CAP CXXVII Solo un puntino tra le nuvole
L'auto procede dritta e impassibile, diretta verso la meta che mai vorrei raggiungere; l'aereoporto.
Guardo fuori dal finestrino e trattengo il respiro, per evitare che un pianto dirompente si impossessi del mio corpo intero.
Delle gocce di pioggia battono contro il vetro, rimanendovi incollate.
Le seguo con lo sguardo, ognuna ha il proprio percorso, ognuna il proprio inizio e la propria fine.
Esattamente come la mia vita e quella di Riccardo.
Ci siamo incontrati, ci siamo conosciuti ed abbiamo viaggiato insieme parte della strada.
Un cammino interrotto da innumerevoli ostacoli che hanno portato a vivere vicini e lontani e di nuovo affianco.
Giorni di bellezza allineati ad imprevisti, malvagi, stupidi, esageratamente bastardi.
E adesso, l'imprevisto più orribile di tutti.
Quello che ho accettato a denti stretti e con il cuore ridotto alle dimensioni di una macadamia.
La partenza.
L'arrivederci.
Perchè è di questo che si tratta, di un semplice arrivederci.
Un piccolo addio di inutili, veloci, fulminanti quattro mesi.
Poggio la fronte contro il finestrino. E' freddo e riesce a catturare anche il minimo calore presente nell'organismo.
Giulia mi prende la mano nella sua e non dice niente. Guarda avanti, nello spazio tra i sedili anteriori, ed evita di incrociare il mio sguardo per non mettersi a piangere e di conseguenza far disperare anche me, più di quanto non lo stia già facendo da sola.
Leo, accanto alla fidanzata, è immobile e fissa i pollici, facendoli girare l'uno sull'altro.
Non so a cosa diamine stia pensando, ma sicuramente a qualcosa di non molto allegro, a giudicare dalla piega imbronciata del labbro superiore.
Il suono della radio è solo un bisbiglio che fa da sottofondo a ricordi vivi e malinconici. Un mix di voci e musica che non riconosco e ne' mi concentro ad ascoltare, tanto il cervello è carico di emozione.
I ricci biondi di Matteo, seduto esattamente di fronte, mi ostacolano la visuale, ma posso lo stesso scorgere l'intensità del traffico vigente.
Marcello riesce a destreggiarsi molto bene tra le auto in colonna e quelle posteggiate in doppia fila. Devo riconoscere che è stato gentile ad accompagnarci, nonostante la fidanzata fosse a letto con la febbre alta, lui si è offerto di immergersi nelle affollate vie di Roma per darci uno strappo fino a Fiumicino.
Quando arriviamo a destinazione, non c'è ombra di posteggio.
Così Marcello accosta vicino all'entrata, nell'area destinata ai taxi, - Andate pure voi - dice, - io resto qui ad aspettarvi -
Tutti e quattro scendiamo dalla vettura.
La pioggia adesso cade pacatamente e non è necessario aprire l'ombrello.
Giulia però si lascia turbare anche dalle poche gocce e mi afferra sotto braccio, - Tata, corri entriamo dentro! - mi tira, - ho appena fatto la piega e questa umidità è malefica per i capelli!-
In meno di mezzo secondo ci ritroviamo nella hall dell'immensa struttura. Io e Giulia avanti, Leo e Matteo dietro.
- Ecco! - l'indice della mia amica punta un grande schermo digitale, - quello è il tabellone delle partenze per Parigi -
Seguo con lo sguardo la direzione del suo dito e il cuore prende a battere all'impazzata. D'istinto muovo lo sguardo nei dintorni alla ricerca del mio unico e solo obiettivo: Riccardo.
Ma purtroppo non riesco a scorgere ne' un ciuffo dei suoi capelli, ne' un lembo della sua maglietta, ne' sentire il profumo, niente di niente.
C'è troppa gente ammassata, decine e decine di individui in fila con i biglietti in mano. C'è troppo rumore e voci che si accavallano.
Il vuoto mi assale ed anche il panico. Per un momento penso di aver fatto tardi oppure aver sbagliato ora o giorno o semplicemente momento.
Poi però, dietro ad un gruppo di boy-scout vedo il signor Serio e accanto il corpo inconfondibile del mio fidanzato.
È stretto dentro dei jeans neri e avvolto in un piumino con il cappuccio.
Immediatamente riprendo a respirare e schizzo in avanti - sono là- la voce si strozza in gola, mentre trascino Giulia verso la meta.
Più la distanza si riduce e più i battiti del cuore salgono, in un crescendo esponenziale. Una bomba ad orologeria che sta per esplodere, provocando un enorme e immenso big bang generazionale.
Riccardo è piegato su una grossa valigia rossa.
E quando mi trovo abbastanza vicina, lui alza la testa lentamente e la gira appena. Mi vede, i nostri occhi si incontrano e le bocche sorridono.La sua figura è bellezza allo stato puro, è magia, è attrazione, è un desiderio incontrollato che fa tremare le gambe e stringere lo stomaco. E a pochi passi da lui, in questo luogo impersonale e freddo, pieno di persone sconosciute, indaffarate e impazienti, capisco quanto il mio amore sia grande.
Un amore che ha dato spazio all'altro.
Un amore che riuscirà a vincere la separazione e la distanza.
Un' adorazione carica quanto milioni di pile e centinaia di batterie.
Inesauribile.
Lo slancio che compio allungandomi è impensabile.
Le braccia si allacciano al collo di Riccardo come ad una morsa maledetta, due tenaglie che si chiudono e desiderano non essere sganciate mai più.
Giulia, Leo e Matteo restano indietro e ci osservano prendere il viso tra le mani a vicenda.Smetto di contrarre i muscoli del volto e mi lascio andare, fino all'ultimo mi sono ripetuta di non farlo, niente scenate, niente pianti, niente drammi, niente cose del genere.
Mi sono ripromessa di mantenere contegno e fermezza, così che Riccardo potesse portare via con se' la mia immagine migliore, quella sorridente e spensierata. Ma adesso qualsiasi giuramento non ha più valore.
Le lacrime escono da sole e lo fanno a fiumi, senza che possa fare niente per fermarle.
- Piccola non piangere! - La sua voce cerca di consolarmi, ma trema più delle mie stesse mani, - abbiamo detto che ci telefoneremo tutti i giorni, ci scriveremo tutte le ore e non passerà minuto che penseremo l'uno all'altra! -
Annuisco.
E' vero ce lo siamo giurati e scongiurati, ma in questo istante tutto appare così irreale e gigante.
Una montagna da scalare e un fiume da attraversare, con la sola speranza di giungere alla meta illesi e il prima possibile.
Deglutisco e poso la fronte contro quella del mio uomo.
Un millesimo di secondo, il tempo di un singhiozzo soffocato e il sapore amaro di una lacrima, poi mi butto a capofitto dentro al suo collo e prego di poterci rimanere per sempre, o almeno finché avrò vita.
Riccardo poggia le mani sulle mie scapole, - Ehi! - sussurra soltanto.
Lo stomaco gira sotto sopra e la mente si appanna e per un secondo penso che forse ho commesso un gravissimo errore ad accettare e stimolare la sua partenza.
Per un attimo deduco che probabilmente sono stata troppo lungimirante e matura.
Sono andata oltre le mie vere possibilità.
Sarebbe bastato dire di no, un semplice no e adesso non saremo qui, di fronte alla fila per il check-in per Parigi, ma stretti nel suo o nel mio letto a vederci un film d'autore, a mangiare patatine e fantasticare sul nostro futuro.
Forse queste lacrime e questo saluto poteva essere evitato, ma poi, una voce dentro suggerisce che tutto ha un senso.
Tutto ha una logica. Ed io ho fatto la cosa giusta, quella di dare ascolto alla testa per una volta.
Riccardo è giovane ed è giusto che abbia la sua esperienza.
Nessun rapporto costretto da rigide catene diviene veramente potente. Nessun fidanzamento si mantiene forte se soffocato da cuscini di piume.
L'amore è un dono degli angeli.
Le loro ali sono grandi e accoglienti.
Proteggeranno Riccardo e poi lo riporteranno verso casa, verso di me.
- Promettimi che non commetterai pazzie - Riccardo posa le mani sulle mie spalle e mi spinge indietro per potermi guardare dritta negli occhi, - che nei momenti di sconforto lascerai che Giulia ti stia vicino e anche Matteo - alza gli occhi al soffitto, - lui un po' meno, soprattutto Giulia - precisa, - e poi che ogni sera prima di andare a dormire mi darai un bacio! -
Aggrotto la fronte e cerco di frenare il tremore delle labbra, - Un bacio - sussurro, - come potrò darti un bacio se sarai a chilometri di distanza?-
Il solo pensiero di non poterlo toccare e baciare mi uccide.
Logora anima e fegato.
Lui preme i palmi con maggior vigore contro le mie braccia, - Lo darai ad Annardo e sarà come se lo dessi a me! -
Non sono proprio convinta che sia la stessa identica cosa, ma cerco comunque di farmi forte e nel pianto permetto ad un sorriso di fare capolino timidamente, - Anche tu devi farmi un giuramento, devi promettermi che non consolerai la tua solitudine con qualche altra ragazza!-
Lui abbassa gli occhi a terra e poi li alza di nuovo nei miei, - Dicono che le francesine siano molto sexy...- Le sue fossette ai lati delle labbra si accentuano visibilmente nel tentativo di nascondere un sorriso malizioso.
Incrocio le braccia, risentita.
Riccardo si mette a ridere francamente e alza un dito sul mio viso, dalla fronte, alla linea del naso - Sto scherzando! - esclama divertito della mia reazione, - giuro che Parigi non segnerà la nostra rottura! - ferma il tocco sulla mia bocca, - giuro che Parigi sarà solo un breve intervallo che ci farà crescere e diventare più forti! -
La voce di una hostess si diffonde nella sala, richiamando i passeggeri a presentare documenti e biglietti.
Il signor Serio si avvicina cautamente a noi due, - E' il nostro turno, dobbiamo andare - richiama il nipote, - altrimenti perderemo il volo -
Riccardo annuisce, - Un attimo solo, zio! - si gira di nuovo verso di me.
I suoi occhi percorrono ogni centimetro del mio viso, soffermandosi sulle labbra, sul collo, sul torace e sulle mani, che non riescono a stare ferme, poi si alzano e vagano oltre la mia testa. Incontrano lo sguardo colmo di lacrime di Giulia, quello fermo e imperturbabile di Leo e quello coraggioso di Matteo.
Tutti e tre sollevano appena una mano e Riccardo fa lo stesso.
- Coraggio dammi anche il tuo biglietto e la tua carta didentità - Il signor Serio si sporge a prendere i documenti in possesso del mio ragazzo, - Ecco! - consegna il tutto alla hostess dietro il bancone.
Riccardo rimane impassibile, con lo sguardo verso i miei e i suoi amici.
Suo zio si avvicina e sta per prenderlo per mano e condurlo aldilà della barra metallica, quando lui oppone resistenza e, con una mossa agile e svelta, muove i piedi in direzione dei tre ragazzi. E' un attimo e la mano di Riccardo mi afferra, trascinandomi a schiantarmi contro il gruppetto.Le sue braccia si allacciano a quelle di Leo e al mio collo.
Il corpo di Matteo si schiaccia contro il mio e quello di Giulia preme al centro del cerchio, in un indistinguibile ammasso di gambe, mani e respiri.
Siamo un unico abbraccio.
Un'unica persona.
Le lacrime si mischiano ai sorrisi e ad altre lacrime pungenti.
Tutti i presenti ci guardano.
Chi in modo divertito, chi scocciato, chi solo incuriosito di vedere una strana e informe montagna umana.
La voce della hostess ci richiama. Il signor Serio torna a recuperare Riccardo, - Dobbiamo sbrigarci, altrimenti non ci faranno imbarcare, coraggio, hai già salutato i tuoi amici! -
Lui questa volta si lascia trascinare via. Le gambe tremano e non appena il suo corpo supera la linea di confine, dalla quale non è più possibile tornare indietro, il cuore affonda nel buio più pesto della notte. D'istinto corro in avanti, facendomi spazio tra i passeggeri in coda, e mi porto con le mani, il busto e tutto il peso oltre la ringhiera metallica.
Riccardo mi vede affannare e, incurante delle proteste dello zio e della hostess, lascia andare la valigia e viene verso di me.
Posa le mani sulle mie, sopra la barra che adesso ci unisce e poi ci dividerà per un tempo incommensurabile.
- Mi mancherai! - Le sue labbra si spingono alla ricerca della mia bocca, sicure e desiderose di stampare un bacio pulito, vero e coinvolgente.
Un bacio che Riccardo sembra volersi portare via con se' per sempre.
- Anche tu - poso la fronte sulla sua e annuso l'odore, il sapore, il tutto che gli appartiene - non sai quanto -
Lui chiude gli occhi e prende la forza necessaria per fare un passo indietro e poi un altro ancora. Afferra i manici del trolley e si volta.
Il respiro resta in apnea prolungata e gli occhi immobili sulla presenza del ragazzo che ha dato luce alla mia esistenza.
Osservo Riccardo affiancarsi allo zio e insieme, trascinando ognuno la propria mole di bagaglio, avviarsi verso l'imbarco.
Il rumore delle ruote del trolley diviene un rombo gigante, più forte del chiacchiericcio della gente, più potente dei battiti del mio stesso cuore.
E' un suono che mi porterò dietro e non cancellerò facilmente, così come non potrò scordare l'ultimo sguardo che Riccardo mi rivolge prima di accedere alla porta che conduce al nastro della consegna bagagli.
Occhi verdi e lucidi come un timbro impresso nella memoria. Inchiostro vero e indelebile.
Poi solo la sua schiena, il suo piumino e nient'altro.
Retrocedo fino a tornare ai miei amici, i quali mi abbracciano e conducono fuori dall'aerea delle partenze, fuori dalla hall, fuori dall'aereoporto.
Marcello ci attende con un braccio a ciondoloni dal finestrino.
All'esterno ha smesso di piovere, ma ha iniziato a farlo nel mio cuore.
Matteo si avvicina e mi posa un braccio attorno al collo, - Mi dispiace, amica mia - dice, - so cosa si prova a separarsi da qualcuno che si ama -
Asciugo gli occhi e la faccia e prendo un respiro più grande di quello che in realtà posso trattenere, - E' un male forte, quasi quanto il bene che si sente a innamorarsi! -
Il mio amico passa una mano tra i capelli, scomponendoli, - Già, ma vedrai che questo periodo passerà più veloce di quanto pensi - sospira, - e poi ricordati che non sei sola, hai noi - indica con un cenno Giulia e Leo, - hai me! - sorride.
Non posso non ricambiare il suo incoraggiamento, - Grazie, amico mio - mi spingo ad abbracciarlo e ad abbandonare le ultime lacrime sulla sua maglietta.
Durante il tragitto di ritorno il silenzio fa da padrone all'interno della vettura.
Nessuno parla.
Nessuno ha il coraggio di fiatare.
Marcello non chiede niente e gli altri preferiscono posare la nuca sul poggiatesta e abbandonarsi ai propri pensieri.
Io fisso oltre il vetro.
Davanti a me lo smog, le auto, qualche camion e il cielo.
Un enorme distesa azzurra, qualche nube residua e una scia.
Gli occhi seguono la lunga coda bianca, fino al puntino che l'ha lasciata.
Un unico punto nero tra le nubi.
Sogno e speranza.
Le labbra ripiegano in un sorriso involontario, pensando che in quel microscopico accenno di vita vi sia Riccardo.
I suoi occhi verdi, i suoi muscoli rassicuranti, i suoi capelli ribelli e le sue fossette.
Il ragazzo che ha rubato il mio cuore in carne ed ossa.
E proprio lui, dall'oblò di uno dei tanti finestrini dell'aereo, mi sta sicuramente vedendo e salutando, con un allegro cenno della mano.
Muovo le dita leggermente, - Buon viaggio, Riccardo - sussurro, - buon viaggio amore mio -
La scia bianca prende le sembianze di un cuore, prima di lasciare per sempre il cosmo.
È un attimo.
Ma accade.
O forse è solo una maledetta e bellissima illusione alla quale mi appiglio per vivere ed affrontare il tempo che verrà.
Quello incerto, buio e solitario.
Il tempo dell'attesa.
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