CAP LXXIII I need you to survive

- Ci vediamo stasera a cena, dopo scuola resto da Giulia come ti ho detto! - mi sporgo a lasciare un bacio sulla guancia di mia madre.

- Va bene, tesoro. Fai la brava, studia e mangia mi raccomando! – dice.

Alzo gli occhi al cielo, - Mamma non ho due anni! -

Lei ingrana la marcia, - Per me sei sempre la mia bambina! – dice.

Chiudo la portiera. Mi avventuro nel cortile.

E' presto. Un sacco di studenti sono ancora fuori.

Alcuni, scesi dal pullman, avanzano in una lenta e silenziosa processione.

Lancio uno sguardo al parcheggio, aspettandomi da un minuto all'altro l'arrivo di Riccardo.

Quando vedo la sua moto parcheggiata al solito posto, vicino al muretto, il mio cuore si ferma. Lui è già qui.

Vago con lo sguardo, ansiosa, alla ricerca della sua presenza.

Ma niente, di Riccardo nessuna traccia!

Probabilmente è già dentro.

Sospiro. Forse un pò delusa o forse sollevata.

È tutto così poco chiaro!

Da un lato sono ancora molto arrabbiata con lui, dall'altro spero di trovarmelo davanti il prima possibile, anche solo per un semplice sguardo. Sono un misto di sentimenti contrastanti che procede incerto e pensieroso verso il portone principale e poi sù per le scale.

All'improvviso una voce alle spalle mi richiama.

– Buongiorno, bellezza! -

Mi volto.

Marcello salta a due a due i pochi gradini che ci separano, fino a posizionarsi di fronte a me, - Questo è per te, in segno della nostra amicizia! - tira fuori da dietro la schiena un sacchetto bianco, - Una colazione con i fiocchi per iniziare al meglio questa fantastica giornata! - Libera un sorriso a trentadue denti e lascia cadere il sacco tra le mie mani.

Respingo prontamente il malloppo, - Forse non ci siamo capiti, non voglio la tua colazione e neanche la tua amicizia! -

Marcello preme il pacco con più forza, - Non fare complimenti, è solo un piccolo gesto tra amici! – si allontana di un passo, impedendomi di restituirgli l'indesiderato pensiero.

- Marcello noi non siamo amici! – replico.

Lui fa finta di non sentire, si avvicina di nuovo con un piccolo balzo, per lasciarmi un fastidioso e appiccicoso bacio sulla guancia.

D'istinto alzo una mano, con l'intenzione di mollargli uno schiaffo.

Non faccio in tempo a prendere la mira che è già corso giù dai gradini, per tornare alla sua postazione di barista.

Mi ripulisco la guancia con la manica del giubbotto.

Rigiro tra le mani il sacchetto e procedo verso la mia sezione.

Passo di fronte alla terza D. Con la coda dell'occhio scorgo la porta socchiusa. Probabilmente Riccardo è già dentro.

Sospiro, allontano ogni pensiero che mi riporta a lui e procedo dritta verso la mia classe.

Leo e Giulia, fuori dalla porta, mi salutano con un grande sorriso.

Giulia mi abbraccia, – Tata, credo che là dentro ci sia una sorpresa per te! -

Aggrotto la fronte confusa, - Una sorpresa? –

Leo apre la porta della nostra aula e mi fa strada all'interno, - Eh si! Guarda con i tuoi stessi occhi! -

La stanza è pulita e ancora incolume.

I banchi sono in fila, perfettamente ordinati.

Due ragazze sono sedute ai loro posti. I libri aperti sulle ginocchia a ripassare per l'interrogazione della prima ora.

Non appena mi vedono entrare alzano gli occhi su di me.

Mi guardo intorno senza capire, - Ma di quale sorpresa state parlando?-

Leo si avvicina alla cattedra, - Possibile non riesci a vederla? -

Mi volto leggermente. Resto decisamente senza respiro.

Ecco la sorpresa, proprio di fronte a me!

Il sacchetto che tengo in mano precipita ai miei piedi.

Non riesco a muovere nessun muscolo comandato dalla mia volontà per raccoglierlo. Gli occhi si incollano alla scritta in gesso rosso sulla lavagna sbilenca appesa al muro. Lo sguardo si sposta pian piano sulle lettere impresse, riconoscendo la calligrafia leggermente sprecisa e imperfetta del ragazzo, che non riesco e nè mai riuscirò a smettere di pensare.

Giulia si avvicina al mio fianco destro. Leo a quello sinistro.

Insieme bisbigliano come fosse una preghiera il messaggio sublime di fronte.

<< I can't live this life

without you by my side

I need you to survive

So stay with me >>

Giulia mantiene lo sguardo sulla lavagna, - Deve essere arrivato presto per scrivere senza essere visto! -

Tra le mie labbra spunta un leggero sorriso.

- Lui ci tiene a te - afferma Leo, - Prenditi tutto il tempo che ti serve per elaborare gli eventi, ma non lasciarti scappare un amore così grande! -

Una lacrima si fa strada sulla mia guancia.

Leggo ancora e ancora quelle parole, magiche e sublimi.

Riccardo non può vivere senza di me.

Riccardo mi vuole al suo fianco.

Riccardo ha bisogno di me per sopravvivere.

La campanella trilla energica riportandomi al presente.

Leo raccoglie da terra la borsa con la colazione.

Giulia sorride: - Che ne dici di andare da lui, adesso? -

Non so se sono pronta.

Non so se tre giorni sono sufficienti per superare tutti i maledetti errori.

Per non parlare delle mie gambe. Sono istabili, non riesco a fare neanche un passo.

Gli occhi di Giulia mi fissano insistenti. La sua mano accarezza la mia spalla, - Vai Tata, vai!-

Indietreggio appena, come a prendere la rincorsa.

Pian piano il mio corpo si sposta in direzione della porta d'uscita.

Nella mente passano mescolate e confuse tutte le parole dolci e profonde che Riccardo ha lasciato in questi giorni.

Sono pensieri magici e significativi.

Sono gesti profondi che solo un ragazzo innamorato può davvero compiere.

Deve essere così.

Tutti lo dicono e io sto iniziando a convincermene.

Prendo un bel respiro e cerco di allontanare i forse, anche quelli più gravi e deleteri. Mi convinco che per Riccardo la lista è solo acqua passata.

Non sono un semplice nome da aggiungervi sopra, ma molto di più!

Le gambe si fanno più forti e stabili.

Il sesso con Giulia non ha significato assolutamente niente per lui, così come il fatto di avermelo accuratamente nascosto.

Solo un gesto di protezione. Solo questo!

I passi sono sempre più decisi, fino a trasformarsi in una corsa.

Giulia mi osserva varcare la soglia a tutta furia.

Una furia stroncata sul nascere, non appena svolto l'angolo.

Il mio corpo va a sbattere contro quello di qualcuno che sta procedendo nell'esatto verso opposto. Il colpo è secco e deciso.

- Signorina Valenti !!! - La voce della professoressa mi trapassa i timpani.

Mi tengo allo stipide della porta per non cadere.

La donna si massaggia il braccio, - Dove stava andando a tutta velocità? – recupera la borsa caduta a terra nell'impatto, - Ancora non ha imparato che non si corre nei corridoi? – mi sgrida, – Coraggio! Torni in classe, iniziamo la lezione! - mi afferra per un braccio.

Mi lascio guidare dentro l'aula. Mi volto verso la III D.

Forse è meglio così. Forse ancora non sono poi così preparata a affrontare Riccardo e i suoi guai.

La professoressa molla la presa.

Vado diretta al mio posto lanciando un veloce sguardo desolato a Giulia, che siede dall'altra parte della stanza al fianco di Leo.

- Vai da lui all'intervallo, okay? - mima con le labbra.

Annuisco. Lascio andare lo zaino vicino alla gamba del tavolino.

Mi siedo composta e sposto sul banco vuoto accanto a me la busta della colazione, che Leo ha avuto premura di raccogliere da terra.

- Chi sono i volontari di questa mattina? - gracchia la professoressa.

Tutti si voltano verso le ragazze in fondo alla stanza, che devono sostenere l'interogazione programmata.

- Prego venite alla lavagna! – le incita.

Le due si alzano, intimorite si avvicinano alla cattedra.

- Il terzo? -

Silenzio.

Tutti si guardano a vicenda, fin quando una delle due interrogate sussurra: - De Luca -

La professoressa batte la penna sul registro, - Dove si trova? - punta il posto vuoto vicino a me.

Ancora silenzio.

D'istinto prendo il cellulare dalla tasca dello zaino e, mantenendolo sotto al banco, gli invio un messaggio.

<< Matteo dove sei finito? Quella di fisica sta per sclerare! Pensi di arrivare a breve per l'interrogazione? >>

La professoressa si spazientisce, - Se lui non c'è dovrò chiamare qualcun altro! –

Tutti sbuffano.

Matteo risponde: << Non vengo, non so niente! Entro alla seconda ora! >>

L'insegnante guarda l'orologio, - Dunque a quanto pare il vostro compagno non ha intenzione di arrivare. Qualche volontario al suo posto?-

La classe cala in un silenzio profondo.

Gli occhi della professoressa si spostano nella stanza, seguendo come un radar ogni singola faccia. Sono tutti terrorizzati. Sapendo delle tre persone stabilite, nessuno si è messo a studiare.

La donna apre il registro, - Se non c'è qualcuno che si propone, sarò io a scegliere! -

Leo si alza in piedi, - Professoressa non trovo giusto che qualcuno di noi debba essere interrogato al posto di De Luca. Dovrà punire lui per non essersi presentato, non la classe! -

La donna trattiene il respiro.

Le guance del mio amico si colorano, per aver preso il coraggio di parlare.

- Va bene - dice, - per questa mattina mi accontenterò di due persone - punta la penna contro Leo, - Mori si risieda, e voi due... - si rivolge alle alunne in piedi, - Ripulite velocemente la lavagna da quelle scritte insulse!-

La cimosa passa sopra le lettere rosse tracciate dalla mano di Riccardo, cancellandole per sempre.

Alla seconda ora l'insegnante di latino va a prendere posto alla cattedra, seguita dall'ingresso di Matteo. La classe borbotta rumorosa. Qualcuno lo accusa di essere un egoista.

La professoressa visiona il suo libretto delle giustificazioni, correttamente firmato, – Prego vada a sedersi. – Poi si rivolge alla classe: - Devo assentarmi per una telefonata importante, voi non distruggete l'aula! –

Non appena la donna esce, tutti prendono a parlottare tra sé, in breve tempo il vocio invade le quattro mura.

Matteo si trascina dietro lo zaino aperto e quasi vuoto, - Ehi amica mia! - siede pesantemente al mio fianco.

- Sono molto arrabbiata con te! - incrocio le braccia al petto, - Ti rendi conto, hai messo in difficoltà una classe intera? -

- Non avevo altra scelta, non ricordavo affatto dell'interrogazione di fisica e quando l'ho visto appuntato sul diario stamattina mi è preso un colpo, non ho studiato niente! - si difende.

Alzo gli occhi al cielo e sospiro.

Lui afferra il sacchetto sul suo banco, - Questo cos'è? Un regalo per il sottoscritto? - affonda la testa dentro e tira fuori un paio di involucri più piccoli, - Sono brioche! Marmellata e cioccolato! - mi rivolge i suoi occhioni celesti, - A cosa devo tutta questa bontà?-

- Me le ha regalate Marcello -

- Il tuo ex? - Matteo toglie dal sacchetto la prima pasta, - Posso?-

Addenta la sfoglia morbida, - Buona! Ma cosa vuole ancora da te quel tipo, non avevate chiuso?-

Ripongo il libro di fisica dentro lo zaino e prendo quello di latino, – Già, ma lui dice che vuole essere mio amico! -

Matteo addenta di nuovo la sfoglia, - Se ti offre tutto questa goduria ti conviene accettare la sua amicizia! -

Afferro il sacco, allontanandolo da Matteo, prima che si mangi l'intero contenuto, - Sei solo un approfittatore! – lo ammonisco.

Lui ride e si pulisce la bocca. Poi i suoi occhi si immobilizzano e le sue labbra tornano bruscamente dritte, - Mi dispiace per sabato sera -

Poso lo sguardo sul banco.

- Non avrei dovuto lasciarti da sola. Se fossi rimasto con te, Isac non ti avrebbe dato fastidio e Riccardo non avrebbe reagito come un pazzo! -

- Non è colpa tua - lo rassicuro.

- Invece sì, avrei dovuto proteggerti e non ne sono stato capace – sospira afflitto, - Il tuo fidanzato è uno squilibrato mentale. A proposito ma da dove è sbucato fuori, lo hai chiamato tu? -

- Certo che no! – replico, – Ero così confusa! Perchè il veliero mi ha resa tanto triste? L'erba che abbiamo fumato insieme al muretto dietro scuola era diversa. L'altro giorno è stato tutto così leggero e fantastico! - alzo gli occhi sognanti e torno a guardare il mio compagno, - Invece alla festa ho avuto delle maledette allucinazioni! Sono stata male. Mi sono sentita oppressa e schiacciata, come sotto a un treno! -

- Non è stata l'erba, è stato questo! – Matteo posa una mano sulla mia fronte. Poi la sposta sul mio torace, - E questo! –

Il gesto mi fa sussultare.

- La tua testa e il tuo cuore – spiega, – Quando fumi devi pensare solo a cose belle. Credo che sabato il tuo cervello non fosse in grado di immaginare cose piacevoli e il tuo cuore fosse stracolmo di dolore! -

- E' per questo che non sono diventata farfalla? -

Matteo sorride, - Già -

Sorrido anche io.

Sapevo lui avrebbe avuto una spiegazione logica da darmi.

Non è colpa dell'erba, del fumo, dell'alcool.

Sono stata male solo a causa del mio cuore e del mio cervello sbagliato.

La professoressa rientra in aula. Tutti ci silenziamo improvvisamente.

Rivediamo la versione assegnata per casa.

Matteo divide con me il testo perché, come al solito, lo ha dimenticato.

- E con Riccardo, come è andata? - poggia la mano a sorreggersi la testa, - Voglio dire, dopo che ti ha portata via in quel modo orribile, non ti ha fatto di nuovo del male, vero? -

Scuoto la testa, - No, anzi, in realtà sto pensando di perdonarlo... -

Matteo trattiene il fiato, - Perdonarlo per il fatto di Giulia?-

- Per quello e per un'altra storia che non ti ho raccontato -

- E' qualcosa su cui puoi passare sopra? -

- E' qualcosa su cui devo ancora lavorare, ma immagino possa farcela! – scaccio dalla mente la lista e dico con decisione: - Devo tornare a fidarmi di lui! -

Matteo annuisce, – Stai attenta! I tipi come Riccardo non cambiano facilmente!-

Quest'ultima affermazione riapre la voragine che cerco di chiudere da molte ore, - Forse hai ragione, però lui ci sta provando –

Matteo arriccia le labbra, - Se lo dici tu, però, mi raccomando stai attenta! Una ricaduta sarebbe molto più disastrosa! –

I suoi occhi mi stanno addosso. Le sue dita sfiorano la mia guancia.

Scaccio dalla mente ogni sorta di brutto pensiero e mi propongo volontaria per tradurre la versione di Cicerone.

Quando termino il lavoro, Matteo si avvicina al mio orecchio: - Sei una bellissima studentessina modello! -

Mi volto, trovandolo a un centimetro da me.

- Sciocco! – sussulto, mollandogli una pacca sui jeans.

Lui afferra la mia mano, trattenendola sulla sua coscia, – Potrei perdere la testa per te! - scoppia a ridere, liberandomi.

Mi giro e per tutta l'ora successiva, turbata dal suo gesto, faccio finta che lui non esista.

Quando suona l'intervallo, Giulia mi richiama dall'altro lato della stanza, ricordandomi la missione: andare da Riccardo!

Con uno sguardo e un sorriso convincente faccio capire alla mia amica che lo farò.

Posso farcela. Devo farcela.

Questa volta non ci sarà nessuno dietro la porta a bloccare i miei intenti.

Mi alzo dalla sedia e procedo dritta e decisa verso l'uscita.

La porta della terza D è aperta, invitante e inquietante.

Chiudo gli occhi.

Penso al messaggio, alla scritta sul muro, al post di Facebook, alla lavagna. Penso a lui. Ha sbagliato ma può e deve essere perdonato.

Avanzo a piccoli passi incerti.

Un gruppo di ragazzi viene fuori dall'aula fatidica e si dirige allegramente verso le scale, per il bar. Mi soffermo.

Se adesso esce anche lui?

Ho un piccolo cedimento e sto per tornare indietro.

Le gambe sono piuttosto molli, il cuore accelerato al massimo.

Poi tre chiome bionde varcano la soglia sghignazzando tra loro.

- Arianna che piacere vederti! - Rebecca mi rivolge un mezzo sorriso, - Sei sempre più bella!-

Faccio finta di non ascoltarla e devio lo sguardo.

Lei sghignazza, - Hai una pelle così liscia e rosea, si tratta forse dell'effetto dell'erba? Dovrei provarne anche io ho sentito dire che ha un sacco di benefici di bellezza!-

Faccio un passo. La rabbia sale dal basso dello stomaco fino in gola.

- Dove vai? - Rebecca incalza di nuovo, - Cerchi il tuo fidanzatino? -

L'istinto di colpirla con un oggetto pesante e forte si impossessa del mio corpo. Con enorme fatica scaccio l'immagine di me che prendo a mazzate il suo cranio, fino a sfondarlo.

- Esatto! Cercavo proprio il mio fidanzato! – rispondo, semplicemente.

- E' un pò nervosetto stamani! Chissà cosa gli è successo in questi giorni di festa! –

Mi acciglio e stringo gli occhi.

Rebecca mantiene le labbra piegate nel suo falso sorriso, - Non preoccuparti tu sei la sua donna e vedrai saprai come calmarlo! Ogni ragazza sa sempre come prendere il proprio uomo! - gira le spalle.

Lascio andare un sospiro.

Lei si volta di nuovo, – Ah! Sono felice che tu e Giulia siete di nuovo amiche. L'amicizia tra ragazze è importante! - prende a braccetto Alice e Megan, e aggiunge: - Sono felice anche che non ci sia nessun bambino, non è mai semplice quando ci sono figli di mezzo! – squittisce, andandosene poi ancheggiando, seguita dalle due ancelle.

Non riesco a elaborare e mettere insieme tutti le sue parole.

Specialmente quest'ultima frase.

Siamo rientrati solo oggi a scuola, e già Rebecca sta divulgando che Giulia non è mai stata incinta. Proprio lei che ha messo in giro la voce della sospetta gravidanza.

Questa ragazza mi farà impazzire prima o poi!

Odio il fatto che lei sappia sempre tutto. Perchè è al corrente di ogni disgrazia e di ogni sventura prima di chiunque altro? E soprattutto, perchè gode così tanto nel riferirla?

Aspetto che le tre imbocchino la scalinata.

Quando le loro voci sono sufficientemente lontane, faccio un respiro pieno e mi affaccio all'aula di terza.

Il cuore si ferma.

Riccardo è al suo posto, a testa bassa, con le cuffie alle orecchie.

Sta leggendo un libro e non si accorge della mia presenza.

Mi appoggio alla porta e lo osservo sfogliare lentamente una pagina.

Non so dove trovo la forza per fare un passo e chiamarlo: - Riccardo! -

Lui non mi sente.

La musica rock sbatte contro le cuffie, isolandolo dal mondo esterno e da me. Avanzo, mantenendo gli occhi fissi sul ragazzo immerso in un mondo oscuro e lontano. Ispiro e espiro lentamente. Forse sto per fare un errore.

Forse è ancora troppo presto per riprovare a fidarmi di lui, ma il mio cuore mi ha portato fin qui e, per una volta voglio che sia lui a pensare per me.

- Riccardo! - chiamo di nuovo, ormai a pochi centimetri da lui.

I suoi occhi si spostano dal libro per sollevarsi, passando dalle mie "Converce", ai miei leggins, al mio maglione, al mio viso.

Restiamo immobili, per un tempo infinito.

Lui con la bocca aperta e il volume tra le mani.

Io in apnea.

Poi finalmente lui rompe il silenzio, – Piccola, sei qui! –

Si toglie le cuffiette, lasciando la voce dei "Nirvana" urlare sul banco.

Non riesco a spicciare parola.

Sono paralizzata dalle emozioni, vecchie, nuove, disarmanti.

Riccardo si mette in piedi facendo un rumore assurdo con la sedia, - Hai deciso di perdonarmi? –

Sento le gambe cedere. La sua presenza mi riporta indietro nel tempo, al primo bacio, alla prima uscita, al primo litigio, a sabato sera.

- Riccardo io...- prendo un bel respiro mentre nella testa si sovrappongono le mille parole scritte e dedicate, – Io...-

Improvvisamente la voce di una donna, piuttosto concitata, si diffonde nell'aula, - Serio! Riccardo Serio! -

Gli occhi di Riccardo si spostano verso il richiamo.

Mi volto di scatto.

Appoggiata allo stipite della porta c'è la preside.

Le mani puntate sulle ginocchia e il fiatone, - Suo zio è venuto a prenderla, è piuttosto urgente. Si tratta di sua sorella! -

Riccardo si irrigidisce, - Mia sorella? –

La donna annuisce, abbassando le spalle.

Riccardo sembra svegliarsi improvvisamente da uno stato di trance e stordimento momentaneo, - Cosa le è successo? - scatta fulmineo verso l'uscita, – Dov'è mio zio? -

- A piano terra. Nel mio ufficio -

Riccardo avanza. La preside si scosta per lasciarlo passare.

- Vada piano Serio! - si affretta dietro di lui.

- Riccardo? - provo a seguirlo.

Lui non sembra sentirmi. Procede spedito.

Mi fermo in cima alla scalinata, lo guardo scendere in volata con la preside alle calcagne.

- Riccardo? - lo chiamo ancora.

La sua testa si gira appena.

I suoi occhi incontrano i miei, prima di scendere anche l'ultimo gradino.

In un solo sguardo percepisco tutta la paura di un passato che non è mai passato. Il terrore di qualcosa che continuerà a perseguitarlo come una maledizione per il resto della vita.

E' solo un istante carico, pieno, doloroso.

Poi si volta di nuovo, scomparendo dalla mia vista, completamente.

La forza, che fino a questo momento mi ha sostenuta, mi abbandona.

La testa gira. Devo appoggiarmi alla ringhiera per non crollare.

Il cuore si stringe forte. E'come se un'ombra scura si impossessasse di me stessa e della mia anima. Se chiudo gli occhi rivivo ogni singolo flash di poco fa. La faccia sconvolta e ansiosa della preside, Riccardo che corre, scansandomi e girandosi indietro. Solo un nome si stampa nella mia mente.

Marie.

Cosa le sarà successo di così importante da far venire a prendere Riccardo a scuola?

Penso alla foto vista da nonno Jo alla casa sul lago, la stessa che Riccardo ha su Facebook. Lui e la sorella da piccoli.

I loro occhi verdi e penetranti, quelli di un'infanzia stroncata.

Non so per quanto tempo resto in piedi, con le dita strette al corrimano e il cuore a mille dentro al petto.

Stavo per perdonare Riccardo. Stavo per farlo.

Prima che tutto sfumasse così, da un momento all'altro.

Poi, pian piano, mi decido a tornare in classe. In silenzio e con un fuoco dentro che credo voglia mangiarmi viva, pezzo dopo pezzo.

Un fuoco di angoscia e ansia.

Non riesco a non pensare al dolore negli occhi di Riccardo.

Non riesco a non ipotizzare che sia accaduto qualcosa di grave alla sorella. Non riesco a seguire il resto delle lezioni.

La mia mente è altrove.

La mia mente è a Riccardo e a Marie.


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