CAP. LXVIII Un veliero in tempesta
Matteo si alza in piedi, - Vuoi sapere cosa è il veliero? –
Annuisco, restando seduta, insieme agli altri componenti del cerchio.
Lui tira fuori dalle tasche tre sigarette tozze e spesse, – Una vera e propria bomba! – dice.
Posiziona ciascuna cicca all'interno di un foro sul collo di plastica, infine fa scattare l'accendino.
Alla mia sinistra, la ragazza con il cappello da strega batte le mani.
Qualcuno fischia.
Premo i palmi contro le orecchie, per evitare che la mia testa esploda.
Qualsiasi rumore sembra un fracasso terribile, a quanto pare l'Angelo Azzurro è nel pieno del suo effetto.
Matteo accende le cartine e solleva la bottiglia in aria, sballottando il liquido azzurro presente all' interno.
- Che il veliero abbia inizio! - proclama solennemente.
Sposto lo sguardo su Isac.
E' seduto compostamente e sembra sorridermi, o forse è solo una mia impressione, dal momento che non riesco più a distinguere i contorni di cose e persone.
- Gli onori al padrone di casa! - Matteo posa la bottiglia di fronte a Federico.
Quest'ultimo la prende tra le mani, - Alla pace, all'amore e al fumo! – esulta, nel suo travestimento da scheletro.
Con dimestichezza posa la bocca su una delle cartine e tira forte.
Poi sposta le labbra, ripetendo il gesto anche sulle altre due.
Dopo aver compiuto il rituale passa l'oggetto al suo vicino.
La bottiglia scorre di mano in mano. Osservo allibita, confusa e disorientata il susseguirsi di passaggi, tiri, esclamazioni.
Paolo, dopo aver compiuto il rito, consegna la bottiglia a Isac, lasciandosi cadere con la nuca contro la parete. Chiude gli occhi e intona "Hey Jude".
Isac posa le labbra delicatamente sulla prima cartina, ispira.
I suoi occhi dal liquido dentro la bottiglia si spostano ai miei.
Abbasso immediatamente lo sguardo sugli anfibi.
Quando rialzo la testa, la boccia ha già superato metà del cerchio.
Si sta avvicinando e la cosa mi fa salire letteralmente l'ansia.
Mi guardo intorno.
Perchè mi trovo in questa situazione? Con queste persone?
La bottiglia avanza.
Matteo sembra leggere nei miei pensieri. Si sbilancia a posare una mano sul mio ginocchio. Il calore emanato dal suo palmo riesce a rallentare i miei battiti.
- Tranquilla amica mia, ci sono io qui con te! - mi rassicura.
Forzo un sorriso, ma esce solo una smorfia senza forma.
La ragazza dal cappello a punta mi porge il fatidico veliero.
Il cuore si ferma. Le mani tremano come foglie, accogliendo la plastica dura del contenitore.
Cerco di mantenerlo ben dritto, per non far fuoriuscire la sostanza azzurra.
- Avvicina la bocca a una cartina e ispira! - comanda Matteo.
Le mie labbra si posano sulla sigaretta, le guance rientrano.
Matteo segue ogni mio movimento, - Non troppo forte! – si raccomanda.
Rallento leggermente il tiro.
Lo stesso sapore dolciastro provato per la prima volta nell'aia dietro scuola invade lingua e palato.
- Adesso fai la stessa cosa con le altre due cartine! - Matteo continua ad istruirmi.
Cerco di eseguire alla lettera i suoi ordini. Alla fine dell'ultimo tiro però, una vampata di fumo mi finisce negli occhi. La gola pizzica e la bottiglia vacilla. Faccio un paio di colpi di tosse.
- Si vede proprio, con gli spinelli sei alle prime armi! - ride la mia vicina, sistemandosi meglio il lungo cappello.
Chiudo gli occhi e spingo giù il fumo, mandando mentalmente a quel paese la fastidiosa strega alla mia sinistra.
Matteo prende la bottiglia in mio possesso. Esegue i passaggi, serenamente. Le sue mani e le sue labbra si muovono a rallentatore.
La mia testa fa un enorme fatica a mettere insieme voci, facce e odori.
La stanza è sempre più pregna di fumo.
L'aroma di erba è ben percettibile, anche da narici inesperte come le mie.
Il veliero prosegue la sua rotta, finché non torna di nuovo tra le mie mani, che lo accolgono più consapevoli.
Compio di nuovo le tre ispirazioni, questa volta senza l'aiuto di Matteo.
Il sapore di marijuana si mescola all'esalazione di alcool contenuto nella bottiglia. Il sangue nelle vene muta da rosso ad azzurro.
L'erba penetra attraverso i vestiti, fino a raggiungere ogni poro della pelle e del sistema respiratorio. Arriva ai neuroni, i quali si mettono a lavorare sempre più freneticamente.
Le sinapsi scintillano e le mani sudano, mentre passo la bottiglia a Matteo.
Le voci dei ragazzi nella stanza si confondono in un turbine continuo.
Un tornado che non spazza via i brutti pensieri, ma li rende insormontabili. Provo a soffermarmi su un ragionamento alla volta, purtroppo non ci riesco. La testa gira a più non posso. Improvvisamente in mezzo al cerchio di persone, appare una fila di ragazze in bikini. Strofino gli occhi, nel tentativo di scacciare l'immagine conturbante.
E' una lotta tra me e le dieci donne che ridono, ballano e urlano il nome di Riccardo. Non sono più in una stanza al piano superiore, della casa di un ragazzo del quinto anno, ma in un bordello.
Prendo il viso tra le mani e respiro forte.
La voce di Paolo, che interpreta la melodia dei "Beatles" è una nenia fastidiosa. I gridolini della strega al mio fianco sono spille dentro ai timpani. La bottiglia che gira è un turbine nauseabondo.
Alzo la testa, le ragazze che danzano non sono più in mezzo al cerchio, ma in ogni angolo della camera. Sul letto distese, sulle pareti appese, sul tappeto sedute. Vicino a Isac e dietro a Matteo.
Le donne non smettono di muovere le labbra a incitare il nome di Riccardo.
Le loro voci mi uccidono lentamente.
Federico si alza in piedi, - Dobbiamo aggiungere alcool nella bottiglia, ne è evaporato più della metà! -
Un ragazzo barcolla fino alla porta, - Vado giù a prendere del gin – singhiozza.
Federico lo blocca su una spalla, respingendolo a sedere, - Tu non arrivi neanche sul pianerottolo in questo stato! -
Paolo muove indietro i lunghi capelli della parrucca, - Andrò io! Gin e Couracao per voi signore e signori! -
Federico fa un cenno con la testa a Matteo, - Ehi amico! Vai anche tu! Mortisia non sembra molto stabile sulle gambe! -
Tutti seguono con lo sguardo Paolo, che canta e ondeggia fino alla porta.
Matteo lo raggiunge.
Fin da subito percepisco il suo distacco.
- Non mi piace restare qui senza di te – mi lamento.
La fatica che faccio per tirare fuori ogni singola parola è enorme.
– Torno presto! Non posso rischiare che quell'idiota ruzzoli tutte le scale!- afferma. Poi corre dietro l'amico e sparisce dalla mia vista.
Mi ritrovo da sola. Le donne diaboliche sparse nella stanza non cessano di ridere malvage, di me e della mia pietosa condizione.
Poi tolgono alcuni fogli da dentro i reggiseni, svolazzandoli davanti ai loro volti perfetti. Mi guardo intorno, spaesata. Più mi giro e più le visioni si moltiplicano. Le voci delle femmine ammaliatrici si sovrappongono a quelle dei presenti nella stanza. Sono tra sogno e realtà e neanche mi accorgo che la ragazza con il cappello appuntito è protesa verso di me, a due centimetri dal mio viso.
- Ehi tocca a te! Coraggio prendi! - mi porge il veliero.
Resto imbambolata. Il mio stomaco si contrae.
- Cosa devo fare con questa bottiglia? - insiste la strega.
Non riesco a formulare una risposta. In realtà vorrei dirle di spaccarsela in testa o bersi pure ciò che rimane dell'alcool e della cenere, perché a me non interessa assolutamente niente.
Mi sento distrutta, sfortunata e immeritevole.
Non sono capace di mantenermi un ragazzo vicino.
Non so ricevere amore. Non so amare.
Delle lacrime mi pungono gli occhi.
La ragazza è ancora in attesa. I suoi occhi allungati da troppo eyeliner sembrano ridere della mia faccia triste e confusa. Tento di alzarmi.
Voglio andarmene da questo cerchio di sconosciuti, da questo caos di fumo, visioni e alcool. Mi metto in piedi, la stanza è immersa in un vortice pazzesco. Precipito a terra, completamente sbilanciata.
Metto le mani avanti per parare istintivamente la caduta.
Per fortuna un paio di braccia mi sostengono da dietro, accompagnandomi a sedere pian piano.
- Lei salta il turno! - dice la voce maschile alle mie spalle.
La strega si sporge, per passare la bottiglia ormai scarica di alcool a Federico, - Bastava dirlo, non ci voleva tanto! -
Isac, posizionato esattamente alle mie spalle, cerca di mantenere la mia schiena in equilibrio, quasi fossi una bambola di pezza priva di articolazioni, - Non avresti dovuto fare tutti questi giri, baby! – mi rimprovera.
Non riesco a emettere alcun suono.
Solo lacrime, tante lacrime.
Non so neanche perchè sono così disperata, forse il senso di vuoto lasciato da Matteo, forse le visioni diaboliche che gridano il nome di Riccardo, sventolando quella che ha tutto l'aspetto di una lunga lista.
- Ehi baby, perchè piangi? - Le dita di Isac passano sulle mie spalle, - Fai dei respiri profondi, coraggio, prendi aria e butta fuori! - La sua voce è vicina e lontana allo stesso tempo, - Le prime volte che si mischiano alcool e erba è un disastro, poi ci si abitua...-
Il mio corpo sembra tranquillizzarsi.
Isac siede dietro di me, con le gambe avvolge le mie e con le braccia mi stringe la vita. Chiudo gli occhi. Se fossi più lucida gli ricorderei la promessa di tenere le mani al loro posto, ma non lo sono.
Ho la mente offuscata e piena di voci. Non riesco assolutamente a formulare neanche mezzo discorso. Ho bisogno di ritrovare la quiete per combattere dolore e allucinazioni. Poso la nuca sulla spalla di Isac.
In questo istante, in tale cerchio di vite sconosciute, lui è l'unica persona che voglio avere al mio fianco. In assenza del mio migliore amico, naturalmente. La bottiglia arriva nuovamente di fronte a me.
Le braccia di Isac si protendono in avanti, afferrandola.
Le sue labbra si sporgono a fare le tre aspirazioni di rito.
L'odore di erba emanato dai fori di plastica mi richiama, con la stessa potenza magica di un incantatore di serpenti.
Mi sposto verso la bottiglia, ma Isac la allontana istintivamente.
Allungo la mano, - Fammi fare un tiro! – dico decisa.
Il mio protettore attuale non pare essere d'accordo, - No baby! Per te basta erba, basta alcool! -
Mi allungo e afferro l'oggetto, - Perché tu sì e io no? -
- Io reggo questa roba, tu invece ne sei satura! - Isac tenta di riprendersi il veliero, ma senza riuscita.
- Tu non sei nessuno per dire quello che devo o non devo fare! – poso la bocca sulla canna più in alto, ispirando.
- Ne hai abbastanza e non è il caso! - La voce a di Isac è determinata, - Ti farai solo del male se continui! -
- Sto già male! Sono a terra, mentre vorrei volare, vorrei sentirmi farfalla! – poso le labbra sulla seconda cartina, ma Isac riesce a sottrarmi la bottiglia, prima di aspirare il fumo, - Tu non sai niente delle farfalle! – Continuo a lamentarmi, - Fammi sentire farfalla. Voglio tornare ad essere farfalla! - batto le mani sulle ginocchia.
Le gambe di Isac riescono a tenermi a freno, le sue braccia a mantenere la bottiglia abbastanza lontana dalla mia presa, - Baby, stai delirando! – dice duramente.
Mi spingo di nuovo verso la boccia. Questa volta riesco ad afferrarla.
La cartina è corta e satura di saliva di ogni componente del gruppo.
Il tiro che compio è profondo, rabbioso, determinato e bramoso.
Contro il volere di Isac, contro la mia lucidità.
Lui non capisce, nessuno può capire. Forse solo Matteo può farlo.
Matteo sa cosa significa avere le ali!
Desidero che compaiano sulla mia schiena, anche se l'erba di questa sera non sembra voler compiere l'effetto sperato.
Nessuna magia, nessuna leggerezza.
Mi sento pesante, goffa e ingombrante.
Perché il fumo non mi sta dando le stesse emozioni dell'altra volta?
Stringo forte al petto il veliero, - Questa non è erba! - mi agito.
Isac tenta invano di togliermi la bottiglia, che abbraccio con tutta me stessa. - Tu non sai cosa stai dicendo! Adesso ce ne andiamo da qui, baby! - mi cinge la vita e prova a sollevarmi di peso, - Ti porto in un posto più tranquillo, vieni con me! -
All'improvviso la porta della stanza sbatte violentemente.
- Tu non porti Arianna da nessuna parte! –
Una voce profonda e inconfondibile echeggia nella stanza, sopra la nuvola di fumo e l'odore malsano di marijuana.
Resto immobile. Gli occhi spalancati e la bocca asciutta.
La bottiglia saldamente stretta al petto.
Non riesco a capire se ciò che vedo è reale o solo un'altra allucinazione.
Isac deglutisce alle mie spalle, stringendomi forte i fianchi.
Nella testa le voci diaboliche delle donne, ancora presenti nella stanza, rimbombano esaltate. Poi si radunano dietro all'apparizione e insieme ad essa avanzano verso di noi, verso di me.
Il mio cuore si ferma, per poi galoppare impazzito.
Mi convinco sempre più che questo veliero sia qualcosa di super allucinogeno.
La figura di un ragazzo identico a Riccardo si ferma di fronte a noi.
- Chi diavolo sei? – chiede, rivolto verso Isac.
Quest'ultimo non si muove di un millimetro. E' congelato. Le dita aderenti al mio bustino, - Piuttosto tu, chi sei? - balbetta.
- Chi sono? Te lo dico subito chi sono! – Il ragazzo compie un passo avanti, deciso, - Sono il fidanzato della ragazza alla quale sei avvinghiato! Se tra un millesimo di secondo non toglierai quelle tue sporche mani dalla sua vita, credo ti farò saltare fuori il cervello dalle orbite! -
L'accento di Riccardo è inconfondibile. Forse non sto sognando!
Premo più forte la bottiglia sui seni. L'odore di erba arriva direttamente dalle narici al cervello.
Con la coda dell'occhio vedo la strega al mio fianco portare le mani alla bocca. Il corpo di Isac si scolla dal mio, le sue mani si allontanano.
L'immagine sfuocata di quello che sembra sempre più un Riccardo in carne e ossa, avanza a grandi falcate.
Isac si solleva di scatto, lasciandomi a terra.
Un senso di nausea mi colpisce in pieno.
Gli inconfondibili occhi di Riccardo sono puntati contro i miei. La sua espressione turbata, chiede perchè mi trovi qui, con queste persone e con questo tipo. Il senso di colpa involontariamente si affianca al dolore, con il risultato di un animo affranto e incapace di reagire.
Potrei rispondere in un milione di modi diversi alle sue domande indirette.
Sono qui a causa tua, del tuo comportamento, dei tuoi stupidi passatempi, del tuo schifoso prenderti gioco di me!
Ma non riesco a parlare.
Sono bloccata e costretta a abbassare la testa, afflitta.
Riccardo si sposta verso Isac, in piedi, appena dietro di me.
- Cosa credivi di fare? – grida.
Isac non risponde, fa dei passi indietro.
Riccardo ne fa altrettanti avanti.
Sospiro. Voglio che tutto sia solo una bastarda allucinazione, ma so che non è affatto così.
- Se sei il suo fidanzato, perchè non eri con lei questa sera? – La voce di Isac è una noiosa cantilena.
Riccardo emette un ringhio soffocato.
- Perché hai lasciato che una bella e brava ragazza come Arianna venisse a una festa tutta sola soletta? -
Riccardo tira indietro i capelli, disordinandoli, - Cosa ti importa? Chi sei tu per giudicare il mio rapporto con lei? - prende fiato e fa ancora un passo avanti, quello decisivo, - Ah! Te lo dico io chi sei! Uno idiota! Un dannato idiota fastidioso! -
Chiudo gli occhi.
Fa male sentire parlare Riccardo in questo modo. Infondo è lui che ha tradito la mia fiducia, è lui che ha una lista di ragazzine, è lui che è stato a letto con la mia migliore amica, è lui che mi vuole e mi lascia andare a suo piacimento! Non Isac.
Per quanto quest'ultimo possa avermi infastidito e messo a disagio, mi sento quasi in dovere di proteggerlo e aiutarlo.
Riccardo non può sfogare le sue paure contro di lui. Isac in tutta questa faccenda non c'entra assolutamente niente. Lui deve lavorare sulla sua rabbia, non spargere il fuoco tremendo che lo invade verso gli altri.
– Riccardo! – lo richiamo.
Lui si gira, distogliendo gli occhi da Isac.
Lo guardo dal basso verso l'alto. I suoi occhi arrabbiati e confusi si fermano un istante sui miei. Poi si mettono a vagare per la stanza, frenetici.
Le mani si serrano in due pugni stretti e la rabbia, indirizzata specificatamente verso Isac, si estende a tutti i presenti.
- Cosa state facendo qui? – domanda, - Questo odore è marijuana, voi state fumando erba! -
La realizzazione di trovarsi in una stanza pregna di alcool e fumo è immediata.
- Arianna? - I suoi occhi si posano all'istante sulla bottiglia che stringo al petto.
- Non dirmi che adesso sei geloso perché non ti abbiamo invitato a favorire? - interviene Isac prontamente.
Un paio di ragazzi sghignazzano divertiti.
Riccardo gira immediatamente la testa, da me agli occhi sfidanti di Isac,
- Cosa hai detto? –
Le "Converce" rosse si muovono avanti.
Gli anfibi di Isac fanno un paio di passi indietro.
– Dannazione! Ripeti quello che hai detto! – urla Riccardo.
Isac mantiene la testa alta, fiero del suo atteggiamento, - Non c'era bisogno di una sfuriata simile, se volevi un pò di marijuana bastava lo facessi tranquillamente presente. Qui siamo tutti fratelli! -
Riccardo si getta contro Isac, - Sei solo un idiota! - lo schiaccia al muro.
Isac alza un braccio per difendersi, - Sei completamente fuori di testa!- replica, - Ti rendi conto di quello che fai? Ti stai arrabbiando con me, mentre quella dici essere la tua fidanzata è lì, che neanche si regge neanche in piedi! - Lo sguardo di Isac oltrepassa le spalle di Riccardo, per cercare il mio.
- Tu non hai nessun diritto di giudicarmi! - urla Riccardo, - E neanche di avvicinarti a Arianna! Perchè la stavi abbracciando? Qual'è il tuo dannato piano, imbottirla di merda e poi portartela a letto? -
Isac annaspa. Nonostante il suo rigoroso allenamento di karate, non riesce a combattere la rabbia cieca di Riccardo.
- Non ho un piano! Stavo solo cercando di proteggerla!- si difende.
Riccardo afferra l'avversario per il codino, lo tira pesantemente, - Bugiardo! Tu volevi approfittarti di lei! -
Isac cerca di liberarsi dalla stretta, agitando le mani in aria.
Non ho più forza per continuare a vedere e sentire.
Riccardo sta esagerando, sta portando allo stremo qualsiasi situazione si trovi ad affrontare. Sono avvilita.
La voce del ragazzo che ha cambiato il corso della mia vita, echeggia oltre la nube di fumo. - Adesso ripeti insieme a me! Io, lurido bastardo, non mi avvicinerò mai più alla fidanzata dello stronzo qui di fronte! - tira più forte i suoi capelli, - Ripetilo, se non vuoi che ti stacchi di netto questo tuo odioso codino! -
Isac apre e chiude la bocca come un pesce.
La ragazza con il cappello da strega si lascia sfuggire un altro gridolino.
Non riesco a alzarmi, per poter fermare l'insulsa scenata, non riesco a urlare o semplicemente parlare. Le mie labbra sono incollate, così come le braccia, ancora a stretto contatto con la plastica della bottiglia.
Poi finalmente interviene Federico, - Piantatela ragazzi! – accorre, - Non voglio risse a casa mia, tanto meno nella mia stanza! - pone una mano su quella di Riccardo, imponendogli di allentare la stretta ai capelli dell'amico.
Riccardo respira forte. Abbandona la presa, cercando di ritrovare l'autocontrollo.
Federico si rilassa, abbassando le spalle.
E' tutto solo un falso momento di tregua.
Gli occhi scuri di Isac si rimpiccioliscono contro quelli di Riccardo. Fulmini e scintille zampillano tra loro, innescando nuovo odio.
Riccardo carica il braccio destro, mollando contro lo stomaco del rivale un doloroso e fondo pugno. Isac accusa il colpo urlando e buttandosi a terra.
Mi lascio uscire un grido ampio e duraturo.
Riccardo distende il braccio. Isac si rigira sul pavimento.
Federico si precipita in aiuto del ferito.
Dalla porta, una cantilena si avvicina, - "Hey Jude, don't make it bad. Take a sad song and make it betteeeer!" – La chioma fasulla di Paolo fa capolino. Sembra un figlio dei fiori nel suo momento migliore. La sua voce soave rompe l'atmosfera critica che tutti stiamo respirando, - Eccoci qua con nuovi fiumi di alcool azzurro!. – La sua ilarità si blocca immediatamente, – Ehi, cosa sta succedendo? - Il suo sguardo vaga nella stanza, per fermarsi su Isac, che si contorce a terra come un lombrico dolorante.
Dietro la faccia sbalordita di Paolo compare quella ancora sorridente di Matteo.
Riccardo si gira.
Il sorriso sulle labbra del mio amico muta in una smorfia di preoccupazione, - Tu? - I suoi occhi azzurri si soffermano sulla figura del ragazzo dai pugni stretti e il respiro corto, - Cosa ci fai qui? -
Riccardo scuote la testa. La luce del piercing adeso al suo sopracciglio illumina le rughe contratte della fronte.
Matteo stringe nella mano una bottiglia di alcool trasparente e avanza, spostando i suoi occhi da Riccardo a me e di nuovo a lui, - Quando finirai di tormentare Arianna? Non ti è bastato farla soffrire questa mattina e questo pomeriggio, devi infierire nella sua vita anche stasera? -
Riccardo punta la sua nuova vittima, - Dovevo immaginare che c'entravi tu in tutta questa storia! -
- Stai attento Matteo! - La voce roca di Isac si leva dal pavimento, prima di iniziare a tossire e sputare a terra un grumo di sangue rosso vivo, - Questo è un bulldozer completamente fuori controllo! - indica Riccardo con un cenno della testa.
Matteo guarda l'amico e poi Riccardo, - Cosa gli hai fatto? -
- Quello che si meritava e quello che farò anche a te, se non smetti di stare addosso alla mia ragazza! -
Federico si sposta da Isac, precipitandosi tra Matteo e Riccardo, - Ho detto niente risse! - cerca di farsi sentire.
- Io voglio bene a Arianna, tu invece la prendi solo in giro! – dice Matteo.
Riccardo mette in scena una risata isterica, - Le vuoi bene? E voler bene ad una persona significa portarla in questo buco a fumare erba? - allarga le braccia, indicando la stanza immersa nella cappa di fumo.
- Cosa significa altrimenti? - ribatte il mio compagno, - Andare a letto con la sua migliore amica, oppure lasciarla da sola quando ha più bisogno di te? Anzi no, forse spaccare una porta o accusarla di essere una falsa bugiarda!-
Riccardo boccheggia, rosso in viso. Poi scatta contro Matteo, afferrandolo per la maglietta, - Tu non sai quello che dici! – urla.
Voglio che Riccardo smetta di gridare.
Voglio che non sia mai entrato in questa stanza, in questa casa, nella mia vita!
- So quello che dico! - Matteo prende il braccio dell'aggressore, lo gira con una manovra svelta e lo allontana dal suo indumento.
Riccardo vacilla, sorpreso dalla forza e dalla presa astuta del mio amico.
I due si guardano. Occhi azzurri contro occhi verdi.
Non posso reggere altro male, altro dolore, altre botte.
Riesco a mettermi in piedi e a raggiungere gli sfidanti.
Non appena Riccardo sente la mia presenza al suo fianco sussulta, distraendosi dalla rabbia cieca che si è impossessata di lui.
- Piccolina, ti porto via da qui! – allunga le mani, spingendomi contro di sé.
I miei piedi sono murati al pavimento.
Gli occhi di Riccardo sono fissi sul mio viso. Le sue mani spostano i miei capelli, - Che ti hanno fatto? –
Matteo mi prende per un braccio, – Amica mia tranquilla, ci sono io. Va tutto bene! -
Gli occhi di Matteo sono un porto sicuro, mentre quelli di Riccardo la tempesta più nera che esista.
La nausea si impadronisce completamente del mio corpo.
Chiudo gli occhi, evitando di muovermi. Se sposto anche solo un dito vomiterò davanti a tutti.
- Piccolina... - La voce di Riccardo è una tortura infame.
Pian piano riesco a sollevare le palpebre. Tra la nube di fumo vedo Matteo, preoccupato e speranzoso, di fronte a Riccardo, irrequieto e fuori di testa.
Provo a sottrarmi alla presa di Riccardo, - Lasciami andare - biascico.
Matteo mi tira più dalla sua parte.
Riccardo si altera, afferra il mio amico di nuovo al centro della maglietta, aggredendolo, - Vuoi farti gli affari tuoi, per una volta? - Poi lo lascia libero e torna a guardare verso di me, - Andiamocene Arianna! –
Mi lascio trasportare di qualche passo come un fantoccio, fino a che di fronte alla porta non appaiono Giulia e Leo.
Riccardo si blocca. Mi illumino nel vedere due volti amici in tutta questa nube di confusione, alcool e postumi di marijuna.
Gli occhioni di Giulia si spalancano, - Cosa sta succedendo qui? -.
Leo resta immobile sullo stipite della porta, - Si sentono le urla da fuori! – dice.
Giulia aggrotta la fronte e viene verso di me. Fissa la bottiglia con le tre canne e l'alcool, ormai agli sgoccioli, - Cosa hai in mano? -
Tutta la stanza cala in uno strano e inquietante silenzio.
Solo la ragazza travestita da strega parla, rispondendo al quesito, - Il veliero! – ridacchia.
Giulia sbatte le ciglia perplessa. I suoi occhi chiari si spostano sui miei.
– Tata, ma sei ubriaca! E questa è erba! - guarda verso Matteo, - Tu le hai fatto fumare dell'erba? -
- Qui tutti fumano erba! - Di nuovo l'odiosa voce della strega.
Leo si avvicina a Giulia, circondandole la vita con una mano, - Sapevo fumavate quella roba e vi ho sempre tenuto il gioco! – si rivolge a Matteo. Poi sposta gli occhi verso Federico, che adesso mantiene Riccardo fermo su una spalla, – Sono molto deluso! Non immaginavo fossi capaci di trascinare anche Arianna in questa merda! -
Matteo abbassa lo sguardo a terra. Federico sbuffa, guardando la parete di fronte.
Riccardo si fionda sulla bottiglia, che continuo a tenermi ben stretta, - Al diavolo questo schifo! – urla, strappandomi il cimelio dalle mani e scagliandolo dietro di sè.
Isac, appena risollevatosi da terra, si abbassa violentemente, schivando l'oggetto. Quello che un tempo era un potente veliero, finisce di vivere, distruggendosi contro la parete.
- Tu sei pazzo! Mi stavi per colpire! - inveisce Isac, di nuovo al tappeto.
Riccardo neanche lo ascolta, mi afferra entrambe le braccia e mi solleva, caricandomi su una spalla.
- Lasciami! Mettimi giù! – protesto.
Lui mi sistema meglio contro il suo corpo. Allontana la presa di Federico e si fa strada oltre Matteo.
Giulia mi afferra per l'orlo del vestito, - Riccardo lasciala andare!- grida.
La mia testa è a penzoloni dietro la schiena di Riccardo.
Scalcio e mi dimeno, ma invano.
Sono sotto sopra, molto sottosopra!
Riccardo oltrepassa la porta.
Giulia prova a seguirmi, ma viene trattenuta.
- Non possiamo fermarlo, lascialo andare con lei! - La voce di Leo è solo un eco nel lungo corridoio.
Gli occhi di Giulia seguono preoccupati il mio allontanamento forzato.
Riccardo fugge nel corridoio, trasportandomi come un sacco di patate.
Matteo ci guarda allontanare, desolato e colpevole.
I miei occhi chiedono aiuto ai suoi, che non possono però fare niente.
Non voglio vedere il suo sguardo limpido tanto mesto e turbato.
Lui non è colpevole del mio disastro. Con lui non sono un ancora in fondo al mare. Con lui sono una leggera e bellissima farfalla.
Le sue mani lasciano andare la bottiglia di alcool a terra, andando a spargere vetri ovunque sul pavimento.
E' un frastuono tremendo.
Un frastuono che rispecchia il mio animo e la mia testa.
Riccardo è una furia, scappa senza meta e senza senso, portandomi via dal mio unico appiglio rimasto. Si allontana dalla stanza e dai miei amici.
Man mano che procede sul corridoio l'odore di canna si fa più lieve.
Matteo, Giulia e Leo sono sempre più piccoli alla mia vista, fin quando appaiono solo come tre sagome sfuocate.
- Mettimi giù, ti prego! - supplico e scalcio.
La mia voce è solo un sussurro inesistente, le mie gambe non abbastanza forti. Il braccio di Riccardo stringe pesantemente sotto al mio fondoschiena.
I suoi piedi corrono veloci, fino a girare l'angolo.
Dietro alla colonna portante la figura del mio ex fidanzato appare più distinta che mai. Marcello è in piedi con una sigaretta tra le dita e una garza infilata nel naso. Forse è solo un'altra stupida allucinazione.
Chiudo gli occhi. Quando li riapro, appostato dietro al muro non c'è più nessuno. Marcello è scomparso.
Riccardo sale la scalinata e rallenta la corsa.
Siamo al piano superiore. Nessuno ci sta seguendo, neanche la musica arriva a far rumore.
Il silenzio invade ogni parte del mio corpo. Le suole delle scarpe sono l'unico suono che giunge dritto ai miei timpani stanchi.
Riccardo percorre il corridoio buio di quello che immagino sia il terzo piano. Una porta si apre, chiudendosi a chiave subito dopo.
Il mio fisico è troppo scosso, troppo sballottato, troppo agitato.
Un conato forte e deciso mi risale dallo stomaco fino alla bocca.
La figura di un veliero passa solcando il mare con a bordo le dieci donne demoniache che mi hanno perseguitato fino a poco prima.
La nausea prende il sopravvento. La spalla di Riccardo conficcata nel mio stomaco provoca uno spasmo violento.
- Io credo di...- Un groppo sale in gola e riesco a biascicare un piccolissimo: –... rimettere! –
Tutto ciò che ho assunto a cena, sommato all' Angelo Azzurro si ripresenta nel peggiore dei modi.
Respiro profondamente. Il veliero affonda nell'oceano, insieme alla carica di ragazze che contiene.
Con il vomito lo stomaco si rilassa, gli occhi tornano a vedere normale, o quasi. Mi accascio sul busto di Riccardo, che trova il coraggio di voltarsi, per vedere il bellissimo ricordo che ho espulso a terra e sul retro della sua maglietta.
I suoi occhi verdi dal pavimento dove giace la pozza di vomito si alzano al soffitto. Le sue labbra imprecano, - Dannazione! -
Poi, finalmente, si decide a farmi scendere dalla sua spalla.
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