CAP. CXXVIII Quattro mesi dopo, la fine di un incubo
Quattro mesi.
Febbraio, marzo, aprile e maggio.
Quattro mesi di noia, solitudine, disperazione e tanta speranza.
Quattro mesi nei quali l'animo ha preso vita ed è morto innumerevoli volte. Una lotta estenuante con la lontanza da Riccardo, una dura gara contro la crisi di astinenza dai suoi baci, dalle sue carezze, dal suo respiro. Un tempo che adesso appare solo fuori fuoco ed appannato, perchè non illuminato dagli occhi verdi che animano la mia esistenza.
Occhi che mi sono mancati come l'aria.
Occhi che hanno aperto un nuovo mondo dentro di me e lo hanno lasciato in sospeso, come un burattino inanimato, il giorno stesso che hanno preso il volo per Parigi.
Occhi che non hanno visto i cambiamenti più intimi della mia vita.
Cambiamenti che mi hanno stimolata a crescere ed avere speranza nel futuro. Passaggi che avrei preferito condividere con il ragazzo amato ma che, purtroppo, ho dovuto affrontare individualmente.
La sentenza definitiva, la condanna di Domenico Colonna, l'arrivo del mio vero padre. La sua conoscenza.
Eventi che hanno fatto capire quanto la pelle di una persona possa essere dura e spessa.
Per tanti giorni ho stretto i denti e lottato con un magone allo stomaco che non voleva salire ne' scendere e per molte notti ho pianto come una bambina.
Settimana dopo settimana sono andata avanti, sconfiggendo il tempo e i suoi cattivi alleati.
Fino ad arrivare ad oggi.
Il giorno tanto atteso.
Quello del grande ritorno.
Lentamente mi alzo dal letto.
L'accappatoio cade a terra per permettermi di indossare la biancheria pulita e i jeans più carini.
La canotta di cotone si stende sulla vita e sopra i fianchi, fasciandoli appena.
Mamma entra sorridente nella stanza, - Tesoro, sei pronta? -
Mi piazzo di fronte allo specchio per un ultimo sguardo al mio aspetto. Le labbra dipinte di rosa e una sottile linea di eye-liner sulle palpebre. Voglio essere bella, presentabile ed in ottima forma.
Riccardo deve vedere la stessa pelle fresca, le stesse labbra e lo stesso sguardo desideroso che ha lasciato quando se ne è andato lontano e non le occhiaie profonde che hanno sottolineato gli occhi in tutto questo tempo. Quelle non deve notarle, così come non deve conoscere gli incubi che mi hanno accompagnata nel buio delle tenebre, quando decine di ragazze con la erre moscia si affacciavano dentro la testa a disturbare il sonno troppo leggero.
So che non avrei dovuto provare stupide gelosie. Ho sentito Riccardo praticamente ogni giorno, per messaggi, mail e qualche telefonata, tuttavia l'inconsapevolezza di sapere dove e come stava realmente mi ha perseguitata in modo costante.
Inalo e butto fuori un bel respiro, prendendo coscienza che tale periodo deve rimanere nell'oblio più assoluto, cancellato da un colpo di cimosa, sottratto agli album dei ricordi.
Aggiusto meglio il ciuffo sulla fronte e mi chiedo se questa nuova immagine di me potrà piacere a Riccardo. Il taglio di capelli leggermente più corto e sbarazzino rende i contorni del viso sottili e nasconde le imperfezioni. E poi non avevo scelta, dovevo farlo.
Le punte erano esageratamente rovinate e la mia voglia di dare una svolta fin troppo presente.
- Fai presto - mamma mi richiama ancora, - i tuoi amici sono già tutti in salotto ad aspettarti!-
Distolgo lo sguardo dallo specchio, - Sto arrivando - afferro la borsa, la posiziono attorno al collo e mi butto verso l'uscita.
Lei si sposta, facendomi spazio per passare.
Ed io, una volta sul pianerottolo, mi volto per rivolgerle uno dei sorrisi più sinceri. Una manifestazione di liberazione e gratitudine per la donna che ce l'ha messa tutta pur di non farmi crollare.
Per la madre che ogni adolescente vorrebbe.
Per la persona che amo alla follia.
Scendo le scale e a metà vedo Giulia venirmi incontro allegra come non mai.
- Tata! - si butta a capofitto tra le mie braccia, - sei felice? Finalmente il giorno che tanto aspettavi è arrivato! -
Le mie iridi brillano di gioia, - Non posso credere che sia vero - dico, - non posso credere che tra poco riabbraccerò Riccardo! -
Lei mi prende la mano e sbatte i suoi grandi occhi contro i miei, - E' tutto vero - dice, - e io sono entusiasta quanto te, finalmente le nostre vite torneranno come prima ed io potrò partire per la crociera con l'animo in pace, sapendo di lasciarti in buone mani! - scherza.
La spingo indietro e mi lascio travolgere dalla sua risata squillante.
Quando faccio capolino in salotto Leo, Matteo e Marie mi saltano letteralmente addosso. Impiego un buon minuto per disfarmi della loro travolgente manifestazione d'affetto e riprendere aria.
Avere tutte queste persone vicino è una sensazione magnifica e rassicurante. Loro sono stati la mia ancora di salvezza.
Unico appiglio abbastanza forte e sicuro, che mi ha permesso di proseguire con la scuola e con la vita fuori dal liceo.
In presenza degli amici ho riso sonoramente anche quando non avevo neanche voglia di accennare parola.
Ho preso parte a qualche festa anche quando avrei voluto soltanto chiudermi in camera ad ascoltare l'unica canzone che mi faceva sentire vicina al mio amore lontano.
Leo e Matteo indietreggiano e Marie rimane adesa con le braccia al mio collo. Braccia più forti di un tempo, più toniche e sicure.
- Non sai quanta voglia ho di riabbracciare mio fratello - dice, - lui non ha visto i miei miglioramenti - si scosta lentamente, - credi che mi riconoscerà? -
Scruto gli occhi di Marie per capire se stia dicendo o meno seriamente.
Da quando è tornata dalla Germania è più schietta e tranquilla, ma la scia di paura e disagio che la definiva, non l'ha abbandonata del tutto. Le sue labbra si contraggono impaurite e la fronte forma qualche piega.
- Ma certo che ti riconoscerà - la tranquillizzo, - e sarà il ragazzo più felice del mondo nel vedere che a Berlino hai intrapreso la strada della guarigione! Sarà contento di vedere che stai meglio e che sei più serena! -
Lei scivola le dita sui capelli, fino a posizionarli dietro le orecchie.
Matteo accorre a metterle un braccio attorno al collo, - Stellina, sei la ragazza più bella che abbia mai conosciuto e tuo fratello dovrà essere orgoglioso di te e dei tuoi progressi - si stringe contro la fidanzata.
Il cuore diviene pappa molla alla visione dolce e perfetta dei due.
Lei così sensuale e lui maledettamente innamorato.
- Ragazzi se non ci sbrighiamo Riccardo e suo zio atterreranno e non troveranno nessuno ad accoglierli - interviene Leo, riportandoci al presente.
Matteo molla la presa su Marie e si dirige verso il pianerottolo a prendere un paio di cartelloni che ha preparato lui stesso per accogliere al meglio Riccardo. Se li carica in spalla e procede verso l'automobile della madre, che ci attende posteggiata fuori dal cancello.
Insieme a Marie si accomoda nei sedili posteriori, mentre io vado ad appostarmi davanti.
Giulia e Leo invece salgono nella vettura del signor Mori che ci anticipa nella partenza.
E' il viaggio più lungo della mia vita.
Il desiderio di vedere Riccardo è prepotente e non mi fa trovare fermezza. Muoio dalla voglia di annusare il suo corpo di nuovo, muoio dalla voglia di toccare ancora le sue spalle, le sue braccia e il suo torace duro.
Quando arriviamo a Fiumicino mi sembra di essere calata in un flashback pauroso.
Rivivo il momento della separazione e dell'addio.
Rivivo tutto il dolore, lacrima per lacrima.
Stringo i denti e facendomi forza procedo passo dopo passo nel parcheggio fino all' entrata.
A questo giro non c'è pioggia ad accoglierci, ma sole forte e caldo.
Non ci sono musi lunghi, ma sorrisi pieni e vivi.
E una volta giunti alla hall, la direzione prende una piega completamente diversa.
Verso gli arrivi.
Verso la fine di un incubo.
A passi svelti giungiamo di fronte al nastro del ritiro bagagli e una voce gracchiante annuncia l'atterraggio avvenuto da pochi minuti.
Il cuore si mette a pulsare a velocità assurda. Pompa e sbatte contro le coste, fin quasi a lasciare senza respiro.
Giulia mi prende una mano e Leo l'altra.
Matteo tiene stretta Marie per la vita.
I minuti divengono insostenibili.
I battiti frettolosi.
Le mani sudate.
La gola si chiude per riaprirsi soltanto quando il nastro comincia a girare, sputando una valigia dietro l'altra.
La luce del neon e il pavimento bianco e lucido illuminano la mia trepidazione. Una piccola folla di persone viene avanti, oltrepassando il terminale di arrivo.
- Ci siamo, i passeggeri stanno arrivando! - Matteo solleva i cartelloni che si è portato dietro e li agita in modo convulso.
<< Bentornato Riccardo! Ho un occhio nero in sospeso! >> e << Mi sei mancato, ma mi sono consolato benissimo con tua sorella! >> sono le frasi che aleggiano sulle nostre teste in modo maledettamente inquietante.
Spero che le due espressioni non provochino nel mio fidanzato una sorta di ira funesta, altrimenti prevedo un momento di pura aggressione, anziché di tranquilla armonia.
La sala si riempie di gente che accorre a recuperare la propria valigia e a salutare i rispettivi parenti.
Urla, voci, schiamazzi, grida e colori.
Cerco con lo sguardo tra tutti gli individui e tento di placare l'emozione coinvolgente.
Il caos amplifica rumori e frastuono.
Sono in balia del panico più completo e Riccardo e suo zio sembrano non apparire mai, ingoiati dalla scatola nera dell'aereo o rapiti da una hostess vendicativa.
Poi d'improvviso la nube di spavento e ansia si dissolve, lasciando soltanto uno strascico di fumo. Da lontano riconosco il passo di Riccardo, inconfondibile e speciale.
Le braccia ancora più delineate di questo inverno e la vita asciutta dentro ad una canotta nera a spalla larga.
I piedi infilati nelle solite converse rosse e i jeans a fasciare i polpacci ben formati.
Mollo la presa sui miei amici e apro la bocca, completamente catturata dalla visione celestiale.
Salgo con lo sguardo dal corpo al viso del ragazzo che non vedo da un tempo infinito.
Le sue labbra carnose mi ipnotizzano, così morbide e dritte da far girare la testa. I suoi occhi guardano intorno spaesati e incerti.
Deglutisco e deglutisco ancora.
La bellezza di Riccardo mi toglie il fiato e fa smettere di pensare, respirare, agire. Fa restare con il cuore in gola e la mascella abbassata.
- Tata corri! - Giulia mi spinge, - vai da lui! -
La voce della mia amica però è solo un eco lontano.
Un suono che le orecchie non riescono neanche a sentire tanto i piedi sono fissati a terra, come coperti da una coltre di cemento a pronta presa.
Non mi muovo.
Non respiro.
Guardo soltanto.
Riccardo e i suoi occhi verdi.
Lui procede tranquillo avanti, al fianco dello zio, fino a quando non raggiunge il nastro trasportatore e recupera il bagaglio.
Giulia mi scrolla, - Ma cosa aspetti? - grida - Tata! -
Sbatto le ciglia e sposto il ciuffo di lato.
Riccardo poggia a terra il trolley e alza lo sguardo nella nostra direzione.
Matteo salta con gli striscioni in mano e Giulia emette gridolini assurdi, battendo le mani.
La bocca del mio ragazzo si muove, in un sorriso leggero e i suoi occhi si spostano dai nostri amici, alla sorella, a me.
Neanche il tempo di tentare di sconfiggere la forza di gravità per muovere il corpo, che lui lascia andare il manico della valigia, tira indietro i capelli, divenuti esageratamente lunghi, e si tuffa in una corsa fulminante e carica di tutte le energie possibili.
Una corsa estrema che termina addosso al mio corpo, come un boomerang lanciato e non ripreso.
Un terremoto di scala nove punto nove.
Una tempesta equatoriale.
Uno tsunami.
Le braccia di Riccardo mi sollevano dal pavimento, - Piccolina, piccolina, piccolina - non sa dire altro o forse semplicemente non riesce a farlo.
Il suo tono è carico di emozione ed il mio è completamente afono.
Mi ritrovo a girare nel vuoto, le mani forti mi sostengono per i fianchi e la bocca sorride contro la mia.
Tutto sembra pura magia.
Un presente che non ha sapore di presente.
Un momento in bilico tra spazio e volume.
Volteggio spinta dalle braccia del mio unico amore e ascolto il cuore scoppiare di gioia.
Poi dopo un tempo interminabile Riccardo si decide a rimettermi con le suole a terra, anche se la testa continua a girare e il cuore a fare le capriole.
Porto le mani al petto e lascio che uno stupido sorriso si piazzi sul viso.
Riccardo posa le dita sulla mia fronte, - Ehi! - riprende fiato, - hai qualcosa di diverso...- mi scruta, - qualcosa...i capelli!- esclama, - cosa gli hai fatto? -
Mi incupisco, - Li ho tagliati, non ti piacciono?-
Lui mi guarda più deciso e piega il capo di lato.
Lo incito con lo sguardo, intimorita da una sua negazione.
Riccardo unisce le labbra e le muove a destra e a sinistra, - Sei semplicemente fantastica! -
Butto fuori l'aria che non mi ero accorta di trattenere, - Avevo paura di non piacerti più -
Lui fa scorrere la mano sulla mia guancia, fino alle labbra, - Mi sei piaciuta dal primo momento e mi piacerai per sempre! - inarca un sopracciglio, facendo luccicare l'orecchino appeso ,- credo che mi piacerai in qualsiasi forma e versione, con qualsiasi taglio di capelli, con più o meno abbronzatura e con qualunque stile di vestiti! -
I nostri occhi non possono dividersi, tanta è l'energia che li mantiene incollati.
Il cuore mi batte forte, - Non sai la voglia che avevo di questo momento - riesco a dire, - non sai quanto desiderassi...-
Riccardo sposta l'indice davanti al suo naso, - Shh - sussurra, - adesso basta parole! - Le sue fossette si materializzano magicamente, - adesso solo baci! -
Il mio respiro si strozza mentre la sua bocca si allunga in un tocco morbido e fugace.
Un tocco che rianima ogni cellula morta del corpo.
Un tocco che ho desiderato e fantasticato e immaginato per quattro lunghi mesi.
Un tocco però che inizia e finisce troppo velocemente, lasciandomi inevitabilmente a bocca aperta e con il cuore in gola.
L'attenzione di Riccardo si sposta da me al corpo della sorella, che si è avvicinata al mio fianco.Un corpo più pieno e colorito di un tempo. Ossa, muscoli e pelle di una ragazza sana e con la voglia di riprendere le redini di un'esistenza ancora da vivere.
- Marie - la voce di Riccardo è flebile, - sei...sei...- scuote la testa incredulo, come a volersi convinvere che ciò che sta vedendo è davvero reale.
Non una invenzione della mente.
Non una maledetta finzione.
Lei lo guarda con apprensione, sfregandosi le mani nervosamente.
- Sei in formissima! - eslama, allargando le braccia ad accogliere la rincorsa della ragazza contro il suo petto forte.
Marie si lascia stringere forte.
- Mi sei manca sorellina -
- Mi sei mancato fratellone -
Una lacrima mi riga il volto, alleggerendo del tutto l' anima.
I giorni bui sono definitivamente chiusi.
Sepolti in un passato concluso e finito per sempre.
Vedere Riccardo e Marie abbracciati è la visione più dolce e potente dell'universo.
I pianeti si ricongiungono.
Galassie e stelle ritrovano il loro cammino, portando di nuovo pace e serenità.
Marie abbandona ai lati delle cosce le braccia e Riccardo la guarda come se uno dei suoi sogni migliori si fosse appena realizzato.
Le guance piene della sorella e gli occhi colmi di sogni sono il segno più tangibile di un percorso di guarigione intrapreso e sentito con la determinazione di una donna.
Una vera donna.
Sono indice di forza e coraggio, di vittoria.
Le voci di Giulia, Leo e Matteo prendono forma alle nostre spalle. Energiche e positive.
Riccardo lancia un'occhiata ai cartelloni che Matteo continua a sbandierare animatamente.
Il suo viso pare contrarsi leggermente, mentre i piedi si muovono verso i tre ragazzi, allontandosi da Marie e da me di qualche passo.
-Cosa significa quello? - indica il secondo striscione.
Matteo ride e batte una pacca sulla sua spalla, - significa che mentre tu eri a Parigi, io e Marie...-
Lui non lo fa finire di parlare e salta ad afferrare la scritta, - Sappi che sono cambiato! - gli punta un indice contro, - ho lavorato molto sulla mia gelosia morbosa e questo striscione adesso non fa nessun effetto su di me! - riduce in coriandoli il pezzo di carta.
Matteo lo guarda perplesso, abbassando anche l'altro cartellone.
Forse sperava in un agguato, per potersi prendere la rivincita dalla scorsa lotta.
- Puoi uscire con mia sorella - continua Riccardo, - purchè la tratti come una regina - si volta verso Marie e la prende dolcemente per un polso, - ecco, ti concedo la sua mano, credo che insieme potreste provare ad essere felici! -
Matteo spalanca gli occhi sorpreso e Marie non smette di sorridere.
Riccardo fa sì che la ragazza si avvicini al riccio e lo abbracci, senza opporre alcuna resistenza, poi con andamento sicuro si muove verso Giulia e Leo.
- Grazie per essere qui - dice loro, - non mi aspettavo tutta questa accoglienza -
Leo batte una pacca sulla sua spalla, - Per un amico questo ed altro-
Il signor Serio si avvicina cautamente al gruppo, - Non vorrei interrompere questo vostro momento, ma visto che siete tutti presenti, ho una comunicazione da fare -
Ci guardiamo confusi.
Solo Riccardo incrocia le braccia e nasconde un sorriso. Una timida e divertita smorfia di chi è già al corrente di tutto.
- Marie - l'uomo si piazza di fronte alla nipote e ricerca la sua attenzione, - quando sei partita per Berlino ho fatto di nuovo domanda per il tuo affidamento e durante il soggiorno a Parigi ho ricevuto la telefonata dal tribunale dei minori -
Gli occhi chiari della ragazza si illuminano e le mani si nascondono dentro le tasche dei jeans.
- Mi è stata accordata - afferma l'uomo, - sempre che tu questa volta sia favorevole -
Le pupille della giovane si muovono freneticamente contro quelle del suo benefattore di fronte.
- Vuoi venire ad abitare con me e tuo fratello ? -
Lei volge il capo a Riccardo, che adesso sorride palesemente, poi a Matteo, che trattiene semplicemente il respiro e infine di nuovo allo zio. Le sue labbra si increspano appena, - Lo voglio - prende uno slancio e passa dalle braccia del fidanzato a quelle dello zio, - lo voglio con tutta me stessa! -
Riccardo si avvicina a loro e bacia i capelli lisci e scuri della sorella, - Hai fatto la scelta migliore - dice, - potremo formare una nostra famiglia -
Lei fa un passo indietro, anteponendo una minima distanza dai due uomini, - Papà e mamma non ci sono più - guarda a terra, - quella era la nostra famiglia -
Riccardo sospira ,- E' vero, ma credo che se loro mai potessero vederci, sarebbero felici di questa soluzione, lo zio è un uomo in gamba e ci vuole bene e noi due non staremo divisi -
Marie sorride e io non posso fare a meno di commuovermi di fronte alla ricostruzione del nucleo familiare.
Dopo un ultimo abbraccio, Riccardo va a riprendere la sua valigia e la trascina lungo il corridoio, fino all'uscita. Io resto al suo fianco e tutti gli altri dietro di noi.
Quando facciamo capolino all'esterno, l'aria di metà giugno ci avvolge con braccia calde e calorose. Il signor Serio si avventura nel parcheggio, alla ricerca della propria autovettura. Faccio per seguire i miei amici verso le auto dei genitori, in attesa in doppia fila, quando Riccardo con mia grande sorpresa mi afferra un polso.
Lo sento avvicinarsi con la bocca al mio orecchio, - Ehi, dove pensi di scappare tu? -
Non faccio in tempo a rendermi conto della domanda e delle sospette intenzioni, che mi vedo trascinare verso uno dei taxi in attesa. L'autista scende dal mezzo per caricare la valigia di Riccardo nel portabagagli e quest'ultimo mi apre lo sportello, facendomi salire sopra.
- Non pensare che mi accontenti solo di quell'abbraccio e di quel minuscolo bacetto - punta un indice contro, - dopo quattro mesi ho una voglia pazza di te, piccola, e tu oggi sarai mia e di nessun altro - nasconde un sorriso e si posiziona al mio fianco, - andiamo a Tivoli - dice all'uomo che si è appena messo alla guida.
Resto con le labbra semichiuse e il cervello completamente in tilt.
Lui poggia un braccio attraverso le mie spalle e mi stampa un sonoro bacio sulla tempia, frastornandomi ancora di più di quanto non lo sia già, - Voglio tornare alle origini - mi informa, - voglio andare nel mio angolo di Paradiso - poi aggiunge, - con te! -
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