CAP. CXII Riccardo e il nascondiglio della felicità

Riccardo

Primo giorno della settimana e primo giorno di un nuovo mese. Dicembre è arrivato con il suo dannato freddo e umidità.
Per uno come me, che ama caldo e fughe in moto, non è affatto la migliore delle stagioni.
Il professore di informatica emette una sequela di numeri ed equazioni che interpreto nel giro di pochi minuti. I suoi esercizi sono banali e mi annoiano a morte.

Il computer emette un suono grave che indica la riuscita dell'esercizio. Gli occhi si spostano nello schermo da una cifra all'altra. Cifre insignificanti, ma che unite diventano il centro del mondo.

Sommo i due uni; due mesi da quando ho conosciuto Arianna. Associo l'uno al sei; sette settimane dal nostro primo bacio.
Unisco il quattro con il cinque; nove giorni dell'ultima volta che ci ho parlato.

Chiudo gli occhi e prendo la testa tra le mani.
Solo un emerito pazzo come me può fare un simile gioco numerico.
Solo uno stupido può intripparsi in insensati flash mentali.

L'insegnante impartisce un nuovo compito, lo inizio e lo termino con una rapidità superiore alla media. Aspetto che i compagni raggiungano la soluzione e di nuovo mi trovo a pensare.

Questa volta niente numeri, giorni o settimane.
Questa volta entrano in ballo i sentimenti, come palline del lotto, mescolate e sparate a tutta velocità dalla macchina della fortuna.

Il cuore si stringe al pensiero di Arianna e della sua mancanza, ma si indurisce immancabilmente, quando mi rammento che lei non è e non deve contare più niente per me.
Gli occhi desiderosi di affetto di Samanta appaiono nella mente come lampi a ciel sereno.
La pelle coperta di lentiggini e un'esistenza devastante più o meno quanto la mia.
Forse il destino era stato scritto fin da principio ed io non mi ero affatto fermato a leggerlo.
La mia vita è legata all'istituto e alle ragazze che lo popolano, è legata alla solitudine e non al filo sottile che credevo mi unisse alla persona più bella e dolce che abbia mai conosciuto. Sposto appena la sedia indietro e stendo le gambe, accavallando l'una sull'altra.

Potrei affogare nei pensieri, essere risucchiato come una ventosa e non uscirne vivo mai più.
Potrei morire letteralmente durante una banale ora di informatica, in un'aula a piano terra di un liceo comune della capitale.

Potrei, se solo non venissi distolto dalla voce di Rebecca che si staglia alle mie spalle fastidiosa e irritante, - Che succede? I pensieri ti divorano ? -

Fingo di non sentirla e fisso il monitor del computer.

Lei si sporge e la voce arriva più diretta, - Sai che il broncio non è poi così male sulle tue labbra? - poi aggiunge, - anche se sei molto più bello quando sorridi! -

Stringo il mouse sotto le dita e impiego una buona dose di energia e autocontrollo per non scagliarglielo contro.

- Se solo riuscissi a dimenticare l'episodio del malvagio scherzo all'agriturismo, forse potresti anche farmi pena! -

- Piantala Rebecca! - mi volto di scatto, - ho fatto bene a legarti! Se tornassi indietro ti imbavaglierei anche! - muovo le braccia freneticamente, - e della tua pena sappi che non so proprio cosa diavolo farmene! -

Lei sorride, - Hai ragione! La mia pena non potrà riportarti indietro Arianna! -

Torno a girarmi verso il calcolatore, serrando forte la mascella.

- In giro si dice che sia stato tu stesso a rifiutarla, perché figlia dell'uomo che ha ucciso i tuoi genitori, è vero? - prosegue, - perché se è così, sei stato proprio uno sciocco, dopo tutta la fatica che hai fatto per allontanare me e Marcello dalla vostra relazione, lasciartela sfuggire per così poco! -

Stringo i denti e respiro forte. Rebecca non può sapere niente di me e del mio malessere.

Lei non sa che dentro mi sento divorare dall'ottusità e dalla rabbia.
Non sa che amo e odio Arianna, come amo ed odio la storia della mia vita.

- E comunque la piccola e innocente bambina di II D si è già trovata un'ottima consolazione! - sibila, - lei e Isac erano alla festa Afro sabato sera, sembravano una bella coppiettina innamorata, anche se, in tutta sincerità, tu e lei eravate cento volte migliori! -

Il cuore si spezza in due e la testa esplode.

Dalle tempie e dalle orecchie fuoriescono numeri e date, il cervello sembra appiccare un incendio. - Stai zitta ! - faccio rumore girandomi con la sedia, - e per una volta impara a fare gli affari tuoi! -

Lei resta a bocca aperta. L'insegnante di informatica batte una mano sulla cattedra, chiedendo silenzio e concentrazione. Mi giro di scatto e chiudo gli occhi.

La visione di Arianna e Isac per mano sul lungo Tevere mi perseguita da giorni, adesso anche la loro presenza a una dannata festa insieme. E se Rebecca si fosse inventata tutto?

Solo per colpire e ferirmi...

Cerco di convincermene, anche se dentro so bene che è solo un modo per ripararmi dal dispiacere. Non ho parole, non ho modi e capacità per manifestare quanto la notizia possa farmi stare male.

Sono una merda.
Una diavolo di merda annientata e distrutta.
E l'ho voluto io.
Io e la mia pazzia.

Rebecca sghignazza alle mie spalle, divertita e perversa del dolore altrui, e insieme a lei le due compagne insignificanti e inseparabili. Cerco di spostare la mente altrove.

In un altro luogo, che non sia questa scuola e che non sia Arianna.

Mi concentro su Samanta e le notti di sesso e fuga.
Una fuga dalla realtà e dal male.
Una fuga dai pensieri confusi e dalle manie.
Le sue mani, la sua bocca, i nascondigli riaperti per me e per lei. Ma tutto ciò non calma il respiro affannato e il cuore impazzito.
Non in questo momento.
Traffico in tasca e recupero il cellulare. Scorro in rubrica, fino a individuare il numero di Elisa che ho registrato. Numero che non sono ancora riuscito a comporre.

Ho paura e allo stesso tempo vorrei farlo con tutto me stesso.

Sentire la presenza della mia vecchia amica potrebbe riportare pace nel cuore. Ho timore di disturbare la sua quiete, ma non posso resistere oltre.

Mi disfo di ogni timore e digito un breve e conciso messaggio:

<< Come va la vita fuori? E' all'altezza dei tuoi sogni? Pensavo di salutarti prima della partenza, ma non sono riuscito a farlo. Volevo farti sapere che ti voglio bene come amico e confidente. Non sto attraversando un bel momento e mi manchi. Mi mancano i nostri segreti e le nostre chiacchiere. Ti auguro di essere felice. Io non lo ero dentro e non lo sono oggi fuori. Non so se potrò mai esserlo e spero che, almeno tu, trovi il tuo cammino. Riccardo >>

Premo invio e l'anima da subito si ammorbidisce.

I saluti alleggeriscono le pene e creano un varco sottile di luce.

Un faro tiepido, che scava nel buio, permettendo di aggrapparmi ai ricordi e al passato.

Un passato del quale non riesco affatto a disfarmene completamente.

Un passato che però, al momento, non riesce in alcun modo a farmi sentire meglio.

Il suono della campanella di fine lezione mi riscuote.

Metto il cellulare in tasca e salvo su una cartella del desktop gli esercizi svolti.

Il professore ci da appuntamento alla prossima settimana ed esorta a spegnere correttamente gli apparecchi.

Rebecca esce sculettando, seguita da Alice e Megan e una volta sulla porta mi lancia un ultimo sguardo di sfida e rivincita.

La mia sofferenza è per lei la più grande vittoria.

Sospiro e riporto l'attenzione sul calcolatore.

Prima di avviare la procedura di spegnimento accedo alla mail personale e alla mia ultima possibilità per tornare a vivere.

Rileggo il messaggio del direttore dell'istituto e spinto da una scarica di energia potente e infinita compilo il modulo francese allegato in ogni suo punto.I compagni escono dalla stanza ed io rivedo il documento punto per punto, accertandomi di non aver commesso errori.

Poi sposto l'indice sul tasto destro del mouse e premo invio.

La conferma di iscrizione al corso di cucina a Parigi viene inoltrata, fino a arrivare a destinazione. Una destinazione che sarà il mio futuro.

- Serio ha intenzione di passare qui l'intera mattina? - Il professore batte il piede sul ciglio della porta, - coraggio, spenga quel Pc e venga fuori, devo chiudere la stanza -

Annuisco e mi alzo in piedi, dopo aver dato avvio al termine del processo.

L'uomo mi lascia passare, sorridendomi.

Credo che abbia una certa simpatia verso di me e la mia inclinazione per la materia. Sto per raggiungere gli altri, già schierati in una fila più o meno univoca, pronti per tornare in classe, quando vedo Leo all'angolo del corridoio piegato sulla fotocopiatrice.

- Ehi amico! - mi avvicino.

Lui si riscuote, - Ehi! Riccardo! - fa scontrare il palmo contro il mio e lo stringe, - questa maledetta macchina non vuole funzionare! Devo stampare dieci copie di un articolo per l'insegnante di lettere, ma sembra quasi un'impresa impossibile -

Mi avvicino e guardo il display.
Altri numeri, altri maledetti numeri.

Prendo un respiro e muovo il piede a scagliare un calcio ben assestato sullo sportello laterale. Leo porta una mano alla bocca e si guarda intorno, impaurito che qualcuno possa vedere la mia furia diretta contro un'innocente macchina per fotocopie.

- Dannazione! Devi funzionare! - Un calcio e un altro ancora, - ho detto che devi funzionare! - spazientito mollo anche un cazzotto, che risulta essere la manovra vincente. 

L'apparecchio finalmente si mette in moto. Ma purtroppo, troppo in moto.

La fotocopiatrice pare impazzita o semplicemente posseduta da un demone infernale.

Leo mi guarda confuso, mentre esce un foglio dietro l'altro, senza sosta, - Fermala subito! - porta le mani ai capelli, in preda a una crisi di panico.

Mi avvento sul display e premo tutti i possibili tasti, fino a quando non trovo quello che placa la sequela assassina di repliche. Un centinaio di fogli giacciono sul piano, inermi. Li fisso incerto, come se prenderli tra le mani potesse far partire di nuovo il marchingegno.

- Okay - fa Leo, - sono più di dieci copie, ma meglio abbondare, no? -

Alzo le spalle, - Esatto! - infilo le mani nelle tasche.

Lui prende il malloppo tra le braccia. Faccio un passo indietro per salutarlo, poi però ci ripenso e mi soffermo, - Emm sai che io...volevo chiederti...-

Leo alza gli occhi sui miei ed io prendo un bel respiro, - Ecco tu sei stato...tu...tu eri alla festa sabato sera? -

- Intendi la festa Afro a casa di Federico? -

Annuisco.

Lui aggrotta la fronte, - Sì, perché? -

Pigio le mani dentro le fodere e inarco le spalle, - Oh...beh...io...-

- Tu volevi sapere se c'era anche Arianna, giusto? - chiede, quasi fosse la cosa più scontata del mondo.

Al solo sentire pronunciare quel nome, il cuore prende a battere forte. Ho quasi paura che prenda il volo.

- Sì - fa Leo, - c'era! D'altronde la sua vita dovrà pur riprende, non può certo recludersi in casa a piangere! -

- Ovviamente - sollevo la testa e fingo un sorriso, - emm...e sai se...insomma...sai se lei era...-

- Sola? -

Muovo appena il capo in un'affermazione.

- Non era da sola - Leo è schietto e le parole arrivano in direttissima fino al mio cuore, - era con Isac, il cugino di Marcello, credo che con lui stia cercando di ritrovare un po' di serenità -

Trattengo il fiato e ingollo il boccone amaro.

Rebecca non mi aveva detto una bugia.

Arianna e Isac.

Arianna e il damerino con la coda.

Arianna e quel dannato sconosciuto e approfittatore erano davvero insieme!

- Tutto okay? - Gli occhi di Leo mi scrutano alla ricerca di qualcosa che neanche io saprei definire correttamente.

Qualcosa che brucia più del fuoco e della cenere.

Qualcosa in cui ho creduto e mi ha ripagato con la sconfitta.

Incespico con le parole e passo una mano sul ciuffo che ricade sugli occhi, - Non è...sì insomma...non fa affatto piacere sapere quei due insieme...-

Leo sospira e non dice niente.

Sposto il peso da un piede all'altro, - Pensi almeno che Arianna sia felice con quel tipo? -

Lui mantiene il capo basso, - Non lo so - risponde sincero, - però spero che lo torni ad esserlo...-

Le mani si chiudono su sé stesse, - Ha ancora tentato di fumare? - premo le unghie contro i palmi fino a fare dolore.

I suoi occhi si sollevano sui miei, - Non credo, il fumo era solo un modo per sfuggire i problemi e adesso, uscendo con Isac, suppongo abbia deviato lo sfogo in un'altra direzione...-

La testa diviene pesante e gli occhi pizzicano.

Parlare di Arianna e del nuovo amore mi distrugge.

Quello che speravo fosse solo una mia stupida visione, solo delle curiose voci di corridoio, si rivelano invece i premonitori di una storia vera e dannatamente reale.

Una storia d'amore appena nata e capace di cancellare per sempre quella che era la nostra.

Leo mi osserva incerto, - Perchè mi stai facendo tutte queste domande? - mantiene gli occhi fissi nei miei, - hai qualche ripensamento?-

Sostengo il suo sguardo, - Affatto - La mia voce esce dura e piatta, quasi a volermi difendere da una evidenza palese, - sono felice che Arianna ritrovi sè stessa e sono felice che si rifaccia una vita! -

Non sono io a parlare.
Non sono io a sparare simili considerazioni insensate. Non io, ma la mia stupida rabbia cieca e il mio cazzo di orgoglio masochista.

- Poi ho già deciso! Ho appena inviato il modulo di conferma alla "Cousine Accademy"! -

Leo spalanca la bocca e allenta le braccia. I fogli che stringe tra le mani cadono rovinosamente a terra, - Allora è sicuro, partirai? -

- Già - mi piego per raccogliere le fotocopie dal pavimento, - è uno stage gratuito, un'opportunità, anche mio zio è pienamente d'accordo! -

Lui si inginocchia davanti a me, - Sei sicuro? - chiede, - ci hai pensato bene? -

Stringo la pila tra le braccia e gliela passo, - E' la soluzione migliore, fidati! -

Lui si alza dopo di me e mi osserva con estrema dolcezza. Per un attimo vorrei prendere un bello slancio e abbracciarlo.

Stringerlo come un fratello, l'unico vero amico mai avuto, ma mi trattengo, - Nessuno sa che me ne andrò a Parigi, promettimi che resterà un segreto tra noi due! -

Lui non stacca gli occhi dai miei, - D'accordo, se è questo ciò che vuoi, manterrò la parola! -

Improvviso un leggero sorriso e lui sorprendendomi fa quello che non sono riuscito a compiere io poco fa. Si avvicina e mi avvolge il collo con un braccio, - Perchè già so che mi mancherai moltissimo? -

Mi lascio stringere, - Anche a me mancherai - ammetto, - ma infondo questi mesi passeranno più in fretta di quanto pensiamo!-

Leo molla la presa e sbatte gli occhi castani di nuovo nei miei, - Come farò senza i tuoi consigli?-

Aggrotto la fronte in perfetta amnesia.

Lui porta una mano davanti alla bocca e si sporge contro il mio orecchio, - Sai riguardo al problema che ho con Giulia...-

Mi volto, trovandomelo faccia a faccia, - Vuoi dire che ancora non hai risolto? -

Leo si gratta la testa, - Veramente no - si rattrista, - quel fatto di pensare a qualcosa di orrendo, che mi distraesse dalla mia ADP non ha proprio funzionato! -

Alzo gli occhi al soffitto e scrollo la testa, - Niente di niente? -

- No -

Sospiro, - Allora dovrai optare per l'altra soluzione! -

Le pupille si dilatano e le orecchie si addrizzano, - Quale? -

- Lavorare con la tua autostima - affermo, - Dovresti pensare soprattutto a quella...-

Leo mi osserva confuso.

- Imparare a valorizzarti! - cerco di spiegare, - ripeterti in testa che sei un gran figo e nessuna donna può resisterti! -

Le sue labbra si piegano all'ingiù, - Ma io, non lo sono! -

D'istinto porto le mani sulle sue braccia, - Certo che lo sei! Sei il ragazzo più carino, più bello, più inteligente! - La mia voce sale, preso dal momento, - più fantastico e attraente che abbia mai conosciuto! -

Leo deglutisce e una mano arriva a battere sulle mie spalle, - Voi due, quando avete finito di amoreggiare, liberatemi la fotocopiatrice che devo stampare un modulo! - La voce del bidello giunge alle nostre orecchie con una ilarità mai udita.

Faccio un passo indietro, sbuffando.

Le guance del mio amico si colorano di rosso, - Ecco noi...- mi guarda e poi sposta l'attenzione verso l'uomo, - noi abbiamo finito, prego! -

Il bidello alza le sopracciglia e scuote la testa, mentre posiziona il foglio sotto al laser.

Punto un dito contro Leo, - Mi raccomando, ricordati quello che ti ho detto, pieno controllo e piena autostima! -

Lui annuisce, non molto convinto e si volta per andarsene.

Raggiungo i miei compagni, che si stanno già avviando in classe e sento la voce del bidello imprecare: - Che caspita succede a questo arnese?-

Mi giro appena, giusto il tempo per vedere il tipo armeggiare con una marea di fogli che vengono sputati dalla macchina delle fotocopie alla velocità della luce.

Reprimo un sorriso e mi accodo alla fila.

Un paio di passi e il cellulare vibra dentro la tasca, annunciano la risposta di Elisa. Un messaggio che mi lascia totalmente senza respiro.

<< Ciao Riccardo, sto bene. A Milano ho iniziato una nuova vita, non all'altezza dei miei sogni, ma molto, molto vicina ad essi. Anche io ti voglio bene e non dimenticherò mai la nostra amicizia, ma per andare avanti devo e voglio staccare con te e con il passato. Ho lasciato Danilo lo stesso giorno nel quale ho messo piede nella nuova casa e nella nuova scuola e adesso, con questo sms, dico addio anche a te. La felicità non è una donna facile, ama giocare a nascondino, ma se conti senza barare e impari a cercare bene, vedrai che riuscirai a scovarla. Io ci sto provando. Buona fortuna. Elisa >>

Un addio. Un inequivocabile, dannato addio.

Tale risposta è la conferma che non ho più nessun appiglio, neanche quello della vita passata.

Il male sta avendo la meglio ed io non posso fare altro che partire.
Forse sto solo cercando nella città e nel posto sbagliato.
Forse il nascondiglio della mia felicità non è a Roma ma a Parigi.
Rimetto il telefono in tasca e salgo le scale, dietro la ciurma di compagni frenetici e scalmanati. Attraverso il corridoio e prima di entrare in classe mi soffermo a guardare la porta chiusa della II D. Il cuore affonda e lo stomaco si chiude.

Quella che credevo fosse la felicità era solo un gioco sporco e diabolico del destino.
Un gioco crudo e malvagio.
La mia rovina.

Sospiro ed entro in classe.

Un gioco o più semplicemente un inganno. Perché forse la felicità è una burla oppure un semplice ricordo, uno sguardo, un respiro, che si materializza in un momento della vita, per poi sfuggire dalle mani e non tornare mai più.

La felicità non è vicina nè lontana.
Non esiste o con tutta probabilità non fa per me.

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