CAP CXX L'amore ha una forza strepitosa

Le luci dell'alba mi svegliano.

Sono ancora vestita dalla sera precedente.

Il cellulare privo di vita sotto una spalla e la foto dei miei genitori, incollata al torace.

Mi sollevo.

La testa esplode e credo che, prima di fare qualsiasi altra cosa, dovrò assumere un'aspirina miracolosa.

In mente vorticano le immagini dell'udienza, di Riccardo e la sua nuova fidanzata e poi la confessione di mia madre.

Le estenuanti chiamate.

Una dietro l'altra fino allo stremo.

Non sono figlia dell'assassino dei genitori di Riccardo e devo farglielo sapere.

E se non è possibile mettersi in contatto telefonico con lui, lo farò di persona.

Faccia a faccia.

Per l'ennesima volta.

Dopo una rapida tappa in bagno, per lavare via i residui delle ore notturne, indosso jeans e felpa puliti.

Districo i capelli e recupero una borsetta di panno dall'armadio, dove infilo dentro telefono, caricabatterie, fazzoletti, qualche spiccio e la foto in pegno. 

Corro al piano di sotto, urlando il nome di mia madre.

Lei si affaccia alla porta della cucina ed io la travolgo, - Portami da Riccardo! Per favore, per favore! - la prego, - devo vederlo, devo dirgli tutto! E con la tua auto faremo prima! -

Mamma muove le mani davanti al viso, - Okay, tesoro, dammi solo un attimo - si toglie la pannuccia dalla vita e prende le chiavi della macchina.

In meno di un quarto d'ora siamo di fronte alla villetta dei Serio e in meno di mezzo secondo sono fuori dalla vettura, protesa a suonare il campanello.

La porta si apre quasi subito e il cuore affonda.

Il respiro si strozza e le gambe tremano.

Quando vedo che ad affacciarsi è solo il signor Serio, riprendo fiato e allo stesso tempo mi incupisco, - Cercavo suo nipote - riporto i battiti a velocità regolare.

L'uomo avanza lentamente nel vialetto.

Ha qualcosa di strano in viso.

Di molto strano.

La sua espressione è crucciata e gli occhi sono cerchiati di viola.

- Riccardo non è qui, è andato a Tivoli, ieri sera mio padre è stato stroncato da un infarto -

Faccio un passo indietro completamente sotto sopra.

- Giusto il tempo di fare una telefonata per avvisarci che non stava bene ed è morto -

Cerco di immagazzinare quanto più ossigeno possibile, mentre un groppo pesante mi si ferma al di sotto della gola.

- So che anche tu hai conosciuto Jo - prosegue con un filo di voce, - se vuoi venire a dargli l'ultimo saluto, ti accompagno senza problemi, stavo giusto andando adesso... -

Guardo verso l'auto dalla quale sono scesa e poi di nuovo avanti.

Frastornata e scossa dalla notizia.

Lui mi incoraggia con la testa.

Annuisco - Certo, vengo con lei -

Mia madre mi osserva confusa, seduta immobile al posto guida.

Procedo a comunicarle il fatto.

- Vai pure tesoro - acconsente.

A testa bassa e con il cuore gonfio di cose da dire e fatti da capire raggiungo l'auto del signor Serio e mi siedo al posto del passeggero.

L'atmosfera nell'abitacolo è piatta. Nessuno dei due parla.

Il dolore dell'uomo è palpabile e il mio disagio altrettanto pressante.

Raggiungiamo l'ospedale e attraversiamo lo snodo che porta al retro del parcheggio.

Quando metto piede fuori dall'auto, il freddo punge ogni centimentro della pelle, quasi a fare male. Mi stringo dentro al piumino e guardo verso il cielo. E' bianco.

Uniforme e monotono.

Nessuna nube.

L'edificio di fronte è un miraggio in mezzo a un'isola di cemento.

Muri scrostati e mattoni a vista ne fanno da cornice.

Entro a testa china.

Il silenzio che avvolge la stanza dove è stato portato il corpo di Jo è inquietante.

L'odore dei fiori nauseabondo e la vista addirittura lacerante.

Non c'è nessuno.

Solo una persona, che però vale tanto quanto un'intera folla da stadio.

Riccardo.

E' in ginocchio con le mani sopra a quelle di suo nonno. E piange.

Faccio un passo avanti, quasi spinta dentro dall'uomo che mi ha condotta fino a qui.

Il cuore trema e gli occhi si fanno improvvisamente lucidi.

Jo sembra una statua di cera posata su un letto eterno e il nipote, un fiore deposto al suo capezzale. Riccardo si accorge del nostro arrivo e si volta.

Deglutisco nel vedere i suoi occhi sbattere contro i miei, quasi a chiedere e chiedersi il perchè della mia presenza.

Il signor Serio si posiziona al suo fianco e io mi sento improvvisamente di troppo.

Una persona fuori luogo e invadente.

Titubante mi muovo di qualche passo, fino a raggiungere il corpo immobile e freddo di Jo, ricordandomi delle parole, dello sguardo, del modo di muoversi dell'anziano e dolce uomo quando era ancora in vita.

L'ho conosciuto per un solo giorno.

Un pomeriggio indimenticabile.

Riccardo mi segue con lo sguardo macchiato dal pianto e lentamente si mette in piedi.

- Mi dispiace - dico.

Lui rimane impassibile e dalla sua bocca nessuna parola, neanche un soffio.

Abbassa solo la testa e porta le mani davanti al viso.

Il pianto si tramuta in singhiozzo, e io non posso fare altro che slanciarmi contro di lui e accoglierlo tra le mie braccia.

Sorpresa e fiera della mia stessa mossa lo stringo sempre più.

Lui me lo lascia fare. 

Porto le mani sui suoi capelli e affondo le dita, cercando di assorbire ogni suo male.

Tutte le lacrime che fuoriecono sono dolore che rompe le barriere della luce, del suono e dell'universo intero.

Rimaniamo abbracciati e stretti per alcuni secondi, senza parlare.

Quasi senza respirare.

Riccardo è un essere fragile e consumato, un ragazzo solo e improvvisamente vulnerabile.

Quando allento la presa e lo lascio andare, il vuoto, appena riempito dall'abbraccio, si impossessa di nuovo dei nostri corpi.

- Mi dispiace - ripeto, come una macchina inceppata, un disco che gira più volte la stessa canzone.

La situazione è irreale e cruda.

L'adrenalina scorre dalla pianta dei piedi alle punte dei capelli.

I nostri occhi si fissano e i respiri tremano.

- Hai visto? - La voce di Riccardo è appena percettibile - sembra quasi che dorma -

Deglutisco.

Jo riposa in pace mentre il profilo di Riccardo è dolce e bambino.

Un ragazzo cresciuto in fretta e abbandonato a un destino crudele e infame.

Fa male vederlo così.

Fa male anche solo sentire la sua bellissima voce consumata dal dolore.

Vorrei abbracciarlo di nuovo, vorrei dire che io sono qui, pronta a dargli tutto il calore e l'affetto che non ha, vorrei dirgli che l'odio può essere sconfitto perchè la mia rivelazione lo supera di gran lunga, ma non riesco ad aprire bocca, non sono in grado di emettere neanche il più piccolo e innocente dei rumori.

Riccardo di fronte, suo zio vicino e Jo immobile, per sempre.

Non è questo il momento.

Non è questo il miglior attimo.

Riccardo si asciuga il viso con il retro dell'avambraccio, - Io gli volevo bene-

Il cuore batte forte, è un boato assurdo nella quiete della stanza.

Pace carica di parole.

Pace creata che si rompe immancabilmente, non appena dalla porta appaiono in fila indiana Giulia, sua madre, Leo e il padre, seguiti da altre persone che non ho mai visto prima.

Faccio un passo indietro e permetto alla gente di scambiare le condoglianze con Riccardo e suo zio.

L'aria che si inala diviene irrespirabile.

Ho bisogno di uscire.

Ho bisogno di prendere fiato.

Mi allontano, portandomi sul piazzale esterno.

La vita è qualcosa di imprevedibile e inaspettato.

Prima la gioia, poi il dolore, la speranza e di nuovo altra sofferenza.

Dalle ante semiaperte posso vedere Riccardo diffondere fastidiosamente degli abbracci sfuggenti e compiere freddi cenni con la testa.

Un brivido sale sulla schiena al solo pensiero che anche noi due abbiamo scambiato la nostra stretta, poche parole, ma una immensa sinapsi di sentimenti.

Le campane suonano e due uomini in giacca e cravatta, fanno l'ingresso nella stanza, pronti a deporre Jo in una raccapricciante cassa di legno.

Siedo sul muretto poco distante e osservo i presenti portarsi in cortile, in attesa che la salma venga sistemata e chiusa per sempre.

Riccardo è l'unico che non esce dalla stanza.

Stringo gli occhi e caccio indietro le lacrime.

- Tata - La voce di Giulia mi raggiunge familiare, - hai fatto bene ad essere qui - allunga una mano a spostare indietro una ciocca dei miei capelli, - decidere di venire, nonostante le cose tra te e Riccardo non vadano bene, dimostra coraggio e forza d'animo! -

- L'ho fatto per Jo - sospiro, - era un uomo in gamba - fisso una cicca pestata a terra, - e poi, lui e Riccardo si volevano un gran bene -

Lei scuote la testa, - Un'altro tassello della sua famiglia che se ne va -

- Già - riconosco, - Riccardo è davvero afflitto -

Giulia preme due dita sulla mia guancia, costringendomi a girare il viso, - E tu? - I suoi occhi cercano nei miei la risposta più autentica, - come stai? -

Alzo appena le spalle e le riabbasso subito dopo, - Il processo mi ha logorato l'anima, così come sapere che nel cuore di Riccardo ormai c'è un'altra persona -

Lei sbuffa, - Te l'ho detto ieri e te lo ripeto adesso, nel cuore di quel ragazzo non c'è nessun altra se non tu! Il bacio che tu hai visto fuori dall'aula del tribunale è privo di basi e fondamento - afferma, - posso giurartelo, Leo parla spesso con Riccardo e sa che con quella ragazza non c' è assolutamente niente di importante, lei è una conoscenza dell'istituto, una stronza, bastarda, troia...-

- Giulia? - la riprendo.

- Scusami - alza gli occhi al cielo, - ma sapere di lui e quella Samanta mi ha irritato...-

- Samanta...- biascico.

La giovane dai capelli rossi e il viso tempestato di lentiggini ha un nome.

Un nome che già odio profondamente.

La mia migliore amica fa un passo avanti e spinge sui polsi per sedersi al mio fianco, - Anche se Riccardo non vuole ammetterlo, sappiamo che usa quella tizia solo come ripiego per togliersi di dosso l'amore che ha per te, a quanto pare non ha ancora capito che non esiste nessun modo per smettere di amare qualcuno, neanche l'odio è sufficiente, perché ci sarà sempre qualcosa, un ricordo, un emozione, che gli farà sentire quanto sia sbagliato covare rancore! -

Le sue parole lasciano in bocca il sapore amaro della nostalgia e mi permettono di aprire il cuore.

- Giù - i miei occhi si stagliano dritti nei suoi, -  forse c'è un modo per allontanare definitivamente quell'odio maledetto e far tornare Riccardo sui suoi passi -

Lei punta la pianta degli stivali contro il muro e si mette ad ascoltarmi concentrata.

- Quello che sto per dirti è un vero e proprio shock, lo è stato e lo è tutt'ora anche per me, ma potrebbe davvero cambiare le cose -

Giulia spalanca gli occhioni azzurri e sbatte le lunghe ciglia.

- Domenico Colonna - respiro forte, -  lui, ecco, lui...non è mio padre-

La mascella della mia amica cala più del dovuto, - Che cosa? -

- L'uomo che ho creduto per quasi sedici anni avere catene del mio stesso dna, in realtà non possiede neanche il più piccolo cromosoma - confermo, - quell' individuo non è assolutamente niente per me, se non una persona che si è presa gioco dei nostri sentimenti - aggrotto la fronte e lancio una rapida occhiata verso gli altri presenti, ancora fermi sulla soglia della stanza, - il mio vero padre è un vecchio amore di mamma, un amore adesso lontano! -

Giulia apre e chiude la bocca ,- ma è, ma è...una notizia bomba! -.

- Esatto - concordo, - ed è l'unica chiave che mi resta a disposizione per provare a riaprire il cuore serrato di Riccardo! -

I suoi occhi si illuminano, - E cosa aspetti a dirglielo? - boccheggia, - devi farlo subito! Riccardo ti ama, ti ama e ti detesta, ma solo perchè sei figlia di quel verme, e se...se non sei più sua figlia, allora ti amerà soltanto...-

Il suono dei passi degli uomini che portano la cassa in spalla mi fa rabbrividire e spostare l'attenzione verso la piccola folla che lentamente si incammina in direzione della cappella poco distante.

- Lo spero Giù - sussurro, - lo spero tanto - poso una mano sul suo ginocchio e premo forte, - non appena la cerimonia sarà finita gli dirrò tutta la verità! Voglio che sappia, voglio che il rancore sia allontanato per sempre dalle nostre vite! -

Lei scivola giù dal muretto e mi allunga una mano in aiuto, - Questa volta sono sicura che l'amore vincerà! - sorride - anzi non ho dubbi! -

La messa e la commemorazione di Jo si protraggono per quasi un'ora.

Dalla cappella ci spostiamo al cimitero vicino.

Riccardo è distante ed immerso nel suo mondo parallelo di ricordi e dolore.

Lo osservo, rimanendo a fianco di Giulia e Leo, a notevole distanza.

Non voglio invadere il suo spazio.

Non voglio incrinare la barriera di protezione che si è posto tutto intorno.

L'amore per suo nonno era qualcosa di unico e potente.

Qualcosa che compensava quello dei genitori.

Qualcosa che conserverà per tutta la vita.

E' giusto che lo viva e lo affronti nel modo più personale e profondo possibile. Poi, quando il rito giunge al termine pian piano i presenti cominciano ad abbandonare il campo. 

Anche Leo e Giulia sono costretti dai loro genitori ad andarsene.

- Dobbiamo scappare a preparci - spiega la mia amica, - nessuno di noi avrà lo spirito giusto, ma abbiamo prenotato un ristorante in piazza del Popolo per festeggiare questa notte di fine anno, tutte e due le nostre famiglie insieme! -

Annuisco, senza sapere cosa rispondere.

A dire la verità neanche ricordavo che oggi fosse la fine dell'anno.

Un giorno così triste e brutto, a coda di un periodo totalmente sconvolgente.

- Vuoi che ti diamo un passaggio a casa? - Leo passa un braccio attorno al collo della fidanzata.

Scuoto la testa, - Non importa, troverò il modo per tornare, a costo di farmi di nuovo scortare dal signor Serio - mi giro appena verso Giulia e gli stringo un occhio, - preferisco restare un altro po', devo confessare quel fatto...-

Lei sorride complice e ricambia l'occhiolino, - In bocca al lupo Tata - si sporge ad abbracciarmi, - e ricorda l'amore ha una forza strepitosa! -

Lancio uno sguardo all'interno del cimitero e scorgo Riccardo inginocchiato, ma questa volta non vicino al tumolo di fiori appena composto, ma alla tomba di fronte.

Anzi le due tombe di fronte.

Un passo avanti e un altro ancora e mi accorgo che le date e i nomi corrispondono esattamente alla sua sofferenza più grande.

I genitori.

Chiudo gli occhi e caccio indietro il dolore.

Quando sollevo le palpebre i miei amici sono ormai lontani, così come le parole di Giulia.

Un eco appena udibile dentro le coste e attraverso le tempie.

L'amore è forte ed io lo sono più di lui.

Prendo un bel respiro pronta a procedere verso Riccardo per distrarlo dal suo guscio di sofferenza e metterlo al corrente dei fatti, quando, una voce familiare, chiama il mio nome da dietro.

Mi volto, ritrovandomi di fronte il viso morbido e rassicurante di Matteo.

- Amica mia - si slancia tra le mie braccia, - Marie mi ha chiesto di essere presente alla cerimonia, mi ha chiesto di farlo per lei, ma io...io sono arrivato tardi, c'era un traffico tremendo...- affanna, - me la sono persa, non ho saputo mantenere la parola, non ho saput...-

Mi sciolgo dall'abbraccio e lo freno, - E' tutto okay! Marie sarà ugualmente serena sapendo che sei qui adesso !- I miei occhi incontrano i suoi, - l'importante è il pensiero e tu ci hai provato, non è colpa tua se hai trovato traffico! -

Lui annuisce, forse un po' rincuorato ed io non faccio in tempo ad accennare un vago sorriso che sento una mano cingermi la mia vita.

- Baby! -

Mi giro di scatto. Isac si materializza alle mie spalle.

Torno a guardare Matteo e poi di nuovo indietro, - Cosa ci fai qua ? - Il mio tono è sorpreso e quasi infastidito.

Il mio amico apre bocca per intervenire, ma Isac lo anticipa - Sono venuto ad accompaganre Matteo, mi ha chiesto questo favore, e tu cosa ci fai? Non credevo di trovarti qui, è da ieri che cerco di chiamarti! - La sua voce è un suono ridondante e inopportuno, - perché non hai risposto alle telefonate? Non volevi sentirmi? - Le sue domande si accavallano nella mia testa, impazzite, - Baby, cosa sta succedendo?  -

Deglutisco forzatamente.

Non sta succedendo niente.

O forse sta accadendo tutto.

Ho capito di aver commesso un grande, gigante, immenso errore.

Mi sono illusa che questo ragazzo simpatico, dolce e gentile potesse sostituire e sconfiggere l'amore per Riccardo, quando invece niente e nessuno potrà mai farlo.

Matteo calcia dei sassolini con la suola della scarpa e guarda i nostri visi vicini e contratti.

Isac scuote la testa, - Come mai sei al funerale di un uomo che appartiene ad un passato che fino a pochi giorni fa volevi dimenticare?  -

Boccheggio senza trovare le parole più giuste e meno dolorose per porre fine a quello che si sta rivelando un vero e proprio interrogatorio unidirezionale.

Gli occhi di Isac oltrepassano la mia figura, fino al cancello del cimitero. 

Mi volto appena in direzione del suo sguardo e vedo Riccardo uscire, diretto alla moto.

L'impulso è di mollare tutto e tutti e scappare verso di lui. Immagino di fermarlo e raccontargli la verità sulle mie origini.

Ma il senso di colpa ha la meglio. Prima devo risolvere la situazione con Isac, altrimenti non sarò pronta e libera fino in fondo. E poi glielo devo. Lui è stato gentile con me ed io non lo sto certo ripagando con la stessa moneta.

Resto ferma e torno a guardare il ragazzo che ho di fronte, - Sono qui perchè non voglio dimenticare quel passato - butto fuori, - voglio riprendermelo e trasformarlo in presente! -

Sono cosciente del male che ho fatto e sto facendo ad Isac, ma proseguo, perchè la verità è migliore di qualsiasi altra menzogna, - Perdonami, ho sbagliato a cercarti la prima volta, ho sbagliato a farti credere che ti avrei amato, ma io non posso farlo ne' adesso ne' mai - sospiro, - il mio cuore è destinato a un'altra persona e se non sono in grado di averla, allora preferisco restare da sola e imparare ad affrontare la vita con le mie stesse forze, senza illudere e succhiare un amore che non merito affatto -

Isac scuote la testa, - Cosa stai dicendo? - Le sue mani sulle mie, - sei solo confusa, dal processo, dagli eventi di questo periodo, hai sicuramente solo bisogno di tempo, qualche giorno...io sono disposto ad aspettare...- ansima, - per favore non buttare tutto all'aria per un ragazzo che non ti ama, che non ti desidera, che non ti adora quanto io adoro te! -

Le sue parole mi sciolgono l'anima.

Matteo si schiarisce la voce e fa un paio di passi indietro, senza smettere di torturare i sassolini del piazzale.

Sembra a disagio nel vedere l'amico in difficoltà.

Secondo la sua visione sarebbe stato Isac a crearmi dei problemi e invece la colpevole a quanto pare sono io. Io e nessun altro.

La moto di Riccardo romba e lascia dietro di se' un grande polverone, prima di immettersi nella strada.

Isac non molla la presa e io non smetto di puntare lo sguardo ancora verso Riccardo, che si dilegua definitivamente.

Gli occhi di Isac si fanno lucidi, - Baby, io ti am...-

Prima che possa finire la frase gli blocco la bocca con la mano, - Non dirlo! - lo supplico.

Lui respira forte dentro il mio palmo. Poi abbassa lo sguardo sulle mie dita e piega appena all'ingiù gli angoli della bocca, - Hai tolto l'anello -

La voce suona aspra e afflitta.

Trattengo il fiato, - Non riuscivo a portarlo - ricordo di averlo ficcato in fondo alla tasca del piumino, nel momento di rabbia più nera.

I suoi occhi si rattristano e le mie braccia ricadono lungo i fianchi, totalmente prive di forza.

Frugo alla ricerca del cerchietto e una volta recuperato dalla fodera lo allungo verso di lui, - Prendi, credo che sia più giusto destinarlo a una ragazza meno terribile di me -

Isac solleva appena il braccio, giusto il necessario per accogliere l'anellino dentro al palmo, - Tu non sei terribile, sei solo ancora innamorata di quel bulldozer impazzito...-

L'espressione mi fa quasi sorridere, perché riporta a galla ricordi di serate e gelosia.

- Mi dispiace Isac -

Lui alza le spalle, concedendomi un ultimo sguardo, - Buona fortuna - dice soltanto.

Una lacrima passa indisturbata dalla rima degli occhi al lato della bocca, mentre Isac si volta e si incammina nell'ampio parcheggio.

Il cappotto lungo e nero. La coda più bassa del solito e l'andamento tipico di un ragazzo che ha appena ricevuto il rifiuto più grande della sua vita.

- Hai fatto la scelta migliore - Matteo mi si avvicina di nuovo, - tu devi pensare alla tua vita, ad Isac vedrai che passerà - si sporge a lasciarmi un bacio sulla guancia, - ha la pelle dura quello! -

Mi lascio sfuggire un lieve sorriso.

Triste e malinconico.

Infilo le mani in tasca e guardo Matteo raggiungere a grandi passi l'amico e tornare all'auto bianca e sportiva.

Dal cielo i fiocchi di neve prendono a scendere più grossi e soffici.

Si posano sui capelli, sulle spalle, sulle ciglia e ovunque intorno a me.

In poco tempo l'atmosfera diviene ovattata e attutita.

Faccio qualche passo, affondando sul terreno che comincia ad assumere il colore candido dell'inverno.

Mi avvicino all'ingresso del grande cancello di ferro battuto.

Lo zio di Riccardo è intento a disquisire con un paio di persone.

Sospiro e giro la testa a guardare la strada.

Verso la stessa direzione dove la moto e il mio centauro sono ormai spariti.

Il signor Serio parla ed io devo raggiungere Riccardo. Il prima possibile.

Improvvisamente la frenesia si impossessa del mio corpo.

Non c'è tempo per le chiacchere.

Non c'è tempo per aspettare.

Mi incammino sul sentiero che porta alla via principale, lasciandomi alle spalle il cimitero, l'addio ad Isac e la sepoltura di Jo.

Quando arrivo al bivio mi rendo conto però che il cartello che indica la capitale è orientato in direzione opposta a quella presa da Riccardo e dalla sua moto.

Mi blocco.

Percepisco tutto il ghiaccio e il freddo che satura l'atmosfera.

Dunque Riccardo non è andato verso casa...

Chiudo gli occhi e l'immagine di Samanta mi passa dalla testa in un flash.

E se fosse diretto da lei?

Ma poi mi dico che non è possibile.

Per arrivare all'istituto avrebbe comunque dovuto prendere le indicazioni per Roma.

E allora, se non a casa e neanche all'istituto dove può essere finito?

L'ansia comincia a prendere campo dentro di me e se fino a pochi attimi prima pensavo di poter prendere un autobus e raggiungere la Nomentana, adesso quella soluzione, non sembra affatto la più sensata.

La neve in poco tempo riempie la campagna, gli alberi ed i pendii.

Ed io volgo lo sguardo all'orizzonte.

Espello un respiro lungo e butto fuori ogni residuo di anidride carbonica presente nei polmoni.

Presa dallo sconforto, sto per abbandonarmi a sedere sull'immensa purezza bianca, quando un pensiero si insinua serpeggiando dentro la testa.

Il ricordo di parole ormai lontane giorni e giorni.

Il resoconto di una confessione sussurrata con il cuore dentro il palmo di una mano.

- Questo è un luogo speciale - mi rimbomba nella testa, -...è l'unico posto dove sento l'anima in pace...-

La voce di Riccardo si accavalla ai ricordi.

La fuga in moto, pigiando un giorno di scuola.

La canzone che ha fatto da colonna sonora di un pomeriggio indimenticabile.

Come ho fatto a non pensarci subito?

Come ha fatto a non venirmi in mente all'istante?

C'è solo un posto possibile dove Riccardo possa essersi spinto dopo una giornata come questa. Il luogo dove ho conosciuto Jo.

Quello nel quale tutto sembra magico e sospeso nel tempo.

Il laghettto.

La casa sul pontile.

Boccheggio, come colta da una improvvisa folgorazione.

La gioia cresce dentro insieme alla consapevolezza che la mia supposizione si rivelerà di sicuro una certezza.

Ma purtroppo l'allegria dura pochi attimi.

Mi guardo intorno, disorientata e persa e mi rendo conto che da sola non riuscirò mai a trovare quel posto.

Così, presa dalla voglia e dal desiderio di spiegare a Riccardo la verità, mi muovo, tornando indietro, al cimitero e alla mia sola speranza.

Gli Ugg affondano nella neve già alta qualche centimetro e l' affanno si manifesta nella corsa verso lo zio di Riccardo.

In mente un' estrema richiesta di aiuto.

Nel cuore solo la voglia di raggiungere il prima possibile la mia unica ragione di vita.


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