CAP. CV In extremis

Percorro velocemente tutte le classi del quinto anno, chiedendo a chiunque di indicarmi dove sia Federico.

Dopo qualche minuto di ricerca sfrenata e spasmodica una ragazza punta il dito verso i bagni maschili - L'ho appena visto entrare là dentro! -

Ringrazio la tipa, che alza le spalle perplessa mentre corro verso il WC degli uomini.

Spalanco la porta.

Un paio di ragazzi in piedi di fronte alla tazza sospesa, si voltano allibiti, - Ma che merda ci fai qui dentro? - grida uno, - tu non hai un fottuto pisello, devi andartene! -

- Se vuole restare io non sono contrario - interviene l'altro, - fa sempre piacere avere a che fare con una bella ragazza! -

Ignoro i due e mi fiondo a bussare contro ciascuna delle porte chiuse.

- Che sta succedendo? - Federico esce da quella centrale, si tira su la zip dei pantaloni e mi guarda sorpreso, - Arianna? Perché sei qui? -

Una mano mi stringe la spalla, - Appunto, stavo chiedendo proprio questo poco fa! - La voce di uno dei due ragazzi di prima mi urla nell'orecchio, - sei nel bagno dei ragazzi, non puoi stare! -

Mi svincolo dalla presa dello sconosciuto, ignorando l'ordine ricevuto e afferro Federico per la maglietta, - Ho bisogno del tuo aiuto - lo strattono, spingendolo indietro, - ho bisogno di erba! -

Lui mi guarda preoccupato e poi sposta gli occhi al ragazzo dietro di me, il quale è di nuovo con la mano sulle mie spalle, - Lasciala perdere – dice, - ci penso io! - mi passa un braccio attorno al collo e mi spinge dentro al cesso dal quale è appena uscito.

- Di queste questioni preferisco parlarne in privato, non voglio casini a scuola! - I suoi occhi puntano dritti verso i miei.

- Scusa, non voglio metterti nei guai - sostengo il suo sguardo, - ho solo bisogno che mi dai uno spinello, uno solo! – sospiro, - anche mezzo, va bene tutto! -

Federico aggrotta le sopracciglia, - Perchè non l'hai chiesto a Matteo? -

- Non fuma più –

Il ragazzo dai capelli rossi e la barba incolta mi osserva stranito, come se avessi già bevuto o fumato qualcosa.

- Ha promesso alla sua ragazza di non farsi più le canne - spiego.

Federico scuote la testa, - Ah le donne! – sbuffa, prima di tirare fuori dalla tasca quella che pare una cartina arrotolata e già pronta all'uso, - Non fartela trovare e in qualsiasi caso, non dire a nessuno che sono stato io ha dartela - me la porge.

I miei occhi si illuminano.

Il solo pensiero che presto potrò portare alla bocca quel composto di erba e aspirarne a pieni polmoni il gusto dolciastro, mi risolleva notevolmente.

Sto per prendere lo spinello tra le mani quando un improvviso frastuono si scaglia contro la porta.

La voce di Matteo, Leo e Giulia si mischiano alternandosi.

- Aprite questa porta! -

- Uscite o la butteremo giù! -

Federico riporta dentro la tasca dei pantaloni il tesoro che stavo per afferrare e mi lancia un'occhiata di rimprovero, - Avevo detto nessun tipo di casino! – sbotta, prima di buttarsi contro la maniglia e aprire.

Lascio andare un respiro profondo e lancio un calcio contro le mattonelline delle pareti del bagno.

I ricci di Matteo appaiono ispidi e impertinenti, - Gli hai dato quello che ti ha chiesto ? - aggredisce l'amico, afferrandolo per il colletto della maglietta, - lo hai fatto? -

Federico alza le braccia, - non le ho dato assolutamente niente - scatta di rimando, - lasciami andare! -

Matteo lo guarda fisso negli occhi e pare convincersi delle sue parole.

Lo libera e viene verso di me, affiancando Giulia e Leo, che sono già accorsi.

Federico si avvia verso l'uscita, - Tenetela a freno! - punta un indice verso i miei amici, - a quella ragazza mancano delle rotelle! -

I ragazzi che prima stavano urinando mi osservano scossi e perplessi, poi seguono il compagno fuori dal bagno.

Mi lascio cadere a terra. Tutte le lacrime che prima non riuscivano a scappare, prendono campo. Violentemente e dannatamente.

Giulia mi liscia i capelli, - Tata, non fare così! -

Non la ascolto e proseguo nella mia disperazione.

Matteo cerca di sollevarmi, - Sei sul pavimento di uno schifoso pisciatoio maschile, alzati e andiamocene da qui!-

- Non voglio ! - mi dibatto, - perché mi avete fermata ? Avevo bisogno di quell'erba, ne avevo davvero bisogno! Voi non capite!- mi muovo sempre più freneticamente, - Ho appena perso la persona più importante della mia vita e questa volta non c'è nessuna possibilità di tornare indietro! -

Giulia cerca di fermare le mie braccia, che si muovono al massimo. Leo prova a contenere i mieipiedi.

- Gli ho detto ti amo! – singhiozzo, - non ho mai detto a nessun altro prima di adesso quelle due parole, e lui...- tiro su con il naso, - lui sapete cosa ha fatto? -

Matteo mi spinge la testa contro il suo petto, come a voler soffocare singolarmente ciascuno dei miei singhiozzi.

- Lui ha detto che non ce la fa! - tra le lacrime mi esce una risata, - io lo amo e lui non ce la fa! - la disperazione si trasforma in riso isterico, per poi riprendere di nuovo il ritmo dei singhiozzi.

Giulia e Leo sono sconvolti quanto me, invece Matteo si rimbocca le maniche e questa volta riesce a prendermi di peso, trascinandomi fuori dalla puzza di escrementi.

Mi asciugo gli occhi con la manica della felpa e fingo di non vedere le facce curiose degli studenti dell'ultimo anno, affollati davanti alla porta.

Qualcuno mi indica e qualcun'altro ricorda chi sono.

La figlia di Colonna, l'assassino.

Quella della televisione, quella del matrimonio illegittimo e falso.

Mi copro la testa con il cappuccio e con lo sguardo puntato solo sulle mie "Converse" argentate procedo verso la scalinata e di nuovo al corridoio della nostra sezione.

Ignoro la porta aperta della III D, ignoro la presenza di Rebecca sorridente e fiera contro la mia faccia pasticciata e mi faccio trasportare a braccetto in classe.

Il professore di educazione fisica è assente e la preside si preoccupa di riempire le ultime due ore con una lezione sul giornalismo.Leggiamo in classe degli articoli, analizzando e commentando le notizie.

Giulia e Leo ascoltano in silenzio, lanciandomi qualche sguardo preoccupato e apprensivo.

Matteo invece mi tiene la mano sotto al banco, ripetendomi che quello che stavo per fare non era assolutamente qualcosa di positivo e producente.

- Quando si prende in mano uno spinello il tuo cuore e la tua mente devono essere proiettati solo verso cose belle, non finirò mai di ripetertelo! - cerca i miei occhi sui suoi, - ricordi quello che è successo l'ultima volta che lo hai fatto mentre eri disperata? -

La testa si sposta alla festa a casa di Federico, al veliero, alle allucinazioni e al senso di schiacciamento totale.

Improvvisamente le parole di Matteo diventano più che reali. - Hai ragione, fumare adesso probabilmente mi avrebbe fatto cadere ancora più in basso -

Matteo annuisce, - Avrebbe anestetizzato il momento, ma una volta esaurito l'effetto, ti saresti sentita di nuovo vuota e pesante - stringe più forte la mia mano.

Mi avvinghio alla sua presa, come all'unica ancora in grado di tenermi in salvo.

Quando usciamo da scuola, respirare l'aria esterna è praticamente un toccasana.

Matteo insiste per darmi uno strappo a casa, ma io preferisco fare due passi.

Ho bisogno di sgranchire le gambe e allontanare il cervello dall'episodio spiacevole di questa mattina.

Leo mi saluta con uno sguardo sconsolato e abbattuto mentre sale sul pullman.

Giulia mi abbraccia prima di fuggire sull'auto che l'aspetta. Adesso sua madre, da quando hanno parlato e chiarito i rispettivi ruoli, la accompagna e passa a riprendere quasi tutti i giorni.

Frugo in tasca e recupero il mio Ipod.

Indosso le cuffie e scorro tra le canzoni.

"Story of my life" compare per prima e io, in un raptus di rabbia violenta, la cancello per sempre dalla playlist.La colonna sonora del mio amore perduto finisce nel cestino di un marchingegno elettronico e con lei anche piccoli pezzi del mio cuore.

Mi incammino sul marciapiede della strada principale, facendo partire a tutto volume la voce di "Withney".

Purtroppo anche "Count on me" è profondamente intaccata dal ricordo.

Se prima era solo la canzone mia e di Giulia, adesso, quando la sento, non posso non pensare che era il brano che ascoltavo quando sono venuta a contatto per la prima volta con gli occhi verdi che hanno stravolto letteralmente la mia vita. Decido di non pensarci e vado dritta avanti.

Dovrò imparare a dimenticare i particolari, anche perchè tutto ciò che mi circonda in un modo o nell'altro porta sempre e comunque alla storia finita con Riccardo.

Mi soffermo a un lato del marciapiede, in attesa che il semaforo pedonale diventi verde.

Una mano si posa sulla mia spalla, facendomi sussultare.

Mi volto. Un'anziana signora mi guarda inquietante, senza battere ciglio.

Scuoto la testa, - Scusi ? -

Lei increspa appena la bocca in un sorriso e due rughe pesanti si formano ai lati della bocca, - Tu sei Arianna? -

Sfilo le cuffiette dalle orecchie e annuisco.

- Piacere di conoscerti - continua a sorridere, - Viviana -

Non faccio in tempo a chiedere chi sia, che lei mi precede, - La signora Colonna - allunga una mano fino a toccare la mia guancia, - tua nonna! -

Mi prendo alcuni secondi per assorbire la rivelazione.

Una volta connesso il cervello con la realtà non posso fare altro che aprire e chiudere la bocca senza emettere alcun suono.

La donna scorre la mano sulla mia pelle, - Da vicino sei davvero bellissima - fa un passo verso di me, riducendo al minimo le distanze.

D'istinto scatto indietro, riprendendo il mio spazio.

- Sicuramente starai pensando che sono pazza o invadente, ma non è così – afferma, - ho solo bisogno di dirti la mia parte di verità! -

Aggrotto la fronte e socchiudo la bocca. Confusa, impaurita, scioccata.

Mia nonna e la sua verità.

Vorrei dire che non mi interessa, non è logico e ne' importante, ma non riesco a spiccicare parola e resto immobile e imbambolata ad ascoltare il continuo delle sue parole.

- Quando ho scoperto che tuo padre aveva stipulato un falso matrimonio, sono caduta nel panico più totale e aiutarlo a camuffare tutto mi è sembrata la soluzione migliore -

Percepisco il respiro accelerare, mentre il semaforo torna rosso e di nuovo verde.

- Tu non puoi saperlo, ma io per tutti questi anni ti ho vissuta da lontano, ti ho aspettato come adesso all'uscita di scuola un sacco di volte, solo per vederti e per capire come stessi crescendo, ma non mi sono mai avvicinata, non potevo e non dovevo farlo, altrimenti avrei compromesso i piani - guarda in alto. Alcune nuvole si stanno avvicinando. - Adesso però, che tutta questa storia è venuta a galla, ho trovato il coraggio di parlarti – sospira, - spero che tu non porti nessun tipo di rancore verso la nostra famiglia e che un giorno possa perdonare me e sopratutto tuo padre-

Il senso di inadeguatezza e vertigine si associa a quello nauseabondo.

Sembra di vivere in un incubo, un brutto sogno dal quale è impossibile svegliarsi.

La signora di fronte a me continua a scrutarmi con occhi compassionevoli, non riesco assolutamente a muovermi e nè a parlare.

- Non voglio una risposta adesso – dice, - prendi tutto il tempo per pensare e per riflettere! Tuttavia è giusto che tu sappia una cosa! - I suoi occhi hanno la stessa sfumatura grigia di quelli di mio padre, - tu per me sei stata e sarai sempre una persona speciale - allunga di nuovo la mano verso il mio viso.

La parola perdono sfuma in una carezza.

Mi sento affondare, incapace di tollerare qualsiasi tipo di scusa.

Ne' verso mio padre, nè verso questa sconosciuta che dice di essere mia nonna.

Loro hanno rovinato la mia vita.

Loro hanno ucciso la mia storia con Riccardo.

In un attimo le sue dita si staccano dalla mia guancia e la sua presenza si allontana. La donna si stringe in un lungo cappotto di lana rossa, riprendendo a camminare senza guardarsi indietro.

Rientro a casa scossa e provata.

L'abitazione è buia. Finestre socchiuse e silenzio.

Cerco mia madre e la trovo stesa sul letto della sua stanza.

- Mamma ? -

Lei sposta il braccio da sopra gli occhi, - Ehi! tesoro -

- Tutto bene ? -

- Mi è salita una profonda emicrania - dice freddamente, - puoi chiudere la porta e lasciarmi da sola, per favore? -

Prima di esaudire la sua richiesta mi soffermo sulla soglia, - Ho appena conosciuto mia nonna - le comunico, - mi ha fermata all'uscita di scuola-

Mia madre scatta seduta sul letto con la bocca aperta, come se improvvisamente il suo mal di testa fosse sostituito da una brutta paresi facciale, - Tua nonna ? -

- Viviana - annuisco - la signora Colonna -

Le sue pupille tremano, - Cosa voleva da te? -

Sono in uno stato di sconforto e apatia totale, - Niente – dico, - solo essere perdonata -

Lei scuote la testa, - è una sconosciuta per noi! Quello che lei e Domenico ci hanno fatto supera le barriere umane, con quale coraggio possono chiedere perdono? -

Alzo le spalle e rimango in silenzio.

Mamma si stende di nuovo e guarda il soffitto, - Non farti avvicinare mai più - sentenzia - per noi due quella famiglia non deve esistere! - porta di nuovo il braccio sul viso, chiudendo così qualsiasi tipo di comunicazione.

Accosto la porta e vado in camera.

Riccardo mi ha mollata, mia nonna appare da un giorno all'altro, mia madre è chiusa a riccio in sé stessa, tutto sembra non riuscire ad avere un senso logico.

I giorni passano e la vita invece di riprendere a scorrere, è immersa nel caos più totale. Un caos potente che sta inghiottendo il mio corpo in una spirale nera e priva di luce. Una spirale che mi trascina a fondo, senza concedere appigli o agganci per risalire.

PATTO CON ME STESSA

I libri giacciono inermi sopra la scrivania.

Sono stesa sul letto e li guardo da lontano, come se il solo osservarli potesse farmi sentire meno in colpa del fatto che non riesca ad avvicinarmi a loro e ne' tantomeno ad aprirli.

A metà pomeriggio il materasso si trasforma in un appoggio scomodo e insostenibile, costringendo le mie gambe ad alzarsi, trascinandosi fino al piano inferiore, ad occupare il divano fresco e illibato.

Mia madre è chiusa ancora nella sua stanza. Spero che si faccia viva almeno per la cena, altrimenti dovrò arrangiare da sola qualcosa ai fornelli. Sono digiuna dalla colazione di questa mattina e inizio a sentirmi piuttosto debole.Incrocio le gambe e posiziono il diario sulle cosce.

Sfoglio le pagine con una lentezza tale da farmi sentire ancor più svogliata di quanto non lo sia realmente.

Vorrei appuntare qualcuno dei miei pensieri, ma ci rinuncio, le righe sono troppo piccole e strette per poter contenere l'enorme mole dei sentimenti.

Accendo la televisione. Un comico tenta di strapparmi un sorriso, il quale però non riesce assolutamente ad uscire, anzi, il frastuono del palco e degli applausi non fa altro che portare alle stelle il mio nervosismo.

Presa dalla rabbia, afferro il telecomando e premo in maniera compulsiva sul tasto rosso, chetando il vocio stridente.

Mi butto con la schiena indietro e stendo le gambe sulla pedana reclinabile.

Nella mossa brusca il diario cade a terra e dalle pagine esce una piccola busta bianca.

Sospiro e mi chino per raccogliere il tutto, quando mi rendo conto che si tratta proprio di quella busta, della busta che ha dato una svolta alla mia vita, per poi riportarla nella rogna più totale.

Apro il foglio diviso in quattro parti e il "Ciao piccola mia..." appare nero su bianco come una scritta in calce, un sogno ad occhi aperti, desiderato, vissuto e poi annientato per sempre.

Sono tre parole.

Tre semplici e fantastiche parole.

Un dolore assurdo.

Quell'incipit mi riporta indietro nei giorni e provoca uno schiacciante male al torace.

Da quei momenti tutto sembra essere così dannatamente lontano.

Passato e incapace di tornare di nuovo.

Riccardo mi ha ripudiata, non sono più la sua piccola e questa lettera non è altro che carta straccia.

Scorro sulla scrittura fine e appena storta, rileggendo quelle che credevo fossero le parole di un promessa: "...nel cuore ho anche un'altro grande sogno. Il desiderio di poterti stare accanto in ogni momento della giornata. Poterti dare il bacio del buongiorno al mattino, poterti tenere per mano in qualsiasi angolo della città, poterti sfiorare la pelle con le labbra sotto alle coperte e incollare la tua testa al mio petto prima di addormentarmi."

Il cuore trema e la gola si stringe.

Bugie.

Tutto una grande, enorme palla di menzogna.

Un fuoco dirompente di rabbia mi sale dal petto fino alla testa.

Presa dallo sconforto, dal calore e dall'istinto vendicativo più totale afferro i lati del foglio e lo divido in due parti. Poi lo prendo di nuovo e ne faccio quattro, otto, dodici pezzi, e proseguo all'infinito, fino a quando tanti brandelli bianchi e neri volano in aria per atterrare leggiadramente ai miei piedi.

- Tesoro? -

Alzo gli occhi dai residui di carta finiti sordamente a terra. Mia madre sta scendendo le scale a passo di bradipo.I suoi occhi si spostano da me al pavimento e ancora a me.

- E' una lettera fasulla e insignificante - spiego.

Lei scuote la testa e aggrotta le sopracciglia confusa.

- Riccardo mi ha lasciata e tutto ciò che lo riguarda per me non deve esistere più! - scatto in piedi, - se voglio superare la cosa devo assolutamente distruggere tutti i ricordi! -

Lei mi viene davanti e si china. Raccoglie ad uno ad uno i pezzi di carta sparsi e li tiene dentro una mano, - Non sarà strappando una lettera che annienterai i ricordi – dice, - quelli resteranno comunque tutti ammassati insieme qui dentro - porta la mano chiusa alla sinistra del mio torace, - e per quanto possa spezzarsi e incrinarsi, il cuore si risargirà sempre e continuerà a conservare tutto ciò che ha fatto parte di te e della tua vita -

- Non voglio - sostengo il suo sguardo, - non voglio conservare niente! - La mia voce si alza di qualche tono, - perché tutto ciò che è legato ai ricordi fa troppo male! -

Lei abbassa la testa e annuisce, sa meglio di me quanto il passato possa lasciare segni indelebili sulla pelle,

- Perché ti ha lasciata? –

Stringo i denti e sospiro pesantemente, - Da quando ha scoperto che mio padre è il responsabile della morte dei suoi genitori, non riesce più ad avvicinarsi a me! -

Lo sguardo di mia mamma si perde nel vuoto, - Ah! - sussurra.

Delle lacrime si creano una piccola strada per uscire ed io cerco invano di farle retrocedere, - E' così terribile... -

Lei posa la sinistra sulla mia spalla, - Tutto quello che ci ha investite è terribile, la violenza, le menzogne, la realtà distorta nella quale siamo vissute fino ad oggi...- scorre le dita sul mio braccio, - ma io sono convinta che non appena questo alone di veleno si dipanerà, l'amore riuscirà di nuovo a farsi spazio e riappropriarsi delle nostre vite! -

Annuisco, vagamente rincuorata.

Le sue parole se pur belle non riescono ad essere reali.

Probabilmente il veleno di cui parla è ancora troppo forte e l'amore non abbastanza concentrato per annientarlo.

Mia madre procede verso la cucina con i residui della lettera di Riccardo tra le mani, io corro in camera a prendere il cellulare.

Non posso credere che l'odio vinca sull'amore.

Non posso credere che nessun antidoto sia capace di rompere l'incantesimo.

Per quanto la miscela di veleno sia schifosa e repellente ci dovrà pur essere un modo per annientarla, un modo per disintossicarmi dall'alone nero nel quale sono involontariamente finita.

Compongo il numero di Riccardo e aspetto.

Aldilà della cornetta nessun segno, se non il continuo e ripetitivo rumore della linea in attesa.

Inoltro la chiamata una, due, tre, forse quattro o cinque volte.

Ma ognuna di queste, immancabilmente va a vuoto.

Riccardo non risponde, non vuole o  semplicemente non sente squillare.

Lancio il cellulare sul materasso, - Sei uno stronzo! – grido, - uno stronzo! -

Mi ritrovo in ginocchio ai piedi del letto a piangere ancora e ancora.

Resto in questa posizione fino a quando le gambe non reclamano di muoversi e gli occhi non hanno assolutamente più lacrime. Poi mi sollevo e raggiungo lo specchio.

Il mio viso è gonfio e rosso.

Asciugo le lacrime con il dorso della mano e aggotto la fronte.

Pupille nere contro pupille nere.

Bocca asciutta e appena socchiusa.

Sono distrutta.

Sono totalmente irriconoscibile, devastata, come non lo sono mai stata prima di adesso.

La ragazza spensierata, precisa e attenta ha letteralmente preso il volo, sostituita da un'anima dilaniata dal dolore e dagli eventi. Deglutisco e mi convinco più che mai che non posso continuare così.

Non è giusto che la sofferenza divori ogni parte di me, ogni giorno, ogni notte, ogni singolo istante, nè che la mia essenza venga prosciugata definitivamente. Ho bisogno di trovare la forza per reagire.

Sono obbligata a farlo, a meno che non voglia precipitare più a fondo di questo oceano scuro nel quale sono già immersa fino al collo.

Tiro sù con il naso e poso una mano sulla mia immagine. Palmo contro palmo.

Cinque dita unite ad altre cinque dita, appartenenti alla stessa identica mano.

- Arianna cancella Riccardo dalla tua vita - La mia voce suona nella stanza come un ordine, - per la tua dignità e per la tua sanità mentale! -

Stringo i denti e annuisco.

Ho appena stipulato un patto con me stessa.

Il patto.

Quello che mi permetterà di continuare a vivere.

Mi allontano frastornata e vado a stendermi sul letto.

Lo sguardo perso sul soffitto, decisa più che mai a distruggere tutti i ricordi.

Non importa se resteranno nel cuore, per quello non sono in grado di fare niente, ma tutto ciò che è materia e consistenza, dovrà sparire per sempre dalla mia vista.

Ho appena stracciato la lettera e dovrò fare lo stesso con ciascun altro possibile collegamento.

Prendo il cellulare, quel dannato aggeggio che lui stesso ha avuto il buon gusto di regalarmi, accedo a "Facebook", per scoprire che non sono più nel suo cerchio di amicizie. Resto interdetta, ma poi mi dico che è meglio così, a quanto pare lui stesso mi ha risparmiato questa fatica!

Il dito trema mentre dalla rubrica elimino per sempre il suo contatto, elimino per sempre i suoi messaggi.

Al termine dell'operazione mi sento soddisfatta.

Vuota ma soddisfatta.

Respiro a pieni polmoni e faccio per uscire dall'area messaggi, quando scorro maldestramente con l'indice sullo schermo e si apre un vecchio sms:

<< Se un giorno dovessi lasciare quell'essere focoso del tuo ragazzo, ricordati che la mia richiesta per uscire sarà sempre valida! Buonanotte, baby >>

Mi soffermo con il dito sul testo, accarezzandolo dolcemente, mentre nella testa il ricordo di Isac si materializza nitidamente.

Gli occhi scuri e i capelli lunghi.

La spavalderia e il carisma.

Ripenso a lui alla festa a casa di Federico, tra i fumi dell'alcool e del veliero, all'American Diner insieme alla squadra di karate, a lui che mi riaccompagna a casa dopo il salvataggio di Marie.

Comincio a credere che quel ragazzo potrebbe essere la mia ciambella di salvataggio, il boccaglio per riprendere fiato, o più semplicemente l'antidoto giusto per combattere l'amarezza del veleno.

Così, di colpo, senza che possa fermare la mano mi ritrovo a cliccare sul testo e digitare la risposta:

<< Se la proposta è ancora valida e non è troppo tardi credo che quel giorno famoso sia arrivato! Arianna >>

Premo su invio. Il mio cuore si ferma.

Il messaggio viene inoltrato e il battito pian piano riprende a pulsare, regolare, sereno e quasi estraneo.

Resto a bocca aperta con in testa un'unica e singolare domanda: cosa ho appena fatto?


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