CAP CVI Patto con me stessa
I libri giacciono inermi sopra la scrivania.
Sono stesa sul letto e li guardo da lontano, come se il solo osservarli potesse farmi sentire meno in colpa del fatto che non riesca ad avvicinarmi a loro e ne' tantomeno ad aprirli.
A metà pomeriggio il materasso si trasforma in un appoggio scomodo e insostenibile, costringendo le mie gambe ad alzarsi, trascinandosi fino al piano inferiore, ad occupare il divano fresco e illibato.
Mia madre è chiusa ancora nella sua stanza. Spero che si faccia viva almeno per la cena, altrimenti dovrò arrangiare da sola qualcosa ai fornelli. Sono digiuna dalla colazione di questa mattina e inizio a sentirmi piuttosto debole.Incrocio le gambe e posiziono il diario sulle cosce.
Sfoglio le pagine con una lentezza tale da farmi sentire ancor più svogliata di quanto non lo sia realmente.
Vorrei appuntare qualcuno dei miei pensieri, ma ci rinuncio, le righe sono troppo piccole e strette per poter contenere l'enorme mole dei sentimenti.
Accendo la televisione. Un comico tenta di strapparmi un sorriso, il quale però non riesce assolutamente ad uscire, anzi, il frastuono del palco e degli applausi non fa altro che portare alle stelle il mio nervosismo.
Presa dalla rabbia, afferro il telecomando e premo in maniera compulsiva sul tasto rosso, chetando il vocio stridente.
Mi butto con la schiena indietro e stendo le gambe sulla pedana reclinabile.
Nella mossa brusca il diario cade a terra e dalle pagine esce una piccola busta bianca.
Sospiro e mi chino per raccogliere il tutto, quando mi rendo conto che si tratta proprio di quella busta, della busta che ha dato una svolta alla mia vita, per poi riportarla nella rogna più totale.
Apro il foglio diviso in quattro parti e il "Ciao piccola mia..." appare nero su bianco come una scritta in calce, un sogno ad occhi aperti, desiderato, vissuto e poi annientato per sempre.
Sono tre parole.
Tre semplici e fantastiche parole.
Un dolore assurdo.
Quell'incipit mi riporta indietro nei giorni e provoca uno schiacciante male al torace.
Da quei momenti tutto sembra essere così dannatamente lontano.
Passato e incapace di tornare di nuovo.
Riccardo mi ha ripudiata, non sono più la sua piccola e questa lettera non è altro che carta straccia.
Scorro sulla scrittura fine e appena storta, rileggendo quelle che credevo fossero le parole di un promessa: "...nel cuore ho anche un'altro grande sogno. Il desiderio di poterti stare accanto in ogni momento della giornata. Poterti dare il bacio del buongiorno al mattino, poterti tenere per mano in qualsiasi angolo della città, poterti sfiorare la pelle con le labbra sotto alle coperte e incollare la tua testa al mio petto prima di addormentarmi."
Il cuore trema e la gola si stringe.
Bugie.
Tutto una grande, enorme palla di menzogna.
Un fuoco dirompente di rabbia mi sale dal petto fino alla testa.
Presa dallo sconforto, dal calore e dall'istinto vendicativo più totale afferro i lati del foglio e lo divido in due parti. Poi lo prendo di nuovo e ne faccio quattro, otto, dodici pezzi, e proseguo all'infinito, fino a quando tanti brandelli bianchi e neri volano in aria per atterrare leggiadramente ai miei piedi.
- Tesoro? -
Alzo gli occhi dai residui di carta finiti sordamente a terra. Mia madre sta scendendo le scale a passo di bradipo.I suoi occhi si spostano da me al pavimento e ancora a me.
- E' una lettera fasulla e insignificante - spiego.
Lei scuote la testa e aggrotta le sopracciglia confusa.
- Riccardo mi ha lasciata e tutto ciò che lo riguarda per me non deve esistere più! - scatto in piedi, - se voglio superare la cosa devo assolutamente distruggere tutti i ricordi! -
Lei mi viene davanti e si china. Raccoglie ad uno ad uno i pezzi di carta sparsi e li tiene dentro una mano, - Non sarà strappando una lettera che annienterai i ricordi – dice, - quelli resteranno comunque tutti ammassati insieme qui dentro - porta la mano chiusa alla sinistra del mio torace, - e per quanto possa spezzarsi e incrinarsi, il cuore si risargirà sempre e continuerà a conservare tutto ciò che ha fatto parte di te e della tua vita -
- Non voglio - sostengo il suo sguardo, - non voglio conservare niente! - La mia voce si alza di qualche tono, - perché tutto ciò che è legato ai ricordi fa troppo male! -
Lei abbassa la testa e annuisce, sa meglio di me quanto il passato possa lasciare segni indelebili sulla pelle,
- Perché ti ha lasciata? –
Stringo i denti e sospiro pesantemente, - Da quando ha scoperto che mio padre è il responsabile della morte dei suoi genitori, non riesce più ad avvicinarsi a me! -
Lo sguardo di mia mamma si perde nel vuoto, - Ah! - sussurra.
Delle lacrime si creano una piccola strada per uscire ed io cerco invano di farle retrocedere, - E' così terribile... -
Lei posa la sinistra sulla mia spalla, - Tutto quello che ci ha investite è terribile, la violenza, le menzogne, la realtà distorta nella quale siamo vissute fino ad oggi...- scorre le dita sul mio braccio, - ma io sono convinta che non appena questo alone di veleno si dipanerà, l'amore riuscirà di nuovo a farsi spazio e riappropriarsi delle nostre vite! -
Annuisco, vagamente rincuorata.
Le sue parole se pur belle non riescono ad essere reali.
Probabilmente il veleno di cui parla è ancora troppo forte e l'amore non abbastanza concentrato per annientarlo.
Mia madre procede verso la cucina con i residui della lettera di Riccardo tra le mani, io corro in camera a prendere il cellulare.
Non posso credere che l'odio vinca sull'amore.
Non posso credere che nessun antidoto sia capace di rompere l'incantesimo.
Per quanto la miscela di veleno sia schifosa e repellente ci dovrà pur essere un modo per annientarla, un modo per disintossicarmi dall'alone nero nel quale sono involontariamente finita.
Compongo il numero di Riccardo e aspetto.
Aldilà della cornetta nessun segno, se non il continuo e ripetitivo rumore della linea in attesa.
Inoltro la chiamata una, due, tre, forse quattro o cinque volte. Ma ognuna di queste, immancabilmente va a vuoto.
Riccardo non risponde, non vuole o semplicemente non sente squillare.
Lancio il cellulare sul materasso, - Sei uno stronzo! – grido, - uno stronzo! -
Mi ritrovo in ginocchio ai piedi del letto a piangere ancora e ancora.
Resto in questa posizione fino a quando le gambe non reclamano di muoversi e gli occhi non hanno assolutamente più lacrime. Poi mi sollevo e raggiungo lo specchio.
Il mio viso è gonfio e rosso.
Asciugo le lacrime con il dorso della mano e aggotto la fronte.
Pupille nere contro pupille nere.
Bocca asciutta e appena socchiusa.
Sono distrutta.
Sono totalmente irriconoscibile, devastata, come non lo sono mai stata prima di adesso.
La ragazza spensierata, precisa e attenta ha letteralmente preso il volo, sostituita da un'anima dilaniata dal dolore e dagli eventi. Deglutisco e mi convinco più che mai che non posso continuare così.
Non è giusto che la sofferenza divori ogni parte di me, ogni giorno, ogni notte, ogni singolo istante, nè che la mia essenza venga prosciugata definitivamente. Ho bisogno di trovare la forza per reagire.
Sono obbligata a farlo, a meno che non voglia precipitare più a fondo di questo oceano scuro nel quale sono già immersa fino al collo.
Tiro sù con il naso e poso una mano sulla mia immagine. Palmo contro palmo.
Cinque dita unite ad altre cinque dita, appartenenti alla stessa identica mano.
- Arianna cancella Riccardo dalla tua vita - La mia voce suona nella stanza come un ordine, - per la tua dignità e per la tua sanità mentale! -
Stringo i denti e annuisco.
Ho appena stipulato un patto con me stessa.
Il patto.
Quello che mi permetterà di continuare a vivere.
Mi allontano frastornata e vado a stendermi sul letto.
Lo sguardo perso sul soffitto, decisa più che mai a distruggere tutti i ricordi.
Non importa se resteranno nel cuore, per quello non sono in grado di fare niente, ma tutto ciò che è materia e consistenza, dovrà sparire per sempre dalla mia vista.
Ho appena stracciato la lettera e dovrò fare lo stesso con ciascun altro possibile collegamento.
Prendo il cellulare, quel dannato aggeggio che lui stesso ha avuto il buon gusto di regalarmi, accedo a "Facebook", per scoprire che non sono più nel suo cerchio di amicizie. Resto interdetta, ma poi mi dico che è meglio così, a quanto pare lui stesso mi ha risparmiato questa fatica!
Il dito trema mentre dalla rubrica elimino per sempre il suo contatto, elimino per sempre i suoi messaggi. Al termine dell'operazione mi sento soddisfatta.
Vuota ma soddisfatta.
Respiro a pieni polmoni e faccio per uscire dall'area messaggi, quando scorro maldestramente con l'indice sullo schermo e si apre un vecchio sms:
<< Se un giorno dovessi lasciare quell'essere focoso del tuo ragazzo, ricordati che la mia richiesta per uscire sarà sempre valida! Buonanotte, baby >>
Mi soffermo con il dito sul testo, accarezzandolo dolcemente, mentre nella testa il ricordo di Isac si materializza nitidamente.
Gli occhi scuri e i capelli lunghi.
La spavalderia e il carisma.
Ripenso a lui alla festa a casa di Federico, tra i fumi dell'alcool e del veliero, all'American Diner insieme alla squadra di karate, a lui che mi riaccompagna a casa dopo il salvataggio di Marie. Comincio a credere che quel ragazzo potrebbe essere la mia ciambella di salvataggio, il boccaglio per riprendere fiato, o più semplicemente l'antidoto giusto per combattere l'amarezza del veleno.
Così, di colpo, senza che possa fermare la mano mi ritrovo a cliccare sul testo e digitare la risposta:
<< Se la proposta è ancora valida e non è troppo tardi credo che quel giorno famoso sia arrivato! Arianna >>
Premo su invio. Il mio cuore si ferma.
Il messaggio viene inoltrato e il battito pian piano riprende a pulsare, regolare, sereno e quasi estraneo.
Resto a bocca aperta con in testa un'unica e singolare domanda: cosa ho appena fatto?
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