di Riccardo, Marie, non sta bene – confesso. - Ha smesso di mangiare da giorni e si è chiusa in sé stessa. Non ha neanche voluto lasciare l'istituto per venire a vivere con Riccardo dallo zio e iniziare finalmente una vita normale! Quella ragazza è completamente in balia di sé stessa e del suo dolore!-

Giulia boccheggia, - L'istituto? Lo zio? Una vita normale? Cosa stai dicendo? -

Abbasso le spalle.

Ormai non posso più tornare indietro.

Dirò la verità a Giulia.

In parte l'ho già fatto.

Non voglio soffrire in silenzio, nè inventarmi una bugia.

Oltretutto, non ne sarei neanche capace.

- Marie e Riccardo hanno perso i genitori in un incidente stradale otto anni fa, da quel giorno la loro vita è cambiata drasticamente. Sono stati rinchiusi in istituto fino a quando lo zio paterno, un mese fa, è riuscito a ottenere l'affidamento. Marie non ha colto al volo la possibilità di cambiare vita, forse non ha voluto farlo o forse desidera solo autodistruggersi! -

Lo sguardo di Giulia  si abbassa sull'asfalto.

La pioggia inizia a scendere, fine e pungente.

- Non avrei dovuto raccontarti questa storia. A Riccardo non piace si sappia in giro. Avevo bisogno di sfogarmi e tu sei mia amica! -

Lei improvvisa un sorriso. - Hai fatto bene. Non dirò niente a nessuno di tutto questo – muove una mano sul mio braccio. – E' un racconto davvero molto brutto! -

- E' la storia più triste che conosca personalmente – affermo.

Giulia si sporge ad abbracciarmi. - Vedrai, non sarà successo niente di grave a Marie. Riccardo appena potrà farlo ti chiamerà! -

La pioggia scende, sempre più forte.

- Adesso però muoviamoci, altrimenti rischiamo di farci una doccia completa! – dice, allontanandosi da me.

Un fulmine illumina il cielo. Sobbalzo.

Giulia afferra la mia mano, – Corriamo! Mancano solo pochi metri! -

Fuggiamo veloci, contro la pioggia insistente.

Quando arriviamo davanti al consultorio buttiamo i nostri corpi ansanti contro la parete del porticato.

Le scarpe piene di acqua, i capelli bagnati.

Giulia cerca di ordinarli in una coda arrangiata. Getto a terra lo zaino e mi accascio sopra, sfinita.

Un paio di signore, avvolte in una folta pelliccia, salgono i gradini dell'edificio, fino all'ingresso.

Una delle due ci lancia una brutta occhiata, - I giovani d'oggi, proprio senza testa! – bofonchia.

- Non ci dobbiamo meravigliare se rimangono incinte a quattordici anni!-

- Si scordano l'ombrello in un giorno come questo, figuriamoci se non dimenticano il cappuccio! –

Io e Giulia le osserviamo, sbigottite.

Le due lasciano i loro ombrelli nel vaso all'ingresso e si dirigono al piano superiore.

- Quelle parlano solo perché hanno la lingua per farlo! - esclama Giulia.

Mi alzo da terra, riprendo lo zaino in spalla.

- Chissà da giovani cosa diavolo combinavano pure loro! - prosegue la mia amica, con tutta la rabbia che ha in corpo, - Figli illegittimi, amanti nascosti, chi più ne ha più ne metta! -

Apro la porta dell'ambulatorio e le indico un posto infondo alla stanza dove andarci a sedere, - Adesso rilassati! Non vale la pena irritarsi per quelle vecchie galline, poco buone anche per fare il brodo! – dico.

Giulia si butta a sedere sulla sedia, con la schiena contro la parete.

Mastica la gomma rumorosamente, mentre attendiamo il nostro turno.

Nella saletta di attesa ci sono due persone prima di noi.

Una ragazza bruna e alta con in mano una cartellina azzurra e una donna con un grande pancione rotondo. L'infermiera fa capolino da una piccola porta verde e incita quest'ultima a entrare.

Giulia si sposta sulla sedia agitata, cambiando più volte postura e appoggio.

- Di quante settimane sei? - Chiede la ragazza seduta di fronte a noi.

Giulia sbatte le ciglia e si guarda intorno. - Dici a me? -

La bruna sorride. – Sì, certo! -

- Non sono incinta, devo fare solo dei controlli - Giulia risponde freddamente.

La ragazza si scusa. - Ti ho vista molto agitata, ho pensato non stessi bene! Sai le nausee, i doloretti, nei primi mesi sono sintomi molto comuni e fastidiosi!-

- Ti ho detto che non sono incinta! - ripete la mia amica acida.

La tipa abbassa lo sguardo.- Scusami, ho da poco perso il mio bambino e forse sono ancora un pò scossa! -

I miei occhi finiscono sulle mani della ragazza, che vanno ad abbracciare e stringere il grembo piatto.

Giulia guarda verso di me e poi torna a lei. - Perdonami non volevo essere scortese. -

La donna sorride. - Non fa niente, sono stata io a importunarti con la storia delle nausee e dei dolori. Sono stata invadente. Credo che perdere un figlio al quarto mese di gestazione abbia mandato il mio cervello letteralmente in tilt! – riconosce. - Questa è la mia visita dopo l'aborto spontaneo, spero vada tutto bene. Io e il mio compagno vogliamo riprovarci. Non sopporterei l'idea di non poter avere dei figli. Ho sempre immaginato il mio futuro pieno di pargoli che ridono, piangono e giocano in giro per casa!-

Giulia annuisce, sforzandosi in un sorriso.

La porta dell'ambulatorio si apre e la donna con il pancione esce lentamente, lasciando il posto alla ragazza, che ci ha intrattenute con il suo malinconico racconto.

Passa un buon quarto d'ora prima che la porta dell'ambulatorio si apra di nuovo. La giovane donna esce, stringendo tra i seni la sua cartellina azzurra. Questa volta il flebile e speranzoso sorriso di poco fa è sostituito da un'indecifrabile espressione di paura e sconforto.

Io e Giulia ci alziamo, pronte a entrare.

La ragazza ci rivolge uno sguardo sfuggente. I suoi occhi sono gonfi e colmi di lacrime, che non aspettano altro se non il momento di esplodere.

La mia amica la guarda interrogativa. Lei di rimando scuote la testa, avvilita. Il mio cuore accusa il colpo, come se il dolore della giovane riuscisse a penetrare sotto la pelle, fin dentro agli organi.

Noi restiamo imbambolate. La vediamo indossare il pesante cappotto di lana e uscire a capo chino fuori, sotto la pioggia.

- Volete fare la visita qui sulla porta? - Chiede l'infermiera.

Io e la mia amica ci guardiamo a vicenda. Distogliamo le nostre menti dalla donna e dalla sua straziante uscita di scena. Non dovrei fare in modo che i problemi degli altri mi coinvolgano eccessivamente, ma il mio carattere troppo sensibile, a volte riesce a fare proprio brutti scherzi.

Entriamo nell'ambulatorio, titubanti.

Un medico slanciato e abbronzato ci accoglie da dietro la scrivania. - Salve ragazze! - stringe le nostre mani, - Sono il dott. Rizzo, sono un ginecologo e sono a vostra completa disposizione! - libera un sorriso, bianco e incantevole.

Noi diciamo i nostri nomi.

L'infermiera ci mostra due sedie dove accomodarci.

L'uomo poggia le mani sul tavolo, - Dunque qual'è il problema? - 

La mia amica spiega impacciata il ritardo del ciclo mestruale.

Il medico prende un modello e le richiede alcuni dati anagrafici.

Poi, al termine dell'intervista, alza i suoi occhi chiari, – Giulia, hai avuto rapporti sessuali? -

Lei si blocca.

Guarda me e poi di nuovo il medico.

- E' solo un quesito a fini diagnostici. Nessuno verrà mai a conoscenza del nostro dialogo, a meno non sia tu a volerlo. Ciò che diciamo qua dentro è coperto dal segreto professionale – spiega il dott. Rizzo.

Lei fa una smorfia, che dovrebbe avere il vago aspetto di un sorriso.

- Giulia - prosegue l'uomo. - Lo scopo della visita è capire il motivo del tuo ritardo, sapere se hai avuto rapporti serve soltanto per scegliere il giusto metodo di indagine! -

Giulia abbassa gli occhi sul documento che ha appena firmato. – Sì, ho avuto rapporti – sussurra.

Il dott Rizzo acconsente. – Perfetto, adesso possiamo procedere. Controlleremo la situazione del tuo utero e delle tue ovaie - oltrepassa il tavolo. - Prego accomodati sul lettino, faremo un' ecografia transvaginale.-

Giulia mi lancia un'occhiata tra terrore e sgomento.

Mi limito a incoraggiarla con la testa.

L'infermiera la fa stendere su un lettino e posiziona un grande monitor al suo fianco. Poi mette davanti un paravento bianco. - Per la privacy - spiega.

Le voci del medico e dell'assistente che si impartiscono i compiti, è l'unico suono dei successivi dieci minuti.

Quando la tendina si apre di nuovo, Giulia sta ritirandosi su i jeans.

L'uomo torna alla sua postazione, con in mano una lunga fila di foto quadrate in bianco e nero.

Seguo i suoi occhi chiari analizzare le immagini.

Giulia si appresta a sedersi al mio fianco, cercando la mia mano. Le nostre dita si incontrano e si stringono in attesa della sentenza.

- Allora Giulia, il tuo utero è in perfetto stato e anche le tue ovaie lo sono!-

Lei lascia andare un bel respiro. Poi aggrotta la fronte. – Quindi per quale motivo non mi sono venute le mestruazioni? –

- In realtà ci possono essere svariati motivi che contribuiscono a ritardare o far saltare un ciclo mestruale. Per esempio sbalzi ormonali o momenti stressanti. Tutti fattori molto comuni, soprattutto in ragazze della tua età! – prende il ricettario e una penna stilografica, - Ti prescrivo alcune analisi del sangue che potrai fare qui al nostro laboratorio, nei modi e tempi che ti ho segnato, dopodichè quando avrai i risultati tornerai a farmeli visionare. Insieme decideremo se iniziare o meno una terapia ormonale -

Giulia lo guarda confusa, - Una terapia? -

- La pillola anticoncezionale - spiega il dott Rizzo, - Sei molto giovane e vorrei attendere i risultati degli esami prima di prescriverla. – dice. Poi aggiunge: - Anche se, alle adolescenti attive sessualmente tendo a consigliarne l'assunzione, per non incappare nel rischio di gravidanze indesiderate! -

Giulia fa scorrere la sedia indietro. La imito, provocando un leggero rumore.

- La ringrazio dott Rizzo – dice.

- Di niente. E' stato un piacere poterti aiutare! - solleva il braccio per scambiare una decisa stretta di mano, - Però una cosa devo chiedertela, prima che tu e la tua amica ve ne andiate -

- Cosa? -

- Perché avete deciso di venire al consultorio? Avete fatto una scelta coscienziosa, non fraintendetemi, ma volevo solo capire come mai vi siete spinte fin qui senza prima confidarvi con qualcuno della vostra famiglia! -

La mia amica sposta i suoi occhi azzurri sui miei, quasi a chiedere aiuto.

- Giulia non ha ancora detto ai suoi di non essere più vergine – dico.

- Lo immaginavo. Tutte le ragazze che approdano qui non hanno un buon dialogo con i propri genitori – replica il ginecologo.

Giulia sospira, - Mia madre e mio padre non sono molto presenti nella mia vita. -

- Capisco! – dice l'uomo, – Anch' io sono un padre! Spesso non è facile crescere i propri figli. Siamo esseri umani, possiamo commettere errori! Forse i tuoi genitori stanno facendo lo sbaglio più comune, quello dell'assenza! -

Giulia lo ascolta senza battere ciglio.

- Non per questo non tengono a te – prosegue, - Dovresti fargli notare che ti manca il loro appoggio. Forse parlare loro dei tuoi sentimenti potrebbe riavvicinarvi!-

So cosa sta pensando Giulia in questo momento.

Sua madre e suo padre sono due cause perse.

Tuttavia, il medico ha ragione. Un tentativo potrebbe farlo.

Infondo tutti si meritano una possibilità.

Il dott Rizzo fa un passo verso di lei, - Ti chiedo solo un'ultima cosa, prova a parlare loro sia di questi esami che farai, sia della possibilità di iniziare una pillola anticoncezionale. Se ne avrai bisogno potrai tornare nel mio ambulatorio quando vuoi, anche con i tuoi. –

Giulia appare poco convinta, ma si lascia andare lo stesso in un debole sorriso.,- Ci proverò! -

L'infermiera ci fa strada fuori dallo studio.

Quando arriviamo sul porticato l'aria fredda, ci permette di respirare di nuovo.

Giulia sistema dentro lo zaino la richiesta degli esami del sangue. - Non è andata poi così male! – conviene.

- Già - rivolgo lo sguardo avanti, alla pioggia che cade fitta senza tregua, – Ma, hai sentito dolore? -

- Per cosa? – chiede.

- Per quell esame che hai fatto! -

Lei scuote la testa, - Solo un po'di fastidio! – dice.

La abbraccio.

- Sono felice che mi hai accompagnata, grazie amica mia! - mi stringe a se, - Adesso come facciamo per affrontare questa pioggia? Non possiamo aspettare che smetta! Ci potrebbero volere ore! -

Un lampo illumina il cielo, uno la mia mente.

- Ho un idea! – esclamo.

Raggiungo la conca all'ingresso. Afferro i manici degli ombrelli, lasciati dalle due signore qualche ora fa,- Ecco qua! La soluzione al nostro problema! - ne lancio uno a Giulia.

Lei apre l'ombrello con un click, - Sai cosa ti dico amica mia? Sei un fottuto genio! Alla faccia di quelle due zitelle! – ride, - Quando torneranno saranno loro senza cappuccio! -

Iniziamo a correre coperte dagli ombrelli appena rubati.

Le nostre risa si confondono alla pioggia.

Le "Converce" pregne di acqua ci trascinano pesanti fino a casa Fontana.

- Sono completamente da strizzare! - Giulia butta a terra lo zaino e si disfa delle scarpe e del giuppotto,- Vieni, andiamo a farci una bella vasca calda! - corre al piano di sopra.

All'idea di dovermi immergere nella vasca di Giulia, il sorriso sulle mie labbra scompare improvvisamente.

E' la stessa dove lei e Riccardo hanno...

Ho un giramento di testa. Devo appoggiarmi con le spalle alla parete.

- Non importa. Ho solo bisogno di una spugna e di una tuta asciutta – biascico.

- Sicura? Non vuoi rilassarti in un po' di acqua bollente? - grida lei dal bagno.

- Fai pure con calma! - riesco a trovare l'equilibrio mancato.

Salgo gli scalini.

Giulia fa capolino e mi porge un telo, - Questo è per te! Dal mio armadio prendi pure quello che vuoi! - torna dentro la toilette.

Avanzo instabile verso la camera.

Mi disfo dello zaino, del cappotto e delle scarpe. Con l'asciugamano tampono i capelli umidi. Sfilo i leggins e il maglione.

Mi affaccio all'anta dell'armadio a muro. Individuo un paio di pantaloni e una felpa bianca, pesante e comoda.

Dopo aver indossato il tutto prendo il telefono da dentro la tasca del cappotto. Mi stendo sul letto.

Guardo lo schermo delusa.

Ancora nessuna risposta da parte di Riccardo.

Lascio andare il braccio lungo il fianco e chiudo gli occhi.

Non riesco a non pensare a cosa possa essere successo di così importante, da impedire a quel ragazzo di prendere il cellulare e scrivere un semplice messaggio.

Mi giro e rigiro nel letto.

Quando Giulia torna, avvolta nel suo accappatoio, sono in uno stato di dormiveglia agitato e confusionale.

Nella mente frullano vorticose immagini di occhi verdi e impauriti, di moto a tutta velocità, di donne con grandi pance e bambini abbandonati.

Giulia si posiziona al mio fianco.

Il suo calore e la sua presenza riescono a calmarmi.

Le palpebre si fanno pesanti.

Mi lascio andare al sonno profondo. Un sonno necessario e rigenerante.

Nel tardo pomeriggio il cellulare di Giulia si mette a trillare impazzito, svegliandomi improvvisamente.

La mia amica risponde con voce impastata.

Stropiccio gli occhi, mentre la sento ragionare con la madre.

Poi attacca. - I miei non torneranno a cena. Un'importante testata giornalistica li ha chiamati per un servizio, faranno tardi! – Si mette in piedi e tira fuori dal cassetto il pacco di sigarette. - Niente di nuovo, no? - Apre la scatola.

Mi sollevo a sedere sul letto, stiro le braccia. - Stasera però ci sono io con te! -

Lei si infila la sigaretta in bocca. - Stasera, e gli altri giorni? - accende la cicca e ispira nervosa, - La fa facile quel dottor Rizzo! Ci provi lui a parlare con i miei genitori, sempre se riesce a trovarli! –

In cucina ci scaldiamo due pizze surgelate. Le mangiamo svogliatamente.

Sono triste per lei e per la sua solitudine, così come sono ancora molto preoccupata per Riccardo e la sua assenza.

Le voci alla TV di un canale anonimo fanno da sottofondo al nostro silenzio.

- Comunque le cose non vanno molto meglio a casa mia – riferisco.

Giulia mi guarda lavare i piatti. - Che vuoi dire? –

Fisso l'acqua che scorre sulla porcellana. - Mio padre non è più lo stesso da un po' di tempo. Quando torna a casa è sempre scontroso e distante, con mia madre non fa altro che litigare e poi...-

Giulia si posiziona al mio fianco, - Poi? –

- Ha cominciato ad alzare le mani su di noi – confesso.

- Vuoi dire che tuo padre picchia te e tua madre? -

- Sì, ma è successo solo poche volte. Per favore non parlarne con nessuno, solo Riccardo conosce la situazione. Non amo si venga a sapere in giro!  -

Giulia passa un braccio intorno alla mia vita. – Tata, mi dispiace -

Chiudo il rubinetto e asciugo le mani per poter ricambiare la sua stretta.

- Cosa hai intenzione di fare? -

- Non lo so – ammetto, - Per adesso papà è fuori e non tornerà fino a questo fine settimana, sempre se tornerà! –

Alle otto e mezza sono di ritorno a casa. Lo zaino in spalla, l'ombrello in mano, una borsa con i vestiti bagnati sotto braccio.

Mia madre viene a aprire la porta. Non faccio a tempo a entrare, che mi piazza davanti tre bellissimi fiori bianchi e profumati.

- Questi sono per te!- esclama.

- Per me? - Chiedo confusa.

- Così ha detto il ragazzo che li ha portati! -

Il mio cuore si ferma di colpo.

- Li ha portati un ragazzo? –

Lei annuisce.

- Un ragazzo alto, con gli occhi verdi, la Kefiah al collo, le "Converce" rosse...-

- No, no - scuote la testa. - Un tipo bassino con i baffi e un basco di lana -

Le mie labbra si piegano all'ingiù, deluse.

Ragiono su chi possa essere il tipo, ma non riesco a identificare nessuno che corrisponda alla descrizione.

Mia madre allunga i fiori verso di me. - Sono gigli. Avanti prendili! -

Accolgo il mazzo tra le mani.

Lei sorride, - Tu sei la mia regina! -

- Cosa? -

- Il significato di questo regalo! – spiega, - Regalare gigli è simbolo di purezza e candore! -

Fisso incantata il maestoso stelo e inalo l'inebriante e fresco profumo.

- Qui c'è aria di qualcuno che desidera farsi perdonare – aggiunge, prima di allontanarsi nell'altra stanza.

Sono fiori bellissimi. Passo una mano sul contorno, lisciandolo.

Nascosta tra i petali individuo una busta.

Mi avvicino al divano e vi lascio cadere il mazzo.

Rigiro il foglio tra le mani.

In alto sulla destra quattro semplici parole.

<< Per la mia Piccola >>

Il cuore si ferma. Di colpo.

Chiudo gli occhi, ma è solo un attimo perchè nel giro di pochi istanti un impeto di curiosità, paura e ansia si impossessa di me e delle mie mani.

Strappo velocemente la carta.
Mi ritrovo tra le dita una vera e propria lettera, scritta a mano con inchiostro blu. La caligrafia imprecisa e tenera è inconfondibile.

Le mie gambe tremano. Sono costretta a sedermi accanto ai fiori.

Trattengo il fiato e comincio a leggere.

Il mio cuore si è rimesso in moto, alla velocità di mille chilometri ora e anche più.

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